A.T. Fomenko, G.V. Nosovsky
Et-ruschi: il mistero che nessuno vuole svelare

Capitolo 1. Da chi e quando furono decifrate le iscrizioni etrusche


1.1 Fadey Volansky e Egor Ivanovich Klassen

Inizieremo a raccontare la storia della decifrazione delle iscrizioni etrusche dalla fine, andando poi a ritroso fino all’inizio.

Introduciamo una breve nota biografica: Klassen Egor Ivanovich (1795-1862) fu un aristocratico russo di origine tedesca. Divenne cittadino russo dal 1836 [6], pg. 3. Dal 1831 diventò patrono dell’Accademia Commerciale di Mosca. Nel 1826 entrò a far parte della commissione per l’incoronazione di Nicola I [6], pg.3. Fu Dottore in Scienze Filosofiche e in Belle Arti, Consigliere di V Classe [6], pg.109.

E.I. Klassen tradusse e pubblicò in russo un'opera di grande interesse scritta nel XIX sec. da Fadey Volansky, docente e linguista polacco, dal titolo «Descrizione dei monumenti descrittivi della storia slava e russa». Klassen arricchì la traduzione con un'introduzione e con molti commenti dettagliati. Raccolse poi tutto questo materiale nel volume «Nuovi materiali di storia antica degli slavi e degli slavi russi prima di Ryurik, con un breve compendio sulla storia del popolo russo prima della nascita di Cristo», fig. 1. L'opera di Klassen fu stampata dalla tipografia dell'Università di Mosca nel 1854 [6]. Oggi è disponibile in diverse ristampe in lingua russa, come per esempio [6].

Klassen trasse le proprie conclusioni da dati archeologici e dalla decifrazione di antiche iscrizioni. Seguono alcune sue citazioni:

"I fatti che costituiscono il punto di partenza dell'origine della storia russa antica sono rimasti a lungo insoluti… La storia dell'antica Rus' è però così ricca di avvenimenti che le sue tracce si trovano ovunque, intrecciate con la quotidianità du TUTTI I POPOLI EUROPEI» [6], pg. 80.

Klassen, di origine tedesca, intuì che molti storici tedeschi avrebbero desiderato occuparsi di storia russa e che quello che glielo impediva era la loro scarsa preparazione linguistica, in quanto non conoscevano le lingue slave [6], pg.8. Allo stesso tempo Klassen CRITICAVA FEROCEMENTE gli storici tedeschi che nel XVIII sec. formularono la versione della storia russa oggi universalmente accettata.

Si esprimeva così sul loro conto: «Fra questi IMPOSTORI troviamo: Bayer, Miller, Schlözer, Gebhardi, Parrot, Halling, Georgi e tutta la falange dei loro seguaci. Hanno cercato di riportare tutto ciò che era russo e tradizionale alla propria stirpe, tentando addirittura di togliere agli antichi slavi-russi non solo la loro gloria, la grandezza, la potenza, la ricchezza, l'industria, il commercio e tutte le virtù d'animo, ma anche il loro nome, il nome di 'russi', da sempre noti come Slavi non solo a tutti i popoli asiatici, ma anche al popolo di Israele sin dal momento della loro presenza nella terra promessa. Per loro i Russi sono a capo non solo degli antichi romani, ma anche degli antichi greci, come loro antenati…

La STORIA NON DEVE ESSERE UN PANEGIRICO, ma non permetteremo certo loro di TRASFORMARE LA STORIA RUSSA IN UNA SATIRA» [6], ppgg.8-9.

Kassen continuava poi giustamente: «Purtroppo bisogna ammettere che anche alcuni scrittori di origine slava, quali Karamzin, Dobrovsky e altri, volenti o nolenti, non sono avulsi da questo errore. Il loro atteggiamento potrebbe essere semplicemente il frutto del timore di andare contro coloro che erano allora l'autorità. Per non parlare di alcuni storici russi assolutamente recenti: che siano loro, con la mano sul cuore, a dire a quale scopo promuovono il sistema di Schlözer stigmatizzando gli antichi slavi…

Fortunatamente abbiamo a disposizione altre fonti utili alla ricostruzione dell'antico mondo slavo: annali e reperti che testimoniano qualcosa di assolutamente diverso rispetto a quello che gli storici raccontano. Bisogna per prima cosa distruggere queste versioni erronee della storia per CORREGGERE LA MESCHINA MENZOGNA» [6], pg.48.

Continuiamo a citare Klassen: «Il popolo russo-slavo viene prima di quello romano o greco. In tutto il vecchio mondo lasciarono una moltitudine di tracce che ne testimoniano il passaggio, l'antichissima scrittura, le arti e la grandezza di spirito… . Questi reperti rimarranno per sempre prove incontestabili delle gesta dei nostri antenati, narrate in una lingua a noi conosciuta, la madre di tutte le lingue slave» [6], pg.11.

