Сronologia 3
di Anatoly T.Fomenko

PARTE PRIMA - LA DATAZIONE DELL'ALMAGESTO

testo tradotto in italiano da Claudio dell'Orda

This Italian translation of the fragments of the 3-st volume by Anatoly Fomenko was done by Claudio dell'Orda from the English edition: 
A. T. Fomenko, V. V. Kalashnikov, G. V. Nosovskiy
. History: " Fiction or Science?" Astronomical methods as applied to chronology. Ptolemy's Almagest. Tycho Brahe. Copernicus.
The Egyptian zodiacs.

Introduzione

1. Breve descrizione dell’Almagesto
L'Almagesto è una famosa opera medievale che si occupa di astronomia, geometria sferica e di tutte le questioni relative ai calendari. Si ritiene che sia stato scritto da Claudio Tolomeo, un astronomo, matematico e geografo di Alessandria. Gli storici fanno risalire la sua vita al II secolo d.C. Di seguito riportiamo alcune brevi informazioni su Tolomeo. Tuttavia, occorre immediatamente sottolineare che, secondo alcuni specialisti in storia dell'astronomia, “Proprio come successe per le sue opere, anche la persona di Tolomeo fu trattata in modo piuttosto strano dalla storia. I suoi contemporanei non lasciarono nessuna documentazione storica riguardo la sua vita e le sue attività ... Di Tolomeo conosciamo solo le date approssimative di nascita e morte o qualche piccolo dettaglio della sua biografia” ([98], pagina 6). Le Figure 0.1, 0.2, 0.3, 0.4, 0.5 e 0.6 riportano alcuni ritratti antichi di Tolomeo.


Figura 0.1.

Antico disegno di Tolomeo
risalente al 1584. Tolomeo tiene in
mano il bastone di Giacobbe.
Thevet. Les vrais protr. et vies
d’hommes illustres ... Parigi, 1584.
Tratta da [704], pagina 431.

Figura 0.2.

Antica scultura dalla cattedrale
di Ulm raffigurante Tolomeo
(1469-1474 circa).
La statua venne fatta da
Jorg Sirlin Senior.
Tratta da [704], pagina 448.


Figura 0.3.

Antica raffigurazione di Tolomeo
da The Global Chronicle di
Hartmann Schedel. Augusta,
1497. Presa da [90], pagina 25.


Figura 0.4.

Antico ritratto di Tolomeo in cui
sembra proprio un tipico
medievale europeo. Tratta da
[98],pagina 7.

Secondo la cronologia di Scaligero, l'Almagesto fu creato durante il dominio dell'imperatore romano Antonino Pio, che regnò nel 138-161 d.C.

Vi facciamo subito notare che l'epoca dello stile letterario, che a volte è eccessivamente grandiloquente e sinuoso, è più facile che sia quella del Rinascimento che la “profonda antichità”, quando la carta e la pergamena (per non parlare dei libri) erano un lusso. Giudicate voi stessi, l'Almagesto inizia così.

“O Sire, mi sembra che i veri filosofi facciano una lodevole distinzione tra la filosofia teorica e quella pratica. Anzi, persino nonostante i precedenti tentativi di unirle, si può sempre vedere tra loro una grande differenza. In primo luogo, anche se alcune virtù morali potrebbero essere possedute da moltissime persone non istruite, non è proprio possibile studiare le vie dell'Universo senza un'adeguata istruzione. In secondo luogo, i primi ne beneficiano di più a causa dell'incessante attività, mentre gli ultimi si gustano il progresso della ricerca teorica. Pertanto, da una parte è necessario che le nostre concezioni mentali controllino molto rigidamente le nostre azioni, in modo da riferirsi sempre a un ideale perfetto ed elegante, mentre dall'altro occorre dirigere la maggior parte della nostra energia nel familiarizzare con una moltitudine di squisite teorie e apprendere molte altre cose pertinenti alla disciplina comunemente indicata con il nome di matematica, nel senso stretto della parola ... Se dovessimo edurre la ragione primordiale che mise in moto l'Universo in monto nella forma più semplice, si tratterebbe del Dio immanente e invisibile. La sezione seguente è la teologia... La sezione che studia il materiale e gli aspetti qualitativi in continua evoluzione come il candore, il calore, la dolcezza, la morbidezza ecc., si chiama fisica ...Infine, la disciplina che si occupa delle forme e dei movimenti qualitativi ... può essere definita come la matematica” ([704], pagine 5-6).

Lo stile è perfettamente quello tipico delle ultime opere scientifiche medievali del XV-XVII secolo (alcuni chiamano queste opere con il termine di scolastiche). Il dettaglio palese è il riferimento di Tolomeo al Dio invisibile e immanente, che è un elemento caratteristico del dogma cristiano, abbastanza estraneo al politeismo degli dèi dell'Olimpo. Eppure, la cronologia di Scaligero cerca di convincerci che il cristianesimo divenne la religione ufficiale solo nel V secolo d.C., mentre “l'antico Tolomeo greco” del II secolo d.C. viene chiaramente considerato dalle autorità storiche un autore pre-cristiano.

Ora presentiamo ai lettori l'indice dell'Almagesto, dato che questa opera scientifica fondamentale ai nostri giorni non è affatto una lettura popolare. Secondo gli storici scaligeriani, fu scritto quasi duemila anni fa.

Va sottolineato che alcuni ricercatori pensano che la divisione dell'Almagesto in capitoli sia più recente del libro stesso, come pure i nomi dei capitoli ([1358], pagine 4-5).Tuttavia, questo fatto non ha importanza per noi al momento, poiché il nostro unico obiettivo è quello di far familiarizzare i lettori con la struttura dell'Almagesto.


Figura 0.5.

. Antico ritratto di Tolomeo. Incisione xilografica del XVI secolo. Tratto da [1160],
pagina 25.

Figura 0.6.

Antico disegno di Tolomeo sulla “Cosmosfera” di Vassily Kiprianov, 1707
.Tolomeo indossa qualcosa che ricorda un turbante ottomano. Tratto da [90], pagina 212.

Pertanto, l'Almagesto è composto da 13 volumi che occupano 430 pagine normali di un'edizione moderna ([704]).
Questo libro finisce pure in maniera davvero notevole. L'epilogo è il seguente:
“Sire, dopo aver scritto tutto questo e dopo aver considerato quasi tutto quello che ho ritenuto necessario considerare in quest'opera, il tempo trascorso sembra abbia aiutato a perfezionare la precisione delle nostre scoperte. Non vogliamo che questo sia un motivo di vanto, ma che piuttosto possa essere utile alla scienza; che il nostro presente lavoro possa avere un fine appropriato e adeguato” ([704], pagina 428).

Come possiamo vedere, il lavoro di Tolomeo è stato dedicato a un certo “Sire”, ovvero zar. Gli storici rimangono molto sorpresi da questo fatto. Il commento moderno è il seguente: “Questo nome [Sire = Zar - l'autore.] era piuttosto popolare nell'Egitto ellenistico dell'epoca in questione. Non abbiamo altri dati su questa persona; non sappiamo nemmeno se in qualche modo fosse associata all'astronomia” ([704], pagina 431). Tuttavia, proprio il fatto che l'Almagesto sia stato associato al nome di un certo zar, può essere provato dalla seguente circostanza. A quanto pare “a Tolomeo fu anche attribuita una discendenza reale nella tarda antichità e nel Medioevo” ([704], pagina 431). Inoltre, il nome stesso Tolomeo si presume sia stato quello della dinastia dei re egiziani che regnarono dopo Alessandro Magno ([797], pagina 1076).

Ad ogni modo, secondo la cronologia di Scaligero la dinastia tolemaica lasciò la scena intorno al 30 a.C. ([797], pagina 1076), in altre parole più di cento anni prima dell'astronomo Tolomeo. Pertanto, l'unica cosa che ci impedisce di identificare l'epoca dei sovrani tolemaici con l'epoca dell'astronomo Tolomeo, è la cronologia di Scaligero. A quanto pare, nel Medioevo, quando la cronologia di Scaligero non esisteva ancora, l'Almagesto fu attribuito ai sovrani tolemaici e a nessun altro, indicandoli come i fautori di questa impresa grandiosa o i clienti che ordinarono questo trattato astronomico. Questo è il motivo per cui l'Almagesto venne canonizzato e diventò assolutamente autorevole per molto tempo. È abbastanza facile da capire perché il libro inizia e finisce con una dedica a un certo Sire, ovvero Zar. In un certo senso era il libro reale di astronomia. In questo nostro volume scopriremo proprio quando fu scritto.
Il primo volume dell'Almagesto esprime un certo numero di principi generali, in particolare i seguenti:

  1. Il cielo è in realtà una sfera celeste e come tale ruota.
  2. La Terra è una sfera situata al centro dell'Universo (i cieli).
  3. La Terra può essere considerata come un punto nello spazio rispetto alla distanza dalla sfera delle stelle immobili.
  4. La Terra è immobile (“non viaggia da un posto all'altro”).

Molte di queste affermazioni furono edotte dalla filosofia aristotelica dallo stesso Tolomeo. Inoltre, i volumi 1 e 2 sono delle raccolte di elementi di astronomia sferica: i teoremi del triangolo sferico, il metodo di misurazione degli archi (angoli) tramite le corde conosciute, ecc... Il volume 3 parla della teoria del moto annuale visibile del Sole, discute le date degli equinozi, la lunghezza di un anno, ecc... Il volume 4 descrive la durata del mese sinodale, che è il ciclo di ripetizione della fase lunare. E' composto da circa 29 giorni, 12 ore, 44 minuti e 2,8 secondi. Sempre lo stesso libro parla della teoria del moto lunare. Il volume 5 discute la costruzione di alcuni strumenti di osservazione e continua la ricerca della teoria del moto lunare. Il volume 6 descrive la teoria delle eclissi solari e lunari.

