Capitolo 14: Informazioni varie.
37. Le incredibili scene bibliche sugli affreschi del XVI secolo che sono sopravvissuti miracolosamente nella Chiesa Pokrovskaya ad Alexandrovskaya Sloboda.
Ora considereremo la sorprendente opera d’arte della Chiesa Pokrovskaya. La cupola nelle sue moderne condizioni può essere vista nelle figg. 14.151, 14.152 e 14.153. Nella fig. 14.165 si vede la ricostruzione fatta dagli storici moderni della cupola com’era nel XVI secolo. Ci riferiremo alla pubblicazione scientifica che contiene l’articolo dal titolo “Il programma dell’opera d’arte della Chiesa Pokrovskaya di Alexandrovskaya Sloboda” di V. D. Sarabyanov, come anche a “Lo Stile dell’Opera d’Arte della Chiesa Pokrovskaya (Inizialmente Troitskaya) di Alexandrovskaya Sloboda” di V. M. Sorokatiy ( [ 12] ) nella nostra analisi dell’opera.
Figura 14.165.
Una ricostruzione della cupola della Chiesa Pokrovskaya
(inizialmente Troitskaya) di Alexandrovskaya Sloboda
com'era nel XVI secolo.
Tratto da [12], pagina 80, fotografia 2.
Secondo V. D. Sarabyanov, “l’opera sulla cupola della Chiesa Pokrovskaya (inizialmente Troitskaya) di Alexandrovskaya Sloboda, che risale all’epoca di Ivan il Terribile, è del massimo interesse per noi, non solo perché data al periodo che ci ha lasciato ben poche preziose opere d'arte monumentale, ma anche per l’unicità del programma iconografico” ([12], pag. 39). Inoltre scopriamo che “è l’unico esempio di una chiesa russa del XVI secolo con un opera a tema” ([11], pag. 21). Segnaliamo come questa opera d'arte davvero sorprendente sia sopravvissuta per puro caso, restando invisibile sotto gli strati successivi. Per questo motivo è stata così fortunata da sfuggire agli editori storici romanoviani del XVII-XVIII secolo. Se fosse stata scoperta allora, sarebbe stata o distrutta o falsificata, lo abbiamo visto succedere diverse volte. L’opera fu scoperta solo nel XX secolo, nel 1925 (vedi [12], pag. 55). Le sue condizioni sono piuttosto precarie. Gli storici moderni sottolineano “le cattive condizioni dell’opera, come anche il fatto che le pareti sono a grande distanza da chi guarda... Comunque, bisogna sottolineare la grande rarità dell’opera e del ruolo che gioca nella stima corretta dell’arte del XVI secolo” ([12], pag. 54).
Gli storici datano quest’opera intorno al 1570 circa ([12], pag. 55). L’opera si deteriora piuttosto rapidamente.
V. M. Sorokatiy segnala che “per fortuna abbiamo un’unica fonte a nostra disposizione, una che riflette la condizione originale dell’opera appena scoperta, incompleta e con numerosi difetti, ma molto più dettagliata di quello che possiamo vedere oggi. Mi riferisco alle fotografie del 1926, senza le quali nessuna valutazione completa sarebbe possibile” (ibid).
Non si può fare a meno di farsi domande sull’insensata maniera in cui gli storici sapienti trattano quest’opera del XVI secolo, che miracolosamente ha raggiunto i nostri giorni. Secondo V. D. Sarabyanov, “l’opera della Chiesa Pokrovskaya scoperta all’inizio degli anni ‘20, sfortunatamente non è stata preservata nella maniera migliore; il deterioramento sostanziale dei livelli di intonaco e pittura, negli anni passati dalla scoperta rendono la ricostruzione dei dettagli e l’identificazione dei santi estremamente difficile, quasi impossibile” ([12], pag. 41).
Figura 14.166.
Veduta generale dell'opera d'arte sulla cupola della chiesa Pokrovskaya
(Troitskaya). Stato attuale. Tratto da [12], pagina 80, fotografia 4
Figura 14.166a.
Dipinto sulla cupola della Chiesa dell'Intercessione.
La foto è stata scattata da G.V. Nosovskiy.
Figura 14.167.
Opera d’arte sulla cupola della
chiesa Pokrovskaya: un frammento.
Tratto da [12], pagina 80, fotografia 7.
Figura 14.168.
Opere d'arte sulla cupola della Chiesa dell'Intercessione:
un frammento.
Tratto da [12], pagina 80, fotografie 8 e 9.
Figura 14.169.
Frammento dell'opera d'arte sulla cupola del vestibolo
della Cattedrale dell’Annunciazione del Cremlino di Mosca
risalente al XVI secolo. Secondo la bozza realizzata
da V. V. Souslov all'inizio del XX secolo.
Tratto da [107], pagina 148.
Figura 14.169a.
"Albero di Jesse." Gertgen tot Sint Jans. Presumibilmente intorno
al 1480-1490. Amsterdam. Rijksmuseum. È interessante notare che qui,
come notano i commentatori, "i quattordici re d'Israele
(da Abramo a Davide sono raffigurati in abiti lussuosi del Rinascimento".
Esatto. Gli "antichi" re israeliani sono un riflesso dei re dell'Orda russa,
i khan del XIII-XVI secolo. Il re David, ad esempio, è un riflesso parziale
del principe Dmitry Donskoy. Vedi i nostri libri
"Ricostruzione" e "Roma zarista..." Tratto da [988:3], p.251.
Non siamo riusciti a studiare gli affreschi nel luglio 1998, poiché la chiesa era chiusa ai visitatori del museo.
Nella fig. 14.166 si vedono le condizioni attuali dell’opera. I frammenti dell'affresco sono riprodotti nelle figg. 14.167 e 14.168. L’idea generale dell’opera è la seguente. Il dio Sabaoth è al centro, circondato dagli arcangeli seguiti dagli evangelisti e dai personaggi biblici insieme a principi russi. Per esempio “a destra di San Vladimir vediamo la legenda ‘Vladimir il Grande’; vediamo anche le parole ‘Gleb il Principe Giusto’ vicino a San Gleb” ([12], pag. 53).
È importante sapere che l’opera non sia una mera ed eclettica collezione di personaggi, ma piuttosto un resoconto del cosiddetto “Albero di Gesù”, ovvero l’albero genealogico di Gesù Cristo. Sarabyanov segnala che la decorazione in questione “è un’interpretazione del motivo simbolico e decorativo dell’albero, molto comune nell’arte medievale. Nell’arte bizantina del XIII-XIV secolo. questo motivo era fondamentalmente usato nelle composizioni intitolate “L’Albero di Gesù”, che serviva a rappresentare e glorificare la genealogia di Gesù Cristo…. Questa composizione trionfale… serviva come base per collocare un tema locale conosciuto come ‘La Vita di Nemanich’, che deificava la dinastia reale serba e proclamare le origini divine del potere reale… Questa iconografia fu introdotta nell’opera dell’altare laterale Pokhvalskiy della Cattedrale della Dormizione nel Cremlino di Mosca del 1482 [la data è evidentemente sbagliata - Aut.] e divenne largamente popolare nella seconda metà del XVI secolo. Il vero ‘Albero di Gesù’ era tra le composizioni incluse nella decorazione della Cattedrale dell'Annunciazione nel 1405 [anche questa data risulta sbagliata - Aut.] da Teofano il Greco ed è ripetuta nel lavoro del 1547-1551, occupando tutte le cupole e una parte sostanziale delle pareti della galleria. . . Nel contesto dell’intero lavoro che riguarda apertamente la glorificazione della dinastia regnante russa, l’ ‘Albero di Gesù’ è senza dubbio sullo stesso tema, serve a veicolare lo stesso concetto del potere reale derivato da origini divine, ma in modo più sottile de ‘La Vite di Nemanich’ e riferendosi al primo zar russo che venne incoronato poco dopo la creazione di quest’opera.” ([12], pag. 46).
Perciò l’opera della Chiesa Pokrovskaya dipinge diverse generazioni di personaggi biblici e zar russi, come un’ininterrotta sequenza: un albero genealogico. Al centro della composizione vediamo il dio Sabaoth e non Gesù Cristo ([12], pag. 52). Per i personaggi biblici, vediamo Adamo ed Eva, un personaggio che si potrebbe identificare come Cyph, il terzo figlio di Abramo, Abele, Noè “che si può identificare inequivocabilmente dall’arca che tiene nelle mani” ([12], pag. 42). Vicino ci sono Abramo, Isacco, Giacobbe e i “dodici figli ovvero i dodici patriarchi delle tribù di Israele. Sono tutti vestiti con abiti principeschi e con lussuosi scialli decorati, come pure decorazioni sulle maniche e sui bordi” ([12], pagg. 42-43). L’ “Albero” include anche i dodici profeti Biblici, probabilmente Aronne, Isaia, Daniele, Samuele e Zaccaria come anche il Re David e il Re Salomone. Alcune delle figure non possono essere identificate facilmente con nessun personaggio famoso ([12], pagg. 42-43).
Infine, “il sesto cerchio dell’opera... dipinge i santi del Nuovo Testamento, principalmente martiri e principi russi” ([12], pag. 43). In particolare vediamo S. Jacob Perskiy, S. Mina, il principe Russo Vladimir, Boris e Gleb, e così via. Gli artisti del XVI secolo dipinsero i personaggi biblici e i principi russi come contemporanei, o rappresentativi della stessa epoca. Gli storici scrivono quanto segue sul Principe Vladimir, per esempio: “La sua figura si trova al di sopra… della linea principale della gerarchia che corrisponde evidentemente ai ritratti dei patriarchi del Vecchio Testamento - Cyph e il profeta Davide... La concezione del Regno di Moscovia come la nazione scelta e benedetta su cui vigila il Signore stesso, è illustrata in una maniera evidente, la grazia divina che scende dai cieli e viene distribuita equamente… tra lo Zar patriarca, Davide… e il Principe Vladimir che vediamo nello stesso ramo… il Principe Vladimir è paragonato ai re santi del Vecchio Testamento, mentre vengono omesse intere generazioni di re cristiani” ([12], pag. 49).
Gli storici moderni ci dicono che la cronologia globale rappresentata nell’opera sulla cupola della Chiesa dell'Intercessione, è molto strana secondo la versione scaligeriana. Personaggi separati fra loro da centinaia di anni e persino millenni, nella cornice della storia scaligeriana venivano dipinti dagli artisti del XVI secolo, o come contemporanei, o comunque rappresentativi della stessa epoca. Analogamente, la cronologia riflessa nell’opera è in perfetta corrispondenza con la nostra ricostruzione, secondo la quale i personaggi biblici e i principi moscoviti del XIV-XVI secolo, non sono semplicemente contemporanei, ma anche spesso alias diversi dello stesso personaggio storico. In altre parole, le cronache russe li descrivono come principi moscoviti, laddove la Bibbia ne parla come Mosè, Nebuchadnezzar, il Re d’Assiria e così via.
La Cattedrale dell'Annunciazione del Cremlino di Mosca si presenta con un’immagine altrettanto sorprendente. Anche qui abbiamo l’“Albero genealogico di Gesù’ dipinto sulle cupole delle gallerie” ([107], pag. 147). Gli storici fanno il commento perfettamente giustificato che l’analisi degli affreschi della Chiesa Pokrovskaya verrà aiutato dalla “comparazione dell’opera in questione con le più importanti opere d’arte moscovite del XVI secolo, cioè, gli affreschi della Cattedrale Blagoveshchenskiy del Cremlino di Mosca” ([12], pag. 60).
Il disegno di una copia dei famosi murali della Cattedrale Blagoveshchenskiy (Annunciazione) fatto ai primi del XX secolo, è riprodotto nella fig. 14.169. Anche qui vediamo i principi russi vicino ai personaggi biblici del Vecchio Testamento. Inoltre, sono dipinti nella stessa sequenza cronologica come “Virgilio, il poeta romano che indossa un cappello a falda, Anassagora, il filosofo greco e Omero, il famoso poeta cieco... È piuttosto insolito che si possano vedere diversi principi russi vicino ai suddetti personaggi: Daniil Aleksandrovich, Dmitriy Donskoi e Vassily I. Questo sembra essere l’albero genealogico dei sovrani moscoviti, intrecciati nell’albero di Cristo… Il tema dinastico è rappresentato nel contesto della storia mondiale” ([107], pagg. 148-149).
Oggi, una simile opera medievale è vista come puramente simbolica. Gli storici cercano di convincerci che gli artisti medievali confondevano le epoche ed erano ignoranti della cronologia. È più che naturale che gli storici moderni, cresciuti nella cronologia sbagliata di Scaligero e Petavio, riterranno assurda l’attribuzione di Virgilio, Anassagora, Omero, Dmitriy Donskoi e gli altri Gran Principi della Russia, alla stessa epoca storica. Comunque, la nostra ricostruzione fornisce una eccellente spiegazione della cronologia medievale, che è palesemente dimostrata nell'opera della Cattedrale Blagoveshchenskiy poiché, secondo i risultati della nostra ricerca, tutti questi “antichi” personaggi sono davvero vissuti nell’epoca del XIII-XVI secolo. Gli artisti medievali che dipinsero gli affreschi della Chiesa Pokrovskaya di Alexandrovskaya Sloboda, erano ben consapevoli di questo fatto, come gli autori del più recente affresco della Cattedrale Blagoveshchenskiy del Cremlino di Mosca.
Inoltre, gli affreschi sopravvissuti del XVI secolo disegnano un’immagine del mondo medievale che è completamente in contrasto con quella riflessa nei manuali di storia moderni. Gli affreschi del XVI secolo riflettono la posizione suprema del Grande Impero "Mongolo" nel mondo medievale.
V. D. Sarabyanov, riferendosi agli affreschi della Chiesa Pokrovskaya, scrive così: “L’idea teocratica che gli zar moscoviti fossero scelti da Dio, viene presentata come qualcosa che non richiede nessun tipo di prova, un assioma ideologico accettato da tutti come la verità… È perfettamente ovvio che l’opera sia pensata in primo luogo con l'idea che i sovrani russi e la Russia stessa, siano stati scelti dal Signore; nel contesto del processo storico globale, il paese era visto come l’ultimo stato veramente cristiano… Quello che vediamo nell’opera è il famoso complesso di idee che divenne la teoria di “Mosca come Terza Roma” e la dottrina ufficiale” ([12], pag. 49).
