Сronologia 3
di Anatoly T.Fomenko

PARTE PRIMA - LA DATAZIONE DELL'ALMAGESTO
di A. T. Fomenko, V. V. Kalashnikov e G. V. Nosovskiy.

testo tradotto in italiano da Claudio dell'Orda

This Italian translation of the fragments of the 3-st volume by Anatoly Fomenko was done by Claudio dell'Orda from the English edition: 
A. T. Fomenko, V. V. Kalashnikov, G. V. Nosovskiy
History: " Fiction or Science?" Astronomical methods as applied to chronology. Ptolemy's Almagest. Tycho Brahe. Copernicus.
The Egyptian zodiacs.

CAPITOLO 10
di A. T. Fomenko e G. V. Nosovskiy.

Considerazioni aggiuntive riguardo la datazione dell’Almagesto. Gli oscuramenti stellari e le eclissi lunari.

3. La datazione degli oscuramenti planetari delle stelle descritti nell’Almagesto, con un calcolo molto più preciso.

 

3.2. La discussione della soluzione medievale del X-XI secolo.

Cominciamo con la discussione riguardo la soluzione medievale (X-XI secolo d.C.) nella sua versione finale e in qualche modo modificata (rispetto a quella che si trova in [Metodi 3]: 2). La soluzione è la seguente:

Venere: 960 d.C. Siamo giunti al 888 d.C. o 887 d.C. per la “versione errata”, che è la peggiore.

Marte: 959 d.C.

Giove: 994 d.C.

Saturno: 1009 d.C.

Questa soluzione soddisfa la descrizione di Tolomeo con molta più precisione dei nostri precedenti calcoli degli elementi medi. In altre parole, il software astronomico PLANETUP ([1405: 1]) non solo ha confermato il precedente risultato approssimativo, ovvero che la soluzione astronomica del problema di fatto esiste, ma ha anche dimostrato una concomitanza quasi completa di questa soluzione astronomica con i dettagli aggiuntivi riportati da Tolomeo nell'Almagesto.


Figura 10.2.
Le tre soluzioni astronomiche del problema dei pianeti che oscurano le stelle.
La riga superiore indica le date dell'Almagesto, quella nel mezzo la nostra soluzione del X-XI secolo.
La terza linea rappresenta la soluzione “tradizionale” del III secolo a.C.,
mentre la quarta corrisponde alla nostra soluzione del XV-XVI secolo.

 

Ricordiamo ai lettori l'esatta natura del problema in questione. Il fatto più importante è che la completa sovrapposizione delle coordinate stellari e planetarie sulla sfera celeste implica una vicinanza inferiore a un minuto. Persino nel XVIII secolo non fu possibile eseguire un calcolo teorico inverso dell'evento. Sfortunatamente, non c'è nessuna soluzione ideale da trovare. Per esempio, Giove non si avvicina di più di 10" alla stella che dovrebbe coprire. Questo rende le osservazioni molto meno utili ai fini della datazione indipendente. Potremmo chiederci se i dati siano stati distorti o falsificati; questa è la considerazione espressa da R. Newton in [614]. Tuttavia, non riuscì a dimostrare la falsità delle osservazioni e nel commento scrisse che “potrebbero dimostrarsi autentiche” ([614], pagina 335).

Tuttavia, se volessimo interpretare i resoconti di Tolomeo dei pianeti che coprono le stelle come se indicassero la stretta vicinanza tra i due corpi celesti, potremmo benissimo venire fuori con una soluzione i cui intervalli temporali siano proprio quelli specificati da Tolomeo. Ovviamente si possono trovare diverse soluzioni, poiché il concetto stesso di oscuramento diventa piuttosto vago. I cronologisti scaligeriani suggeriscono una soluzione del genere: il III secolo a.C., vedi sopra.

Le altre due soluzioni sono state trovate dagli autori. Sono più precise di quella “scaligeriana” e una di queste cade proprio a metà dell'intervallo di datazione del catalogo stellare dell'Almagesto, ovvero l'epoca del X-XI secolo. Questa soluzione concorda molto bene con la datazione indipendente del catalogo stellare. Anche la seconda soluzione del tardo Medioevo (XV-XVI secolo) che abbiamo scoperto è interessante, per cui sarà discussa in seguito.

Facciamo notare che gli unici dati che abbiamo usato per scegliere la nostra soluzione, furono quelli che Tolomeo dice di aver preso in prestito dai suoi antichi predecessori. Non abbiamo tenuto conto delle sue considerazioni e dei calcoli basati su queste osservazioni (tipo i suoi calcoli sulla “posizione solare centrale” ecc.) Tra le altre cose, questi calcoli rappresentano il tentativo dell'autore stesso o di un editore tardo medievale, di datare queste osservazioni “antiche”. Pertanto, l'analisi di questi calcoli tolemaici molto probabilmente ci darà le opinioni cronologiche di un osservatore del XVI-XVII secolo. Potrebbero essere state prese dalle opere di Scaligero o persino di Keplero del XVI-XVII secolo, e possono solo complicare i nostri calcoli. Le posizioni planetarie potrebbero essere state calcolate con sufficiente precisione già nell'epoca di Scaligero o Keplero; i cronologisti che hanno redatto l'Almagesto, potrebbero aver deciso di “datare” queste osservazioni al III secolo a.C.

Prendiamo in considerazione i dettagli. Dobbiamo ribadire che secondo le ben note identificazioni tradizionali delle stelle tolemaiche con le loro controparti moderne ([614]), l'Almagesto riporta i seguenti quattro oscuramenti stellari da parte dei pianeti:

  1. Secondo Tolomeo, Venere copre η Virgo “verso le dodici in punto”.
  2. Marte oscura β Scorpio al mattino.
  3. Giove copre δ Cancer all'alba.
  4. Saturno è stato osservato “due unità sotto” γ Virgo.

Vi ricordiamo che non abbiamo trovato motivi per dubitare sulla correttezza delle moderne identificazioni delle stelle tolemaiche.

Consideriamo separatamente ciascuno di questi quattro eventi.

 

 

3.2.1. La stella η Virgo coperta da Venere nel 960 d.C.

Tenete a mente che il testo di Tolomeo dice quanto segue: “Tra le antiche osservazioni abbiamo scelto quella descritta da Timocharis nel modo seguente: nel 13° anno di Filadelfo, il 17-18 del Mesore egizio, nella dodicesima ora Venere oscurò completamente la stella situata di fronte a Vindemiatrix” ([1355], pagina 319, Capitolo X.4).


Figura 10.3.

Venere mentre copre η Virgo poco prima dell'alba del 18 ottobre 960 d.C.
Il luogo di osservazione che abbiamo scelto corrisponde
ad Alessandria e al Cairo in Egitto.
I calcoli sono stati effettuati con l'aiuto del programma PLANETUP.
Possiamo vedere l'orizzonte di Alessandria alle 5 del mattino ora locale.
Il sole è sotto l'orizzonte, a una distanza di circa 40 gradi da Venere.

La soluzione che abbiamo trovato utilizzando il metodo dell'elemento medio è il seguente: Venere ha oscurato η Virgo nell'ottobre del 960 d.C., che corrisponde perfettamente all'anno 476 da Nabonassar, vedere la Figura 10.2. Questo oscuramento che è avvenuto la mattina del 18 ottobre 960, è ideale. La distanza tra Venere e la stella era pari a 1-2 minuti, che renderebbe la stella invisibile a causa della luminosità di Venere.