Il famoso catalogo stellare che contiene circa 1020 stelle, fa parte del settimo e ottavo volume dell'Almagesto, che descrive anche le proprietà e le caratteristiche delle stelle immobili, dei moti della sfera stellare, ecc...

Gli ultimi cinque volumi dell'Almagesto contengono la teoria del moto planetario. Tolomeo menziona cinque pianeti, vale a dire Saturno, Giove, Marte, Venere e Mercurio.

 

2. Breve storia dell’Almagesto
Come abbiamo già sottolineato, la cronologia di Scaligero crede che l'Almagesto sia stato creato durante il regno dell'imperatore Antonino Pio, nel 138-161 d.C. Inoltre, si presume che l'ultima osservazione inclusa nell'Almagesto risalga al 2 febbraio 141 d.C. ([1358], pagina 1). Il periodo delle osservazioni di Tolomeo su cui si basa l'Almagesto è il 127-141 d.C.
Il nome greco Almagesto si traduce con “Trattato Sistematico di Matematica ”, sottolineando il fatto che l'Almagesto rappresenta la somma totale del periodo dell’astronomia matematica greca. Non si sa se all'epoca di Tolomeo esistessero altri libri di testo astronomici comparabili all'Almagesto. Gli scienziati moderni tentano di spiegare il successo senza precedenti dell'Almagesto tra gli astronomi e gli scienziati in generale, dicendo che la maggior parte di tutte le altre opere astronomiche dell'epoca furono casualmente andate perse ([1358]). L'Almagesto era il libro di testo principale di astronomia del Medioevo. Se dovessimo credere alla cronologia di Scaligera, in questa qualità fu utile per almeno millecinquecento anni, suscitando un  tremendo impatto sull'astronomia medievale nei paesi islamici e cristiani fino al XVII secolo d.C. L'autorità di questo libro nella comunità scientifica medievale è paragonabile nientemeno che agli Elementi di Euclide.

Come sottolineò per esempio Toomer, ([1358],pagina 2), è eccezionalmente difficile tracciare la cronologia dell’Almagesto e la sua influenza nell’antichità (tra il II secolo d.C. e il Medioevo). Uno di solito giudica il ruolo dell’Almagesto come un libro di testo standard per “studenti avanzati” nel periodo dell cosiddetto declino della “antichità” da parte dei commenti di Pappo e Teone di Alessandria ([1358], pagina 2). La versione scaligeriana della storia ci dice che fu seguito da una “epoca lugubre e taciturna”; ne discuteremo in dettaglio nel Capitolo 11. Per il momento, riportiamo solo la seguente caratteristica di questa fittizia “epoca di stagnazione” scaligeriana, come indicata da un moderno specialista in storia dell’astronomia: “Dopo la sorprendente efflorescenza della cultura antica nel continente europeo, arrivò un lungo periodo di stagnazione e persino di regresso sotto alcuni aspetti: un periodo di 1000 anni comunemente indicato con il nome di Medioevo ... In questo millennio non venne fatta una singola scoperta astronomica che avesse un significato” ([395], pagina 73).

Inoltre, la storia di Scaligero è dell'opinione che nel VIII-IX secolo l'Almagesto “emerse dall'oscurità” a causa della crescente popolarità della scienza greca nel mondo islamico e dal fatto che fu tradotto in siriano; da questa seguirono diverse traduzioni in arabo. E' risaputo che almeno cinque di queste versioni tradotte esistettero entro la metà del XII secolo d.C. Per saperne di più leggete il Capitolo 11. Oggi si ritiene che l'opera di Tolomeo, originariamente scritta in greco, venisse copiata e perfino studiata in Oriente, a Bisanzio in particolare, ma non in Occidente. “Nell'Europa occidentale, tutta la conoscenza di quest'opera rimase persa fino al primo medioevo. Anche se nel Medioevo vennero fatte diverse traduzioni dal greco al latino, la fonte primaria della riscoperta dell'Almagesto in Occidente fu una traduzione dall'arabo realizzata da Gerardo di Cremona a Toledo e terminata entro il 1175 d.C. I manoscritti greci [dell'Almagesto - l'autore] iniziarono a raggiungere l'Occidente nel XV secolo; tuttavia, il testo di Gerardo rimase la base dei libri di astronomia per i secoli e le generazioni a venire, fino alla compilazione di una versione concisa dell'Almagesto da parte di Purbach e Regiomontano... Questa fu la prima versione stampata dell'Almagesto (Venezia, 1515). Il XVI secolo fu il testimone dell'ampia propagazione del testo greco (pubblicato da Hervagius a Basilea nel 1538) e del calo di influenza del sistema astronomico tolemaico, non tanto a causa del lavoro di Copernico (che venne chiaramente influenzato dall'Almagesto, sia nella forma che nei concetti espressi), ma da quello di Tycho Brahe e Keplero” ([1358], pagine 2-3).

 

3. I principali cataloghi stellari del Medioevo
Per cui, l'Almagesto (e il suo catalogo stellare in particolare) si classifica come l'opera astronomica dettagliata più vecchia e più o meno informativa che ha raggiunto i nostri giorni. La datazione approssimativa di Scaligero dell'Almagesto è il II secolo d.C. Tuttavia, si presume che Tolomeo usasse il catalogo stellare di Ipparco, il suo predecessore che visse nel II secolo a.C. Il catalogo in questione non è sopravvissuto nella sua forma originale. Come per altri cataloghi medievali, l'Almagesto contiene circa 1000 stelle, le cui posizioni vengono indicate attraverso la loro latitudine e longitudine nelle coordinate eclittiche. Si presume che prima del X secolo d.C. non siano esistiti altri cataloghi stellari tranne quello contenuto nell'Almagesto.

Infine, secondo la cronologia di Scaligero il primo catalogo stellare medievale fu compilato nel X secolo d.C. a Baghdad da Al-Sufi, un astronomo arabo. Il suo nome completo è Abd al-Rahman ben Omarben Mohammed ben Sala Abu al-Husain al-Sufi (903-986 d.C., vedi [544], Volume 4, pagina 237). Il catalogo di Al-Sufi è sopravvissuto; uno studio molto attento rivela che è identico allo stesso catalogo del vecchio Almagesto. Tuttavia, se le copie e le edizioni sopravvissute dell'Almagesto contenessero un catalogo stellare compilato circa nel 100 d.C. attraverso la regola della precessione (anche se ci sono delle eccezioni), il catalogo di “Al-Sufi” sarebbe lo stesso catalogo compilato tramite precessione nel X secolo d.C. Questo fatto è ben noto agli astronomi:vedere [1119], pagina 161, per esempio. Inoltre, vi diciamo che compilare un catalogo riferito a un'epoca storica casuale era un compito abbastanza facile. Si doveva solo aggiungere una costante certa alla lunghezza delle stelle: lo stesso valore per ogni stella. Si tratta di un'operazione aritmetica veramente semplice; a dir il vero l'Almagesto la descrive in modo molto dettagliato.

Il prossimo catalogo sopravvissuto nella cronologia di Scaligero  e Petavio fu compilato da Ulugbek a Samarcanda (1394-1449 d.C.). Nessuno dei tre è molto preciso, poiché indicano tutti le coordinate delle stelle usando una scala con un passo di 10 gradi d'arco. In seguito c'è il famoso catalogo di Tycho Brahe (1546-1601), che è già sostanzialmente più preciso. Il catalogo di Brahe è ritenuto il più grande passo in avanti tra gli strumenti medievali e la tecnologia di osservazione in generale. I cataloghi post Tycho sono abbondanti, però al momento non ci interessano.

 

4. Il motivo per cui la datazione dei vecchi cataloghi stellari è una questione importante
Ogni catalogo stellare nuovo è il risultato di un grande corpo di lavoro condotto da un astronomo osservatore; molto probabilmente, da un intero gruppo di osservatori professionisti che avevano bisogno di tutta la professionalità, concentrazione e meticolosità possibile, nonché della possibilità di utilizzare gli strumenti di misurazione più all'avanguardia della loro epoca. A parte questo, un catalogo necessita di una corrispondente teoria astronomica, ovvero di una cosmologia. Quindi, ogni e tutti i cataloghi antichi erano la quintessenza del pensiero astronomico dell'epoca. Analizzando un catalogo possiamo scoprire molto sulla qualità delle misurazioni di un'epoca, sul livello della conoscenza astronomica, ecc...

Tuttavia, al fine di comprendere i risultati dell'analisi di un determinato catalogo, si deve conoscere la data della sua compilazione. Qualsiasi cambio di data fa cambiare automaticamente le nostre stime, il nostro concetto del catalogo, ecc... E non è sempre facile calcolare la data di creazione di un determinato catalogo, cosa che può essere meglio osservata nel caso dell'Almagesto. Inizialmente, nel XVIII secolo, la veridicità della versione di Scaligero, la quale attribuì Tolomeo al presunto II secolo d.C., era indiscutibile. Tuttavia, nel XIX secolo, l'analisi più meticolosa delle longitudini stellari contenute nell'Almagesto ha rivelato che la precessione di queste longitudini corrisponde all'epoca del II secolo a.C., in altre parole all'epoca di Ipparco. Ecco come A. Berry descrive la situazione: “Il settimo e l'ottavo volume [dell'Almagesto - l'autore] contengono un catalogo stellare e una descrizione della precessione. Il catalogo, che comprende 1028 stelle (tre delle quali sono doppie) sembra essere praticamente identico a quello di Ipparco. Non contiene una sola stella che poteva essere vista da Tolomeo ad Alessandria e non poteva essere vista da Ipparco a Rodi. Inoltre, Tolomeo afferma di aver definito il valore di precessione in 36" (e quindi erroneamente) dopo aver confrontato le sue osservazioni ai dati di Ipparco e di altri astronomi. Ipparco considera questo valore come il minor risultato possibile, mentre per Tolomeo è la stima finale. Le posizioni delle stelle nel catalogo di Tolomeo corrispondono molto alle loro posizioni effettive ai tempi di Ipparco, tenendo conto della presunta precessione annuale di 36" e delle loro posizioni effettive all'epoca di Tolomeo. Pertanto, è molto probabile che il catalogo in questione non abbia nulla in comune con le osservazioni originali di Tolomeo, che di fatto sono quelle del catalogo di Ipparco con una precessione compensata e solo leggermente modificata dalle osservazioni di Tolomeo e di altri astronomi” ([65], pagine 68-69).