Siamo dell’opinione che questa dottrina divenne una “teoria” solo nei lavori degli storici scaligeriani e romanoviani, a cominciare dal XVII-XVIII secolo. Nel XIV-XVI secolo era stata la realtà, non una teoria. Il Grande Impero "Mongolo", anche conosciuto come Assiria, o Russia, copriva enormi territori – dall’America alla Cina attraverso l’Europa, sotto il potere dello Zar o Khan Assiro (Russo), vedi Cronologia6.
La Bibbia descrive il suo potere in modo piuttosto magniloquente: «Punirà il frutto orgoglioso del cuore del re d'Assiria e ciò di cui si gloria l'alterigia dei suoi occhi. Poiché ha detto: “Con la forza della mia mano ho agito e con la mia saggezza, perché sono attento; ho rimosso i confini dei popoli e ho saccheggiato i loro tesori, ho abbattuto come un gigante coloro che sedevano sul trono. La mia mano ha scovato, come in un nido, la ricchezza dei popoli. Come si raccolgono le uova abbandonate, così ho raccolto tutta la terra. Non vi fu battito d'ala, e neppure becco aperto o pigolio.” (Isaia 10:13-14).
Perciò, gli autori degli affreschi di Alexandrovskaya Sloboda e quelli nel Cremlino moscovita, erano perfettamente nel giusto nel sottolineare il ruolo di Mosca e il posto nella storia del mondo del XIV-XVI secolo come quello della Terza Roma.
38. Il motivo per cui i palazzi megalitici e i templi sono più comuni nei paesi del sud che in quelli con un clima moderato.
Nel Medio Evo, le costruzioni residenziali, i palazzi e i templi in Russia erano piuttosto piccoli. C'erano parecchie costruzioni in pietra e legno, ma le dimensioni di ogni costruzione erano piuttosto contenute.
La megalomania delle costruzioni non era caratteristica, all’epoca, della Russia.
D’altra parte, le costruzioni gigantesche in pietra erano spesso costruite nelle zone meridionali del Grande Impero "Mongolo", come i grandi templi in pietra, per esempio. Quale è la ragione per questa diversità architettonica? Ci devono esser diverse spiegazioni; crediamo che la ragione primaria sia la seguente. Le abitazioni dei paesi con clima temperato, che erano situate a una certa distanza dal mare o dagli oceani, devono aver avuto difficoltà a mantenere le temperature calde all’interno delle grandi costruzioni durante gli inverni freddi e nevosi. I materiali da costruzione non hanno nulla a che vedere con questo, è solo che un grande volume di aria dentro una costruzione enorme, richiede più strutture per il riscaldamento e più carburante.
D'altra parte, al sud, dove il clima è più caldo e gli inverni non sono così freddi come al nord, i problemi di riscaldamento non sono così acuti. Al contrario, in passato, le calde estati richiedevano la costruzione di grandi edifici, fatti di pietra, con larghe pareti, che rimanessero fresche all’interno anche durante il caldo estivo. Questo è il motivo per cui vediamo giganteschi templi medievali di pietra in Turchia ed Egitto, per esempio. È qui che sono prosperati gli edifici chiamati megalitici. Le costruzioni in Russia erano parecchio più piccole, le costruzioni residenziali erano normalmente costruite in legno, poiché conserva il caldo più della pietra.
Lo sviluppo della tecnologia e dell’industria resero queste condizioni obsolete: le grandi costruzioni di pietra e cemento sono apparse sia in Russia che nei paesi con lo stesso clima o addirittura più freddi, laddove al sud si è cominciato ad usare il condizionamento dell’aria.
39. La croce con caratteri slavi che Carlo Magno ricevette in regalo dal Patriarca di Gerusalemme.
Nelle figg. 14.170 e 14.171 vediamo la “Croce di Gerusalemme”, conservata nel tesoro della Cattedrale Hildesheim. Le sue dimensioni sono le seguenti: 11 per 10 per 2 centimetri ([292]).
Figura 14.170.
La “Croce di Gerusalemme” (un dittico) dalla sagrestia della cattedrale di Hildesheim.
Sulla fotografia vediamo la parte esterna.
La leggenda narra che il Patriarca di Gerusalemme la regalò a Carlo Magno.
Sulla croce ci sono delle scritte in slavo. Tratto da [292].
Figura 14.171.
Decorazione sul rovescio della parte posteriore del
dittico (la Croce di Gerusalemme di Carlo Magno).
La scritta è russa. Non ci sono opere d'arte sul lato
anteriore della parte posteriore. Tratto da [292].
L’opera in questione è molto famosa: “Tra le eccezionali opere d’arte della Cattedrale di Hildesheim, ce ne è una che non è caratterizzata né per la finezza del lavoro, né per il grande valore dei materiali usati nella manifattura. Tuttavia, è considerata un oggetto sacro assai antico. È la cosiddetta “Croce di Gerusalemme con reliquie sante” ([292], pag. 7). Secondo la tradizione, la Croce di Gerusalemme fu ricevuta in regalo dalla Diocesi di Hildesheim da parte del suo fondatore, l'imperatore Luigi il Pio, nella prima metà del presunto IX secolo d.c. “Il primo ricercatore che ha studiato la croce, I. M. Kratz, presume sia di origine greca e la data al VIII secolo, segnalando che è diventata parte del tesoro reale quando Carlomagno, il padre di Luigi, era ancora regnante. La croce era tra gli oggetti sacri ricevuti dal monarca nel 799, da parte di Giovanni V, il Patriarca di Gerusalemme” ([292], pag. 7).
Bisogna dire che gli storici hanno immediatamente riscontrato dei problemi con quest'opera, poiché né la croce stessa, né l’antica tradizione che la circonda, corrisponde alla storia scaligeriana. L’autore dell’articolo ([292]), lo storico N. Myasoyedov, scrive quanto segue: “A dispetto del fatto che è impossibile collegare cronologicamente il nome di Giovanni V con quello di Carlomagno, visto che il primo morì nel 745, quando Carlo aveva ancora quattro anni, l’opinione di Kratz circa le origini cronologiche della croce, non aveva incontrato alcuna obiezione ed era condivisa da molti autori tedeschi” ([292], pag. 7). Quello che riscontriamo qui, è la contraddizione tra la cronologia scaligeriana e la prova storica medioevale che è sopravvissuta in molti documenti tedeschi. L’implicazione è che il Patriarca di Gerusalemme sia morto nel 745 e abbia dato la croce a Carlomagno nel 799, cinquant’anni dopo la propria morte.
Comunque, il dettaglio più importante è il seguente. La cosa più strana (per quanto riguarda la storia scaligeriana) è che il Patriarca di Gerusalemme diede a Carlomagno una croce coperta da scritte slave. Ovviamente, gli scaligeriani trovano tutto questo assolutamente scandaloso. Tuttavia, la nostra ricostruzione lo fa sembrare perfettamente naturale. Inoltre, ogni altro tipo di scrittura sulla croce ricevuta da Carlomagno dal Patriarca di Gerusalemme (per esempio la scrittura romana) apparirebbe a noi molto strano.
Ci sono iscrizioni Slave sui lati e sul retro della croce. La parte frontale della croce, che è ciò che i visitatori vedono normalmente, non ha iscrizioni, il che deve essere la ragione per cui gli storici notarono le scritte solo nel XX secolo ([292], pag. 8). Istantaneamente, proclamarono la croce un falso, dovuto alle origini russe che gli precludono la possibilità di essere la “Croce di Gerusalemme”. Tuttavia, N. Myasoyedov, l’autore dell’articolo in [292], ci dice a pag. 8 che quando visitò Hildesheim nel 1914, la croce era già conosciuta come la “Croce di Gerusalemme”, a dispetto delle proteste degli storici sapienti e del fatto che le scritte su di essa fossero slave.
La nostra ricostruzione rende il quadro perfettamente chiaro. Lo slavo era una delle lingue ufficiali utilizzate nel Grande Impero "Mongolo". Le iscrizioni slave sono state trovate dovunque nel vasto territorio dell’Impero. Carlomagno, o semplicemente “il Grande Re”, molto probabilmente è stato uno degli Zar, o Khan, che hanno governato sull’Impero nell'epoca del XV-XVI secolo, durante la conquista Ottomana dell’Europa, o persino più tardi.
Citiamo la descrizione della croce data in [292],
“La cosiddetta “Croce di Gerusalemme” è in realtà un contenitore per reliquie sacre. . . È fatta in argento dorato... La croce avrebbe dovuto essere indossata sul petto. Le reliquie sacre che stavano inizialmente al suo interno, sono elencate nelle iscrizioni trovate intorno al ritratto di Costantino ed Elena: ‘Questa è una Croce Santa; il drappo funebre di San Daniele, il drappo funebre di S. Pelagia e S. Savva, il drappo funebre di S. Lazzaro, Nostra Signora e il Signore, il drappo funebre di Costantino ed Elena, e il drappo funebre di Giovanni il Battista” ([292], pagg. 9-10).
Le scritte sui lati della croce dicono: “Il Signore aiuti il suo servo e tutti coloro che glorificano la Cristianità, ora e in futuro, e tutti i buoni Cristiani, amen” ([292], pag. 14).
40. I re francesi del Medio Evo prestavano giuramento su un libro sacro scritto in slavo ecclesiastico.
Questo importante fatto ci è stato segnalato da A. K. Boulygin. Si scopre che i sovrani francesi nel Medio Evo usavano un libro sacro scritto in slavo ecclesiastico per i loro giuramenti. Questo fatto, piuttosto sorprendente dal punto di vista scaligeriano, è normalmente omesso dai libri francesi di storia, come anche da quelli russi. Comunque, è noto agli scienziati che: “Qui [nella città di Reims - Aut.] i monarchi francesi prestavano i loro giuramenti su un libro sacro, che in realtà era un testo liturgico in slavo ecclesiastico, il cosiddetto ‘Frammenti di Reims’” ( [474] , pagg. 64-65).
La nostra ricostruzione rende perfettamente chiara l’immagine. I monarchi medievali francesi erano ancora i rappresentanti locali del Grande Impero "Mongolo", e naturalmente prestavano i loro giuramenti utilizzando un libro in slavo ecclesiastico, che deve essere stato nascosto al pubblico nel XVII secolo o anche più tardi, quando il linguaggio imperiale (lo slavo ecclesiastico) venne infine bandito dalla Francia (e, ex post facto, dalla storia francese), per essere rimpiazzato dal "sacro latino" recentemente introdotto.
41. Secondo le prove nei libri tedeschi medievali, il famoso Attila re degli Unni era un contemporaneo del noto Principe russo Vladimir. Questo è praticamente impossibile nella cronologia di Scaligero.
Le cronache medievali tedesche, conosciute generalmente come saghe, possono sicuramente dirci molto sulla storia della Russia. L’immagine che dipingono è radicalmente differente da quella riflessa nei libri di testo. Per esempio, la famosa “Saga di Tidrek” (evidentemente, Teodorico, ovvero Federico) ci racconta gli eventi che ebbero luogo in Russia e nella terra dei Grandi (Wilkinus, Velcinus, Wiltinus, etc; cf. il russo “Velikiy”, ossia “grande”), vedi [126], pag. 11. I “Grandi” identificati come i “Mongoli”. Gli eventi in questione ebbero luogo nei vasti territori tra la Spagna e le “terre Orientali”. Le città russe di Smolensk, Kiev, Polotsk e Souza (Suzdal?) vengono menzionate frequentemente, vedi [126], pag. 7, e in [167]. Accanto ai protagonisti (i konungs, ossia i khan) troviamo il principe russo Vladimir e Attila, capo degli Unni, citati come contemporanei. Vediamo la conquista della Russia da parte dei “Grandi” (Velcinus, o i “Wiltin”). Il termine “Russia” deve essere usato anche per riferirsi ad alcuni paesi dell’Europa Occidentale, la P-Russia, per esempio.
Ricordiamo ai lettori che, secondo la cronologia scaligeriana, il Principe Vladimir è vissuto nel presunto X secolo d.C., laddove la vita di Attila, Re degli Unni, viene datata al V secolo d.C. Sono perciò separati da qualcosa come cinquecento anni. Un altro personaggio storico che viene menzionato come loro contemporaneo, è Tidrek il Konung, molto probabilmente Teodorico il Goto, vissuto nel V-VI secolo d.C., secondo la cronologia scaligeriana. Il nome Tidrek (Teodorico = Federico) è presente proprio nel titolo del libro ([126]).
Possiamo perciò vedere come gli autori tedeschi medievali fossero dell’opinione che i diversi eroi dell’“antichità”, le cui epoche sono separate da secoli nella cronologia scaligeriana, fossero contemporanei.
Citiamo il frammento che descrive la conquista delle terre Occidentali da parte dei “Grandi”:
“C’era un konung [o un khan - Aut.] conosciuto come Wilkin [o il Grande - Aut.], valente e vittorioso. Aveva conquistato una terra conosciuta come la terra dei Wilkin, radendola al suolo. Questa terra è chiamata Switjod [la terra santa, cf. la parola Russa “Svyatoi”, che si traduce come “santa” - Aut.] e Gautland [terra dei Goti – Aut.] ... Il dominio di Wilkin il konung [il Gran Khan - Aut.] era così grande come la terra che portava il suo nome... Avendo regnato su questa terra per un certo periodo, Wilkin il konung [il Gran Khan - Aut.] riunì le sue truppe e si diresse verso la Polonia, accompagnato da una gran moltitudine di cavalieri e combattenti... molte battaglie furono combattute lì. Quindi fu affrontato dall’esercito del konung Gertnit, che aveva regnato sulla Russia… e gran parte della Grecia e Ungheria, essendo il sovrano di quasi tutto il Regno Orientale… insieme a suo fratello Girdir. Combatterono molte violente battaglie. Wilkin il konung [il Gran Khan - Aut.] sconfisse ogni volta i Russi, distruggendo la Polonia e tutti gli altri regni... fino al mare salato… Quindi il suo esercito si voltò verso la Russia, conquistando molte grandi città, incluso Smolensk e Polotsk” ([126], pag. 134).
Se sostituissimo la parola “konung” con “Khan” e così via, finiremmo per avere un resoconto della conquista “Mongola” e delle guerre civili combattute all’interno dell’impero.