Allo stesso tempo, si deve sottolineare che l'oscuramento di η Virgo da parte di Venere è un evento tanto frequente quanto per niente istruttivo. Ci si potrebbe chiedere perché un simile evento celeste ordinario sia stato menzionato da un astronomo antico e incluso nell'Almagesto. La risposta possibile è implicita nella Figura 10.3, dove vediamo Venere che oscura η Virgo nel 960. E' venuto fuori che in quel momento Giove era piuttosto vicino a Venere, a una distanza di circa 10 minuti. In altre parole, Venere copriva la stella mentre la sua posizione praticamente coincideva con quella di Giove. Questo fatto è abbastanza importante da aver attirato l'attenzione dell'antico astronomo, che decise di menzionare l'oscuramento di una stella da parte di Venere in circostanze molto rare.

A proposito, l'oscuramento stellare del 960 da parte di Venere corrisponde anche all'affermazione di Tolomeo in cui “Venere aveva già passato il suo allungamento massimo mattutino” ([1355], pagina 319); vedere la Figura 10.4. Tenete presente che il punto di allungamento massimo di un'orbita planetaria, è il punto in cui il pianeta in questione si trova alla massima distanza dal sole osservabile dalla Terra. I vettori solari e tellurici della stella formano un angolo retto.

Consideriamo ora la “versione errata” di Venere. La soluzione dell'elemento medio precedentemente scoperta è la seguente: Venere ha coperto η Virgo nel settembre 887 d.C. La stella η Virgo viene di solito identificata da Tolomeo come quella “di fronte a Vindemiatrix”.

Un calcolo più preciso fatto con l'aiuto del software PLANETUP ([1405: 1]) ha dimostrato che Venere davvero oscurò completamente η Virgo il 9 settembre 887 d.C., alle 16:12 GMT. Tuttavia, le condizioni di visibilità di questo oscuramento, in Europa sono state piuttosto scarse, vedi sotto.

Figura 10.4.
Le rispettive posizioni di Venere, del Sole e
della Terra nella mattina del 18 ottobre 960 d.C.,
calcolate da PLANETUP.
Venere aveva raggiunto il suo allungamento massimo appena prima.
Figura 10.5.
Venere mentre oscura η Virgo poco prima dell'alba del 21 ottobre 888 d.C.
Il luogo di osservazione che abbiamo scelto corrisponde ad Alessandria
e al Cairo in Egitto.
Calcoli eseguiti da PLANETUP. Possiamo vedere l'orizzonte di
Alessandria alle 5:00 ora locale. Il sole è sotto l'orizzonte,
a una distanza di oltre 40 gradi da Venere.

Tuttavia, Venere passa spesso vicino a η Virgo, e in molti casi la copre completamente. Non c'è da sorprendersi che esista un'altra soluzione per Venere, una che sia piuttosto vicina temporalmente alla prima e che sembri essere quella ideale.

Il 21 ottobre 888 d.C. Venere superò η Virgo a una distanza inferiore ai 5 gradi d'arco, verso la 1:00 GMT, ovvero le 3-4 del mattino per le longitudini dell'Europa orientale. Le luminosità comparative di Venere e η Virgo differiscono per 8 magnitudini stellari (M = –3.4 per Venere e M = 3.89 per η Virgo). Una così drastica differenza di luminosità potrebbe aver fatto in modo che la vicinanza di 5 minuti sembrasse un perfetto oscuramento, poiché la stella fioca venne eclissata dalla luminosità di Venere che gli si avvicinò di molto (vedere la Figura 10.5).

Le condizioni di visibilità astronomica per l'oscuramento di η Virgo da parte di Venere, furono straordinariamente ottime il 21 ottobre 888. Ad Alessandria, per esempio, Venere si levò verso le 3 del mattino ora locale (1 AM - GMT). Nella regione del Volga erano le 4 del mattino. Il sole sorse tre ore dopo; pertanto, si poté osservare Venere che copriva η Virgo per ben tre ore prima dell'alba.

Facciamo notare che il leggero spostamento in avanti della data di oscuramento di Venere (l'anno 888 d.C. anziché l'anno 887 inizialmente calcolato) influisce positivamente sulla soluzione medievale a cui siamo giunti, migliorando la concordanza cronologica con le descrizioni dell'Almagesto. Questo è chiaramente visibile nella Figura 10.2.

Parliamo brevemente della soluzione iniziale a cui siamo giunti per Venere (la sera del 9 settembre 887 d.C.)

Secondo il software PLANETUP ([1405: 1]), l'oscuramento del 887 d.C. fu preciso sebbene fosse stato osservato attraverso un telescopio 25x: in altre parole, Venere continuava a coprire η Virgo persino se ingrandito da un telescopio. Questo oscuramento durò un'ora: tra le 15:00 e le 16:00 GMT. Tuttavia, le condizioni di visibilità erano scarse a causa della vicinanza di Venere al sole.

D'altra parte, la soluzione più precisa del 888 d.C. per Venere, si conforma perfettamente bene alla descrizione di Tolomeo. Nel 888, l'oscuramento della stella da parte di Venere poteva essere visto da qualsiasi latitudine.

Per quanto riguarda il tempo di osservazione indicato nell'Almagesto con “la dodicesima ora”, si può dire che in ogni caso si adatta bene a Venere, poiché non è mai troppo lontano dal sole e può essere osservato intorno alle 6 di sera o alle 6 di mattino ora locale: intorno all'alba o intorno al crepuscolo. L'Almagesto indica la “dodicesima ora”; tenete presente che nel Medioevo il tempo veniva spesso contato dalle 6 di mattina alle 6 di sera: l'alba e il tramonto primaverile (autunnale). Nell'interpretazione moderna, sia l'alba che il tramonto cadono quindi più o meno alle dodici in punto, in opposizione alle sei del mattino o alle sei della sera.

 

 

3.2.2. Marte oscurò β Scorpio nel 959 d.C.

Il testo di Tolomeo recita quanto segue: “Abbiamo preso in considerazione una delle vecchie osservazioni, quella che chiarisce che nel 13° anno di Dionigi, nella mattina del 25 di Aigon, Marte oscurò la stella più a nord sulla fronte dello Scorpione” ([1355]), pagina 342, capitolo X.9).

La soluzione che abbiamo trovato in precedenza tramite il metodo dell'elemento medio, è la seguente: l'oscuramento di β Scorpio (“la stella più settentrionale sulla fronte dello Scorpione”) da parte di Marte ebbe luogo nel febbraio del 959 d.C., vedere sopra.

I calcoli più precisi effettuati con l'aiuto del software PLANETUP ([1405: 1]) ci dicono quanto segue. La notte del 13 - 14 febbraio 959 d.C., Marte passò vicino a β Scorpio: la distanza tra loro era pari a circa 15 gradi d'arco. Le formule moderne degli astronomi francesi J. Simon e P. Bretagnon furono usate dietro nostra richiesta da M. Y. Polyakov per ulteriori calcoli. Anche quei calcoli confermarono che quella notte la distanza tra Marte e la stella in questione era pari a circa 15 gradi d'arco, vedere la Figura 10.6.


Figura 10.6.
Marte copre β Scorpio nella notte del 13-14 febbraio 959 A. D. Sulla destra vediamo la posizione di Marte in relazione a β Scorpio, indicata separatamente per le mattine del 13, 14 e 15 febbraio. Calcoli effettuati con PLANETUP.

 

Potremmo incontrare l'obiezione che la propinquità tra Marte e la stella non può essere considerata proprio come un oscuramento, dal momento che una persona con la vista acuta è in grado di distinguere le due stelle a quella distanza. Facciamo tuttavia notare che nel caso di Marte Tolomeo non usa la frase “completamente coperta”, come fa nella sua descrizione riguardo l'oscuramento di Venere, ma ci dice semplicemente che “Marte ha coperto la stella”. In questo caso, la scelta delle parole di Tolomeo è arbitraria? Consideriamo tutti e quattro gli oscuramenti (vedere la Tabella 10.2).