Si tratta di numerosi reperti archeologici che di tanto in tanto vengono ritrovati in scavi in Europa, in Asia e in Africa. Sono incisioni che gli studiosi occidentali sostengono di non essere in grado di leggere. Come verrà poi dimostrato, la verità è che gli storici NON VOGLIONO decifrarli. Perchè sono scritti IN LINGUA SLAVA.

Klassen riportò una citazione del linguista polacco Volansky: «Gli studiosi hanno rinvenuto questi reperti e fino ad ora hanno lavorato invano alla loro decifrazione sulla base degli alfabeti latino e greco. Notandone la non corrispondenza hanno cercato la chiave nella lingua ebraica, di nuovo invano, perchè la soluzione a tutte queste iscrizioni ancora ignote si trova SOLO NELLA LINGUA SLAVA ANTICA… Che siano le INCISIONI RUPESTRI IN LINGUA SLAVA in Numidia, a Cartagine e in Egitto a dimostrare quanto lontano si sia spinta la civiltà russa nell'antichità», [6], ppgg.73-74.

Le interessantissime ricerche di Fadey Volansky e la sua brillante lettura delle iscrizioni etrusche verranno analizzate successivamente. Oggi la sua opera è completamente messa a tacere dagli storici, e vengono addirittura pubblicate PARODIE dei suoi lavori (senza che venga citato il suo nome) con titoli altisonanti dall'impronta accademica. Ci riferiamo in particolare al libro di G.S. Grinevich, «Scrittura protoslava. Risultati della decifrazione», pubblicato nel 1993 a Mosca nella collana «Enciclopedia del pensiero russo» a cura dell'editore «Obshestvennaya polza (Utilità sociale)». I libri del contemporaneo V.A. Chudinov sono scritti allo stesso modo: queste ricerche pseudoscientifiche non sono innocue e tantomeno in buona fede. Il loro scopo è mettere in ombra e diffamare le importanti scoperte scientifiche di F. Volansky, di A.D. Chertkov e di altri studiosi di grande valore che, partendo dalla lingua slava, hanno decifrato numerose antiche iscrizioni in Europa, Asia e Africa. Nonostante l'impegno degli studiosi il mistero di queste iscrizioni non è mai stato risolto partendo da altre lingue.

Fadey Volansky non ebbe una vita facile. Non gli furono perdonate le ricerche sulla storia dei popoli slavi in Europa occidentale. I suoi libri furono bruciati al rogo, in linea con i pogrom dei riformatori del XVI-XVII sec., che cercarono di liquidare anche lo stesso Volansky. “Non possiamo ignorare l’impresa del professor Fadey Volansky dell’Università di Varsavia. Fu lui, nel 1847, a ritrovare il canto «Pesn o pobienii iudeyskoy Khazarii Svetoslavom Khorobre (Canto delle percosse battute da Svetoslavo alla giudea Azaria)» I GESUITI MISERO AL ROGO LE SUE OPERE… tali erano i gesuiti in Polonia nel 1847” [9], ppgg. 277-278. Lo zar Nicola I impedì l'esecuzione di Fadey Volansky, che invece i fanatici chiedevano a gran voce.

1.2 Aleksandr Dmitrevich Chertkov e Sebastiano Ciampi

Fadey Volansky non fu solo con le sue scoperte. Ancora prima di lui si occuparono di decodificare le iscrizioni etrusche sulla base di lingue slave il filologo italiano Sebastano Ciampi e il famoso studioso russo Aleksandr Dmitrevich Chertkov, la cui opera fondamentale, «Sulla lingua dei Pelasgi, abitanti dell'Italia, e sul confronto con la lingua slava antica», uscì fra il 1855 e il 1857 [21]. Partendo da un'analisi profonda ed esaustiva, A.D. Chertkov dimostrò che le più antiche fra le iscrizioni etrusche conservatesi in Italia erano in LINGUA SLAVA.

Gli storici scaligeri non convenirono con la scoperta di Chertkov, e anzi la accolsero con una levata di scudi: la vera ragione era che la scoperta smentiva completamente la loro versione della storia. Gli etruschi vissero sui territori italiani prima della fondazione di Roma, città che secondo Scaligero fu fondata nell'antichità, ancora nell'VIII sec. a.C., mentre la storia dei popoli slavi, insieme con la loro lingua, iniziò solo in tempi più tardi, nel medioevo. Ciò significa che, secondo Scaligero, gli slavi fecero la loro apparizione nell'arena della storia solo circa mille anni dopo gli etruschi. È questo il motivo per cui gli scaligeri non possono concepire che gli etruschi scrivessero in slavo.