Questo è quello che scopriamo di Attila e Vladimir: “E così successe che Tidrek [Teodorico, o Federico - Aut.] convocò Attila il konung [il khan - Aut.] per parlare con lui e disse: ‘Ricordi la grande sciagura che subisti in Russia dal konung Voldemar? [Khan Vladimir - Aut.] … vorresti vendicarti di lui o lascerai perdere?’ Attila rispose: ‘È certo che non voglio lasciar perdere, se mi prometti aiuto... ’ Quindi Attila il konung dette ordine in tutte le parti del suo regno perché ogni uomo valido desideroso di aiutare il suo konung, si unisse a lui nella battaglia. Non ci volle molto per radunare un esercito di diecimila cavalieri... E prima di lasciare la terra degli Unni egli aveva ventimila cavalieri al suo fianco e molti altri combattenti. Si rivolse verso la Polonia e la Russia incenerendo città e castelli ovunque. E così Attila e il suo esercito arrivarono alla città di Polotsk. Le fortificazioni della città erano formidabili; non sapevano come fare per conquistarla – la città aveva possenti mura di pietra, grandi torri, fossati larghi e profondi” ([126], pagg. 183-184). La capitale di Attila è chiamata Souza, probabilmente Suzdal in Russia ([126], pagg. 180 e 182).
Vediamo i riferimenti ad Attila, Vladimir, Polonia e alla città russa di Polotsk. Questa prova contenuta nei testi medievali è conforme alla nostra ricostruzione. I testi in questione ci dicono la verità e descrivono la realtà medievale nel XIV-XVI secolo, e non “antichi” eventi del V-VI secolo.
Concludiamo con l’osservazione che nelle saghe tedesche non c’erano semplici leggende, ma piuttosto reali cronache e opere voluminose. Come si può vedere esse necessitano di uno studio più particolareggiato.
42. La tughra come segno di autenticità nei documenti reali del Medioevo.
Nella sezione presente faremo una serie di considerazioni riguardo la stima di autenticità dei documenti reali medievali. Si presume che alcuni dei decreti reali pre-romanoviani ci abbiano raggiunto come originali. Per esempio, i decreti di Ivan III, Vassily III, Vassily I, Simeone il Fiero, Ivan il Rosso, Ivan Kalita ecc ([794] e [330:1]). vedi figg. da 14.172 a 14.177. Per esempio, il museo del Monastero Rila in Bulgaria possiede in mostra le missive originali di Ivan IV spedite a questo monastero, se dovessimo credere al cartello che le accompagna (vedi fig. 14.178).
Indaghiamo sui metodi di protezione dai falsi, utilizzati in questi documenti. È perfettamente chiaro che i documenti importanti scritti nella cancelleria dello Zar, o Khan, e di ogni altro sovrano, dovevano avere un efficace sistema di protezione dai falsi. Oggi utilizziamo filigrane e segni speciali che troviamo sulle banconote: carte speciali e così via, altrimenti gli importanti documenti di stato potrebbero essere falsificati.
Figura 14.172.
Il presunto testamento autentico del
Gran Principe Ivan Kalita
. Risale approssimativamente al 1339.
Non c'è la tughra.
Archivio di Stato degli Atti Antichi.
Tratto da [330:1], pagina 23.
Figura 14.173.
Il presunto testamento autentico
del Gran Principe Simeone il Superbo.
Risale al 1353 ([330:1], pagina 24).
Niente tughra.
Archivio di Stato degli Atti Antichi.
Tratto da [330:1], pagina 24).
Figura 14.174.
Il presunto testamento autentico
del Gran Principe Vasily Vasilyevich.
Date dal 1461 al 1462 ([330:1], pagina 27).
Niente tughra.
Archivio di Stato degli Atti Antichi.
Tratto da [330:1], pagina 27.
Figura 14.175.
Il presunto atto di donazione autentico
del Gran Principe Ivan III Vasilyevich.
Risale al 1504 ([330:1], pagina 28). Niente tughra.
Archivio di Stato degli Atti Antichi. Tratto da [330:1], pagina 28.
Figura 14.176.
Il presunto testamento autentico del Gran Principe Ivan III Vasilyevich.
Risale al 1504 ([330:1], pagina 29). Niente tughra.
Archivio di Stato degli atti antichi. Tratto da [330:1], pagina 29.
Figura 14.177.
Il presunto testamento autentico
del Gran Principe Vasily III Ivanovich
che conferma il testamento precedente e lo status del
Monastero di Novodevichy . Risale al 1523. Niente tughra.
Archivio di Stato degli atti antichi.
Tratto da [330:1], pagina 31
Figura 14.178.
Il presunto decreto autentico dello zar russo Ivan IV “Il Terribile”
conservato nel museo del Monastero Rila in Bulgaria. Niente tughra.
Fotografia scattata nel 1998.
Che sistemi di protezione venivano utilizzati dagli Zar Russi Medievali, o Khan, prima dei Romanov? Se dovessimo credere ai documenti che ci vengono presentati oggi come “originali reali”, non ci sarebbero sistemi a parte il sigillo. Tuttavia, i sigilli sono abbastanza facili da falsificare; se qualcuno ha il timbro di un sigillo a disposizione, non è difficile riprodurne una replica che sarà impossibile distinguere dall’originale.
Consideriamo ora il sistema di protezione utilizzato nei documenti editi dal sultano dell’Impero Ottomano. Si vede che tutte le lettere e i decreti del sultano sono marcati dalla cosiddetta tughra, che è un complesso simbolo grafico che assomiglia a una firma, posto all’inizio del documento. La tughra del sultano poteva occupare una parte significativa della pergamena. Per esempio, nella fig. 14.179 si vede un documento con la tughra del Sultano Solimano il Magnifico. La tughra occupa la maggior parte della pagina; il testo in sé è una singola riga.
Dobbiamo segnalare che il documento di un sultano è esibito vicino alla missiva di Ivan IV, nel museo del Monastero di Rila. G. V. Nosovskiy lo vide nel 1998. Circa due terzi della pergamena sono occupati dalla tughra del sultano. È ovvio che fare a mano una tughra contraffatta, che è una firma estremamente complessa, è davvero un’impresa difficile. Anche se si possedesse una copia della tughra, realizzare una sua rappresentazione esatta sarebbe quasi impossibile. Richiede lunghi periodi di allenamento speciale, come anche la decifrazione del complesso sistema di simboli usato nella firma. L’aspetto della firma dipende dall’ordine e dalla direzione delle sue linee complesse, tracciate con un calamo; questo incide sullo spessore delle linee e varia da posto a posto. In generale, gli scrivani del sultano avevano un gran numero di metodi segreti che impiegavano per proteggere i documenti dai falsi. Chiunque avesse tentato di riprodurre la firma senza le conoscenze dei segreti, avrebbe ottenuto un disegno che sarebbe stato riconosciuto immediatamente come un falso dagli esperti funzionari del sultano (o khan).
Un altro esempio di una simile tughra può essere visto nella fig. 14.180 ([1465], pag. 55). Vediamo la tughra, o firma, del Sultano Maometto II. Vediamo un testo in piccoli caratteri a sinistra della tughra, in fondo. Un altro esempio complesso di tughra del Sultano Maometto II, lo si può vedere nella fig. 14.181; proviene da un decreto emesso da Maometto II. Nella fig. 14.182 vediamo una missiva spedita allo Zar Mikhail Fyodorovich Romanov nel 1631 dal Sultano Amourat IV. In cima alla missiva vediamo la tughra del sultano tracciata in oro.
Le tughra erano utilizzate anche da altri sovrani, oltre ai sultani ottomani. Nei documenti ufficiali del XVII secolo, emessi dai sovrani indipendenti dell’Europa Occidentale, vediamo sempre dei disegni complessi nello stesso spazio: sono differenti versioni delle tughra. Per esempio, nella fig. 14.183 vediamo un’autorizzazione spedita allo Zar Mikhail Fyodorovich Romanov da Cristiano IV, Re di Danimarca, conservata nell’Archivio Nazionale dei Documenti Antichi ([855:1], pag. 246). Possiamo chiaramente vedere la tughra in cima al documento. Un’altra missiva, di più tarda origine, spedita da un altro Re Danese allo Zar Pietro il Grande nel 1697, si può vedere nella fig. 14.184. Anche questa ha una tughra distintiva in cima all’angolo sinistro.
Perciò, i re danesi del XVII secolo utilizzavano la tughra per rendere sicuri i loro documenti contro i falsi, proprio come i sultani ottomani. Altri monarchi europei facevano lo stesso. Per esempio, la missiva del 1633 spedita allo Zar Mikhail Fyodorovich dai senatori svedesi per informarlo della morte di Gustavo Adolfo Re di Svezia e l’incoronazione di sua figlia Cristina, ha una grande e complessa tughra, vedi fig. 14.185. Un’altra tughra può essere vista chiaramente nella missiva spedita da Federico Ludovico, Duca di Schleswig-Holstein allo Zar Pietro il Grande nel 1697, vedi fig. 14.186. La missiva spedita a Pietro il Grande dai sovrani di Amburgo, vedi fig. 14.187, ha anch’essa una tughra. Perciò persino i sovrani di Amburgo utilizzavano la tughra per proteggere i loro documenti. Comunque, i Gran Principi di Russia dell’epoca pre-romanoviana si dice non utilizzassero nulla del genere. Almeno, gli “originali” dei documenti scritti dai Gran Principi di Russia dimostrano che nessuna tughra è stata utilizzata, vedi figg. da 14.171 a 14.176.
Figura 14.179.
Documento con la tughra del sultano Solimano il Magnifico.
La tughra occupa quasi l'intero documento,
il cui testo vero e proprio è una semplice riga in fondo alla pagina.
Tratto da [1206], pagina 55.
Figura 14.180.
La tughra complessa utilizzata dal sultano Maometto II come firma.
Tratto da [1465], pagina 55.
Figura 14.181.
Un decreto emesso dal sultano Maometto II,
completo di tughra.
Tratto da [855:1], pagina 27
Figura 14.182.
Missiva inviata dal sultano Amourat IV allo zar Mikhail Fyodorovich
in riferimento all'attacco sull'Azov da parte dei cosacchi del Don.
Vediamo una lussuosa tughra. Archivio di Stato degli atti antichi.
Tratto da [330:1], pagina 246.
Nella fig. 14.188 vediamo una missiva spedita allo Zar Alexei Mikhailovich da Federico Guglielmo, Principe Elettore del Brandeburgo. Ancora una volta possiamo chiaramente vedere una tughra in cima al documento. Segnaliamo che questo documento, come gli altri citati in precedenza, risalgono all’epoca del XVII secolo; questi documenti sono autentici, diversamente da quelli dell’epoca del XV-XVI secolo, che sono stati distrutti dopo la dissoluzione dell’Impero o sono stati sostituiti da falsi.
I nostri oppositori potrebbero suggerire che i russi non abbiano mai usato la tughra, essendo una nazione arretrata con funzionari di governo inesperti e che le tughra sono un’invenzione turca o ottomana utilizzata dagli occidentali, al contrario dei russi che utilizzavano solo sigilli. Comunque questo non è vero. Torniamo ai documenti dei primi Romanov e vedremo istantaneamente che tutti i documenti reali dell’epoca avevano complessi sigilli nella loro parte alta, in altre parole la tughra, sebbene il loro stile differisca da quello della controparte ottomana.
Figura 14.183.
Lettera inviata da Cristiano IV, re di Danimarca,
allo zar Mikhail Fyodorovich Romanov nel 1631
sulla nomina di Maltupel come inviato in Russia.
Tughra complessa. Archivio di Stato degli atti antichi.
Tratto da [330:1], pagina 246.
Figura 14.184.
Missiva inviata da Cristiano V, re di Danimarca, allo
zar Pietro il Grande con la promessa di sostegno al
Kurfürst di Sassonia nella sua lotta per il trono
polacco. 1697. Tughra complessa. Archivio di Stato
degli atti antichi. Tratto da [330:1], pagina 249.
Figura 14.185.
Missiva inviata dai senatori svedesi allo zar Mikhail Fyodorovich
in occasione della scomparsa di Gustavo Adolfo,
re di Svezia, e di sua figlia Cristina incoronata regina. 1633.
Tughra complessa. Archivio di Stato degli atti antichi.
Tratto da [330:1], pagina 251.
Figura 14.186.
Missiva inviata da Federico-Ludwig, duca di Schleswig-Holstein
a Pietro il Grande con la richiesta di essere il padrino
del suo nuovo nato. 1697. Tughra lussuosa.
Archivio di Stato degli atti antichi.
Tratto da [330:1], pagina 252.
Figura 14.187.
Missiva inviata dagli Anziani di Amburgo allo Zar Pietro il Grande.
1702-1705.
Vediamo una splendida tughra. Archivio di Stato degli atti antichi.
Tratto da [330:1], pagina 252.
Figura 14.188.
Missiva inviata da Federico Guglielmo,
Kurfürst di Brandeburgo,
allo zar Alessio Mikhailovich. 1656.
Archivio di Stato degli Atti Antichi. Tughra complessa.
Tratto da [330:1], pagina 242.
Per esempio, consideriamo il certificato di concessione emesso da Mikhail Romanov nel 1624, conservato nel museo del Monastero Panfnoutievskiy nella città di Borovsk vicino a Mosca, vedi figg. 14.189 e 14.190. In cima al documento vediamo un’enorme tughra, complessa e raffinata; occupa una gran parte della pagina.
Un altro documento dello Zar Mikhail Fyodorovich Romanov (una missiva spedita al Principe D. M. Pozharskiy) è conservato nell’Archivio Nazionale dei Documenti Antichi di Mosca. È riprodotto nella fig. 14.191. Vediamo una complessa tughra nella parte superiore del documento. In fig. 14.192 vediamo un altro certificato di concessione spedito al Monastero Iversk di Valday dallo Zar Alexei Mikhailovich Romanov nel 1657. Anch’esso porta una complessa tughra come un simile certificato inviato dallo stesso Zar al Monastero Novodevichiy, qv in fig. 14.193. Una tughra ancora più complessa, con dettagli in oro, si può vedere in un certificato di concessione emesso da Pietro il Grande, vedi fig. 14.194.
Le tughra erano caratteristiche per tutte le missive e i decreti scritti dagli Zar. Nelle figg. 14.195 e 14.196 vediamo una fotografia dell’editto reale datato al 1705 ed emesso a nome di Pietro il Grande, conservato nel museo di Alexandrovskaya Sloboda. Nelle figg. 14.197 e 14.198 vediamo le fotografie di un altro decreto reale datato al 1718, anch’esso emesso a nome di Pietro il Grande. Entrambi i decreti hanno complesse tughra al loro inizio.
Figura 14.189.