Vi ricordiamo che nel catalogo dell'Almagesto le coordinate di tutte le stelle sono arrotondate a 10'. In altre parole, le misure delle coordinate stellari nell'epoca di Tolomeo furono fatte con un'unità di misura pari a circa 10'. Questa distanza deve quindi essere stata “l'unità” a cui si riferisce Tolomeo. Possiamo vedere un'ottima concomitanza tra il testo di Tolomeo e la soluzione astronomica che abbiamo trovato, vale a dire il fatto che la distanza stimata di 25' tra Saturno e la stella è pari a “due unità” di Tolomeo. Si tratta di una precisione molto elevata per un'osservazione a occhio nudo.

Tabella 10.2.
La soluzione medievale del X-XI secolo per gli oscuramenti stellari da parte dei pianeti descritti nell'Almagesto.
La copertura della stella da parte di un pianeta come descritta da Tolomeo nell'Almagesto La distanza calcolata tra il pianeta e la stella al momento dell'osservazione La data
Venere “oscurò completamente la stella” 1’ – 2’ La mattina del 18 ottobre 960 d.C.
Per la “versione errata” Meno di 5’ 21 ottobre 888 d.C.
Per la “versione errata” Meno di 1’ 9 settembre 887 d.C.
(scarse condizioni di osservazione)
Marte “oscurò la stella” 15’ La attina del 14 febbraio 959 d.C.
Giove “oscurò la stella” 15’ L’alba del 25 luglio 994 d.C.
Saturno si trovava a una distanza di “due unità” dalla stella 25’ – 30’ La sera del 16 agosto 1009 d.C.

La nostra soluzione astronomica medievale per gli oscuramenti planetari delle stelle menzionati nell'Almagesto, è stata presentata nella Tabella 10.2. Questa tabella implica quanto segue:

  1. Una “unità”, ovvero l'unità di misura utilizzata nell'Almagesto, equivale all'incirca a 10 - 15 gradi d'arco, che è molto vicino al valore unitario tolemaico per la misurazione della griglia delle coordinate nel catalogo stellare.
  2. La vicinanza di 10' - 15' tra la stella e il pianeta (una unità) nell'Almagesto viene indicata come un “oscuramento” (vedere applicata a Marte e Giove).
  3. La vicinanza di 1' - 2' nell'Almagesto viene ovviamente indicata come un “oscuramento completo”, dal momento che persino un osservatore con una vista eccezionalmente acuta non riuscirebbe a vedere una stella piuttosto fioca a una distanza così ridotta da un pianeta estremamente luminoso come Venere.

Per cui, è ovvio che la scelta delle espressioni da parte di Tolomeo (“oscuramento” e “oscuramento completo”) è lontana dall'essere arbitraria. Descrivono quanto segue: un “oscuramento completo” significa che in caso di osservazione ad occhio nudo, due punti luminosi in cielo non possono essere separati. Un “oscuramento” semplice implica che la distanza tra i punti luminosi è paragonabile al'unità di misura (che per l'Almagesto equivale a 10').

Tenete presente che Tolomeo ci dice che l'oscuramento di Marte è avvenuto di mattina, che corrisponde perfettamente all'ambiente astronomico del 959 d.C. In quell'anno Marte si levò solo dopo la mezzanotte ora locale, alle longitudini di Alessandria e dell'Europa orientale. L'oscuramento poteva quindi essere visto solo di mattina (ossia dopo la mezzanotte), che è ciò che ci dice l'Almagesto.

 

 

3.2.3. Giove oscurò δ Cancer nel 994 d.C.

Il testo di Tolomeo ci dice quanto segue: “Ancora una volta abbiamo preso in considerazione una vecchia osservazione molto accurata che ci dice che nel 45° anno di Dioniso, il 10° del Partenone, Giove oscurò l'Asse del Nord” ([1355], pagina 361, capitolo XI.3).

La soluzione che abbiamo trovato in precedenza utilizzando il metodo dell'elemento medio, è la seguente: nel luglio del 994 Giove passò veramente vicino a δ Cancer, a una distanza di circa 20'.

I calcoli più precisi effettuati con l'aiuto del software PLANETUP ([1405: 1]) confermano che Giove effettivamente passò vicino a δ Cancer, a una distanza di circa 15 gradi d'arco, vedere la Figura 10.7.

Prestate attenzione al fatto che Tolomeo sottolinea che Giove aveva oscurato la stella all'alba. Infatti, il 25 luglio 994 Giove si levò sopra l'orizzonte solo un'ora prima dell'alba; per cui, l'oscuramento della stella in questione da parte di Giove poteva essere visto solo all'alba, cosa che viene meticolosamente sottolineata da Tolomeo.

Ancora una volta possiamo vedere che l'ora del giorno specificata da Tolomeo per l'oscuramento planetario della stella, concorda molto bene con la nostra soluzione medievale, come nel caso di Venere e Marte.

Figura 10.7.

Giove che oscura δ Cancer il 25 luglio 994 d.C.
Osservato all'alba. Come punto di osservazione abbiamo scelto Sebastopoli
in Crimea. Calcolato da PLANETUP.
La linea continua rappresenta l'orizzonte locale alle 1:30 GMT
(la levata di Giove), mentre quella tratteggiata rappresenta
l'orizzonte locale alle 2:30 GMT (l'alba).

Figura 10.8.

Saturno che passa sotto γ Virgo a una distanza di “due unità”
(ossia 30 gradi d'arco) la sera del 16 agosto 1009 d.C. Come punto
di osservazione è stato scelto Sebastopoli in Crimea.
Calcolato da PLANETUP.
La linea continua rappresenta l'orizzonte locale alle 16:40 GMT
(il momento del tramonto), mentre la linea tratteggiata rappresenta
lo stesso orizzonte alle 17:50 GMT (il momento in cui tramontò Saturno).
La levata del sole seguì il tramonto di Saturno di un'ora;
quindi il pianeta poteva essere visto solo di sera.

 

 

3.2.4. Saturno si avvicinò a γ Virgo nel 1009 d.C.

Il testo tolemaico è il seguente: “Abbiamo preso in considerazione un'altra osservazione accurata dei tempi antichi, secondo la quale Saturno si trovava due unità in basso alla spalla meridionale della Vergine, il 5 di Xanticus dell'anno caldeo 82” ([1355], pagina 379, Capitolo XI.7).

La soluzione che abbiamo trovato prima di utilizzare il metodo degli elementi medi ci dice che nell'agosto del 1009 d.C. Saturno passò vicino a γ Virgo a una distanza di meno di 50' e si trovava al di sotto della stella in questione.

I calcoli più precisi condotti con l'aiuto del software PLANETUP hanno dimostrato che il 16 agosto 1009 d.C. Saturno passò effettivamente vicino a γ Virgo a una distanza di 25-30 gradi d'arco, vedere la Figura 10.8.

Perché in questo caso Tolomeo parla di una distanza di “due unità”? Abbiamo già visto che nel testo di Tolomeo la vicinanza di 15 gradi d'arco tra la stella e il pianeta viene chiamata “oscuramento”, come nel caso di Marte e Giove. La distanza è due volte maggiore nel caso di Saturno, è pari a circa 30 minuti. Tolomeo ritiene che questa distanza sia uguale a “due unità”; pertanto, una singola “unità” è più o meno uguale a 10-15 gradi d'arco. Se la distanza tra la stella e il pianeta fosse uguale a una unità, Tolomeo l'avrebbe definita un “oscuramento”; in caso ci fossero più unità tra il pianeta e la stella in questione, Tolomeo ci direbbe solo quante unità formano la distanza. Nel caso di una sovrapposizione osservabile del pianeta sopra una stella, Tolomeo userebbe il termine “oscuramento completo”.