In questo caso, la questione della datazione del catalogo diventa cruciale. Sin dal XVIII secolo gli astronomi e gli specialisti in storia dell'astronomia hanno analizzato il catalogo dell'Almagesto e l'Almagesto in generale, cercando di “ordinare” i dati che contiene, distinguendo le osservazioni di Ipparco da quelle di Tolomeo, ecc... Sono stati scritti molti libri sulla datazione delle osservazioni su cui si basa il catalogo dell'Almagesto. Non vogliamo affatto tentare di analizzarlo in profondità per poi dire al lettore interessato a [614], dove possa trovare una guida delle rispettive pubblicazioni.

Abbiamo un'altra domanda da porre: è possibile creare un metodo matematico che consenta di datare un catalogo stellare antico “dall'interno”, in altre parole usando solo le informazioni numeriche contenute nelle coordinate stellari che il compilatore del catalogo incluse nella sua opera? La nostra risposta è affermativa. Abbiamo sviluppato un metodo per questo scopo, lo abbiamo testato su numerosi cataloghi datati in modo veritiero e poi lo abbiamo applicato all'Almagesto. I lettori potranno scoprire i nostri risultati nel presente libro.

Ora citiamo alcuni brevi dati biografici riguardanti gli astronomi le cui attività vengono immediatamente associate al problema descritto sopra. Questi dati sono stati pubblicati nei libri di testo di Scaligero. Bisogna trattarli criticamente, dato che la versione scaligeriana della storia si basa su una cronologia errata (vedere Cronologia 1 e Cronologia 2). Nel presente libro prenderemo in considerazione altri fatti a conferma di quanto detto.

 

5. Ipparco
La storia di Scaligero è dell'opinione che l'astronomia divenne una scienza naturale grazie alle opere di Ipparco, un astronomo della “antica” Grecia che visse intorno al 185-125 a.C. Si crede anche che sia stato il primo a scoprire la precessione equinoziale, che sposta i punti dell'equinozio attraverso l'eclittica nella direzione opposta a quella in cui vengono conteggiate le longitudini nel corso del tempo. Come conseguenza crescono le longitudini eclittiche di tutte le stelle. Gli esperti in storia dell'astronomia ci dicono quanto segue: “Si sa molto poco della vita di Ipparco. Nacque a Nicea (la città odierna di Iznik in Turchia), visse ad Alessandria e per un po' lavorò sull'isola di Rodi, dove fu eretto il suo osservatorio astronomico” ([395], pagina 43).

Si ritiene che l'esplosione di una nova sia stata il motivo iniziale che diede l'impulso a Ipparco di compilare un catalogo stellare. In riferimento a questo evento viene solitamente citato Plinio il Vecchio (23-79 d.C.), il quale dice che Ipparco “scoprì una nuova stella come pure un'altra stella che nacque in quel periodo”. Secondo altre fonti ([395], pagina 51) Ipparco notò l'esplosione di una nova nel 134 a.C. “Questo portò Ipparco all'idea che nel mondo stellare stessero avvenendo alcuni cambiamenti e che fossero troppo lenti da scoprire persino nel corso della vita di diverse generazioni. Decise di compilare un catalogo stellare con 850 elementi per lasciare ai suoi lontani discendenti una tale opportunità” ([395], pagina 51).

L'Almagesto di Tolomeo ci parla del catalogo di Ipparco. Il catalogo in sé non è sopravvissuto. Tuttavia, si ritiene che lì fosse stata indicata la longitudine e la latitudine eclittica di ogni stella, così come la grandezza. Si ritiene che Ipparco localizzò le stelle usando gli stessi termini dell'Almagesto: “la stella sulla spalla destra di Perseo”, “la stella sopra la testa dell'Acquario”, ecc... ([395], pagina 52).
Inevitabilmente si finisce col meditare sull'estrema vaghezza di questo metodo di localizzazione stellare. Non solo implica un sistema canonico per disegnare le costellazioni e indicare le stelle che ne fan parte; l'altra condizione è che ci siano abbastanza copie identiche di un singolo grafico stellare. Questo è l'unico modo per descrivere verbalmente le stelle come nel lavoro sopra e aiutare i ricercatori nell'identificazione effettiva delle stelle. Tuttavia, in questo caso l'epoca di propagazione del catalogo deve postdatare l'invenzione della macchina da stampa e della tecnica di incisione, dal momento che in precedenza non si potevano fabbricare molteplici copie identiche di una singola opera.

Quasi tutto il corpus di informazioni che abbiamo sulla “antica” scienza greca delle stelle proviene da due opere sopravvissute: l'Almagesto di Tolomeo e l'opera di Ipparco intitolata Commentario su Arato ed Eudosso, scritto intorno al 135 a.C. ([614],pagina 211). In altre parole, la questione della moto stellare, indipendentemente dal fatto che le singole stelle si muovano individualmente in relazione alla sfera delle stelle immobili, fu già discusso da Tolomeo il cui verdetto fu negativo (in particolare, Tolomeo inizia il settimo volume dell'Almagesto con l'analisi di alcune configurazioni stellari citate da Ipparco molto tempo prima dell'epoca di Tolomeo, sostenendo che le configurazioni in questione erano valide anche per il suo periodo ([704], pagina 210; anche [614], pagina 212).
“A giudicare da questo esempio e da molti altri, Tolomeo afferma di aver dimostrato la costanza delle posizioni stellari relative” ([614], pagina 213). Perciò ,secondo la storia di Scaligero la questione appropriata sul moto delle stelle nacque per la prima volta nel II secolo d.C.

 

6. Tolomeo
Secondo A. Berry, “L'ultimo nome glorioso che si incontra nella storia dell'astronomia greca è quello di Claudio Tolomeo. Non sappiamo nulla della sua vita, a parte il fatto che viveva ad Alessandria nel 120 d.C. circa. La sua fama si basa in gran parte sul maestoso trattato astronomico noto come Almagesto, che è la nostra principale fonte di informazioni sull'astronomia greca e che può sicuramente essere considerato come l'enciclopedia definitiva dell'astronomia medievale. A Tolomeo vengono attribuiti diversi trattati astronomici minori, sebbene sia improbabile che alcuni di loro siano autentici. Inoltre, Tolomeo fu l'autore di un'opera preziosa sulla geografia e, forse, anche di un trattato sull'ottica. Tra le altre cose, la disciplina dell'ottica include lo studio della rifrazione della luce nell'atmosfera terrestre; nel libro viene spiegato che la luce di una stella ... come entra nella nostra atmosfera... e penetra negli strati più bassi e più densi, alla fine diventa curva o rifratta. Di conseguenza, all'osservatore la stella apparirà più vicina allo zenit ... di quanto non lo sia in realtà” ([65], pagine 64-65).

Tuttavia non chiaro se l'autore di Ottica sia riuscito o meno a calcolare la rifrazione come una funzione della latitudine stellare. D'altra parte, è risaputo che “Walther fu il primo a tentare con successo l'introduzione della compensazione per la rifrazione dell'atmosfera... che Tolomeo riuscì a malapena a concepire” ([65], pagina 87). Tuttavia, il personaggio in questione, Bernhard Walther, visse nel XV secolo d.C., 1430-1504 ([65], pagina 85).

Quindi, come si fa a datare l'Ottica di Tolomeo? Il fatto che la compensazione della rifrazione sia rimasto un compito complesso anche ai tempi di Tycho Brahe, ovvero nella seconda metà del XVI secolo d.C., sarà discusso separatamente nella sezione che parla di Tycho Brahe. Non si può fare a meno di sospettare che anche la “antica” Ottica di Tolomeo sia stata scritta proprio nell'epoca del XVI-XVII secolo.

Per quanto riguarda il nome Almagesto, questo è ciò che ci dice A. Berry: “Il nome del manoscritto principale si traduce con La Grande Opera, sebbene lo stesso autore si riferisca al suo libro con il titolo L'Opera di Matematica. Consapevolmente o meno, i traduttori arabi traducono La Grande Opera con La Grandissima Opera, motivo per cui gli Arabi conoscevano il libro di Tolomeo con il titolo di Al Magisti, in seguito noto in latino con Almagestum, da cui, infine, Almagesto” ([65], pagina 64).

 

7. Copernico


Figura 0.7.

. Antico ritratto di Copernico(1478-1443). Tratto da [1160],
pagina 310.

Figura 0.8.

Antico disegno di Copernico sulla “Cosmosfera” di Vassily Kiprianov.
Tratto da [90], pagina 212

Abbiamo scelto solo alcuni fatti necessari da tutto il corpus del materiale disponibile associato a Copernico. Nicolò Copernico (1473-1543) fu uno dei più grandi astronomi del Medioevo, nonché l'autore della teoria eliocentrica. Nella Figura 0.7 e nella Figura 0.8 potete vedere due suoi antichi ritratti.