La tughra molto complessa ed elaborata
all'inizio di un documento emesso dallo
zar Mikhail Romanov. Conservato nel museo
del monastero Pafnoutievskiy,
Borovsk, vicino a Mosca. La targa del museo
riporta che si tratta di un
"Certificato di proprietà
fondiaria inviato dallo zar Mikhail Fyodorovich
al monastero di Pafnoutiev in sostituzione
delle carte che perirono nell'incendio
del 1610. 1624".
Fotografia scattata da T. N. Fomenko
e A. T. Fomenko nel maggio 1999.
Figura 14.190.
Primo piano di un frammento del documento emesso da Mikhail Romanov nel 1624.
Possiamo vedere chiaramente una tughra molto elaborata. La complessità di questa “firma”
ha protetto il documento dalla falsificazione. Fotografia scattata al Monastero Pafnoutievskiy
nel maggio 1999. Tali tughre venivano solitamente disegnate sui documenti autentici emessi
dagli zar russi e dai sultani ottomani nel XVI-XVII secolo.
I turchi hanno mantenuto questa tradizione più a lungo.
Non vediamo invece alcuna tughra sui falsi del XVII-XVIII secolo
presentati a noi come documenti autentici emessi dagli zar russi nel XVII-XVIII secolo.
Copiare un modello del genere era un compito troppo complesso. Gli imbroglioni si
accontentavano della falsificazione dei sigilli, cosa che richiedeva meno abilità
e impegno da parte loro: tutto ciò di cui avevano bisogno era una stampa del sigillo vero.
Figura 14.191.
Missiva inviata dallo zar Mikhail Fyodorovich al principe D. M. Pozharskiy
per confermare la proprietà della sua tenuta.
Tughra complessa. Archivio di Stato degli Atti Antichi.
Tratto da [330:1], pagina 305.
Figura 14.192.
Certificato di proprietà inviato dallo zar Alexei Mikhailovich
al monastero Iverskiy a Valdai. 1657 d.C. Tughra complessa.
Archivio di Stato degli atti antichi. Tratto da [330:1], pagina 70.
E così, è possibile che i documenti reali russi non avessero un sistema di protezione dai falsi prima del XVII secolo e dell’epoca dei Romanov? Come poteva essere possibile che gli Zar e i Khan Russi lasciassero i loro documenti non protetti, soprattutto vedendo che i sultani dell’Impero Ottomano del XVI secolo avevano sempre usato le tughra nei loro documenti? Evidentemente, la tughra era un elemento caratteristico solo dei documenti reali; i decreti emessi da altre parti non utilizzavano le tughra, come venne a sapere G. V. Nosovskiy nel 1998, dagli scienziati che lavoravano nel dipartimento dei documenti della cancelleria ottomana della Libreria di Cirillo e Metodio a Sofia, in Bulgaria. Loro sostengono che solo un gruppo ristretto di comandanti giannizzeri usava qualcosa di simile alla tughra. Tuttavia, i loro sigilli erano assai meno complessi; inoltre non erano piazzati all’inizio del documento, dove era sempre situata la tughra del sultano, occupando gran parte della pagina o della pergamena.
Figura 14.193.
Certificato di proprietà inviato al Monastero di Novodevichy
dallo zar Fyodor Alexeyevich.
Tughra complessa. Archivio di Stato degli atti antichi.
Preso da [330:1], pagina 41.
Figura 14.194.
Autorizzazione concessa da Pietro il Grande a I. Ides
per la pubblicazione del suo libro sulla missione diplomatica in Cina.
Archivio di Stato degli atti antichi. Tughra elaborata e lussuosa.
Tratto da [330:1], pagina 248.
Questa stranezza, ossia l’assenza di tughra o di simili protezioni nei documenti reali dell’epoca pre-romanoviana e il fatto che esse “fossero per la prima volta introdotte” sotto i Romanov nel XVII secolo, si spiega immediatamente con la nostra ricostruzione. È molto più probabile che simili tughra fossero obbligatorie e presenti in ogni documento ufficiale emesso nella Russia medievale, ossia l'Orda. Comunque, la maggior parte dei documenti autentici che datavano a quell'epoca, furono distrutti dai Romanov e rimpiazzati da falsi. É praticamente impossibile riprodurre una tughra nella sua complessità; perciò i Romanov decisero di utilizzare, ovviamente, un metodo più semplice. Fecero degli “originali” contraffatti degli antichi documenti, senza alcuna tughra, ma utilizzando semplicemente i sigilli, più facili da realizzare poiché i timbri e probabilmente i veri sigilli erano a loro completa disponibilità. I calligrafi qualificati impiegati dai Khan erano morti durante il Periodo dei Torbidi e la tradizione aveva cessato di esistere. Le tughra romanoviane appaiono essere molto più semplici di quelle utilizzate dalla vecchia dinastia.
Figura 14.195.
Decreto autentico dell'epoca romanoviana esposto
nel museo di Alexandrovskaya Sloboda vicino
a Mosca. Le fotografie sono state scattate
dagli autori del libro nel 1998.
Vediamo un decreto reale ufficiale firmato
da Pietro il Grande – completo di tughra.
Figura 14.196.
Primo piano di un frammento del decreto risalente al 1705 ed esposto nella fotografia
precedente. La tughra reale è perfettamente visibile. Non è molto complessa in questo caso;
si deve presumere che la cancelleria reale avesse utilizzato diversi tipi di tughra:
quelli più semplici per i documenti regolari e quelli più complessi per i documenti di maggiore
importanza. È ovvio che più è complessa la tughra,
meglio protegge il documento dalla falsificazione.
Figura 14.197.
Autentico editto reale del 1718 esposto nel museo
di Alexandrovskaya Sloboda.
La fotografia è stata scattata dagli autori del libro nel 1998.
All'inizio del documento vediamo una tughra complessa.
Figura 14.198.
Primo piano dell'editto del 1718, vedi la fotografia precedente.
Vediamo la complessa tughra reale che protegge
il documento dalla falsificazione.
Un rotolo datato 1597 proveniente dal Museo Gutenberg di Magonza, in Germania. La legenda dice “Kalligraphische Initiale ‘J’. 1597.GM/GS 96.61”.
Da una registrazione video realizzata da T. N. Fomenko e A. T. Fomenko nel 1998.
Parti superiore e inferiore della lussuosa tughra a forma di lettera "J".
Figura 14.201.
Patto presumibilmente autentico del 1608 firmato tra Vassily Shouyskiy, lo zar russo, e Sigismondo III, re di Polonia, che negoziava una tregua di tre anni. In realtà si tratta molto probabilmente di un falso di epoca romanoviana. Non vediamo alcun tughra. Archivio di Stato degli atti antichi. Tratto da [330:1], pagina 249.
Evidentemente, alcune autentiche tughra pre-romanoviane del Grande Impero Mongolo sono tuttavia riuscite a sopravvivere fino ad oggi. Per esempio, ci sono due strane antiche pergamene esibite al Museo Gutenberg (Mainz, Germania). A. T. Fomenko e T. N. Fomenko le hanno notate mentre visitavano il museo nel 1998. L’intero spazio di entrambe le pergamene è occupato da un’enorme lettera J o I, vedi figg. 14.199 e 14.200. Le rimanenti parti della pergamena sono mancanti. Il lussuoso lavoro è molto simile alle tughra dei sultani; il fatto che entrambi i sigilli abbiano la forma della lettera I (o J) ci porta alla supposizione che essa dovesse essere la prima lettera del nome Ivan o Giovanni. Questo simbolo potrebbe essere la tughra russa dello Zar Ivan il Terribile? La datazione della tughra (1597, a quanto affermato dallo staff del museo) appartiene all’epoca in cui il Grande Impero "Mongolo" esisteva ancora come entità singola; perciò i decreti reali con la tughra avrebbero ancora potuto raggiungere le nazioni occidentali in quei giorni.
L'effettivo testo dei decreti è stato naturalmente distrutto durante l’ammutinamento della Riforma del XVII secolo; comunque, le tughra sono state salvate per la loro bellezza. L’arte di produrle doveva già essere stata dimenticata.
Quest’opera ci colpisce come il candidato ideale per il ruolo di tughra. Se assumessimo che le lettere siano semplici lavori di arte calligrafica, non è chiaro perché una sola lettera dovrebbe occupare l’intero foglio. Naturalmente, le prime righe del capitolo sarebbero spesso iniziate con una lettera calligrafica; comunque, questo disegno indica ovviamente qualcos’altro. Facciamo attenzione anche al fatto che la lettera J è disegnata su una pergamena; questo ci porta a pensare che si trattava di un importante documento di stato. Nel XVI secolo, i documenti dei Khan dell’Orda si presentavano ancora come pergamene.
Abbiamo un’idea completamente diversa degli “originali” antichi decreti dell’epoca pre-romanoviana esibiti oggi nei musei. Non hanno tughra e perciò nemmeno modo per proteggerli dalla falsificazione. Come abbiamo detto prima, applicare un sigillo a un documento contraffatto non era un’operazione così difficile. Si poteva scrivere il testo e attaccarci il sigillo e un pezzo di filo usando sia il timbro del sigillo o il sigillo stesso e quindi mettere il risultante “autentico documento russo” nei caveau degli archivi per conservarlo. È così che l’“autentico testamento di Ivan Kalita” è venuto alla luce, non uno, ma ben tre ([794]). E così via.
Concludiamo con un riferimento al presunto autentico patto di cessate il fuoco firmato tra il re polacco Sigismondo III e Vassily Shouyskiy, lo zar russo, datato al 1608, ossia in epoca pre-romanoviana, vedi fig. 14.201. Oggi è tenuto nell’Archivio Nazionale dei Documenti Antichi a Mosca come un prezioso reperto storico ([330: 1], pag. 249). Comunque, non c’è nulla sopra di lontanamente somigliante a una tughra. Crediamo che sia un falso, come la maggior parte dei decreti ed editti che oggi ci vengono mostrati, che si presume siano stati emessi dagli zar russi di epoca pre-romanoviana. Tutti sono probabilmente dei falsi prodotti per ordine dei Romanov per distorcere l’immagine dell’antica storia russa.
43. Secondo il cronista Giovanni Malalas, "l'antico" Achille non era il capo dei Mirmidoni, bensì il capo degli Unni e dei Bulgari.
Secondo la storia di Scaligero, i Mirmidoni erano una misteriosa “antica” tribù che ha cessato di esistere da ere. Il loro condottiero era il leggendario eroe Achille, che aveva combattuto sotto le mura "dell’antica” Troia. Questo è quanto un dizionario mitologico moderno ci dice circa i pensieri degli storici scaligeriani sulla materia: “I Mirmidoni… erano una nazione Tessalica su cui regnava Achille. Lo accompagnarono a Troia. I Mirmidoni provenivano dall’Isola di Egina [terra degli Unni? - Aut.], dove Zeus trasformava le formiche in persone, come dice la leggenda; da qui il nome [murmex = formica]” ([432], pag. 121).
Comunque, sembra che i cronisti medievali fossero di opinione completamente diversa sull’argomento. Loro conoscevano molto bene la vera identità dei Mirmidoni, che non è per nulla una questione di formiche. Naturalmente, gli storici moderni diranno che non bisogna in alcun modo dar credito alle “favole medievali”, le formiche sono molto meglio. Tuttavia, vediamo cosa dice il cronista medievale Giovanni Malalas sulla questione. Si riferisce ad “Achille e ai suoi guerrieri allora conosciuti come Mirmidoni, come ai moderni Bulgari e Unni” ([338], pag. 122).
A proposito, il nome Mirmidone non ha probabilmente alcuna relazione con le formiche, che è ciò che implicano gli storici scaligeriani, ma si riferisce invece al Mare di Marmara (il Don Marmoreo o il Danubio Marmoreo). Ricordiamo che la parola Don indicava “fiume” o “acqua” , vedi Cronologia5. I Bulgari e gli Unni, o gli Ungheresi, ancora oggi popolano le vicinanze del Danubio e del Mar di Marmara.
Questo è un ulteriore prova dell’estensione a cui arriva la distorsione della realtà medievale da parte della erronea storiografia scaligeriana. Secondo la nostra ricostruzione, la guerra di Troia fu combattuta alle mura di Costantinopoli, in quanto unico importante evento del XIII-XIV secolo d.C. Ovviamente, tra i partecipanti c’erano i Bulgari e gli Ungheresi o Unni, vedi Cronologia5.
44. Il terem russo e l'harem orientale sono due nomi diversi che indicano la stessa cosa.
La parola Harem è è ben conosciuta; si presume derivi dalla parola araba haram, che significa “vietato”, e si riferisce alle stanze di una costruzione musulmana riservate alle femmine [797], pag. 276). L’harem di un sultano turco era il posto dove vivevano le femmine della famiglia: la madre, le sorelle e le mogli. Gli harem erano presidiati dagli eunuchi ([1259], pag. 20). Nessuno straniero aveva accesso all’harem. L’harem del sultano aveva una sala del trono “dove il sultano si intratteneva coi suoi più stretti e fidati amici” ([1465], pag. 87). Alle donne era assolutamente proibito uscire dall’harem, o almeno molto limitato. A parte i sultani, tutti i turchi influenti mantenevano un harem. L’harem poteva essere parte di una costruzione residenziale o una costruzione separata dove le donne vivevano recluse.
Anche gli imperatori bizantini avevano gli harem femminili. Per esempio, “Todulfo riferisce il costume bizantino di tenere sorvegliate le donne” ([336], Volume 5, pag. 63).
Si scopre che gli harem esistevano anche nell’antica Russia ed erano chiamati grossomodo nello stesso modo: la parola russa “terem” la conoscono tutti i russi. La definizione enciclopedica è la seguente: “la sezione residenziale di una ricca abitazione con un tetto alto. Alcuni terem erano costruiti separatamente, con sotterranei, cancelli ecc, connessi al resto della costruzione con passaggi speciali. Il terem era una parte importante del palazzo russo, e il più delle volte veniva utilizzato per ospitare le donne che vi vivevano segregate” ([85], Volume 42, pag. 298). Perciò, il terem russo viene utilizzato per gli stessi scopi dell’harem in Turchia o altrove in Oriente. Le due parole differiscono solo per la prima lettera; inoltre la lettera russa I è solo parzialmente differente dalla lettera T e, se scritta con poca cura, può essere facilmente confusa.