Considerando che nelle iscrizioni etrusche si insidia un grave pericolo per la cronologia scaligera, è probabile che gli storici del XIX sec. abbiano definitivamente convinto se stessi e gli altri che i testi etruschi fossero «indecifrabili» (vedi sotto). Ma ecco poi comparire studiosi in grado di leggerli, e di leggerli IN SLAVO! Una scoperta che avrebbe sconvolto tutto l'immaginario dominante della storia antica, in particolare dell'antica Roma, che costituisce di fatto la pietra miliare di tutta la cronologia scaligera.

È in questo senso che le ricerche di Chertkov, Ciampi e Volansky contraddicevano radicalmente la storia ed in generale la cronologia scaligere. Non essendo in possesso di obiezioni valide gli storici si rifugiarono dietro un cieco diniego di queste scoperte, ignorandole.

Breve nota biografica su A.D. Chertkov: fu un eminente studioso della propria epoca, fece moltissimo per la storia russa. I frutti della sua attività vengono utilizzati tuttora dagli storici, che però preferiscono non citare il suo nome. Ecco che cosa riporta su Chertkov il «Dizionario Enciclopedico di Brockhaus ed Efron»:

«Chertkov Aleksandr Dmitrevich (1789-1858), archeologo e storico, nipote in linea materna del famoso collezionista di libri S.I. Tevyashov. Partecipò alle guerre del 1812-1814 fra le file del Reggimento di Cavalleria, distinguendosi in particolare durante la battaglia di Kulm. Nel 1822 si ritirò dalla carriera militare e passò due anni in Austria, Svizzera e Italia. A Firenze si avvicinò a Sebastiano Ciampi, autore del famoso «Bibliografia critica delle antiche reciproche corrispondenze dell'Italia colla Russia, colla Polonia et altre parti settentrionali». Chertkov riprese le armi con lo scoppio della guerra russo-turca nel 1828, per lasciarle definitivamente e ritirarsi a Mosca alla fine della campagna. Iniziò a dedicarsi completamente allo studio della storia russa e dell'antichità russa e slava. Una delle sue prime opere a riguardo fu «Descrizione delle monete russe» (Mosca, 1834) con le «Appendici» (1837, 1839 e 1841).

FU LA PRIMA OPERA A RISPONDERE A REQUISITI SCIENTIFICI E A PORRE LE FONDAMENTA DELLA DESCRIZIONE ESATTA E SISTEMATICA DELLE MONETE ANTICHE… L'Accademia delle Scienze assegnò alla «Descrizione» il suo più alto riconoscimento, il Premio Demidov. Chertkov lo rifiutò, investendo il premio, che consisteva in denaro, nella stampa del «Vangelo di Ostromir». Possedeva una vasta collezione di monete russe antiche e si impegnò attivamente, insieme al conte S.G. Stroganov, per arrestare la diffusione di falsi di monete. Le opere successive di Chertkov furono in buona parte stampate dalle tipografie della Società di storia e antichità russe, di Mosca: «Sulle cose antiche, ritrovate nel 1838 nel governatorato di Mosca, nel distretto di Zvenigorod» (Mosca, 1838); «Descrizione della deputazione inviata nel 1650 dallo Zar Aleksey Mihailovich alla corte del Granduca Ferdinando II di Toscana» (Mosca, 1840); «Sulla traduzione degli annali di Manasse in slavo, con un compendio sulla storia dei bulgari», riportata fino al XII sec. (Mosca, 1842); «Descrizione della guerra del Gran Principe Svyatopolk Igorevich contro bulgari e greci nel 967-971» (1843); «Sulle truppe dell'esercito russo che conquistarono la Bulgaria e combatterono con i greci in Tracia e Macedonia» («Appunti di storia di Odessa e dell'antichità russa», nel 1842); «Beloberezhe e le sette isole sulle quali secondo Demeshka vivevano i briganti russi» (1845); «Sulla migrazione delle tribù della Tracia oltre il Danubio e verso il nord, verso il Mar Baltico e la Rus', ossia compendio di storia antica dei protoslavi» (1851); «Tribù della Tracia stanziate in Anatolia» (1852); «Tribù pelasgo-trace stabilitesi in Italia» (1853); «Sulla lingua dei Pelasgi, abitanti dell'Italia, e sul confronto con la lingua slava antica» (1855-57) e altri. Avendo ereditato dal padre e dal nonno per linea materna una ricchissima biblioteca, Chertkov si occupò di arricchirla principalmente con composizioni sulla Russia e sul mondo slavo… in tutte le lingue europee e slave. Nel 1838 pubblicò il primo volume della descrizione della sua biblioteca, con il titolo «Biblioteca generale russa o catalogo delle opere per lo studio generale e dettagliato della nostra patria», dopo sette anni ne pubblicò il secondo volume. Il catalogo arrivò ad elencare in tutto 8800 opere. La biblioteca di Chertkov era relativamente modesta, ma fino alla creazione del reparto «Rossica» della Biblioteca pubbica imperiale costituì l'UNICA VALIDA RACCOLTA DI OPERE SULLA RUSSIA E SUI POPOLI SLAVI, mentre per abbondanza di edizioni rare e pregiate era e tuttora è UN PREZIOSISSIMO TESORO, RICCO DI STRAORDINARI MANOSCRITTI … La biblioteca di Chertkov fu donata alla città di Mosca e sistemata nel Museo Rumyantsev (in seguito costituì la base per la creazione della Biblioteca Storica Statale, n.d.a.). Chertkov venne eletto vice presidente e poi presidente della Società di storia e antichità russe» [24].