Come in tutti gli esempi sopra elencati, Tolomeo indica l'ora del giorno con la massima precisione, qualora volessimo aderire alla nostra soluzione medievale del X-XI secolo. Vale a dire che il 16 agosto 1009 Saturno si posizionò sotto l'orizzonte un'ora dopo il sole. Per cui poteva essere visto solo di sera appena dopo il tramonto, in quanto subito dopo sarebbe scomparso sotto l'orizzonte. Avrebbe potuto effettivamente essere osservato sotto la stella in relazione alla linea locale dell'orizzonte ad Alessandria, proprio come ci dice Tolomeo (Figura 10.8).

Pertanto, anche in quest'ultimo caso questa soluzione medievale corrisponde a ogni singola indicazione tolemaica riguardante le condizioni di osservazione.

Per quanto riguarda la soluzione “scaligeriana” del III secolo a.C., Giove, ad esempio, potrebbe essere stato visto vicino a δ Cancer per tutta la notte, facendo apparire bizzarra l'indicazione dell'autore antico che Giove coprì la stella “all'alba”, o quantomeno rendendola inutile. Lo stesso vale per Saturno, che potrebbe essere stato osservato vicino alla stella per tutta la notte e non solo di sera, come nel caso nella nostra soluzione. L'Almagesto ci dice esplicitamente che Saturno si era avvicinato alla stella di sera. Per cui, la nostra soluzione si correla meglio con le antiche descrizioni citate da Tolomeo che quelle della versione di Scaligero.

Corollario. E' risultato che la soluzione medievale che abbiamo scoperto, vale a dire:

corrisponde perfettamente a tutte le descrizioni fornite da Tolomeo, persino quelle a cui non abbiamo prestato attenzione prima, nei nostri calcoli approssimativi (tipo “al mattino”, “all'alba”, ecc...). Questo serve come ulteriore prova a sostegno della dichiarazione che l'Almagesto contiene le descrizioni di eventi astronomici che ebbero luogo in un'epoca che non può precedere il IX-XI secolo d.C.

Tuttavia, ribadiamo che occorre essere consapevoli che una tale precisione negli oscuramenti planetari delle stelle (circa 15 minuti) potrebbe essere ottenuta mediante i calcoli usando la teoria di Keplero del XVII secolo. In Cronologia 6 riportiamo i dati relativi ai falsi cambi di date presenti in molti libri del presunto XVI secolo, che furono veramente pubblicati nel XVII secolo e contenevano una falsa datazione precedente. Questo fatto ci rende dubbiosi sul fatto che la versione dell'Almagesto che abbiamo a nostra disposizione oggi, risalga davvero al XVI secolo. È molto probabile che la versione dell'Almagesto nota a noi oggi sia stata creata nel XVII secolo; in tal caso può contenere i risultati dei calcoli astronomici realizzati secondo la teoria di Keplero. Questi eventi astronomici “calcolati” potrebbero essere stati indicati come le effettive osservazioni dell'Almagesto, che sarebbe dannoso per il valore delle “datazioni degli oscuramenti planetari”, poiché non si potrebbe fare a meno di sospettare che questi oscuramenti siano stati calcolati nel XVI-XVII secolo per adattarli alla cronologia di Scaligero, come nel caso di molte altre “antiche osservazioni astronomiche”, oppure persino con lo scopo di “confermarla”, dal momento che la cronologia scaligeriana appena fabbricata, nel XVII secolo aveva un disperato bisogno di “prove documentali”. Tali prove furono prodotte frettolosamente attraverso una “modifica ad hoc” di vecchi documenti autentici come l'Almagesto.

Questi sospetti non riguardano il catalogo stellare dell'Almagesto, che abbiamo dimostrato essere davvero un vecchio documento compilato mediante l'uso delle osservazioni del X-XI secolo descritte in precedenza.

 

 

3.2.5. La cronologia dell’Almagesto secondo la soluzione del X-XI secolo.

Secondo la datazione degli oscuramenti planetari risultante dalla soluzione del X-XI secolo, l'inizio dell'era di Nabonassar riflesso nell'Almagesto risale al 480-490 d.C. Più precisamente, i valori polari dell'inizio di questa era, per i quali abbiamo delle strette correlazioni tra le datazioni tolemaiche e quelle calcolate degli oscuramenti in questione, sono rispettivamente il 483 e il 492 d.C., (vedere la precedente Tabella 10.1 che contiene le datazioni tolemaiche degli oscuramenti che utilizzano l'era da Nabonassar).

Vi facciamo notare un fatto molto importante, ossia che il 492 d.C. è esattamente l'anno 6000 dell'era bizantina “da Adamo”, che fu ampiamente utilizzata fino al XVII secolo. In particolare, veniva utilizzata in Russia e a Bisanzio prima dell'introduzione dell'era dopo Cristo nel XVI-XVIII secolo. Per quale motivo l'anno 6000 in questa cronologia è importante per noi? Innanzitutto, si tratta di una bella cifra arrotondata e divisibile per 1000 anni, che ovviamente sarebbe ideale come punto di riferimento cronologico iniziale. I millenni venivano spesso omessi nelle datazioni medievali, vedere Cronologia 1. Pertanto, fino alla fine del XV secolo “l'anno zero” dell'era bizantina “da Adamo” era di fatto l'anno 6000, ossia il 492 d.C. In secondo luogo, in alcune vecchie cronache la nascita di Cristo era datata proprio in quest'anno. Dobbiamo osservare che a quanto pare Cristo veniva indicato nell'Almagesto come “il re celeste” (ovvero “Nabo-na-sar”), sebbene sia probabile che l'autore (o editore) dell'Almagesto non ne fosse consapevole. Detto anno fu utilizzato per la datazione della nascita di Cristo dal cronista medievale bizantino Giovanni Malalas ([338] e [503]). Il suo Cronografo, che fu un'opera ampiamente diffusa nel Medioevo e le cui copie in slavo e greco sono arrivate sino ai nostri giorni, ci dice che “tutti sono dell'opinione che la venuta del Signore ebbe luogo nell'anno 6000” ([503], pagina 211). In altre parole, Giovanni Malalas datò la venuta di Cristo nell'anno 6000. Se volessimo convertire questa datazione nelle cronologia moderna, arriveremmo al 6000 - 5508 = 492 d.C. Malalas ci dice che erano tutti di questa opinione, da cui si evince che la datazione della nascita di Cristo all'anno 6000 da Adamo, ossia il 492 d.C., era una cosa comune nella sua epoca.

Ciò rendeva l'anno 492 la scelta più ovvia come punto di riferimento iniziale della cronologia dell'Almagesto. Se l'Almagesto risalisse al tardo Medioevo, questo sarebbe il concetto cronologico che dovremmo aspettarci dallo stesso Tolomeo o dall'editore, perché il libro sia vero.

Il punto di riferimento iniziale dell'era di Nabonassar ci consente di ricostruire in linea generale la cronologia dell'Almagesto. Qui bisogna fare un'osservazione importante: lo studio della cronologia riflessa nei testi dell'Almagesto che sono arrivati sino ai nostri giorni, è in realtà l'opinione ricostruita dell'editore del XVI-XVII secolo che fece apparire l'Almagesto nel modo in cui è oggi, non l'opinione degli antichi autori del XI-XIII secolo che crearono le prime versioni dell'Almagesto, in particolare il suo catalogo stellare. Tuttavia, troviamo interessante anche questa cronologia successiva. La versione cronologica degli editori più recente potrebbe essere in contrasto con quella consensuale di Scaligero sin dall'epoca del XVI-XVII secolo, quando vennero compilate le edizioni finali dell'Almagesto e l'autorità della cronologia di Scaligero stava solo iniziando ad affermarsi. In quell'epoca erano in uso gli altri schemi cronologici del XIV-XV secolo, anche se ai nostri giorni non si sa quasi nulla su di essi. Quelle versioni differivano considerevolmente da quella di Scaligero: di seguito constateremo che così fu anche nel caso dell'Almagesto.