Tra l'altro, “il suo nome fu scritto in molti modi, sia dallo stesso Copernico che dai suoi contemporanei. Ti tanto in tanto scriveva il suo nome Coppernic, riservando la forma latina del nome Copernicus per sue opere scientifiche. Molto meno frequentemente usava la forma Copernico” ([65],pagina 90). A proposito, il nome Copernico potrebbe essere un derivato della parola slava che sta per “concorrente”, ossia sopernik? Nell'epoca che precedette la definizione rigida delle regole grammaticali, la lettera “C” poteva indicare sia la “S” che la “K”.


Figura 0.09.

Il sistema eliocentrico del mondo secondo Copernico, disegnato
nell'atlante di Andreas Cellarius (Amsterdam, 1661)
. Tratto da [1160], pagina 9.

Figura 0.10.

. Ingrandimento del disegno di Copernico da un atlante del 1661.
Tratto da [1160],
pagina 9.

 

Il nome “Sopernik” è in perfetto accordo con il lato scientifico della questione; vale a dire che l'illustre scienziato può essere considerato un concorrente del suo collega Tolomeo e l'autore di una nuova concezione e teoria. Il concetto stesso di competizione solitamente implica una certa vicinanza cronologica, se non la reale contemporaneità, dei concorrenti.
A. Berry riporta: “L'idea cruciale associata al nome di Copernico, a causa del quale il De Revolutionibus è una delle opere seminali di letteratura astronomica paragonabile solo all'Almagesto ed ai Principia di Newton, è che secondo Copernico i moti visibili dei corpi celesti sono per la maggior parte diversi dai loro moti effettivi, in quanto riflettono i movimenti dell'osservatore che si muove insieme alla Terra” ([65], pagina 95).

Copernico colloca il Sole al centro del sistema solare, creando così il sistema eliocentrico dell'universo, vedi la Figura 0.9. Nell'angolo in basso a destra si può vedere un ritratto di Copernico (Figura 0.10).

Copernico scrisse di aver trovato un passaggio, in una delle opere di Cicerone, che rifletteva l'opinione di Ecateo che la Terra ruotasse intorno al suo asse su base giornaliera. Queste idee furono ereditate dai pitagorici. Filolao affermò che la Terra si muoveva attorno a un fuoco centrale. È perfettamente chiaro che la sua posizione era già di natura eliocentrica. Perciò, sia i pitagorici “antichi” che Filolao devono essere stati dei contemporanei di Copernico o, in alternativa, dei suoi immediati predecessori.
L'idea che la Terra potesse non essere l'unico centro di movimento e che anche Venere e Mercurio potessero ruotare attorno al Sole, si credeva che fosse una “antica” teoria egizia che venne anche sostenuta da Marziano Capella nel V secolo d.C. “Nicola Cusano, un'autorità più moderna (1401-1464) incline anch'egli a credere nel moto tellurico, non fu notato da Copernico o ritenuto abbastanza importante... È interessante notare che Copernico rimase zitto su Aristarco di Samo, le cui idee sui movimenti tellurici furono definite perfettamente bene [per maggiori dettagli vedere il Capitolo 11 - l'autore]. È possibile che la riluttanza di Copernico di menzionare una tale autorità come Aristarco, possa essere spiegata dal fatto che quest'ultimo fu accusato di eresia per le sue opinioni scientifiche” ([65], pagine 95-96).


Figura 0.11.

Antica incisione risalente al 1635, trovata sul frontespizio del De Sistemate Mundi di Galileo Galilei. Possiamo vedere che sia gli “antichi” Aristotele e Tolomeo, che il medievale Copernico che visse nel XVI secolo, sono stati disegnati come contemporanei. Tolomeo indossa un turbante in testa. Così è come l'artista dei primi del XVII secolo vedeva le cose; la cronologia consensuale di Scaligero dovrebbe ovviamente considerarlo molto strano. Pubblicazione di Leida, Bon. e Abr. Elsevier, 1635. Acquaforte titolare. Tratto da [35], pagina 58, foglio XXXII.

Secondo A. Berry, “la pianta del De Revolutionibus in generale è simile a quella dell'Almagesto” ([65], pagina 97). O. Neugebauer è perfettamente nel giusto quando fa la seguente osservazione: “Non c'è modo migliore per convincersi che la scienza astronomica del Medioevo concorda con quella dell'antichità, che eseguire uno studio comparativo tra l'Almagesto … e il De Revolutionibus di Copernico. Le due opere sono parallele, capitolo per capitolo, teorema per teorema e tavola per tavola” ([571], pagina 197).
Il libro di Copernico si conclude con un catalogo stellare che contiene 1024 stelle. Gli esperti in storia dell'astronomia ci dicono che il catalogo “è praticamente identico a quello di Tolomeo; la differenza principale è che il primo conta le latitudini da Gamma Arietis e non dal punto dell'equinozio di primavera” ([395], pagina 109). Pertanto, qualunque fosse la ragione, nel XVI secolo il punto di riferimento iniziale non doveva necessariamente coincidere con l'equinozio di primavera. La prassi di scegliere un punto diverso come punto di partenza del sistema delle coordinate, avrebbe potuto esistere anche prima del XVI secolo, per esempio nell'epoca di Tolomeo. Inoltre Berry ci dice quanto segue: “Ogni volta che c'erano delle discrepanze tra la versione greca e quella latina dell'Almagesto, causate dalla disattenzione degli scribi o degli stampatori, Tolomeo accettava entrambe le versioni senza verificarle con delle nuove osservazioni” ([65], pagina 103).


Figura 0.12.

Il frontespizio dell'Atlante Celeste di Doppelmaier.
L'antico Tolomeo e gli scienziati medievali del XVI-XVII secolo (Copernico, Keplero e Brahe)
sono stati disegnati come dei contemporanei,
o almeno come scienziati della stessa epoca, che conversano tra loro. Tratto da [926], pagina 73

Il nostro libro presta molta attenzione alla precisione delle osservazioni effettuate da astronomi differenti. Sarebbe quindi opportuno citare alcuni dati riguardanti il grado di precisione a cui Copernico aspirava raggiungere. Come fa notare A. Berry, “Ci siamo così abituati ad associare la rinascita dell'astronomia ... con la crescente meticolosità della raccolta dei fatti di osservazione, credendo che Copernico fosse la figura principale del Rinascimento, che avrebbe senso enfatizzare il fatto che non era per niente un grande osservatore. La maggior parte degli strumenti se li costruiva da solo, per cui erano notevolmente inferiori a quelli di Nassir-Eddin e Ulugbek [gli astronomi del periodo musulmano che vissero rispettivamente nel 1201-1274 d.C. e nel 1394-1449 d.C. - l'autore]. Inoltre, erano persino peggio degli strumenti che avrebbe potuto ordinare dagli artigiani di Norimberga, qualora ne avesse avuta intenzione; le osservazioni di Copernico furono poche (27 vengono menzionate nel suo libro, mentre noi ne siamo a conoscenza di una dozzina o qualcosa in più da altre fonti) e a quanto pare non gli importava molto di raggiungere un particolare grado di precisione. Le posizioni delle stelle che aveva misurato, che gli servivano da fonte primaria di riferimento ed erano quindi della massima importanza, ammettevano delle discrepanze di 40', maggiori del diametro visibile del Sole e della Luna. Senza alcun dubbio, Ipparco avrebbe considerato una discrepanza del genere come un grave errore” ([65], pagina 93).
Nella Figura 0.11 possiamo vedere una vecchia incisione dal frontespizio di De Sistemate Mundi, un libro di Galileo Galilei che uscì nel 1635 ([35], pagina 58,foglio XXXII). L'artista degli inizi del XVII secolo qui ritrae tre scienziati: gli “antichi” Tolomeo e Aristotele accanto al medievale Copernico. Sono raffigurati come dei contemporanei coinvolti in una discussione di carattere scientifico. Oggi ci viene detto che tutte le raffigurazioni medievali di questo genere (che a dir il vero sono molto abbondanti) sembrano essere di natura metaforica. Gli storici moderni interpretano la conversazione tra Copernico e gli “antichi” scienziati come un simbolo usato dall'artista medievale per enfatizzare la vicinanza spirituale tra i grandi scienziati del passato e del presente. Questo è il motivo per cui i tre personaggi sono stati ritratti uno in fianco all'altro mentre conversano beatamente (vedi Figura 0.12). Potrebbe anche essere vero. Tuttavia, dopo aver imparato a conoscere bene la cronologia di Scaligero (vedi Cronologia 1 e Cronologia 2) è buona cosa suggerire una potenziale versione diversa, vale a dire prendere alla lettera le opere d'arte medievali di questo tipo e vedere con precisione cosa ci mostrano. È molto probabile che l'interpretazione metaforica consensuale di quelle opere d'arte, la quale fonde insieme “antichità” e medioevo, è una mera conseguenza della cronologia di Scaligero, che attribuisce arbitrariamente alcuni personaggi medievali contemporanei a epoche diverse, recidendo tutto le possibili connessioni tra loro. Tolomeo, per esempio, fu gettato nella profonda antichità, mentre Copernico conservò più o meno la sua epoca, il XVI secolo.

In effetti, il copricapo di Tolomeo sembra proprio un turbante (vedi la Figura 0.11). Potrebbe essere perché era uno scienziato ottomano? Tolomeo indossa un copricapo a forma di turbante anche in un altro antico ritratto, vedi la Figura 0.13 e la Figura 0.14.


Figura 0.13.