Inoltre, la parola terem è simile alla parola russa per “prigione”, “tyurma”, foneticamente e semanticamente “una casa sorvegliata”. Questo corrisponde perfettamente col significato della parola araba “harem”, che si presume sia stata usata per riferirsi a qualcosa di proibito e chiuso ([1259], pag. 20). A proposito, abbiamo trovato la citazione di un cronografo russo ne “La Storia di Mosca” di I. Zabelin, dove il Palazzo Teremnoy è chiamato Tyuremniy (“palazzo della prigione” nella traduzione moderna): “E così costruì una magnifica stanza nella sua corte per Alexei, suo figlio (il Palazzo Tyuremniy)” ([284], pag. 164).
Non bisogna pensare che i terem o gli harem siano esistiti solo nella “Russia antidiluviana”. L’ultimo Palazzo Terem reale fu costruito come parte del Cremlino di Mosca nel 1635-1636, sotto i primi Romanov ed esiste a tutt’oggi ([85], Volume 42, pag. 298). Comunque, tutte le opere sulle pareti e sulle cupole del terem del Cremlino, o harem, furono rimpiazzate nel XIX secolo, cioè nel 1837 ([85], Volume 42, pag. 298). Evidentemente, la vecchia opera fu distrutta per evitare domande imbarazzanti. Le camere residenziali del palazzo “erano situate al quarto piano e consistevano di quattro camere adiacenti: il salone, l’ingresso, la sala del trono e la camera da letto. Il quinto piano aveva uno spazioso e luminoso ‘attico’, o terem. Aveva alte cupole dorate ed era circondato da un terrazzo aperto” ([85], Volume 42, pag. 298). La descrizione di cui sopra rende ovvia la funzione del terem del Cremlino, o harem: le donne della famiglia reale vivevano qui ed era anche utilizzato dallo Zar per intrattenere i suoi amici intimi. Sottolineiamo che una delle sale era la sala del trono, similmente all’harem del sultano turco, vedi fig. 14.202.
Figura 14.202.
"Il Palazzo Teremnoy (harem) del Cremlino di Mosca. Tratto da [85], volume 42, pagine 298-299.
Nel Febbraio del 2000 ci siamo organizzati per vistare il Palazzo Terem del Cremlino di Mosca. Abbiamo appreso una serie di cose da uno degli esperti che lavora al Cremlino, una guida professionale; questi fatti corroborano molto bene l’immagine di cui sopra. In primo luogo, la storia del palazzo e dello scopo della sua costruzione, oggi si presume siano piuttosto vaghi; diversi storici non hanno ancora raggiunto una spiegazione comune al problema. Alcuni dicono che i piani superiori del Palazzo Terem avessero ospitato lo “studio dello Zar”, laddove altri insistono che fossero occupati dai bambini. Questo suona abbastanza strano; è possibile che lo zar firmasse carte, conferisse con i boiardi e si prendesse cura dei propri affari in una “situazione informale”, giocando nel frattempo coi bambini? Questo è molto improbabile. Crediamo che non ci sia mai stato nessuno “studio” qui. I piani superiori del palazzo ospitavano l’harem, i bambini e altro. Bisogna anche ricordare un altro fatto riportato dagli storici a questo proposito e cioè che il “primo futuro imperatore, Pietro il Grande, nacque nella notte del 30 Maggio 1672, nel Palazzo Terem del Cremlino di Mosca” ([332], pag. 491). Ogni cosa va a posto: Pietro il Grande nacque in un harem, il che è perfettamente ovvio.
Abbiamo scoperto che entrare nel Palazzo Terem non era per niente facile: c’erano diversi anelli di guardie intorno; persino i collaboratori più stretti dello zar dovevano passare diversi controlli prima di entrare. Questo sembra curioso per uno “studio”, ma molto più naturale per un harem. Di base, lo zar era l’unico maschio che poteva entrarvi liberamente; da qui le numerose guardie, che proteggevano le mogli dello zar e i bambini, i futuri eredi al trono.
È anche piuttosto curioso che l’entrata per la parte più antica del palazzo fosse chiusa dalla cosiddetta “Grata Dorata”. Una parte della grata che serrava una delle entrate, può essere vista nella fig. 14.203. Ovviamente, la grata che vediamo oggi non è quella del XVI secolo; l’antica grata pre-romanoviana era d’oro puro, vedi Cronologia5, evidentemente, per sottolineare lo status speciale di questa parte del palazzo.
Figura 14.203.
La lussuosa “Grata d'Oro” che custodisce uno dei tre ingressi al Palazzo Teremnoy del Cremlino. Fotografia scattata dagli autori del libro nel 2000.
Dopo aver oltrepassato la “grata dorata”, possiamo vedere l’altare della chiesa privata dello zar sulla nostra destra e una scala che porta al quarto piano del Palazzo Terem (ossia il vero e proprio harem) alla nostra sinistra, vedi la fig. 14.204. Le pareti sono coperte esclusivamente con ornamenti floreali; ricordano la Cattedrale di S. Basilio, vedi Cronologia6. La guida ci ha detto che questi affreschi risalgono al XIX secolo; gli antichi affreschi sono stati completamente distrutti, molto probabilmente sono stati scalpellati via, a dispetto del fatto che non fossero così vecchi, in quanto risalgono originariamente al XVII secolo.
Figura 14.204.
La scala che porta al quarto piano dell'harem reale
(Palazzo Teremnoy) del Cremlino di Mosca.
Fotografia scattata dagli autori nel 2000.
Figura 14.205.
I locali lussuosi della camera interna del Palazzo Teremnoy (Harem).
Sulle pareti e sulle cupole vediamo un ornamento floreale, dorato, e la mitica fenice.
Notate il numero insignificante di temi ecclesiastici.
Fotografia scattata dagli autori nel 2000.
La guida ci ha detto poi che lo scopo delle stanze del quarto piano non è per niente chiaro oggi. Entrando in queste stanze, notiamo subito la loro natura privata, vedi figg. 14.205 e 14.206, incluso le vetrate colorate che creano una luce ricercata e soffusa, vedi figg. 14.207, 14.208 e 14.209. Ci sono anche le stufe riccamente decorate, vedi figg. 14.210 e 14.211.
Figura 14.206.
Ingresso alla camera da letto reale, una stanza lontana
del Palazzo Teremnoy (Harem) del Cremlino. C'era anche il letto.
Fotografia scattata dagli autori nel 2000.
Figura 14.207.
Le vetrate al quarto piano del Palazzo Teremnoy
(Harem) del Cremlino di Mosca.
Fotografia scattata dagli autori nel 2000.
Figura 14.208.
Le camere interne del Palazzo Teremnoy (Harem)
del Cremlino moscovita. Fotografia scattata dagli autori nel 2000.
Figura 14.209.
Le camere interne del Palazzo Teremnoy (Harem)
del Cremlino moscovita.
Fotografia scattata dagli autori nel 2000.
Figura 14.210.
Lussuosa stufa in maiolica nelle camere
interne del Palazzo Teremnoy
(Harem) del Cremlino moscovita.
Fotografia scattata dagli autori nel 2000.
Figura 14.211.
Un’altra stufa in maiolica nelle camere
interne del Palazzo Teremnoy
(Harem) del Cremlino moscovita.
Fotografia scattata dagli autori nel 2000.
Figura 14.212.
Il letto che sarebbe stato “smarrito”
da Richter, un archeologo del XIX secolo.
Il Palazzo Teremnoy (Harem)
del Cremlino moscovita.
Fotografia scattata dagli autori nel 2000.
Figura 14.213.
Lo stemma accanto a un vetro della finestra
al quarto piano del Palazzo Teremnoy (Harem) del Cremlino.
Per qualche motivo vediamo la parola godynskoy con la prima lettera dipinta.
La fotografia è stata realizzata dagli autori nel 2000.
Figura 14.214.
Primo piano della fotografia precedente con la scritta
(G)ODYNSKOY. La scritta è stata ovviamente spostata a destra:
originariamente qui c'era scritto qualcos'altro.
Vediamo le tracce distinte di altre lettere.
La fotografia è stata scattata dagli autori nel 2000.
Una delle stanze centrali è occupata da un grande letto (vedi fig. 14.212). La guida ci ha sorpreso suggerendo che fosse messo lì “per errore”. Si scopre che gli storici di oggi sono dell’opinione che i loro predecessori, i restauratori del XIX secolo, abbiano “equivocato” lo scopo del Palazzo Terem e abbiano messo qui un letto per qualche bizzarra ragione. La guida ci ha detto che il letto è stato messo qui, o restaurato, da un archeologo di nome Richter. Ci è stato detto che Richter ha fatto un errore, poiché nessuna stanza da letto reale è mai stata qui. Questo è stato sottolineato diverse volte. Si ha l’impressione che in questa parte del palazzo rimangono ancora diverse tracce dell’harem; comunque, le numerose riforme romanoviane della storia russa hanno reso assurdo il fatto che il Cremlino Moscovita abbia un tempo ospitato un harem. Tuttavia, talvolta gli storici rilevano certe discrepanze tra la realtà e i moderni libri di storia o le trovano negli antichi testi e quindi spiegano ai visitatori che i restauratori del XIX secolo “sbagliavano”.
Abbiamo notato uno stemma molto particolare nel Palazzo Terem del Cremlino Moscovita, all’interno della decorazione che circonda una delle finestre insieme ad altri stemmi, vedi fig. 14.213. C’è una vetrata colorata alla sua sinistra e lo stemma di Smolensk sopra. Nella fig. 14.213 vediamo un’aquila bicefala con una croce rossa sul petto. Oggi ci viene suggerito di associare queste croci esclusivamente ai “Crociati Occidentali Europei” del presunto XI -XIV secolo. Comunque, vediamo questo simbolo su uno stemma russo, come anche una scritta molto particolare che dice “Godynskoy”. La prima lettera è coperta di pittura bianca, vedi fig. 14.214, questo lascia apparire la parola “odynskoy”. Comunque, persino la scritta originale è spostata a sinistra in uno strano modo ed evidentemente realizzata sopra qualche antica scritta, oggi completamente illeggibile.
Evidentemente, gli harem sono esistiti in Russia fino all’epoca di Pietro il Grande, ovvero il XVIII secolo. Pietro ha scatenato una veemente campagna contro le abitudini russe degli harem. Gli storici tedeschi del tardo XIX secolo riportano quanto segue: “Pietro si è anche immischiato nelle tradizioni che riguardavano la famiglia e la vita sociale. Non tollerava i terem femminili o l’antica abitudine di coprire il viso. Sosteneva che le donne non dovevano essere recluse alla maniera asiatica, ma fossero libere di girare liberamente come le loro controparti Europee” ([336], Volume 5, pag. 569). A proposito, il passaggio di cui sopra ci informa del fatto che nella Russia medievale o Orda, le donne coprivano il viso o portavano veli di qualche tipo.
La versione di Miller e dei Romanov della storia russa, ovviamente esclude la presenza degli harem in Russia; non ci è mai stato detto nulla del genere. Comunque, vediamo che le due parti del precedente Grande Impero "Mongolo" (la Russia, o Orda, e la Turchia Ottomana) avevano anche quest’aspetto in comune.
45. I nomi peculiari nelle antiche mappe della Russia, che contraddicono la versione di Scaligero della storia.
Nella fig. 14.215 riproduciamo un'antica mappa della Russia dalla Cosmografia Globale di Sebastiano Munster, presumibilmente datata al 1544 ([450], pag. 325). Nella parte destra della carta, tra lo Yaik e l’Ob, vediamo il disegno di diverse tende e la scritta “kosaki orda”, ovvero Orda Cosacca (fig. 14.216). Perciò, l'antica carta ci dice direttamente che le truppe Cosacche erano precedentemente conosciute come Orde, che è precisamente quello che sosteniamo nella nostra ricostruzione della storia russa.
Figura 14.215a.
Mappa medievale della Russia presumibilmente del XVI secolo.
Tratta da una collezione privata.
Questa versione della mappa è quasi identica
alla mappa in [450] , p.325. Vedi figura precedente.
Figura 14.217.
Mappa medievale della Russia che risale presumibilmente al XVI secolo.
Da notare che il moderno stretto di Kerch tra il Mar d'Azov
e il Mar Nero è chiamato Bosforo per qualche motivo (trascritto come Bosforo),
proprio come lo stretto dove troviamo Istanbul, o Costantinopoli
. È quindi possibile che alcune delle leggende troiane
si applichino alla penisola di Crimea e alla Tauride (Troia).
I cronisti potrebbero aver confuso i due stretti dai nomi simili, l'uno con l'altro.
Figura 14.218.
Frammento di una mappa della Russia
con la scritta “Tartaria,
detta Scizia”. Tratto da [267], pagina 325.
Nella fig. 14.217 vediamo un’altra carta della Russia, presumibilmente datata al XVI secolo. Il centro della carta ci dice che il paese disegnato sia “la Tartaria, detta Scizia” (Tartaria, olim Scizia), vedi fig. 14.218. Questo è un riferimento diretto al fatto che la Tartaria e la Scizia fossero all'epoca sinonimi. Ne abbiamo accennato diverse volte riferendoci agli autori antichi. Qui vediamo un riferimento diretto a questo fatto in una carta antica. Il nome Tartaria, o Scizia, si applica alla Russia e a nessun’altra terra. Dobbiamo segnalare anche il fatto che vediamo le parole “Sarmatia Asiatica” a Est del Volga, in altre parole la Sarmazia Asiatica. Perciò la Russia era anche conosciuta come Sarmazia. Lo citiamo anche in Cronologia5
Inoltre, il Caucaso del Nord è chiamato Albania. Le carte moderne non ci dicono nulla del genere; l’unica Albania conosciuta oggi è nella Penisola Balcanica. Comunque, nelle carte antiche l'Albania viene posizionata differentemente.
46. La setta russa dei Subbotniki era del parere che le bibliche Assiria, Egitto e Babilonia si identificassero con la Russia del Medioevo.
La sezione presente contiene un’osservazione fatta dai nostri lettori che corrisponde bene alla nostra ricostruzione.
“Note su Gerusalemme”, un articolo di S. Doudakov pubblicato in Russia nella rivista “Ebrei e Slavi”, #8, “Oh, Gerusalemme!”, Pisa-Gerusalemme, 1999, contiene un riferimento al libro di T. I. Boutkevich dal titolo ‘Una Panoramica sulla Russia Settaria pubblicato in Kharkov nel 1910 ([108]). Alle pagg. 394-395 T. I. Boutkevich scrive di una setta russa conosciuta come subbotniki (“la gente del sabato”). Doudakov fornisce le informazioni di Boutkevich nella maniera seguente: “Essi credevano che la loro patria fosse la Palestina e non la Russia. Si riferivano alla Russia come Assur, leggendo il nome Russia da destra verso sinistra, al modo ebraico... Ogni cosa che dice la Bibbia su Babilonia, Assiria e Egitto, i subbotniki pensavano fosse riferito alla Russia” (pag. 286 dell’articolo di Doudakov).