L'era da Nabonassar è il periodo standard utilizzato nell'Almagesto, che occasionalmente viene semplicemente chiamato con il termine di “epoca iniziale” ([704], pagina 130). Tutte le altre epoche e i punti di riferimento cronologici menzionati da Tolomeo nell'Almagesto sono stati datati in relazione all'era da Nabonassar. Nell'Almagesto abbiamo trovato le seguenti epoche e datazioni di regni:

Il primo anno del regno di Mardokempad = il 25mo anno da Nabonassar ([704], pagine 129, 130, 126 e 200).

Il primo anno di Nabopallasar = il 123mo anno da Nabonassar ([704], pagina 161).

Il primo anno di Cambise = il 219mo anno da Nabonassar ([704], pagina 161).

Il primo anno di Dario = il 226mo anno da Nabonassar ([704], pagine 128 e 129)

Il regno di Fanostrato, arconte di Atene = il 366mo anno da Nabonassar ([704], pagina 132).

Il regno di Evandro, arconte di Atene = il 367mo anno da Nabonassar ([704], pagina 133).

L'inizio del periodo di 76 anni di Calippo = il 418mo anno da Nabonassar ([704], pagine 133,80, 81, 182, 216, 133, 182 e 222).

Il primo anno dell'era contata dalla morte di Alessandro = il 425mo anno da Nabonassar ([704], pagine 99-100, 80, 336-337 e 349-351). Di solito si considera che l'Alessandro in questione sia Alessandro Magno, tuttavia Tolomeo menziona semplicemente il nome di “Alessandro”. Secondo l'Almagesto, “trascorsero 424 anni egiziani anni tra l'inizio del regno di Nabonassar e la morte di Alessandro” ([704], pagina 99). Secondo Tolomeo, ci sono 365 giorni in un anno egiziano ([704], pagina 80).

Il primo anno dell'era caldea = il 438mo anno da Nabonassar ([704], pagina 305). I commentatori moderni sono dell'opinione che “l'era caldea” dell'Almagesto fosse in realtà la cosiddetta “era seleucide” ([704], pagina 595). Tuttavia, Tolomeo non usò mai questo nome e scrisse sempre “era caldea”.

Il primo anno di Filadelfo = il primo anno dell'era dionisiaca = il 464mo anno da Nabonassar ([704], pagine 304, 305, 321-322 e 336-337).

Il primo anno di Filometore = il 568mo anno da Nabonassar ([704], pagina 181).

Il primo anno di Augusto = il 719mo anno da Nabonassar ([704], pagine 99-100).

Il primo anno di Domiziano = l'829mo anno da Nabonassar([704], pagina 220).

Il primo anno di Traiano = l'845mo anno da Nabonassar ([704], pagina 331).

Il primo anno di Adriano = l'863mo anno da Nabonassar ([704], pagine 99-100, 126, 157, 326 e 340).

Il primo anno di Antonino = l'884mo anno da Nabonassar ([704], pagine 139-140, 80, 216, 311, 326 e 340).

Il testo dell'Almagesto fa risalire le osservazioni astronomiche di prima mano (che dovrebbero essere state eseguite dallo stesso Tolomeo) all'epoca di Antonino, vedere a pagina 311 di [704], ad esempio. Il testo dell'Almagesto dice quanto seguente: “abbiamo osservato Mercurio nel secondo anno di Antonino, ossia  nel 886mo anno da Nabonassar” ([704], pagina 311, sezione IX.9). Un altro passaggio dell'Almagesto recita che “le osservazioni più precise degli equinozi e del solstizio d'estate le abbiamo condotte nel 463mo anno dalla morte di Alessandro” ([704], pagina 91, sezione III.3).

Le osservazioni di Ipparco, per esempio, nell'Almagesto sono fatte risalire all'anno 197 dalla morte di Alessandro, ossia l'anno 621 da Nabonassar ([704], pagina 142). Il testo dell'Almagesto ci dice quanto segue: “Ipparco scrive di aver usato gli strumenti per osservare il Sole e la Luna a Rodi nel 197mo anno dalla morte di Alessandro” ([704], pagina 142, sezione V.5). Bisogna ovviamente tenere presente che le datazioni finali furono molto probabilmente introdotte nel testo dell'Almagesto nel XVI-XVII secolo. È possibile che l’osservazione di Ipparco del sole e della luna con l'uso di strumenti, sia stata realizzata da Tycho Brahe alla fine del XVI secolo, per esser poi attribuita al “antico Ipparco” nell'edizione finale dell'Almagesto.

In conformità a quanto detto sopra, mettiamo che nella vecchia cronologia russa e bizantina l'anno 492 d.C. stia per l'anno 6000 “da Adamo”. Riguardo ai punti di riferimento cronologici dell'Almagesto siamo giunti alle seguenti datazioni:

Il primo anno dell'era da Nabonassar - 493 d.C.

Il primo anno di Mardokempad - 517 d.C.

Il primo anno di Nabopallasar - 615 d.C.

Il primo anno di Cambise - 711 d.C.

Il primo anno di Dario - 718 d.C.

L'arcontato di Fanostrato - 858 d.C.

L'arcontato di Evandro - 859 d.C.

Il primo anno del primo ciclo di Calippo - 910 d.C.

La morte di Alessandro - 916 d.C.

Il primo anno dell'era caldea - 930 d.C.

Il primo anno di Filadelfo - 956 d.C.

Il primo anno dell'era dionisiaca (era di Filadelfo?) - 956 d.C.

Il primo anno di Filometore - 1060 d.C.

Le osservazioni del sole e della luna fatte da Ipparco - 1113 d.C.

L'inizio del regno di Augusto - 1211 d.C.

Il primo anno di Domiziano - 1321 d.C.

Il primo anno di Traiano - 1337 d.C.

Il primo anno di Adriano - 1355 d.C.

Il primo anno di Antonino - 1376 d.C.

Le osservazioni degli equinozi fatte da Tolomeo - 1379 d.C.

Per cui, le effettive osservazioni di Tolomeo attribuite all'epoca di Antonino, nell'Almagesto sono state datate al 1370-1380 d.C. Per esempio, la sopracitata osservazione di Mercurio ([704], pagina 311) è stata datata al 1378. Le osservazioni degli equinozi e del solstizio ([704], pagina 91) sono state datate al 1379, ossia alla fine del XIV secolo. Le osservazioni di Ipparco sono state datate approssimativamente al 1113 d.C., ossia all'inizio del XII secolo. Possiamo vedere che gli ultimi editori dell'Almagesto avevano un concetto di cronologia completamente diverso dalla versione di Scaligero (che fa risalire Ipparco al II secolo a.C.).

Dobbiamo sottolineare che la cronologia risultante dell'Almagesto concorda bene con quella del famoso autore medievale Matteo Vlastar ([518] e[17]). Vedere Cronologia 6 riguardo il nostro studio sulla cronologia di Vlastar. Si presume che le opere di Matteo Vlastar siano state scritte nel XIV secolo ([17], pagina 18). Possiamo vedere che in linea generale l'Almagesto corrisponde abbastanza bene con la tradizione cronologica del XIV-XVI secolo.