Un antico disegno di Copernico accanto a una mappa del Vecchio Mondo.
Vediamo che Tolomeo ha in testa un copricapo che somiglia molto a un turbante.
Disegno dalla mappa del mondo del 1507 di Martin Waldseemüller
(Weltkarte di Martin Waldseemüller, 1507, Abb. 114/115)
. Tratto da [1009], pagina 12.

Figura 0.14.

Ingrandimento di una parte del disegno precedente.
Tratto da [1009], pagina 12.

 

Nella Figura 0.15 possiamo vedere una vecchia opera d'arte risalente al 1666. Viene evasivamente etichettata come “allegorica”; gli storici non si fanno scrupoli nello scrivere cose tipo “l'Allegoria della Cartografia e i principali cartografi: Claudio Tolomeo, Gerardo Mercatore, Jodocus Hondt e Willem Blau” ([90], pagina 6). Tolomeo è alla sinistra circondato da due “muse”. Tuttavia, il fatto che l'artista del XVII secolo non avesse dubbi nel ritrarre fianco a fianco “l'antico” Tolomeo e gli altri tre cartografi del XVI-XVII secolo, può benissimo significare che per lui era perfettamente giusto farlo.


Figura 0.15.

Antico disegno di Claudio Tolomeo (in piedi a sinistra)
assieme a tre famosi cartografi medievali
: Gerardo Mercatore (seduto al centro), Jodocus Hondt e Willem Blau (seduti a destra).
Frontespizio dell'Atlante Conciso di Johannes Jansson. Amsterdam, 1666.
Incisione di J. Weisheer realizzata dal disegno di S. Webbers . Fatta a scalpello.
Ancora una volta, gli storici suggeriscono che questi personaggi
(Tolomeo e i tre cartografi del XVI-XVII secolo)
sia separati l'uno dall'altro da 1300-1400 anni circa.
Vediamo che accanto a Tolomeo ci sono due muse. Tratto da [90], pagina 6.

Figura 0.16
Ingrandimento di un frammento dell'immagine sopra.
Possiamo vedere che "l'antico" Tolomeo indossa un paio di occhiali medievali.
È molto probabile che nel XVII secolo la gente
ricordasse Tolomeo come uno scienziato
del XIV-XVI secolo. Tratto da [90],

Figura 0.16a
Monaco con gli occhiali ([497: 1], pagina 35).

 

 

A proposito, possiamo vedere che “l'antico” Tolomeo porta degli occhiali stringinaso, un oggetto tipico del Medioevo (vedi la Figura 0.16). Questo disegno mette in evidenza anche un dettaglio piuttosto personale: sembra che Tolomeo si stia aggiustando gli occhiali che sono scivolati sulla punta del suo naso. Potrebbe essere che Tolomeo indossasse davvero degli occhiali nella vita e che l'artista medievale si sia ricordato di questo suo aspetto piuttosto caratteristico e l'abbia riprodotto sul disegno. Ci sentiamo in dovere di ricordare ai lettori che gli occhiali comparvero ai primi del XIII secolo ([497: 1], pagine 34-35). “Verso la metà del XIV secolo gli occhiali erano un oggetto già molto comune; un affresco del 1352 raffigura un monaco con gli occhiali” ([497: 1], pagina 35). Abbiamo riportato questo disegno nella Figura 16a.


Figura 0.17.

Antico disegno di Tolomeo mentre osserva le stelle.
Acquaforte su legno,1517.
Vediamo che Tolomeo indossa una corona reale,
tipo quelle medievali, che è piuttosto notevole.
Si possono vedere delle corone a trifoglio simili
in molti stemmi medievali.
Tratto da: Gregor Reisch, Margarita philosophica...
Basilea: Michael Furter, 1517. Tratto da [1009], pagina 21.

Figura 0.18.

. Ingrandimento del frammento con la corona reale medievale sulla testa del "antico" Tolomeo. Tratto da [1009], pagina 21.

Figura 0.19.

Frammento di una mappa medievale
raffigurante la città tedesca di Colonia,
risalente al 1609.
L'incisione fu realizzata da Abraham Hogenberg.
Possiamo vedere le tre corone reali
della stessa forma di quella indossato
dal "antico" Tolomeo.Tratto da [1228].

Figura 0.20.

Ingrandimento del rammento con lo stemma di Colonia e le corone. Tratto da [1228].

Nella Figura 0.17 possiamo vedere un vecchio ritratto di Tolomeo che risale al 1517 ([1009], pagina 21). Tolomeo ha in testa una corona reale a trifoglio (Figura 0.18). Queste corone sono praticamente identiche a quelle che indossarono i Magi Evangelici, come raffigurato sul sarcofago medievale dei Re Magi, per esempio (che si trova nella famosa cattedrale di Colonia in Germania, vedi Cronologia 6, Capitolo 3). Possiamo vedere che le tre corone dalla stessa forma a trifoglio adornano anche lo stemma medievale di Colonia (Figura 0.19 e Figura 0.20). Le corone medievali di questa forma si possono trovare in moltissime opere d'arte medievali che ritraggono i reali e risalgono al XIV-XVI secolo (in Svezia, ad esempio).


Figura 0.21.

Antica miniatura francese dal Messale di Reims risalente al 1285-1297
(Missel all'Usage de Saint-Nicaise de Reims).
Le corone reali che vediamo qui hanno la stessa forma
di quella indossata da Tolomeo. Tratto da [537], pagina 207.

Figura 0.22.

Ingrandimento del frammento con le corone reali.
Tratto da [537], pagina 207.

Possiamo vedere delle corone reali a trifoglio perfettamente simili a quelle sopra nelle miniature francesi medievali (tipo quella che si può trovare nel famoso Messale di Reims creato tra il 1285 e il 1297, per esempio). Vedi [537], pagine 194 e 207; anche le Figure 0.21 e 0.22.
Pertanto, abbiamo visto che “l'antico” Tolomeo indossava in testa una famosa corona medievale. Potete vedere di più sula storia della corona a trifoglio del Grande Impero “Mongolo” in Cronologia 7, Capitolo 15: 2.


Figura 0.23.

Antico ritratto di Tycho Brahe.
Tratto da [1160], pagina 310.

 

8. Tycho Brahe
Tycho Brahe (1546-1601) fu uno dei più famosi astronomi del Medioevo, uno scienziato professionista che svolse un ruolo importante nello sviluppo delle concezioni astronomiche fondamentali. Il 21 agosto 1560, al suo secondo anno presso l'università di Copenaghen, nella città si osservò un'eclissi solare parziale. Tycho Brahe rimase stupito dal fatto che questo evento fu in precedenza previsto ([395], pagina 123). Questo evento fece sviluppare in Tycho Brahe un profondo interesse per l'astronomia.

Nella Figura 0.23 potete vedere un vecchio ritratto di Tycho Brahe. Nella Figura 0.24 si può vedere una vecchia incisione che ritrae Tycho Brahe, i suoi colleghi e il suo famoso quadrante. Nella Figura 0.25 abbiamo proposto un'altra versione della stessa incisione per far ben notare ai lettori il modo piuttosto liberale con cui i “copisti” trattavano le vecchie opere d'arte. A prima vista le due versioni sembrano una identica all'altra, ma guardandole bene si possono vedere delle sostanziali discrepanze. In questo caso particolare non creano confusione, ma il fatto stesso che i copisti medievali non ritenessero necessario riprodurre fedelmente gli originali può portare a certe conclusioni.

Nel 1569 Tycho Brahe si trovava ad Augusta, la città in cui c'erano degli artigiani che producevano degli strumenti di precisione sufficientemente alta per l'osservazione dei corpi celesti. Qui è dove vennero fatti il quadrante e il sestante di Tycho, seguiti da un altro quadrante avente un raggio di circa 6 metri. L'altezza totale di questo strumento era pari a 11 metri e riusciva a calcolare gli angoli con una precisione di 10". L'11 novembre 1572 Tycho Brahe notò una stella luminosa nella costellazione di Cassiopea, che in precedenza non c'era mai stata. Cominciò immediatamente a calcolare le distanze angolari tra questa nuova stella, le stelle principali di Cassiopea e la stella polare. Un po' più tardi Keplero scrisse: “Anche se questa stella non fu davvero un presagio di qualche tipo, quantomeno preannunciò la venuta di un grande astronomo”. La supernova di Tycho era più luminosa di Venere e poteva essere vista per 17 mesi a occhio nudo, persino di giorno.


Figura 0.24.

Un antico disegno di Tycho Brahe e del suo famoso quadrante.
Tratto da [1160], pagina 311.

Figura 0.25.

Un'altra versione (?) della vecchia incisione presentata nella figura precedente: Tycho Brahe e il suo quadrante. Notate il fatto che questi due disegni in qualche modo differiscono l'uno dall'altro; tuttavia, oggi vengono considerati entrambi degli originali! Tratto da [1029], pagina 24

Ci è stato detto che nel 1576 il re Federico II di Danimarca e Norvegia conferì a Tycho Brahe l'Isola di Hven vicino a Copenaghen. Investì anche una grande somma di denaro nella costruzione sull'isola dell'Osservatorio di Uraniborg, il cui nome si traduce con “Il Castello di Urania”. Parleremo della possibile vera ubicazione di questo osservatorio più avanti, nel Capitolo 10. Molto probabilmente si trovava a una distanza considerevole da Copenaghen. L'osservatorio era dotato di strumenti angolari precisi. Diversi anni dopo fu costruito l'osservatorio di Stjerneborg, “Il Castello delle Stelle”. Tutti gli strumenti di misura vennero installati sottoterra, in modo da proteggerli dalle perturbazioni ambientali di qualsiasi tipo. L'Isola di Hven divenne un centro astronomico di importanza globale e rimase tale per oltre 20 anni. Qui è dove Tycho, accompagnato dai suoi apprendisti, conduceva osservazioni di precisione eccezionale e senza precedenti. Furono prodotti anche degli strumenti astronomici unici nel loro genere ([395], pagina 126).