Questo fatto è spiegato perfettamente bene nella nostra ricostruzione, secondo la quale il nome Assiria viene utilizzato nella Bibbia per riferirsi alla Russia, o Orda, nel Medio Evo, come anche i nomi Egitto e Babilonia, vedi Cronologia6. Perciò vediamo che i gruppi religiosi con un’idea più corretta del significato originale di certi testi biblici, esistevano in Russia fino alla fine del XIX secolo, identificando la Russia con la Biblica Assiria, Egitto e Babilonia. Questi ricordi erano piuttosto vaghi, ma il fatto che esistessero dice molto. È possibile che simili gruppi religiosi esistano ancora oggi.
Bisogna dire che la voluminosa pubblicazione enciclopedica intitolata Cristianità ([936]) non dice una singola parola su questa interessante ed estremamente importante credenza dei subbotniki, nella voce corrispondente, e cioè che identificassero l’Assiria Biblica, l’Egitto e Babilonia con la Russia medievale.
Più avanti viene riportato come i subbotniki appartenessero alla stessa tradizione degli “Ebrei eretici” ([936], Volume 2, pagg. 653-654), ossia al famoso “Giudaismo Russo” del XV-XVI secolo, che ha svolto una parte importante nella storia Russa del XVI secolo, vedi Cronologia6. C’è stato un periodo in cui i rappresentanti di questa confessione sono arrivati al potere nella corte russa dello Zar, o Khan. Secondo la nostra ipotesi la Bibbia, nel moderno significato del termine, fu creata in quel periodo e con la loro collaborazione attiva (vale a dire, la prima versione del moderno canone biblico). Non sorprende perciò che i loro seguaci ricordassero di più sul significato originale dei termini biblici, di ogni altro gruppo.
L’enciclopedia Cristianità ci fornisce solo questa misera informazione sulle tradizioni dei subbotniki: “Secondo le ultime ricerche, alcuni subbotniki seguivano la legge di Mosè, ma rifiutavano di venerare il Talmud e leggevano le loro preghiere in Slavo Ecclesiastico Russo; in altre regioni (le province di Irkutsk e Pyatigorsk, per esempio) indossavano un vestiario russo e aderivano in generale ai costumi russi” ([936], Volume 2, pag. 654).
I moderni dukhobori (letteralmente “i guerrieri dello spirito”) sono considerati come un altro ramo della Chiesa Giudaica Russa del XV-XVI secolo. L’enciclopedia Cristianità ci dice quanto segue: “I dukhobori rappresentano una tradizione molto antica; sono associati agli strigolniki, i ‘Giudei Eretici’, Bashkin e Feodosiy Kosoi” ([936], Volume 1, pag. 495). Ricordiamo ai lettori che sia Bashkin che Feodosiy Kosoi erano membri importanti della Chiesa Giudaica Russa nel XVI secolo. Secondo la nostra ipotesi, la Chiesa Riformista Giudaica Russa, in Russia era strettamente legata alla Chiesa Luterana Riformista dell’Ovest, probabilmente fino ad essere quasi uno dei suoi rami, vedi Cronologia6.
Comunque, secondo la nostra ricostruzione, l’epoca del XVI secolo, cioè quando la setta dei dukhobori nacque, viene riflesso nella Bibbia come il famoso regno del Re “Assiro” Nebuchadnezzar, vedi Cronologia6. È significativo che la tradizione dei dukhobori corrisponda all’affermazione da noi fatta: cioè, abbiamo scoperto che “i dukhobori stessi tracciano la loro tradizione fino ai ‘tre giovani - Anania, Azaria e Misaele’” ([936], Volume 1, pag. 495). Sono personaggi biblici identificati come contemporanei del Re Nebuchadnezzar, il che li fa risalire al XVI secolo, secondo la Nuova Cronologia, precisamente all’epoca di Bashkin e Feodosiy Kosoi, i padri fondatori della tradizione dukhobori. Secondo la nostra ricostruzione, il Biblico Re Assiro Nebuchadnezzar può essere identificato come uno degli Zar che hanno governato la Russia, o l'Orda, durante l’epoca di Ivan il Terribile. Per metterla in modo più semplice, Nebuchadnezzar può essere identificato come Ivan il Terribile.
Ed è ancora più interessante che alcuni ricercatori che hanno studiato la tradizione dei dukhobori, abbiano identificato uno dei “tre giovani biblici” come Bashkin, vissuto nel XVI secolo ([936], Volume 1, pag. 495), che lo renderebbe di fatto un contemporaneo di Ivan il Terribile (o Nebuchadnezzar), come vogliamo sottolineare.
47. Le vecchie cattedrali dell’Europa Occidentale hanno preservato lo stile delle chiese russe del XV-XVI secolo.
Oggi ci viene detto che le tipiche chiese antiche russe, nel XV-XVI secolo erano come quelle di oggi, cioè, costruzioni di forma cubica con un tetto quasi piatto, con in cima diversi cilindri che sostengono le volte dorate e una parte dell’altare semicircolare sul lato est (vedi figg. 14.219 e 14.220). Questo stile è radicalmente differente dalle chiese dell’Europa Occidentale, allungate costruzioni con tetti alti a falde, con in cima, normalmente una o più guglie. La famosa Cattedrale gotica di Colonia è il più tipico esempio (vedi fig. 14.221).
Si presume che simili chiese siano state costruite in Europa da tempi immemorabili, laddove le chiese russe hanno sempre avuto l’aspetto di oggi, le costruzioni “cubiche” che conosciamo tutti. Ci riferiamo alle chiese russe che oggi si presume risalgano al XII-XVI secolo.
Tuttavia, risulta che le chiese costruite in Russia nel XV, e, molto probabilmente, anche nel XVI secolo, apparissero esattamente come delle costruzioni allungate con tetti alti a falda; si ha l’impressione che questo stile gotico fosse prevalente in Russia nel XV-XVI secolo. Le chiese “cubiche" a cui siamo abituati, devono essere state prevalentemente costruite nel XVII secolo.
Figura 14.219.
Una tipica chiesa russa del XVII secolo.
Questa è la chiesa Nikolskaya del monastero Nikolouleymenskiy vicino a Uglič.
Vediamo il muro orientale della chiesa.
Si presume che la maggior parte delle chiese russe del XII-XVI secolo
avessero questo aspetto.
Figura 14.220.
Una tipica chiesa russa del XVII secolo.
Vediamo la vista nord-ovest della chiesa Nikolskaya, del monastero Nikolouleymenskiy, Uglich. Si suppone che la maggior
parte delle chiese russe del XII-XVI secolo siano state costruite
nello stesso modo di questa.
Questo sospetto ci è sorto inizialmente dopo aver studiato l'architettura tipica delle chiese di Ouglich, una famosa città russa. Diamo un’occhiata alla guida scritta da by N. F. Lavrov ([461]). Descrive tutte le chiese di Ouglich nel modo in cui erano nel 1869. Risulta che fossero fondamentalmente ricostruite o costruite ex novo nel XVII secolo, non prima del XVII secolo con una sola eccezione. Lo stile architettonico di queste chiese ci appare perfettamente normale: il loro elemento principale è il sopra menzionato “cubo” o le sue modificazioni del XVIII-XIX secolo. L’unica eccezione è la famosa Chiesa di S. Alexei, chiamata come il Metropolita di Mosca, nel Convento dei frati Alexeyevskiy a Uglich. Si presume che risalga al XV secolo, cioè il 1482. Si dice anche che abbia conservato la sua forma originale ([461], pag. 110). Nelle figg. 14.222, 14.223 e 14.224 si vedono le fotografie moderne di questa chiesa. È una costruzione allungata con un tetto alto a falde; ci sono tre alte guglie sulla parte dell’altare ad Est (comunque possono essere state costruite più tardi). L’entrata della chiesa è situata sulla parte a Nord e porta direttamente al secondo piano. Non si può fare a meno di notare che questa antica chiesa russa del XV secolo ricorda fortemente la Cattedrale Gotica di Colonia, vedi fig. 14.221.
Ci si potrebbe chiedere quale è stato il destino delle chiese costruite nel XVI secolo. È possibile che i residenti di Uglich si siano astenuti dal costruire chiese per più di un secolo? O queste chiese si sono “disintegrate” da sole? Stranamente, ci sono parecchie chiese del XVII secolo a Uglich. Bisogna segnalare che la chiesa del XV secolo di S. Alexei è una cattedrale enorme, una delle chiese più grandi a Uglich oggi. Avendo costruito una simile cattedrale nel XV secolo, la gente di Uglich deve aver costruito qualcosa anche nel XVI secolo. Si ha l'impressione che quasi ogni chiesa di Uglich sia stata ricostruita nel XVII secolo. La Chiesa di S. Alexei deve essere sopravvissuta per miracolo; perciò, appare fuori contesto tra le chiese che si dice rappresentino lo stile architettonico tipico dell’antica Russia. Bisogna sottolineare che tutte queste chiese “tipicamente russe” sono state costruite come minimo nel XVII secolo.
Figura 14.221.
La cattedrale gotica di Colonia come appare oggi. Colonia, Germania.
Tratto da [1017], fotografia 3.
Figura 14.224.
Chiesa del metropolita Alessio a Ouglich. Vista da ovest.
Fotografia scattata nel 2000.
Figura 14.222.
Chiesa del metropolita Alessio a Ouglich. Vista sud.
L'unica chiesa di Ouglich sopravvissuta dell'epoca del XV-XVI secolo.
Fotografia scattata nel 2000.
Figura 14.223.
Chiesa del metropolita Alessio a Ouglich.
Vista da sud-est.
Fotografia scattata nel 2000
Figura 14.225.
La Chiesa della Presentazione, il Monastero Nikolo-Ouleimenskiy, Ouglich.
Vista settentrionale. Alla chiesa si accede tramite un alto portico che conduce direttamente al primo piano.
Fotografia scattata nel 2000.
Figura 14.226.”
La Chiesa della Presentazione, Monastero Nikolo-Ouleimenskiy, Ouglich.
Vista orientale. Al vecchio edificio, in epoca successiva fu annesso
un blocco quadrato più recente sormontato da un cilindro e caratterizzato
anche da una parte d'altare semicircolare.
Fotografia scattata nel 2000.
Figura 14.227.
La Chiesa della Presentazione, Monastero Nikolo-Ouleimenskiy, Ouglich.
Vista da sud-est. Fotografia scattata nel 2000.
Questa osservazione è confermata da un altro esempio. Guardiamo l’architettura del famoso Monastero Russo Nikolo-Ouleimenskiy vicino a Ouglich. Ci sono due chiese qui: la più antica è la Chiesa della Presentazione (vedi figg. 14.225, 14.226 e 14.227). L’altra è di origine più recente ed è conosciuta come la Chiesa Nikolskaya (vedi sopra, nelle figg. 14.219 e 14.220). Quest’ultima sembra già una chiesa “tipica” russa. Comunque, la più antica chiesa della Presentazione è ancora una volta una costruzione allungata con un tetto a falde. Più tardi è stata completata con un campanile e una costruzione cubica a est; tuttavia, queste modificazioni già datano al XVII secolo. La parte principale della chiesa assomiglia più alle cattedrali gotiche dell’Europa Occidentale, più che ai cubi greci con cilindri e volte (il tipo più recente è derivato dalle basiliche come l’Hagia Sofia di Costantinopoli = Zar-Grad = Gerusalemme).
Non affermiamo che nessuna chiesa di tipo greco sia stata costruita in Russia nel XV secolo; ci interessa sapere se possono essere considerate costruzioni ecclesiastiche tipiche russe ai tempi dell’Orda. I fatti citati sopra ci fanno dubitare di questo; si ha l’impressione che nel XVII secolo la stragrande maggioranza delle chiese russe siano state ricostruite alla maniera “greca”, sotto la spinta dei Riformisti. In più, questi ultimi affermarono che le chiese russe erano sempre state così, il che è un'evidente bugia come si può capire oggi.
In alcune regioni della Russia, le cattedrali gotiche furono costruite fino al XVIII secolo, come la famosa Chiesa di Pietro e Paolo a Yaroslavl, che data al 1736-1744, vedi figg. 14.228 e 14.229. La moschea del villaggio di Poyiseyevo nella regione di Aktanysh nel Tartarstan, è costruita nello stesso modo (vedi fig. 14.230). Comunque, l’antico stile gotico delle chiese russe e le moschee tartare furono più tardi dimenticati sotto i Romanov.
Figura 14.228.
La cattedrale gotica di Pietro e Paolo a Yaroslavl,
costruita nello stile antico russo dell'Orda.
Vediamo una guglia, un tetto a due falde e un ingresso
al primo piano. Tratto da [996], pagina 159.
Figura 14.229.
Un'altra fotografia della Cattedrale gotica di Pietro e Paolo a Yaroslavl.
Questo è esattamente lo stile in cui gli europei occidentali costruirono le loro cattedrali,
originario dell'Orda, o "Mongolia".
Foto scattata dagli autori.
Comunque, non c’era questa “onda architettonica greca” nell’Europa del XVII secolo, dove le chiese erano costruite nel vecchio stile Imperiale del Grande Impero "Mongolo". Persino la parola Duomo, che viene ancora usata per riferirsi alle più grandi cattedrali dell’Europa Occidentale, è ovviamente derivata dalla parola “dom”, che si traduce come “casa”. Nello stesso modo, la parola “gotico” deriva dalla parola “Goto”, l’antico sinonimo per la parola “Cosacco”. Questa è l’architettura che fu portata nell’Europa Occidentale dalle truppe Cosacche del Grande Impero "Mongolo" nel XIV-XV secolo (vedi Cronologia5 per maggiori dettagli).
In Russia, comunque, l’antico stile imperiale delle chiese cadde in disgrazia; le chiese in vecchio stile vennero o distrutte e ricostruite ex novo o vennero sfigurate da costruzioni aggiuntive. Alternativamente, le costruzioni furono convertite per scopi non ecclesiastici, come la gigantesca costruzione, molto alta e con tetto a falde, che è parte del Monastero Simonov a Mosca, vedi figg. 14.231, 14.232 e 14.233. Nel XIX secolo venne utilizzato come essiccatore di granaglie. L’architettura di questa costruzione ricorda molto da vicino quella delle antiche chiese russe. È perciò molto probabile che sia stata la vecchia chiesa del Monastero Simonov. La sua grandezza e altezza possono competere con quelle della cattedrale dello stesso monastero, che dev’essere di origine più tarda. L’entrata alla vecchia costruzione sta al nord e sembra un alto portale. Il vecchio portale non esiste più ed è stato rimpiazzato da una costruzione metallica moderna, vedi fig. 14.232. Sottolineiamo che questa costruzione non porta segni di ricostruzioni che distorcano la sua architettura originale, non ha nemmeno alcuna guglia. Evidentemente, così apparivano le antiche chiese nel XV-XVI secolo.