Figura 10.9.
La cronologia dell'Almagesto secondo la soluzione medievale ottenuta dagli oscuramenti planetari delle stelle e spostata nel X-XI secolo, che fa spostare l'inizio dell'era da Nabonassar nella seconda metà del V secolo d.C. Forniamo un'altra cronologia per il confronto: una versione molto poco istruttiva e rudimentale suggerita dall'autore bizantino Matteo Vlastar, le cui opere sono solitamente datate al XIV secolo. Possiamo vedere che tra le due cronologie in questione c'è una certa corrispondenza.

 

Il quadro dei concetti cronologici a cui aderirono gli autori e gli editori dell'Almagesto (Figura 10.9) è in correlazione ideale con il nostro intervallo di datazione del catalogo stellare dell'Almagesto (600-1300 d.C.). Infatti, la Figura 10.9 mostra che questo intervallo include gli oscuramenti planetari delle stelle, come pure una palese concentrazione di massa dei punti di riferimento cronologici dell'Almagesto. Nello specifico, il possibile intervallo di datazione del catalogo stellare dell'Almagesto copre il punto del primo ciclo di Calippo, l'inizio dell'era a partire dalla morte di Alessandro, l'inizio dell'era caldea e l'inizio dell'era dionisiaca. In altre parole, nell'Almagesto furono usate quattro ere su cinque, ad eccezione di quella di Nabonassar.

Inoltre, tutti i regni degli imperatori romani menzionati nell'Almagesto (Augusto, Antonino, Adriano, Traiano e Domiziano), secondo la Figura 10.9 sono stati datati all'epoca del XIII-XIV secolo d.C. Si tratta dell'epoca che segue la compilazione del catalogo stellare dell'Almagesto, ovvero proprio quando le prime “antiche” versioni dell'Almagesto furono molto probabilmente modificate ed estese. Quelle che si basavano sull’originale catalogo stellare “reale” del XI secolo.

Dobbiamo anche far notare che, sempre secondo la Figura 10.9, la data della “morte di Alessandro” è circa il 916 d.C. La data risultante corrisponde perfettamente al regno dell'unico imperatore con il nome di Alessandro in tutta la storia di Bisanzio e dell'Europa medievale: 912-913 d.C. ([495], pagina 18).

Inoltre, vi segnaliamo la datazione approssimativa per l'inizio della scala cronologica del ciclo di Calippo è il 910 d.C. (secondo la Figura 10.9). È piuttosto vicino all'inizio del calendario della Grande Indizione del 877 d.C., sebbene la differenza sia lungi dall'essere marginale e sia pari a circa 35 anni. Tenete a mente che nel calendario Giuliano gli inizi delle Grandi Indizioni sono separati da intervalli di 532 anni, che è il ciclo periodico dopo il quale la combinazione delle caratteristiche dei calendari medievali di un anno (l'Indizione, il Ciclo Lunare e il Ciclo Solare) inizia a ripetersi. Per avere maggiori dettagli, leggete il nostro studio sui calendari in Cronologia 2 e Cronologia 6. A parte la Grande Indizione, i calendari usavano anche un periodo più breve di 76 anni, il cosiddetto ciclo di Calippo. Tenete presente che una Grande Indizione consiste in sette cicli di Calippo, che è un numero intero. Infatti, 532 / 76 = 7. Se “l'antico” ciclo greco di Calippo comprendesse una sottosezione della Grande Indizione, ognuna di queste dovrebbe iniziare contemporaneamente con il primo ciclo di Calippo. La data approssimativa di inizio del ciclo di Calippo del 910 d.C. non la contraddice. La differenza tra 911 e 877 = 34 anni, è marginale rispetto ai 532 anni della Grande Indizione. Tuttavia, il ciclo di Calippo non deve necessariamente cominciare all'inizio dell'Indizione.

Tuttavia, non è del tutto chiaro il motivo per cui l'inizio del ciclo di Calippo a partire dal 910 d.C. non si correli al ciclo metonico, ovvero al “ciclo pasquale lunare” di 19 anni. Secondo le tavole pasquali, nel 910 d.C. il ciclo della Luna era pari a 15 e non a 1, vedere il Capitolo 19 di Cronologia 6. Il ciclo di Calippo e il ciclo lunare pasquale inizierebbero a correlarsi reciprocamente solo se presumessimo di avere a che fare con uno spostamento di 100 anni nella cronologia dell'Almagesto, che ha spostato gli eventi del XI secolo indietro nel X. Questo riflesso fantasma è presente e si manifesta davvero bene nella versione scaligeriana, vedere Cronologia 1. Lo spostamento centenario ha trasformato il 910 nel 1010, che è esattamente il primo anno in cui inizia il “ciclo lunare” pasquale di 19 anni.

Il sospetto che sia davvero presente uno spostamento di 100 anni, è inoltre supportato dal seguente fatto. L'Almagesto contiene numerosi riferimenti all'era di Dioniso, il cui inizio coincide con quello del regno di Filadelfo (il 956 d.C., vedi sopra). Tuttavia, il termine Era Dionisiaca veniva usato nel Medioevo per indicare l'Anno Domini. Ad esempio, all'inizio del XVII secolo “Keplero datò la sua Nuova Astronomia come segue: L'anno 1609 dell'era di Dioniso [ovvero il 1609mo anno dell'era dionisiaca - l'autore]” ([393], pagina 248). A proposito, questo collegamento con l'Anno Domini (era dopo Cristo) è spiegato dal fatto che il monaco che per primo calcolò l'età dall'anno di nascita di Cristo si presume che si chiamasse Dioniso ([393], pagina 240). Tuttavia, è possibile anche un'altra spiegazione. La parola “Dioniso” in latino sta per “dio” o “divino”; l'era di Dioniso è quindi l'era del Signore, ossia l'Anno Domini.

Inoltre, secondo la Nuova Cronologia Cristo nacque intorno al 1152 d.C., vedere i nostri libri intitolati Lo Zar degli Slavi e Le Fondamenta della Storia. La Crocifissione ebbe luogo nel 1185 d.C. Tuttavia, in seguito i cronologisti del Medioevo calcolarono male la nascita di Cristo di 100 anni, spostando la data in questione nel XI secolo. Questo errore fu aggravato da un ulteriore spostamento di 1050 anni, ovvero all'inizio della nuova era. Le vestigia dell'erronea tradizione medievale di datare la Natività a circa il 1050 d.C. sono sopravvissute fino ai nostri giorni. Per esempio, se volessimo credere alle indicazioni fornite dalle fonti medievali relative alla Pasqua e al calendario, il presunto anno della Crocifissione sarebbe il 1095 d.C, vedere il Capitolo 19 del libro La Russia Biblica.

Prendiamo ora in considerazione la tabella cronologica di riferimento dell'Almagesto citata sopra. Ci fornisce un solo punto di riferimento cronologico isolato per il periodo del XI-XII secolo, ovvero il regno di Filometore. Secondo la cronologia dell'Almagesto, questo regno inizia quasi esattamente cento anni dopo Dioniso (o Filadelfo). Secondo la nostra tabella cade nell'anno 1060 d.C., che è molto vicino alla prima datazione errata della Natività (XI secolo, secondo i cronologisti sapienti). Il regno di Filometore termina nel 631mo anno di Nabonassar, secondo Il Canone dei Re di Tolomeo ([704], pagine 458-459), oppure nel 1093 d.C. secondo la nostra tabella. Possiamo di nuovo vedere che questa data quasi coincide con il 1095 d.C., ossia la prima datazione errata della Crocifissione. Comunque sia, gli storici sono dell'opinione che Filometore fu chiamato da Tolomeo anche con il nome di Filadelfo ([704], pagine 458-459). Il Canone dei Re di Tolomeo contiene tre nomi “divini” di re tolemaici che seguirono immediatamente Filometore: re Tolomeo Evergete Deutero (Deu = Dio), re Tolomeo Sotere (Soter = Salvatore) e re Tolomeo Neo Dioniso (Dio = Dio), vedere [704], pagine 458-459. Non abbiamo visto altri nomi reali che contengono la radice “dio” o “salvatore”, in qualsiasi altra parte de Il Canone dei Re ([704], pagine 458-459). E' l'unico frammento di questo tipo per tutto il testo.