I disegni e le descrizioni degli strumenti principali di Tycho Brahe vennero pubblicati nel suo libro intitolato The Mechanics of Updated Astronomy (pubblicato nel 1598). Innanzitutto, Tycho utilizzava quadranti con dei raggi di 42, 64 e 167 cm. Il più famoso di tutti era il quadrante di 194 centimetri, in cui l'arco di ottone fuso era stato rigidamente fissato alla parete a est dell'osservatorio (orientato precisamente a nord e a sud). Le tecniche speciali per aumentare la precisione delle osservazioni, consentirono una precisione di calcolo con un margine di 10" o persino inferiore (5" in caso del “quadrante a muro”). Quest'ultimo aveva bisogno di 3 persone per l'operazione: una per guardare la sfera celeste e registrare l'altezza dell'oggetto celeste, un'altra per annotare i dati in un diario e infine un'altra persona che registrasse il momento in cui attraversava il meridiano con l'aiuto di diversi cronometri installati correttamente nell'osservatorio (vedere le Figure 0.24 e 0.25). Nel 1581 Tycho Brahe usò un cronometro con un aiutante extra per i secondi, il cui margine di precisione stimato era di quattro secondi.

In un altro gruppo di strumenti si trovavano i sestanti. Tycho Brahe supervisionò e diresse la produzione di diverse sfere armillari. “Bisogna menzionare il grande globo di 149 centimetri di diametro, la cui superficie era coperta da sottili fogli di ottone e raffigurava la cintura zodiacale, l'equatore e le posizioni di 1000 stelle; le loro coordinate vennero calcolate nel corso dei molti anni di osservazione di Tycho. Era orgoglioso della sua creazione, affermava che: “Nessun globo di queste dimensioni, prodotto con tanta diligenza e finezza, è mai stato realizzato meglio in qualsiasi parte del mondo che io conosca” ... Ahimè, questo vero miracolo dell'arte e della scienza fu distrutto in un incendio nella seconda metà del XVIII secolo” ([395], pagina 127).

Secondo le prove dei contemporanei di Tycho, la sua devozione al lavoro era sorprendente tanto quanto la meticolosità della sua ricerca scientifica; ricontrollava personalmente i risultati di numerose osservazioni, sforzandosi di portarli alla perfezione. Nelle Figure 0.26 e 0.27 presentiamo il diagramma della cosmologia ticoniana tratto dall'atlante di Andreas Cellarius pubblicato nel 1661 ad Amsterdam ([1058], pagina 20). Nell'angolo in basso a destra si può vedere Tycho Brahe (Figura 0.28)


Figura 0.26.

Grafico dell'Universo secondo Tycho Brahe,
preso dall'atlante di Andreas Cellarius da Amsterdam e risalente al 1661.
Tratto da [1058], pagina 20. Metà sinistra della mappa.

Figura 0.27.

. Grafico dell'Universo secondo Tycho Brahe,
preso dall'atlante di Andreas Cellarius da Amsterdam e risalente al 1661.
Tratto da [1058], pagina 20. Metà destra della mappa.

Figura 0.28.

La porzione delle precedente illustrazione
in cui viene raffigurato Tycho Brahe.

Figura 0.29.

. Un antico ritratto di Giovanni Keplero.
Tratto da [926], pagina 69.

Questa fase di successo terminò piuttosto bruscamente. Il nuovo re di Danimarca Cristiano IV espropriò tutte le tenute di Tycho Brahe che gli fornivano i fondi necessari per mantenere l'osservatorio in costante funzionalità. Nel 1597 Tycho lasciò la Danimarca e alla fine si stabilì vicino a Praga dove fondò un nuovo osservatorio. Giovanni Keplero iniziò la sua carriera come apprendista di Brahe (vedere la Figura 0.29). Il 13 ottobre 1601 Tycho Brahe si ammalò e morì il seguente 24 ottobre all'età di 55 anni. Il famoso osservatorio di Uraniborg venne completamente distrutto: ai nostri giorni non è rimasta la più pallida traccia, oppure, in alternativa avrebbe potuto trovarsi in un posto completamente diverso (vedi Capitolo 10).

“Nel 1671 Picard andò in Danimarca per capire che fine avesse fatto l'osservatorio di Tycho Brahe sul'isola di Hven. Dove prima era situato il magnifico castello Picard trovò una fossa piena di immondizia, per cui fu costretto a condurre degli scavi per individuare le fondamenta” ([65], pagina 181). Per cui, nonostante il fatto che non visse moltissimo tempo fa, si sono perse un sacco di informazioni sulla vita e il lavoro di Tycho Brahe. “Non c'era quasi nessuno in grado di usare i grandi strumenti di Tycho dopo la sua morte; la maggior parte dei suoi colleghi e allievi morì nell'epoca della guerra civile di Boemia. Keplero riuscì a ottenere una copia dei registri di osservazione di Brahe, ma erano grezzi e inediti. Le pubblicazioni erano poche, per non dire rarissime” ([65], pagina 127).
Si ritiene che intorno al 1597-1598 Tycho Brahe “distribuì alcune copie scritte a mano del suo catalogo stellare contenente 1000 stelle. Furono osservate e misurate correttamente solo 777 stelle, per cui Tycho si affrettò a registrare quelle mancanti in quanto desiderava poter scrivere il numero fatidico” ([65], pagina 126).

Soffermiamoci per un po' sulla precisione delle osservazioni di Tycho Brahe. Nell'epoca di Copernico, un singolo gradino di misurazione era pari a 10', proprio come nell'epoca tolemaica, poiché i 10' costituiscono anche il valore del margine di precisione nell'Almagesto. Si crede che Tycho Brahe sia riuscito ad effettuare le misurazioni delle coordinate equatoriali delle stelle circa 50 volte più precisamente, vale a dire che la media del margine di precisione delle coordinate delle otto stelle referenziali misurato dal quadrante a muro equivaleva a 34,6" (33,2" nel caso del sestante astronomico). Questo livello di precisione si ritiene che sia vicino al possibile limite teorico di precisione per tutte quelle osservazioni astronomiche che vennero condotte prima dell'invenzione del telescopio ([395], pagine 128-129).

Tuttavia, tutta quella grande precisione riguardo la misurazione delle coordinate equatoriali delle stelle venne compromessa dal passaggio al sistema delle coordinate eclittiche, che richiede la conoscenza dell'angolo tra l'eclittica e l'equatore. I calcoli di Tycho Brahe su questo angolo diedero la cifra di ε = 23° 31' 5", che supera il vero valore di 2'. Ciò può essere spiegato dal fatto che Tycho corresse le sue misurazioni riguardo la declinazione della stella, tenendo conto della rifrazione e della parallasse solare. “Seguendo Aristarco di Samo, accettò la teoria [? - autore] che la distanza tra la Terra e il Sole era 19 volte maggiore di quella tra la Terra e la Luna, che rende la parallasse solare uguale a 1/19esimo della parallasse lunare, ovvero 3'. A questo proposito, Tycho scrisse quanto segue: “sembra proprio che gli antichi abbiano effettuato la misurazione in questione con sufficiente attenzione ai dettagli, per consentirci di adottare il valore finale come sufficientemente affidabile”. Tuttavia, fece un errore ... ” ([395], pagina 129).
Pertanto, il margine di precisione delle coordinate eclittiche stellari di Tycho Brahe è pari a 2' o 3'. Confermiamo questo risultato in modo indipendente, utilizzando il nostro metodo di datazione del catalogo; in particolare, ci consente di stimare la precisione effettiva delle osservazioni stellari condotte dagli antichi.


Figura 0.30.

Pagina di un'edizione del 1537 dell'Almagesto.

Come apprendiamo da A. Berry: “ è abbastanza ovvio che la precisione effettiva delle osservazioni ticoniane oscillasse significativamente a seconda del carattere dell'osservazione, della diligenza dell'osservatore e del periodo della vita di Tycho in cui venne fatta l'osservazione. La discrepanza tra le coordinate delle nove stelle che formano la base del suo catalogo stellare e i loro equivalenti scaturiti dalle migliori osservazioni moderne, nella maggior parte dei casi è inferiore a 1' (è pari a 2' nel caso di una sola stella). Questo errore fu causato principalmente dalla rifrazione: la familiarità di Tycho con quest'ultimo fenomeno avrebbe potuto essere solo superficiale. Le posizioni delle altre stelle devono essere state misurate con meno precisione. Tuttavia, non ci sarebbe niente di fuori dal comune se ipotizzassimo che, nella maggior parte dei casi, il margine di precisione delle osservazioni di Tycho non superava 1' o 2'. Secondo uno dei passaggi più citati dell'opera di Keplero, un errore di 8' era completamente fuori questione per le osservazioni planetarie di Tycho” ([65], pagina 128).

A. Pannekuk riporta che: “Tycho stimò le ascensioni dirette e le declinazioni delle sue stelle referenziali, per un totale di 21, con la massima precisione; il valore medio di errore era inferiore a 40" rispetto ai dati moderni” ([643], pagina 229).