Figura 14.230.
Una moschea nel villaggio di Poyiseyevo, Tartarstan.
È costruita in stile gotico. Fotografia conservata
nella Fondazione del Museo Nazionale Unito
del Tartarstan.
Tratto da [6], pagina 21.
Figura 14.231.
Vecchio edificio presso il Nuovo Monastero Simonov a Mosca.
È molto probabile che la costruzione fosse
un'antica chiesa russa con tetto a due falde,
successivamente trasformata in un silo per essiccare il mais.
Fotografia scattata nel 2000.
Figura 14.232.
Vecchio edificio presso il Nuovo Monastero Simonov a Mosca.
E' perfettamente visibile la torre, o colonna,
integrata nel muro dell'edificio e tipica delle
cattedrali dell'Europa occidentale.
Fotografia scattata nel 2000.
Figura 14.233.
Il vecchio edificio presso il Nuovo Monastero Simonov a Mosca.
Vista generale. Fotografia scattata nel 2000.
Sottolineiamo una caratteristica distintiva dell’antica chiesa del Nuovo Monastero Simonov, che è anche tipica di molte chiese Occidentali Europee. Ci riferiamo all’alta colonna di forma semicircolare nell’angolo della costruzione, che parzialmente si sporge all’esterno, vedi figg. 14.231, 14.232 e 14.233. Simili colonne a forma di torre, che occasionalmente ricordano i minareti, si possono vedere nella Cattedrale di S. Cecilia nella città francese di Albi. Anche questa cattedrale ha una forma allungata; La sua fotografia può essere vista in Cronologia6.
Bisogna dire che alcuni dei moderni specialisti di storia dell’architettura hanno notato le poche chiese russe costruite nello stile gotico. Comunque, la pressione della cronologia milleriana e scaligeriana, che ha cercato di distorcere una gran quantità di fatti storici, li ha portati a pensare che occasionalmente, alcuni architetti russi “abbiano usato elementi gotici della moda Occidentale Europea nelle loro costruzioni pseudo-gotiche... In un certo numero di casi vediamo intricate “decorazioni gotiche” scolpite o incise nella pietra bianca” ([311], pag. 29). M. Ilyin, un rinomato esperto di storia dell’architettura, afferma che “la composizione è basata su antichi prototipi russi, modificati secondo le specifiche dell’architettura pseudo-gotica” ([311], pag. 29). Inoltre, viene sottolineato come alcuni architetti russi abbiano “padroneggiato completamente… l’intero arsenale delle forme pseudo-gotiche” ([311], pag. 21). Ilyin cita la “famosa chiesa in Bykov” come un tipico esempio nella stessa pagina, chiamandola “un capolavoro”. Viene sottolineato come “sebbene la parte occidentale del tempio sia stata ricostruita nella prima metà del XIX secolo, ha giocato una parte importante nello stile pseudo-gotico russo” ([311], pag. 32).
Come cominciamo a vedere, tutti questi passaggi richiedono la rimozione della parte “pseudo”; bisogna anche ricordare il fatto che lo stile in questione, caratterizza l’architettura della Russia Gotica, o Cosacca, anche conosciuta come Orda. Perciò, lo stile gotico deve essere stato importato nell’Occidente dall’ Est, e non il contrario come si presume oggi nella storia ufficiale.
Riproduciamo una fotografia della chiesa di Bykovo nella fig. 14.234. È perfettamente ovvio che il suo stile sia lo stesso delle antiche chiese gotiche russe elencate sopra. È come se in grandi città russe, tutte queste costruzioni, che portavano il segno dell’antico stile imperiale, siano state ricostruite sotto i Romanov, laddove in piccole città e villaggi alcune tracce dell’antica tradizione sono sopravvissute. Persino nel XVII-XVIII secolo, alcuni architetti hanno continuato a costruire chiese nell’antico stile gotico russo, o cosacco.
Persino la cattedrale principale dell’antica città russa di Možajsk è costruita nello stile gotico e la Nuova Cattedrale Nikolskiy della Cittadella di Možajsk, vedi fig. 14.235. Questa cattedrale fu costruita nel 1814 da Alexei Nikitich Bakaryov, l’architetto della Spedizione Architettonica del Cremlino Moscovita ([536], pagg. 124 e 80).
Figura 14.234.
Antica chiesa russa nel villaggio di Bykovo.
Oggi è classificata come “pseudo-gotica”.
Apparentemente, alcune chiese costruite nell'antico stile dell'Orda
sono sopravvissute nelle piccole città e nei villaggi russi.
Tratto da [311], illustrazioni alla fine del libro.
Figura 14.235.
La cattedrale principale di Mozhaysk (la Nuova Cattedrale Nikolskiy)
fu costruita in stile gotico.
Fotografia scattata nel 2000.
Figura 14.236.
La vecchia chiesa del monastero Louzhetskiy di Mozhaysk.
È probabile che assomigliasse anche ad una cattedrale gotica.
Fotografia scattata nel 2000.
L’architettura della cattedrale è classificata come “pseudo-gotica” ([536], pag. 80). Deve esserci stata una buona ragione se nel 1806 Bakaryov costruì la Torre Nikolskaya del Cremlino di Mosca, la quale ha a lungo ospitato l’icona di Mozhaysk di S. Nicola Taumaturgo, nello stesso stile gotico. Evidentemente, il ricordo delle antiche chiese russe era stato mantenuto a lungo vivo a Mozhaysk.
Un’altra antica chiesa di forma allungata può essere vista nel Monastero Louzhetskiy di Mozhaysk, vedi fig. 14.236. inizialmente, doveva assomigliare ad una cattedrale gotica, ricostruita nel nuovo stile nel XVII secolo. In particolare, fu aggiunta alla sua parte est una chiesa cubica sormontata da una cupola greca; è chiaramente visibile in fig. 14.236. In più, gli scavi del 1999-2000, che hanno scoperto strati del XVII secolo del Monastero Louzhetskiy, hanno rivelato il fatto che antiche pietre cimiteriali mutilate del XVI - inizio XVII secolo, erano state utilizzate come pietre per le fondazioni delle pareti e negli angoli di queste opere aggiuntive.
L’antico stile dell’Orda è stato conservato nella costruzione di molte moschee precedenti al XIX secolo. Per esempio, nelle figg. da 14.237 a 14.241 riproduciamo le fotografie di alcune delle moschee nel Tartarstan. È perfettamente ovvio che l'architettura sia praticamente la stessa delle cattedrali gotiche nell’Europa Occidentale. Bisogna segnalare, secondo [760: 1] , che ci sono molte moschee così in Tartarstan; includiamo le foto solo di alcune.
Figura 14.237.
La moschea presso Starye Kiyazly. Repubblica del Tatarstan.
Le cattedrali gotiche occidentali hanno una forma simile.
Tratto da [760:1], pagina 23.
Figura 14.238.
La moschea di Staroye Ibarakino. Repubblica del Tatarstan.
Questa forma è caratteristica anche delle
cattedrali gotiche dell'Europa occidentale.
Tratto da [760:1], pagina 22.
Figura 14.239.
La moschea di Stariy Bagryazh-Yelkhov. Repubblica di Tartarstan
. Le cattedrali gotiche in Occidente hanno una forma simile.
Tratto da [760:1], pagina 46.
Figura 14.240.
La moschea di Asan-Yelg. Repubblica del Tartarstan.
Le cattedrali gotiche in Occidente hanno una forma simile.
Tratto da [760:1], pagina 231.
Figura 14.241.
La moschea di Nizhnyaya Oshma. Repubblica del
Tartarstan. Le cattedrali gotiche in Occidente hanno una
forma simile. Tratto da [760:1], pagina 264.
Ogni cosa diventa perfettamente chiara. I Romanov hanno tentato di abbandonare gli antichi costumi russi, cambiando lo stile architettonico delle chiese e rimpiazzando le pietre tombali nei cimiteri. Le antiche chiese gotiche furono o demolite o ricostruite, le pietre tombali distrutte o utilizzate come materiale da costruzione. Questo ha cambiato radicalmente l’aspetto dei cimiteri e dei monasteri russi. Quindi, si è dichiarato che erano “sempre stati così”, e che gli antichi costumi russi erano gli stessi introdotti sotto i Romanov.
Torniamo al lavoro di M. Ilyin. Procede indicando gli ulteriori parallelismi tra le cattedrali gotiche dell’Europa Occidentale e le antiche chiese russe: “Ero sorpreso dalle similitudini tra una chiesa Gotica Ceca e la Cattedrale Ouspenskiy a Mosca, che mi ha fatto interrogare sulla natura di questo collegamento e le ragioni retrostanti. Appare ovvio che difficilmente si può parlare di un collegamento diretto tra le chiese Ceche e la cattedrale Moscovita” ([311], pag. 97). Ilyin è ovviamente confuso dall’errata cronologia di Scaligero e Miller. Più avanti scrive: “È ovvio che queste similarità riflettono qualche tendenza generale che era caratteristica per l’intera Europa medievale. In altre parole, le caratteristiche spaziali della cattedrale Ouspenskiy sono in relazione con gli spazi gotici delle cattedrali occidentali” (ibid). Oggi comprendiamo le ragioni dietro queste similarità, che vengono notate dai moderni specialisti di storia dell’architettura. L’Europa Occidentale era parte del Grande Impero "Mongolo" fino al XVII secolo; lo stile Gotico (Cosacco) era prevalente in tutto l’impero.
Nella fig. 14.242 vediamo la chiesa tedesca di Mayen, una cittadina vicino a Bonn. È chiamata Clementskirche; la sua cupola ha una forma molto pittoresca, con alte guglie a volute. La chiesa è stata pesantemente danneggiata nel 1941 - 1945; comunque è stata ricostruita in pieno accordo con i disegni sopravvissuti. Si presume che la costruzione della Clementskirche iniziò nel 1000, e che la chiesa sia stata ricostruita diverse volte nel XIV secolo e anche dopo. L’inusuale forma a spirale della cupola è stata notata da molti specialisti di storia dell’architettura. Si presume che questa cupola sia stata costruita tra il 1350 e il 1360. Le ragioni per cui gli architetti medievali hanno scelto questa particolare forma appaiono cancellate dalla memoria. La brochure sulla storia della chiesa suggerisce la seguente e divertente descrizione, per spiegare questa particolarità architettonica. A quanto pare, gli abitanti della città avevano chiesto al diavolo di costruirgli una taverna. I progetti che gli avevano dato erano comunque quelli di una chiesa. Il diavolo, non troppo brillante, acconsentì ma fu sorpreso di vedere una chiesa invece di una taverna, quando finì il lavoro. In uno scatto di rabbia prese una delle guglie e la attorcigliò in una spirale; rimase così fino ad oggi. La brochure viene data ad ogni visitatore della chiesa, ed anche ad A. T. Fomenko e T. N. Fomenko nel giugno 2000. I moderni commentatori e le guide omettono normalmente la leggenda sul cornuto furfante, rimpiazzandola con una più seria che coinvolge un uragano che colpì la città e attorcigliò la guglia, che era prima diritta e così è rimasta da allora, restando intatta nonostante l'uragano. Crediamo che le complesse discussioni scientifiche che riguardano il diavolo e i forti venti che soffiano in Germania, siano proprio irrilevanti.
In realtà, quello che vediamo è un altro esempio dell’antica architettura russa del XIV-XVI secolo. È sufficiente comparare la cupola della Clementskirche Tedesca alle cupole a spirale della Cattedrale di S. Basilio a Mosca, qv in fig. 14.243, per capire che entrambe furono costruite nello stesso stile architettonico. Le cupole a spirale della Cattedrale di S. Basilio assomigliano molto ai turbanti Ottomani = Atamani. Evidentemente, simili chiese furono costruite sia in Russia che nell’Europa Occidentale intorno al XIV-XVI secolo, dopo la colonizzazione di quest’ultima nell’epoca della Grande conquista “Mongola”. Anche la Clementskirche mostra una cupola simile a un turbante Ottomano.
Figura 14.242.
La Cupola a spirale della Clementskirche tedesca a Mayen, vicino a Bonn.
Tratto dalla brochure consegnata ai visitatori della chiesa vera e propria.
Figura 14.243.
La Cupola a spirale della Clementskirche tedesca a Mayen,
vicino a Bonn. Tratto dalla brochure consegnata ai visitatori
della chiesa vera e propria.
I minareti che terminano con cupole a spirale esistono anche in Oriente, per esempio, “il minareto a spirale della Moschea di Abu-Dulaf a Samarra (860/6 1)” ([1210], pag. 105), come anche il minareto a spirale di Uc Serefeli Cami a Edirne ([1210], pag. 546).
Questo può fare un po’ di luce sulla leggenda del diavolo, che si presume abbia avuto parte nella costruzione della Clementskirche. Come abbiamo già detto, ogni cosa collegata al Grande Impero "Mongolo" fu proclamata cattiva e “satanica” durante l’epoca della Riforma in Europa Occidentale, inclusa l’architettura dell’Orda, o degli Atamani, caratteristica per un certo numero di chiese che furono più tardi dichiarate costruite dal “diavolo”. La leggenda divenne più tardi parte della tradizione popolare.
Facciamo un breve sommario. Siamo messi di fronte ancora con un’altra traccia della riforma su larga scala degli antichi costumi russi e degli stili architettonici, che ebbe luogo nel XVII secolo. I nuovi costumi e stili introdotti dai Romanov furono più tardi dichiarati “tipici dell’antica Russia”. Da questo è risultato un concetto totalmente distorto della storia russa prima del XVII secolo. La maggior parte delle supposte tradizioni russe in architettura, letteratura, riti funerari ecc. furono introdotte nel XVII secolo, ossia all'epoca dei primi Romanov. Un’altra ondata di cambiamento passò sulla Russia sotto Pietro il Grande. Oggi si presume che Pietro abbia cambiato i costumi russi per quelli occidentali in generale, e tedeschi in particolare. Nella maggior parte dei casi, questi “antichi costumi russi” sono stati introdotti dai suoi predecessori, i primi Romanov. Molto poco si sa sugli autentici costumi dell’antica Russia: quello che ci rimane sono smarriti pezzetti di informazione raccolti con parecchio sforzo.