È pertanto possibile che, nell'Almagesto, con era Anno Domini si intendesse l'era di Filometore. È stata duplicata con l'era dionisiaca dopo uno spostamento di 100 anni all'indietro nel tempo, ed è anche conosciuta come l'era di Filadelfo.

Concludiamo questo paragrafo con un'osservazione riguardante l'inizio dell'era di Nabonassar, che secondo la Figura 10.9 risale al V secolo d.C. Sottolineiamo che nell'Almagesto l'uso di un'era che inizia nel V secolo d.C. non implica l'esistenza di una tradizione astronomica continua tra il V secolo e l'epoca di Tolomeo. Secondo Cronologia 7, molto probabilmente nel V secolo il popolo era per lo più analfabeta. La questione è che i punti di riferimento cronologici stabili venivano spesso presentati come degli eventi con una data calcolata a priori, proprio come si fa oggi. D'altro canto, le epoche che cominciano con un evento attuale ben datato sin dall'inizio, raramente venivano usate per centinaia di anni, in quanto erano troppo legate strettamente alla contemporaneità e quindi soggette ad essere sostituite da epoche nuove con il cambio di generazione. Un buon esempio è l'era che viene contata dall'inizio del regno di un imperatore vivente. Tali epoche sono ancora utilizzate in Giappone e cambiano ogni volta che un sovrano muore.

Le ere “a lungo termine” probabilmente derivavano dai calcoli cronologici riguardanti le datazioni degli eventi importanti del lontano passato, per cui erano già disconnesse alla contemporaneità e molto difficilmente le generazioni successive le sostituivano con delle nuove. Per esempio, è risaputo che l'era moderna dell'Anno Domini (era dopo Cristo) è nata in questo modo. Si tratta di un'era il cui inizio è stato calcolato ed è stata usata negli ultimi due secoli. Le numerose versioni dell'era “da Adamo” (o Genesi), che fu usata nel XIV-XVII secolo, deve essere stata introdotta in modo simile. Tutte queste epoche si basano sui calcoli cronologici degli eventi risalenti a un lontano passato, oppure a datazioni dimenticate. Vedere la nostra analisi dei problemi relativi al calendario in Cronologia 6, Capitolo 19.

Tuttavia, i calcoli cronologici medievali tendono a contenere degli enormi errori derivanti dalla scienza scarsamente sviluppata dell'epoca, come pure certe caratteristiche di vecchi sistemi di calendari risultanti nella “instabilità” di quest'ultima. Per maggiori informazioni leggere Cronologia 6, Capitolo 19. Associati al desiderio naturale del cronista di datare gli eventi importanti in un'era più distante possibile (il principio “più vecchio è, meglio è”), questi errori hanno spesso dato alla luce dei punti di riferimento estremamente antichi nel passato, che venivano poi considerati come l'inizio di un'era e usati per decine e centinaia di anni, come è il caso dell'era Anno Domini che abbiamo già citato.

Pertanto, i diversi punti di riferimento cronologici situati a una certa distanza dall'epoca del XI-XIV secolo che si vedono nella Figura 10.9 (l'inizio dell'era di Nabonassar, i regni di Mardokempad, Dario, ecc...) molto probabilmente derivano da diversi errori di calcoli cronologici del XIV-XVII secolo che si sono ovviamente manifestati nell’Almagesto.


Figura 10.10.
La cronologia dell'Almagesto in relazione alla datazione tardo medievale dei quattro oscuramenti planetari delle stelle. Questi oscuramenti furono probabilmente osservati nel XV-XVI secolo. Tuttavia, in questo caso la tolemaica “Era di Nabonassar” non è nient'altro che l'era Anno Domini, che secondo la nostra ricostruzione in alcuni documenti potrebbe essere stata contata dal 1020 d.C. Il diagramma mostra anche come potrebbero essere nate le ere di Dioniso e Alessandro.

 

Prestiamo anche attenzione alle risultanti datazioni dei regni degli imperatori romani che erano contemporanei di Tolomeo e furono menzionati nell'Almagesto. Questi sono Domiziano, Traiano, Adriano e Antonino. Tutti questi regni risalgono alla fine del XIV secolo, vedi la Figura 10.9, mentre lo stesso Tolomeo (l'autore dell'Almagesto) li fa risalire alla fine del XIV secolo, l'epoca della battaglia di Kulikovo.

A questo proposito, la conclusione a cui possiamo arrivare è la seguente. Le datazioni medievali degli oscuramenti planetari delle stelle corrispondono perfettamente alla datazione del catalogo stellare dell'Almagesto calcolata in precedenza, facendo così in modo che l'epoca in cui fu creata la parte principale dell'Almagesto cada nel XII-XIV secolo d.C, vedere la Figura 10.9. I regni imperiali contemporanei a Tolomeo e menzionati nell'Almagesto, sono stati datati alla fine del XIV secolo.

Il quadro risultante si correla bene con il nostro intervallo di datazione del catalogo stellare dell'Almagesto. Come abbiamo già sottolineato, è molto probabile che il catalogo sia la parte più antica dell'Almagesto e che il testo rimanente fu aggiunto in seguito. Questo testo è stato trasformato nel trattato astronomico fondamentale alla fine del XIV secolo. Quindi fu modificato e sviluppato fino al XVI-XVII secolo, che è l'epoca in cui fu creata la versione scaligeriana della cronologia. La versione finale dell'Almagesto fu fatta su misura per adattarsi alla cronologia di Scaligero già all'epoca di Keplero. Tuttavia, contiene anche tracce di vecchi concetti cronologici risalenti al XIV-XVI secolo. Così è come appare l'Almagesto oggi.

 

 

3.3. La discussione della soluzione tardo medievale del XV-XVI secolo.

Questa soluzione ci interessa dal momento che rientra nell'epoca delle prime edizioni dell'Almagesto. È stata presentata nella Figura 10.10.

3.3.1. La stella η Virgo oscurata da Venere nel 1496 d.C.

Venere oscurò η Virgo il 19 settembre 1496 intorno alle 16:00 GMT. L'oscuramento è ideale dal momento che la distanza tra Venere e la stella in questione è pari a 1 minuto. Tuttavia, questo oscuramento non fu osservabile né in Europa, né in Asia. Poté essere visto solo dalla regione del Pacifico e dall'Alaska. Ciò nonostante, un osservatore situato ad Alessandria che stesse guardando Venere avvicinarsi alla stella nella mattina del 19 settembre, per poi allontanarsi da essa nella mattina del 20 settembre, potrebbe anche aver calcolato il momento esatto dell'oscuramento quasi completo, vale a dire le 16:00 GMT, ovvero circa le 18:00 ora locale di Alessandria. Tenete presente che nel Medioevo spesso si iniziava a contare il giorno dalle 6 di sera; per cui le 6 del mattino e le 6 di sera di oggi, a quei tempi erano le “12”. Quindi, il momento in cui Venere oscurò completamente la stella il 19 settembre 1496 intorno alle 18:00, ora di Alessandria, si trova in corrispondenza ideale con l'indicazione di Tolomeo che Venere oscurò completamente la stella nella dodicesima ora ([1355], pagina 319, capitolo X.4).