Il Dizionario enciclopedico cita l'opera di A.D. Chertkov «Sulla lingua dei Pelasgi, abitanti dell'Italia, e sul confronto con la lingua slava antica» in modo sbrigativo e solo come composizione poco significativa. In altre enciclopedie e testi dedicati a Chertkov addirittura non viene menzionata, nonostante sia proprio in questa opera che l'autore fornisce la soluzione a un problema che è stato terreno di scontri per generazioni di esperti e studiosi etruscologi, fornendo le chiavi per la decifrazione della lingua etrusca e dimostrando che si trattava di una lingua slava.

La prima intuizione che la lingua etrusca fosse di derivazione slava fu formulata non da Chertkov, ma dallo slavista italiano Sebastiano Ciampi, che tuttavia non trovando supporto nell'ambiente circostante non portò a termine le proprie ricerche per dimostrarlo. Chertkov alluse alla teoria di Ciampi nella sua ricerca sulla lingua degli etruschi, o dei pelasgi, come venivano chiamati nel XIX sec. Sviluppò scientificamente l'intuizione di Ciampi apportandovi prove esaustive.

Il Dizionario enciclopedico scrive di Ciampi in questi termini: lo riconosce come l'autore di un certo «famoso libro sulle relazioni fra la Polonia e la Russia e l'Italia», ma trascura completamente il fatto che Ciampi sia anche stato l'autore della teoria sulla provenienza slava della lingua etrusca.

Nella fig.2 è riportato il ritratto dell'eminente studioso russo Aleksandr Dmitrevich Chertkov.

1.3 Perché nonostante l’evidenza Ciampi, Chertkov e Volansky non riuscirono ad affermare la propria teoria?

I risultati della decifrazione delle iscrizioni etrusche ritrovate in Italia (e non solo) ottenuti da S. Ciampi, A.D. Chertkov e F. Volansky, di grandissimo interesse storico, non sono ancora state riconosciute dagli storici. La ragione, tanto semplice quanto unica possibile, è che sono RISULTATI CHE MINANO LE BASI DELLA CRONOLOGIA SCALIGERA. Nessuna prova, nessuna evidenza nella decodificazione delle antiche iscrizioni ritrovate in Egitto o in Italia hanno potuto persuadere gli esponenti della scuola scaligera che questi luoghi siano stati abitati da popoli slavi. Fino a che nelle loro menti resisterà la versione scaligera della storia il loro orecchio sarà sordo alla ragione.

D’altra parte gli stessi Ciampi, Chertkov, Volansky e gli altri studiosi che ne condividevano il punto di vista, trovandosi loro stessi sotto l’influenza della cronologia scaligera, non riuscirono a spiegare in modo esaustivo la presenza di antiche incisioni SLAVE in Europa occidentale, Asia e Africa. Questo potrebbe in parte spiegare perché la loro voce rimase inaudita.

Oggi, grazie alla Nuova Cronologia, possiamo rimettere le cose al loro posto e fornire quelle spiegazioni degli antichi reperti che Chertkov, Volansky, Kassen e altri studiosi non riuscirono a dare.

È fondamentale ricordare che non si parla di epoche remote, come invece pensavano Ciampi, Chertkov, Volansky e Klassen, ma di avvenimenti relativamente recenti, collocabili nel XIV-XVI sec. DOPO CRISTO. Secondo la nostre ricostruzione tutti i monumenti di cui si parlerà in seguito risalgono ad un periodo SUCCESSIVO ALLA GRANDE CONQUISTA SLAVA (vd. «La conquista slava del mondo», G.V. Nosovsky, A.T. Fomenko).