48. Gli organi delle cattedrali dell'Europa Occidentale hanno conservato l'antica cultura musicale della Russia, ossia l'Orda, del XV-XVI secolo.
Le cattedrali dell’Europa Occidentale differiscono dalle moschee e dalle chiese russe per molte cose, una delle quali è che le prime sono equipaggiate di organi che vengono suonati durante il servizio religioso. Si presume che simili strumenti non siano mai esistiti in Russia. Tuttavia, questa opinione popolare è molto probabilmente sbagliata. Gli organi esistevano in Russia. È anche possibile che simili strumenti musicali venissero suonati nelle chiese del Grande Impero "Mongolo" nel XIV-XVI secolo. Come racconteremo ai lettori nella sezione presente, gli organi erano ampiamente popolari nell’antica Russia. Furono probabilmente proibiti da Pietro il Grande, forse dai suoi predecessori, i primi Romanov, nel corso della loro guerra agli antichi costumi russi, che si è dimostrata di grande successo. Questo è quanto riportano gli storici:
Nel 1700, Cornelius de Bruin (Brun) arrivò a Mosca dall’Europa Occidentale “Nel 1711, un libro intitolato ‘Viaggio verso la Persia e l’India attraverso la Moscovia’ del viaggiatore Olandese Cornelius de Bruin, venne pubblicato ad Amsterdam. Parecchi anni dopo, la sorprendente opera fu tradotta in quasi ogni lingua europea” ([537:1], pag. 52). N. M. Moleva, dottoressa in storia, ci dà il seguente breve sommario sulle impressioni del viaggiatore: “Case lussuose. Abbondanza di piatti d’oro e di argento. Vestiti splendidi” ([537:1], pag. 32). De Bruin stesso riporta quanto segue: “Due giganteschi leopardi stavano lì [nell’abitazione di Lefort sul Fiume Yaouza - Aut.], con le zampe distese, sdraiati sugli scudi con lo stemma, tutto questo fatto di argento puro; e anche un globo d’argento sulle spalle di Atlante, fatto dello stesso metallo. A parte questo, c’erano molti grandi boccali e altri recipienti, tutti in argento” (citazione secondo [537:1], pag. 56).
“A corte deve esserci stata musica e anche spettacoli teatrali. Cornelius de Bruin non li menziona da nessuna parte. Comunque, l'adolescente cantante italiano, Filippo Balatri, che era a Mosca nello stesso periodo, fu sorpreso nello scoprire che c’erano organi di costruzione originale in molte case; tuttavia, per qualche motivo erano nascosti negli armadi. Più tardi venne a sapere che gli organi erano stati banditi da Pietro il Grande, come un antico costume russo. Il matrimonio del giullare Shanskiy vicino a Kozhukhov nel 1697, deve essere stata l’ultima celebrazione moscovita con 27 organi” ([537:1], pag. 32).
La costruzione degli organi russi non è descritta da nessuna parte; sappiamo solo che erano “costruzioni originali”. Ricordiamo ai lettori che l’organo è uno strumento pneumatico, fornito di mantice con tubi metallici che producono suoni quando l’aria viene compressa al loro interno. Il prototipo dell’organo dev’essere stato la cornamusa. C’erano anche piccoli organi a mano che producevano suoni facendo ruotare un rullo con qualche melodia intagliata sopra ([223], Volume 2, colonna 1787). È così che viene costruito l’organo da strada, per esempio. Comunque, ulteriori osservazioni di De Bruin rivelano che in alcuni casi (probabilmente la maggior parte), gli strumenti in questione erano grandi organi pneumatici.
“La musica è maestosa. De Bruin la sente dovunque: oboi, corni Francesi e timpani vengono suonati nelle sfilate cerimoniali e militari; intere orchestre di diversi strumenti, inclusi gli organi all’Arco di Trionfo. Si sente la musica per le strade e dentro le case; inoltre egli è impressionato dalla sorprendente limpidezza dei cori. Non c’era festa in Moscovia senza di loro” ([537:1], pag. 55).
È probabile che le orchestre che suonavano nelle piazze fossero accompagnate da grandi organi con canne e mantici.
Il famoso compositore Vivaldi, in cerca di un impiego permanente, aveva pianificato un viaggio a Mosca. Il viaggio non ebbe mai luogo; comunque, il suo allievo Verocagli, compositore e violinista, si trasferì di fatto a Mosca ([537:1], pag. 64). Tuttavia, la versione romanoviana della storia cerca di convincerci che la cultura musicale dell’antica Russia fosse così primitiva da poter essere considerata inesistente: danze barbariche intorno a fuochi fumosi, canzoni popolari primitive, normalmente di carattere osceno, tamburini, corni chiassosi, flauti sfiancati e grida ubriache, un urlo lontano dalla raffinata Versailles, tutta merletti e violini.
La Moleva segnala correttamente che “la decade nera di Biron e il regno di Pietro il Grande, privo di musica, sono una verità che si trova solo sui libri”.
Comunque, nel XVII secolo c’erano organi in tutta Mosca, e non solo Mosca, come riporta De Bruin; nessun lavoro sulla storia della musica lo ricordava fino a poco tempo fa. I corni francesi e gli oboi erano gli strumenti favoriti tra i musicanti di strada dell’epoca e non solo tra i loro colleghi alla corte dello Zar. Le pubblicazioni accademiche menzionano solo il gusli (un’arpa popolare orizzontale) e i corni di legno. Comunque, c‘era un’intera scuola, sussidiata dallo stato, di suonatori di tromba a Mosca, a metà dello stesso secolo; questo fatto si riflette nel nome del vicolo Troubnikovskiy a Mosca [la parola Russa per “tromba” è “truba” - Trad.], laddove ogni libro di riferimento scritto in accordo con la versione romanoviana della storia, racconta che, a parte i dilettanti, solo i musicisti stranieri che arrivavano in Russia dall’Europa Occidentale potevano suonare quegli strumenti.
Tutto questo diventa evidente solo di recente (il libro della Moleva fu pubblicato nel 1997), quando dozzine di documenti, contenenti le prove di cui sopra, furono scoperti negli archivi. Questo ci porta ad un’altra domanda. Che ne è stato di questa cultura altamente sviluppata, di questo bisogno di musica che non era sentito alla corte reale, la quale aveva aderito al medesimo protocollo Europeo, ma dall’intera nazione? Che inimmaginabile cataclisma può averli spazzati via da almeno mezzo secolo di storia Russa? L’episodio con Vivaldi e Verocagli potrebbe davvero significare che la situazione reale differiva da quella descritta in tutti i trattati generali sulla cultura Russa? vedi [537:1], pagg. 65-66.
Fortunatamente, sono rimasti i documenti civili. Pochi storici hanno l’energia richiesta per lavorarci, lasciamo stare gli specialisti in storia delle belle arti. Troppo faticoso smistare centinaia di migliaia di nomi senza volto… Comunque non c’è altra scelta.
I registri raccontano molto. Per esempio, scopriamo che alla fondazione di S. Pietroburgo risultavano assenti gli organisti nei ranghi dei musicisti indipendenti. C'erano organisti a Mosca, ma non a S. Pietroburgo. La moda e i gusti privati di Pietro il Grande, ne sono responsabili. In più, l’officina dell’antico organo e del clavicordo del Cremlino, che funzionava in modo eccellente, fu distrutta nell’incendio del 1701. Nessuno si preoccupò di ricostruirla, Pietro aveva altri piani per il Cremlino. Nessuna nuova officina fu fondata da allora. Anche il numero di musicisti tra i proprietari terrieri moscoviti era diminuito, probabilmente a causa della disoccupazione e quindi della povertà. Questo si può verificare facilmente da altri registri civili: la vendita e l'acquisto delle registrazioni. Tutte queste transazioni erano registrate meticolosamente e soggette a tassazione. Scopriamo che gli organisti erano occupati a cercare mezzi di sussistenza alternativi” ([537:1], pagg. 67-68).
Tuttavia, risulta che alcune città dell’Europa Occidentale costruissero organi e li esportassero in Russia fino ai primi del XVIII secolo ( [537: 1 ], pagg. 72-73). Questa è evidentemente un’altra traccia dell'antica tradizione dell’Impero”Mongolo”, le cui differenti regioni si specializzavano nella produzione dei vari prodotti industriali per l’Impero del XV-XVI secolo. Per esempio, alcuni degli organi a canne per i centri musicali dell’Impero, erano prodotti nell’Europa Occidentale. In particolare, “Theophilus Anzey Volkmar era l’organista della chiesa principale nella parte antica di Danzica, Santa Caterina, e anche un intermediario incaricato della vendita e dell'acquisto degli strumenti più costosi, divenuti scarsi in quel periodo, organi e clavicordi. Questo è stato riportato dal ‘Vedomosti di S. Pietroburgo’ nel 1729... Perché l’organista polacco guardava alla Russia come prospettiva di mercato per i suoi strumenti? Per mancanza di esperienza o sperando nella fortuna cieca? Non è così. I Libri del Magistrato della Città di Gdansk, che datano ai tardi anni 20 del 1700 e ai primi del 1730, testimoniano l’opposto. Volkmar era un mediatore esperto e alcune delle sue vendite più importanti avvenivano in Russia. Gli avvisi sul giornale di S. Pietroburgo raccoglievano i frutti a dispetto dell’alto costo degli strumenti offerti” ([537:1], pagg. 72-73).
Sottolineiamo un altro importante dettaglio. “Infine, una prova sostanziale delle nostre vaghe e timide supposizioni sono i materiali di archivio contenenti la lista degli impiegati di corte per il 1731. C’erano più di 90 suonatori di strumenti, sorprendente! Il gruppo dei cordofoni includeva più di 30 suonatori, sei trombe e altrettanti corni francesi, per non menzionare gli oboi e i timpani… Questa era senza dubbio una orchestra sinfonica, e grande persino per gli standard moderni. L’orchestra del Teatro Bolshoi ha qualcosa come 120 musicisti oggi... Tutto questo 70 anni prima di quanto si intende generalmente nella storia della musica russa!
In questo caso, è credibile la voce che l’abate veneziano Vivaldi fosse stato pronto ad accettare l’offerta di viaggio a Mosca, e che l’unica ragione per cui non lo fece mai era la sua età e il suo abito da abate? … Non ci sono state decadi ‘vuote’ e nessuna età oscura della cultura. La grande… tradizione della cultura musicale Russa aveva portato nuovi frutti nel nuovo secolo” ([537:1], pagg. 81-82).
A proposito, bisogna notare che le fisarmoniche sono ancora molto popolari in Russia. La loro storia si presume risalga ai primi del XIX secolo come minimo ( [797] , pag. 276). Comunque, la fisarmonica è costruita in modo simile all’organo: l'aria compressa dai mantici viene nelle canne dello strumento, che produce suoni diversi. La fisarmonica (armonium) e l’organo potrebbero essere due varianti dello stesso strumento. La fisarmonica è piccola e portabile; può essere utilizzata in festival popolari, laddove i più grandi organi vengono installati in chiese e grandi costruzioni. Le parole “armonium” e “organo” possono essere simili, data la frequente flessione tra la M e la N. La parola “armonium” è virtualmente identica all’antica parola Russa “garniy”, che sta per “buono” o “magnifico”, ed è ancora utilizzato in ucraino (vedi [223], Volume 1, colonna 848). La parola garniy può essere stata usata in Russia per riferirsi a uno strumento dal dolce suono. Potrebbe la parola “organo” avere la stessa radice? I mantici esistevano in Russia da parecchio tempo, poiché erano largamente utilizzati dai fabbri e dai lavoratori metallurgici. La costruzione dell’organo può anche essersi basata sulle trombe militari e i corni da caccia, anch’essi largamente utilizzati in Russia. L’Orda, ossia l'esercito russo, ha spesso usato le trombe militari come viene ricordato, per esempio, nella Storia della Battaglia di Kulikovo, vedi sopra.
La cosiddetta “musica da corno” è esistita ancora in Russia sotto i Romanov per qualche tempo. Molti musicisti soffiavano in grandi corni, montati su speciali costruzioni di supporto ([711:1], pagg. 73 - 74). Parlando strettamente, le orchestre di corni erano basate sullo stesso principio dell’organo a canne, la differenza è che erano i musicisti stessi a soffiare dentro le canne, senza l’uso di mantici. Simili “organi” erano utili data la loro mobilità. “La musica dei corni era così forte che, senza vento, il suono si poteva sentire chiaramente nel raggio di 7 verste. Nelle sale da ballo i suonatori di corno di solito accompagnavano l’orchestra… I contemporanei riferiscono che questa musica era molto impressionante… L’impressione era simile a quella dell’organo a canne… La musica da corno è esistita in Russia fino al 1812” ([711:1], pagg. 75-76).
Perciò, secondo le testimonianze del XVII secolo, la musica per organo era largamente popolare nell’antica Russia. Comunque, i Romanov la bandirono nella loro guerra contro il retaggio culturale dell’Impero dell’Orda ed introdussero un nuovo stile di cultura musicale.
Gli organi sono stati messi fuorilegge probabilmente sotto i primi Romanov, durante la riforma della chiesa russa all’inizio del XVII secolo. Comunque, l’antica cultura musicale dell’Orda deve essere stata così resiliente che ci sono volute decadi per cancellarla completamente. Abbiamo visto che Pietro il Grande si era già impegnato a bandire gli organi dalle case private, dove erano stati conservati. Come risultato, il servizio ecclesiastico perse così gli strumenti che accompagnavano la parte vocale. I contemporanei di Pietro il Grande osservavano che “lo Zar [Pietro – Aut.] era deliziato da numeri vocali senza accompagnamento, a cappella” ([537:1], pag. 32). Ogni cosa si spiega perfettamente: la tradizione “a cappella” nasce dall’abbandono degli organi, per il piacere di Pietro. Vediamo che nella Russia romanoviana gli organi e le fisarmoniche erano stati rimossi dalla cultura musicale ufficiale. Le fisarmoniche, o armonium, erano state dichiarate uno strumento popolare dall’inizio del XIX secolo. Tuttavia, nell'ovest, le cattedrali gotiche, un tempo moschee, e gli organi dentro di esse, sono sopravvissuti fino ai giorni nostri, diventando a posteriori assolutamente occidentali.