La precisione nei calcoli non era qualcosa di fenomenale alla fine del XV secolo.

Infatti, nel momento dell'oscuramento del 19 settembre 1496, Venere aveva già superato il suo allungamento massimo di visibilità, che è esattamente ciò che ci dice Tolomeo. L'allungamento massimo terminò alla fine di marzo del 1496.

 

 

3.3.2. Marte oscurò β Scorpio nel 1496 d.C.

Marte oscurò β Scorpio di notte e nella mattina del 19 gennaio 1497. Tolomeo riporta che l'oscuramento poteva essere visibile al mattino. La distanza minima tra Marte e la stella in questione fu pari circa a 13-14 minuti, intorno alla 1:00 GMT del 19 gennaio 1497, ovvero le 3 del mattino ora locale di Alessandria. La distanza tra Marte e la stella era pari a 15 minuti circa, nel momento dell'alba di Alessandria. Per esempio, alla longitudine di Alessandria o del Cairo, il sole si levò alle 4:50 GMT. Marte si alzò sopra l'orizzonte intorno alla mezzanotte del 18-19 gennaio e rimase molto vicino alla stella per tutta la notte: durante il suo moto si avvicinò sempre di più a β Scorpio. Pertanto, l'oscuramento stellare di Marte fu perfettamente visibile nella mattina del 19 gennaio 1497. Sia la posizione di Marte che quella della stella rispetto all'orizzonte, sono qualitativamente identiche allo schema disegnato per la soluzione del X-XI secolo visto in precedenza.

Nel pieno rispetto delle specifiche di Tolomeo, l'intervallo tra i menzionati oscuramenti stellari di Venere e Marte non supera nemmeno uno anno. In effetti, l'intervallo è pari a quattro mesi: inizia il 19 Settembre 1496 (Venere) e termina il 19 Gennaio 1497.

 

 

3.3.3. Marte oscurò δ Cancer nel 1528 d.C.

Giove oscurò δ Cancer alla sera del 7 marzo 1528 e rimase molto vicino a essa per tutta la notte seguente; la distanza tra i due corpi celeste era pari a circa 25 minuti. Nella sera del 7 marzo 1528, al crepuscolo, la visibilità dell'oscuramento era piuttosto buona. Alla longitudine di Alessandria il sole tramontò alle 17:00 GMT, mentre Giove in congiunzione con la stella rimase visibile fino alle 17:40 GMT, poi scomparve sotto l'orizzonte. Per cui, l'oscuramento stellare di Giove rimase visibile nel cielo serale per un certo periodo di tempo. Le rispettive posizioni di Giove, della stella e dell'orizzonte, sono qualitativamente identiche allo schema disegnato per la soluzione del X-XI secolo, vedi sopra. L'unica differenza sta nella direzione del vettore di movimento di Giove.

Tolomeo ci dice che Giove oscurò la stella di mattina, che si correla bene con la nostra soluzione. Occorre ricordare che il moto effettivo di Giove è piuttosto lento e rimane vicino alla stella per circa 12 ore senza cambiare visibilmente la sua posizione. In questo caso, rimase piuttosto vicino alla stella per tutta la notte tra il 7 e l'8 marzo 1528. Pertanto, la mattina dell'8 marzo Giove si levò già piuttosto vicino alla stella, in quanto si trovava in quella posizione dalla sera precedente. Dopo l'alba diventò naturalmente invisibile; tuttavia, il riferimento di Tolomeo a Giove che oscurò la stella al mattino è assolutamente corretto, dal momento che avvenne davvero di mattino e durò tutta la notte tra la sera del 7 marzo e la mattina dell'8.

C'è anche la possibilità che nella sua forma attuale il testo di Tolomeo contenga un errore di stampa dovuto al fatto che il termine latino per “dopo il tramonto” è supremo sole, mentre sole primo sta per “alba” ([237], pagina 937). Sarebbe stato sufficiente offuscare le prime due lettere della parola supremo, per poi leggerla facilmente premo o primo. In questo modo, il tramonto avrebbe potuto facilmente trasformarsi nell'alba. Il termine slavo per “tramonto” (di un pianeta) è v zakhode, che è anche molto facile da trasformare in voskhod (alba).

 

 

3.3.4. Saturno si avvicinò a γ Virgo nel 1539 d.C.

Saturno si avvicinò a γ Virgo la sera del 5 settembre 1539. Questo evento poteva essere osservato di sera, proprio come ci dice Tolomeo. La distanza tra Saturno e la stella era pari più o meno a 30 minuti, per cui poteva essere dichiarata uguale a “due unità”. Saturno e la stella furono osservabili abbastanza bene in concomitanza con la sera del 5 settembre 1539, al tramonto. Alla longitudine di Alessandria il sole tramontò intorno alle 16:00 GMT e Saturno rimase osservabile in congiunzione con la stella fino alle 16:40 GMT, e poi tramontò. La posizione di Saturno e della stella in relazione all'orizzonte è qualitativamente identica allo schema per la soluzione del X-XI secolo presentata sopra.

In pieno accordo con il resoconto di Tolomeo, secondo l'orizzonte locale Saturno era situato sotto γ Virgo.

 

 

3.3.5. Il commentario alla soluzione tardo medievale.

La nostra ricostruzione rende molto possibile la soluzione tardo medievale del XV-XVI secolo riguardo il problema dell'oscuramento. Siamo giunti al seguente quadro ipotetico. Gli astronomi del XV-XVI secolo molto probabilmente osservarono veramente i quattro casi di oscuramento stellare da parte dei pianeti descritti sopra per il 1496, 1497, 1528 e 1539, vedere la Figura 10.10.

Diversi decenni dopo, alla fine del XVI inizio XVII secolo, un certo gruppo di cronologisti, storici e astronomi crearono la nuova versione della storia e la basarono sull'erronea cronologia “estesa”. I più attivi furono G. Scaligero (1540-1609), D. Petavio (1583-1652) e G. Keplero (1571-1630); occorre anche sottolineare che Keplero e Scaligero si scambiarono un certo numero di lettere in cui discutevano i problemi cronologici. Di conseguenza, i veri eventi del X-XVII secolo finirono nel lontano passato. Questa attività si occupò in particolare di modificare l'Almagesto; la necessaria conoscenza astronomica dei cicli planetari era già disponibile, per cui anche i quattro oscuramenti stellari dei pianeti sopra menzionati viaggiarono indietro nel tempo.

I falsificatori potrebbero aver scoperto le due “antiche” soluzioni quando usarono la teoria astronomica del XVI-XVII secolo per il calcolo delle date dei vecchi oscuramenti planetari, oppure anche solo una. Potrebbero aver deciso di scegliere la soluzione più antica delle due (X-XI d.C. e III a.C.),quindi la seconda. Le osservazioni dei veri astronomi del XV-XVI secolo (Timocharis, ecc...) furono arbitrariamente gettate nella profonda antichità insieme agli stessi osservatori, possibilmente alterando i loro nomi.

Dobbiamo ancora scoprire quale dei veri astronomi del XV-XVI secolo potrebbe essersi trasformato nel “antico” Timocharis dopo lo spostamento cronologico di circa 1800 anni. Quale avrebbe potuto essere stato il suo vero nome? Quanto al “antico” Ipparco, di seguito descriveremo la nostra teoria sulla sua reale identità.

Sottolineiamo che il conseguente spostamento indietro nel tempo di 1800 anni concorda perfettamente con uno dei tre spostamenti cronologici principali scoperti da A. T. Fomenko durante la sua analisi del “testo di storia di Scaligero”. A questo spostamento Fomenko diede il nome di greco-biblico, dal momento che si manifesta meglio nella storia della “antica” Grecia e in quella biblica, vedere Cronologia 1.