A. Berry suggerisce i seguenti motivi per cui Tycho Brahe fu il primo a raggiungere un livello sufficientemente alto di precisione nell'osservazione: “In una certa misura, tale precisione può essere spiegata dalle dimensioni e dall'eccellente costruzione dei suoi strumenti; si trattava di qualcosa che gli arabi e gli altri osservatori avevano sempre cercato di raggiungere. Va da sé che Tycho usò degli strumenti geniali. Tuttavia, questi divennero molto più efficienti nelle sue mani per due motivi: il primo è il suo uso innovativo degli accessori meccanici minuti, come le diottrie speciali e i particolari tipo di gradazione orizzontale; il secondo è il fatto che la gamma di movimento dei suoi strumenti era molto limitata, che rendeva sostanzialmente migliore la loro stabilità rispetto ai dispositivi che potevano essere diretti in qualsiasi parte della sfera celeste. Un altro grande miglioramento fu la sistematica compensazione delle inevitabili imperfezioni meccaniche che influenzavano anche gli strumenti migliori, così come gli errori più costanti. Ad esempio, era noto da tempo che la rifrazione della luce nell'atmosfera fa sembrare che le stelle siano situate un po' più in alto di quello che sono realmente. Tycho si sforzò di effettuare una serie di osservazioni al fine di poter stimare il valore di questo spostamento per le diverse parti delle sfere celesti. Ne ricavò una rudimentale tavola di rifrazione e fece in modo che la regolare compensazione della rifrazione diventasse una parte integrante di tutte le sue ulteriori osservazioni” ([65], pagina 129).

A parte questo, Tycho Brahe tenne conto dell'effetto della parallasse. “Fu tra i primi scienziati ad apprezzare la piena importanza delle numerose ripetizioni dello stesso tipo di osservazioni con condizioni variabili, in modo che tutti gli errori assortiti casuali introdotti dalle singole osservazioni si neutralizzassero a vicenda” ([65], pagina 129).
Tutti i fatti di cui sopra dimostrano che Tycho Brahe era un perfezionista, nonché un astronomo molto meticoloso e di grande professionalità. Questo rende le seguente circostanza, sottolineata sia da A. Berry che da molti altri autori, davvero molto strana: “Purtroppo, non misurò la distanza dal Sole, accettando la veridicità della stima estremamente approssimativa, che era rimasta inalterata, passando da un astronomo all'altro, fin dall'epoca di Aristarco” ([65], pagina 130). Dal punto di vista consensuale, questa “istituzione del patrimonio astronomico” deve avere avuto circa duemila anni all'epoca di Tycho Brahe. Se avesse effettivamente considerato queste informazioni come “antiche”, perché non le verificò, visto che era un professionista dotato di talento? Sarebbe stato tutto molto più ovvio, dato che “apportò correzioni e nuove misure per definire quasi ogni singolo valore astronomico di minima importanza” ([65],pagina 129).
Nella Figura 0.30 possiamo vedere una pagina dell'edizione del 1537 dell'Almagesto.

 


Figura 0.31.

Ritratto dello scienziato
americano Robert Newton (1919-1991).

9. L’importante studio dell’Almagesto condotto dall’astronomo Robert Newton e il suo libro intitolato Il Crimine di Claudio Tolomeo
Di tanto in tanto confrontiamo i nostri risultati con quelli dell'importante ricerca scientifica di Robert Newton sull'Almagesto di Tolomeo ([614]). Nella Figura 0.31 potete vedere un ritratto di Robert Newton.

Robert Newton (1919-1991) fu un prominente scienziato americano. Riportiamo alcuni fatti su di lui dal necrologio ufficiale del 5 giugno 1991 (morì il 2 giugno 1991 a Silver Spring, MD, USA). “Fu uno scienziato di fama internazionale, grazie alle sue ricerche riguardanti la forma e il movimento della Terra ... Fu uno specialista nella teoria della balistica, della fisica elettronica, della meccanica celeste e del calcolo della traiettoria satellitare. La sua carriera iniziò nel dipartimento spaziale del APL nel 1957, dove venne messo a capo della ricerca sul moto satellitare ... Bisogna essergli grati per il suo contributo fondamentale riguardo i più grandi miglioramenti nella precisione di navigazione ... Fu a capo del programma di esplorazione spaziale e fu uno sviluppatore degli aspetti analitici del laboratorio di navigazione satellitare ... Fu il capo architetto del Transit Satellite Navigation System della Marina, che venne sviluppato in laboratorio negli anni '60. Questo sistema di navigazione viene ancora usato da oltre 50.000 navi e sottomarini privati, commerciali e militari ... La sua ricerca sul movimento satellitare rese possibile calcolare la forma della Terra con maggiore precisione, da cui se ne ricavarono delle misurazioni più precise ... R. Newton era un membro del Ad Hoc Committee on Space Development Director Board e nel 1959 divenne il leader dello Space Exploration Group del APL ... Alla fine del 1970 fu anche coinvolto nella ricerca delle antiche registrazioni astronomiche delle eclissi solari e lunari ... Questa ricerca gli diede motivo per dubitare delle informazioni contenute nell’opera principale del famoso astronomo Claudio Tolomeo e accusare quest’ultimo di frode nel suo libro Il Crimine di Claudio Tolomeo … Tra l’altro, R. Newton era un professore di fisica all’Università di Tulane e all’Università del Tennessee, dopo aver lavorato anche per il Bell Telephone Laboratory ... e aver sviluppato la balistica dei missili presso l’Allegany Ballistic Laboratory, Cumberland”.

Riteniamo che sia perfettamente appropriato esprimere il nostro atteggiamento nei confronti del famoso libro di Robert Newton Il Crimine di Claudio Tolomeo ([614]), dal momento che è diventato piuttosto controverso tra gli autori moderni di opere sulla storia dell’astronomia. I. A. Klimishin, per esempio, in [395] scrive quanto segue sul libro di Newton: “Ciò che troviamo qui è l’intenzione di dimostrare che quasi tutta la maggior parte delle osservazioni di Tolomeo, che costituiscono la base della teoria tolemaica sul moto solare, lunare e planetario, sembra essere una frode” ([395], pagina 56). I. A. Klimishin non contesta le conclusioni di Robert Newton con una qualsiasi argomentazione astronomica o statistica, ma opta per abbandonare la discussione fattuale del problema e si accontenta della seguente dichiarazione: “Eppure il motivo principale della fama universale di Tolomeo era proprio la sua teoria del moto planetario, che aveva reso possibile calcolare le posizioni dei pianeti nientemeno che per decine di anni nel futuro!” ([395], pagina 56).

Tuttavia, il valore del modello tolemaico non può assolutamente far luce sulla storia della compilazione del catalogo stellare dell'Almagesto e rivelare qualcosa sulle origini dell'Almagesto in generale. Dichiarazioni simili di disaccordo con le conclusioni fatte da Robert Newton (che non contengono alcuna argomentazione contraria di nessun genere) furono espresse da molti altri specialisti in storia dell'astronomia, come Gingerich ([1153]).

In realtà, il libro di Robert Newton incapsula la sua fondamentale ricerca dell'Almagesto con l'aiuto dei metodi matematici, astronomici e statistici. Contiene un vasto corpus di materiale statistico e diverse conclusioni profonde che riassumono i molti anni di lavoro di Robert Newton. Questi risultati chiariscono la natura delle difficoltà associate all'interpretazione dei dati astronomici contenuti nell'Almagesto. Va sottolineato che Robert Newton non ebbe il minimo dubbio sulla veridicità della datazione consensuale dell'Almagesto (che cade nel periodo tra il II secolo a.C. e il II secolo d.C.). Robert Newton non era uno storico e fece affidamento sulla versione scaligeriana della storia, usandola come struttura cronologica per la propria ricerca. I principali corollari di Robert Newton possono essere formulati come segue:

  1. L'ambiente astronomico che corrisponde all'inizio dell'era dopo Cristo (come calcolata con l'aiuto della teoria moderna) è in contrasto con il “materiale di osservazione” incluso nell'Almagesto di Tolomeo.
  2. La versione sopravvissuta dell'Almagesto non contiene affatto alcun dato concernente un'osservazione astronomica originale; i dati dell'Almagesto sono il prodotto finale delle conversioni e dei calcoli di qualcun altro, mirati a far in modo che i dati dell'osservazione iniziale si adattino a un'altra epoca storica. Inoltre, un parte sostanziale delle “osservazioni” incluse nell'Almagesto sono il risultato di calcoli teorici successivi, inclusi nell'Almagesto ex post facto come “osservazioni degli antichi”.
  3. L'Almagesto non può essere stato scritto nel 137 d.C., in quanto è il periodo di vita del “antico” Tolomeo secondo la storia consensuale di oggi.
  4. Di conseguenza, l'Almagesto fu compilato in qualche altro periodo e necessita di una nuova datazione. Lo stesso Robert Newton ipotizzò che l'Almagesto aveva bisogno di una “epoca extra”, ovvero di uno spostamento all'indietro nel tempo che lo collocasse nell'epoca di Ipparco, cioè nel II secolo a.C. circa. Tuttavia, questo non allevia nessuno dei problemi fondamentali scoperti da Robert Newton.
  5. Inizialmente, Robert Newton concordò con l'ipotesi consensuale sul fatto che l'Almagesto contenesse le affermazioni di Tolomeo che tutte le sue osservazioni furono eseguite solo da egli stesso, presumibilmente intorno all'inizio del regno dell'imperatore romano Antonino Pio. La datazione scaligeriana del suo regno è il 138-161 d.C. Robert Newton giunge all'immediata conclusione che Tolomeo stesse di conseguenza mentendo. Affronteremo davvero il problema di quanto le informazioni contenute nell'Almagesto abbiano fortemente implicato che Tolomeo eseguì tutte le osservazioni stellari da solo e durante il regno di Antonino Pio.

In altre parole, Robert Newton afferma che lo stesso Tolomeo (o qualcun altro che agiva per suo conto) fosse una falsario, visto che i dati dell'Almagesto vengono presentati come i risultati di effettive osservazioni astronomiche, quando in realtà devono la loro esistenza a conversioni e calcoli teorici.

Siccome era uno scienziato serio e rinomato che doveva esprimere una serie di accuse dirette contro Tolomeo o i suoi editori, Robert Newton rimase incerto sulla forma migliore per pubblicare i suoi risultati scientifici. Per lo meno, questa è la motivazione che espresse in una lettera privata ad A. T. Fomenko, il quale nel 1977 era anch’egli impegnato nella storia della creazione e pubblicazione del suo libro ([614]) (R. Newton e A. T. Fomenko si scambiarono alcune lettere sui problemi della cronologia storica negli anni '80). Tuttavia, Robert Newton alla fine considerò la sua scoperta dei problemi relativi all'Almagesto abbastanza importante da obbedire al suo dovere di scienziato e perfino usare le sue accuse come intestazione di alcuni paragrafi dei suoi libri ([614]). Ne riportiamo alcune, dal momento che parlano davvero da sole.

“5:4. Le presunte osservazioni degli equinozi e dei solstizi da parte di Tolomeo.

5:5. Il falso solstizio del 431 a.C. (il solstizio di Metone).

5:6. Le osservazioni di Tolomeo miravano alla stima dell'angolo di declinazione dell'eclittica e della latitudine di Alessandria.

6:6. Le quattro triadi di eclissi lunari false.

6:7. La prova della frode.

6:8. Il colpevole.

7:4. I calcoli fraudolenti e i calcoli fatti male.

10:5. La falsificazione dei dati.

11:5. I dati falsificati riguardanti Venere.

11:6. I dati falsificati riguardanti i pianeti esterni.” ([614], pagine 3-5).

Nelle prime righe della sua prefazione in [614], Robert Newton dice quanto segue: “Questo libro racconta la storia di un crimine certo contro la scienza. Non mi sto riferendo a un qualsiasi tipo di attività criminale attentamente pianificata, e neppure di quel tipo di crimine commesso con l'aiuto di dispositivi come microfoni nascosti, messaggi cifrati in microfilm e così via. Mi riferisco a un crimine commesso da uno scienziato contro i suoi colleghi e apprendisti, nonché del tradimento dell'integrità e dell'etica professionale: un crimine che ha privato per sempre l'umanità di alcune informazioni fondamentali pertinenti a materie determinanti come l'astronomia e la storia. Ho dimostrato che il crimine in questione venne effettivamente commesso in quattro mie opere precedentemente pubblicate ... Quando iniziai a lavorare su questo libro, il mio obiettivo fu quello di raccogliere in un unico libro i materiali sparsi in diverse pubblicazioni ...Tuttavia, quando avevo già scritto un terzo di questo libro, scoprii le prove che dimostrano che il crimine in questione è radicato molto più profondamente di quanto mi aspettassi all'inizio. Il presente lavoro è quindi una raccolta di prove vecchie e nuove per testimoniare alla commissione il reato in questione” ([614], pagina 10).

Robert Newton conclude il suo libro così: “Questo è il riepilogo finale dei risultati. Tutti le osservazioni che Tolomeo usa nella Sintassi [l'Almagesto- autore] si sono rivelate fraudolenti, in quanto la loro veridicità deve essere testata. Anche molte delle osservazioni attribuite ad altri astronomi, sono parte della frode di Tolomeo. Il suo lavoro è pieno di errori teorici e rivela persino una mancanza di comprensione da parte dell'autore ... I suoi modelli della Luna e di Mercurio contraddicono le osservazioni più elementari e devono essere considerate un fallimento. L'esistenza stessa della Sintassi ha prodotto la perdita di molte opere autentiche scritte dagli astronomi greci; ci siamo ritrovati l'eredità di un solo modello solitario, ma non abbiamo nemmeno la certezza se questo contributo alla scienza astronomica possa effettivamente essere attribuito a Tolomeo. Mi riferisco al modello equante che fu usato per Venere e per i pianeti esterni. Tolomeo riduce notevolmente il suo valore attraverso una qualche applicazione impropria del modello in questione. Sta diventando perfettamente chiaro che nessuna dichiarazione fatta da Tolomeo può essere presa alla lettera, a meno che non venga confermata da autori indipendenti ed estranei alla sua influenza. Tutta gli studi basati sulla Sintassi devono ricominciare da zero, sia quelli storici che quelli astronomici.

Non sono ancora a conoscenza delle possibili opinioni della gente; tuttavia, posso esprimere un solo giudizio finale: la Sintassi si è rivelata più dannosa per l'astronomia di qualsiasi altro libro mai scritto, per cui la scienza astronomica ne trarrebbe grande beneficio se questo libro non fosse mai esistito. Pertanto, Tolomeo non è affatto il più grande astronomo dell'antichità, ma piuttosto una figura alquanto strana: è il truffatore di maggior successo nella storia della scienza” ([614], pagine 367-368).

Anche molti altri scienziati sono piuttosto scettici sul ruolo svolto da Tolomeo nella storia della scienza. In particolare, A. Berry riferisce quanto segue: “Esistono molte controversie sulle opinioni degli astronomi riguardo ai meriti di Tolomeo. Nel Medioevo, la sua autorità astronomica fu considerata decisiva ... I critici moderni hanno scoperto il fatto che le opere di Tolomeo si basavano in gran parte su quelle di Ipparco (in realtà Tolomeo non ha mai fatto alcun segreto riguardo a questo) e che i risultati delle sue stesse osservazioni, se non di fatto fraudolenti, sono in gran parte come minimo scadenti” ([65], pagina 72).

Pertanto, Robert Newton ha dimostrato la necessità di datare nuovamente l'Almagesto, sia astronomicamente che matematicamente. Questo ci porta alla seguente domanda: a quale epoca appartiene davvero l'Almagesto? Come abbiamo già detto, lo stesso Robert Newton suggerisce di spostarlo indietro nel tempo, all'epoca di Ipparco. Si possono seguire anche altri punti di vista; ne discuteremo in dettaglio più avanti. In ogni caso, Robert Newton non discute il problema della datazione e nemmeno lo affronta. È possibile trovare l'epoca storica che si adatta meglio all'Almagesto e risolvere efficacemente i problemi scoperti da Robert Newton e da alcuni precedenti ricercatori, anche se questa fosse molto distante dalla datazione di Scaligero? Come vedremo più avanti, il suggerimento di Robert Newton di mitigare la controversia spostando l'Almagesto indietro nel tempo (vale a dire all'epoca di Ipparco) non ci conduce da nessuna parte. Questo è il motivo per cui ci dobbiamo porre l'ovvia domanda se possiamo considerare altri possibili spostamenti della datazione dell'Almagesto, che ammontino possibilmente a periodi più lunghi di 200 o 300 anni. Questa nostra domanda è perfettamente giustificata sia da un punto di vista matematico che astronomico, per cui la scoperta di una risposta corretta è a dir poco un dovere per qualsiasi  ricercatore indipendente.

Le pubblicazioni di R. Newton furono seguite da un'opera di Dennis Rowlins ([1365]), in cui l'autore usa un metodo indipendente per dimostrare che le longitudinali stellari contenute nel catalogo di Tolomeo furono calcolate e modificate da qualcuno. In altre parole, D. Rowlins afferma che le longitudini stellari che si trovano nel catalogo di Tolomeo non avrebbero potuto essere osservate nell'epoca del 137 d.C. I risultati della ricerca di Robert Newton e Dennis Rowlins li potete trovare in [1119] e [1120].

Inoltre, opere come [1119], [1120] e[1182] affrontano il problema che il catalogo dell'Almagesto è caratterizzato dalla luminosità calante delle stelle più meridionali. La questione è che le stelle che non sono sufficientemente alte sopra l'orizzonte, perdono molta della loro luminosità per il fatto che la linea visiva umana è vicina alla superficie terrestre. Di conseguenza, il raggio viaggia più lontano nell'atmosfera che nel caso delle stelle situate distanti dall'orizzonte. E' per questo che le stelle meridionali appaiono più fioche all'osservatore di quanto lo siano veramente. La nostra analisi sulla luminosità delle stelle più meridionali nell'Almagesto ha rivelato che le osservazioni di queste stelle sono state effettuate da qualche parte all'estremo sud. In particolare, queste considerazioni escludono proprio la possibilità che Tolomeo eseguì le sue osservazioni nelle vicinanze dell'isola di Rodi, che è proprio il posto in cui la cronologia consensuale colloca il suo punto di osservazione ([1182]). Alessandria in Egitto si adatta già un po' meglio, anche se abbiamo scoperto che non soddisfa del tutto le condizioni dei dati dell'Almagesto. La luminosità stimata delle stelle più meridionali implica una latitudine ancora più australe.

Dobbiamo anche far notare che le coordinate delle stelle in questione furono misurate eccezionalmente male, con delle discrepanze di diversi gradi, vedi più avanti. Se l'Almagesto fosse davvero un prodotto del tardo Medioevo, questa circostanza sarebbe abbastanza facile da spiegare. A quanto pare, le stelle australi vennero aggiunte al catalogo di Tolomeo come conseguenza delle osservazioni effettuate da qualche parte nel lontano sud, forse in India, e non ad Alessandria, oppure sul ponte di una nave che navigava nell'Atlantico meridionale. Tuttavia, a differenza delle coordinate, la luminosità delle stelle fu misurata correttamente. Questo può essere spiegato dalle possibili imperfezioni degli osservatori meridionali o dalla scarsa concomitanza con i dati dei diversi osservatori. Infine, se le stelle più meridionali fossero davvero state osservate da qualche nave, la bassa precisione del risultato finale sarebbe ancora meno un mistero.