CAPITOLO 4: LA GUERRA DEL PELOPONNESO = GUERRA DI TROIA DEL XIII SECOLO, SCOPPIO’ PER VENDICARE L’ESECUZIONE DI CRISTO. GIUDA E GLI ALCMENIDI. IL FAMOSO TEMISTOCLE È UN RIFLESSO DI GIUDA ISCARIOTA.
6. IL RE SPARTANO PAUSANIA, UN ALTRO RIFLESSO DI ANDRONICO-CRISTO, VIENE INSERITO DA TUCIDIDE IMMEDIATAMENTE ACCANTO ALLA STORIA DI CILONE-CRISTO. IL RE PAUSANIA ERA LEGATO ALLA RUS'.
6.1. IL RACCONTO DI TUCIDIDE SUL RE PAUSANIA E IL SUO OMICIDIO.
Molti “classici antichi” parlano del re spartano Pausania. Era un uomo famoso. Cominciamo con la descrizione di Tucidide. Si ritiene che il re Pausania sia morto intorno al 472-467 a.C. [988:00], “Pausania”. Vedi fig. 4.17.

Fig. 4.17
Come abbiamo già detto, la guerra del Peloponneso scoppiò a causa delle reciproche accuse tra Ateniesi e Spartani. Abbiamo appena visto di cosa accusavano gli Spartani gli Ateniesi. Li accusavano dell'ingiusto omicidio di Cilone. Tuttavia, a quanto pare, anche gli Ateniesi non erano da meno. Anch'essi accusavano con veemenza gli Spartani dell'ingiusto omicidio del re Pausania. Come vedremo ora, la curiosa simmetria di questo quadro è facilmente spiegabile. Il fatto è che il re spartano Pausania è un altro riflesso di Andronico-Cristo nelle pagine della storia “antica” greca. Ne consegue che due duplicati dell'esecuzione di Cristo sono finiti sia nella storia di Atene che in quella di Sparta. In quella di Atene come “l'esecuzione di Cilone”, mentre in quella spartana come “la condanna a morte del re Pausania”. Successivamente, gli editori scaligeriani si confusero con le duplicazioni da loro stessi create e iniziarono a discutere in modo profondo sulle “reciproche accuse” degli Ateniesi e degli Spartani. Come si scopre, le accuse erano le stesse!
Tucidide parla del re Pausania in modo più dettagliato rispetto a Cilone. Sottolineiamo che Tucidide ha inserito il racconto sul re Pausania SUBITO DOPO la storia di Cilone. In questo modo ha avvicinato al massimo i due duplicati, praticamente li ha “incollati” insieme. La trama sul re Pausania aggiunge nuovi dettagli alla storia della crocifissione di Cristo-Cilone. Alcuni di essi sono stati omessi nel racconto su Cilone, ma sono presenti nei Vangeli. Alcuni sono completamente nuovi, a noi sconosciuti. La condanna a morte del re Pausania-Cristo è descritta da Tucidide in modo piuttosto confuso, ma gli eventi evangelici che l'hanno preceduta e la successiva Resurrezione sono descritti in modo molto vivido.
Tucidide riferisce: “In risposta, gli Ateniesi intimarono analogamente a Sparta l’espiazione del sacrilegio perpetrato nel Tenaro. Si trattava di questo: gli Spartani tempo prima, avevano invitati i supplici Iloti a togliersi dal santuario di Posidone sul Tenaro dove avevano trovato scampo. Li massacrarono sul posto appena usciti. Sono ancora convinti che il potente sisma che ha scosso Sparta sia stata la conseguenza di quel gesto nefando. Anche i responsabili del sacrilegio contro Atena Calcieca dovevano essere espulsi, secondo Atene. Ecco il fatto: Pausania, quello spartano che i concittadini avevano richiamato dall’Ellesponto, revocandogli il comando in capo di quel settore operativo, fu giudicato dai tribunali di Sparta e prosciolto. Ma non ottenne più incarichi di comando ufficiali. Si procurò privatamente una trireme di Ermione e, senza autorizzazione governativa, fece la sua comparsa sull’Ellesponto, nominalmente per appoggiare le forze greche impegnate contro la Persia, in realtà per infittire con il re quella trama di relazioni segrete che aveva già ordito all’epoca
del suo comando, e tramite la quale sperava con ardore in un personale dominio sull’intera Grecia. Aveva colto l’occasione di porgere un servizio al re (persiano – Aut.), principio e base di un rapporto che si sarebbe in seguito sviluppato, nella seguente circostanza.” [924], p. 55.
Ripiegando da Cipro, nel periodo in cui comandava le forze in Ellesponto, aveva preso Bisanzio (un possesso persiano, in cui vennero catturati alcuni parenti e famigliari del re che vi dimoravano). Concepì allora il piano di restituire queste personalità al re, senza rivelarlo agli alleati: ufficialmente si sarebbe trattato di un tentativo di fuga riuscito. Allacciò contatti tramite Gongilo di Eretria, cui affidò la città di Bisanzio e i prigionieri. Aggiunse una lettera che Gongilo avrebbe recapitato al re. Vi stavano scritte queste parole, come si appurò in seguito: «Pausania, generale di Sparta, desiderando farti cosa gradita, ti rimanda costoro, presi con la forza e le armi. Ho in animo, se la proposta è anche a te gradita, di prendere tua figlia in moglie e consegnarti in soggezione Sparta e il resto della Grecia. Mi stimo adatto e pronto all’impresa, che dirigerò secondo i tuoi consigli. Se la prospettiva sollecita il tuo interesse, manda alla costa del mare un uomo fidato, che fungerà da intermediario per la nostra corrispondenza futura.» [924], p. 55.
Il re persiano Serse ne fu molto contento e inviò immediatamente a Bisanzio una risposta a Pausania. In essa Serse appoggiava pienamente l'idea di Pausania di conquistare tutta l'Ellade e offriva a Pausania oro, argento e un esercito per realizzare il suo piano.
Pausania era anche prima una figura di prestigioso rilievo tra i Greci, per come aveva diretto e vinto la battaglia di Platea. Ma quelle righe, ricevute dal Re, esaltarono la sua superbia, sicché gli era diventato impossibile vivere da persona normale, secondo il costume tradizionale. Usciva da Bisanzio panneggiato in abiti persiani e in viaggio per la Tracia ammetteva la sola scorta di dorifori persiani ed egizi. Di gusto persiano erano anche le sue vivande a tavola. Non sapeva celare le inclinazioni della sua mente, le sue simpatie: perfino dai suoi atti esteriori, anche da quelli particolari e irrilevanti, traspariva e baluginava quali più orgogliosi disegni architettasse per le sue attività future. Era divenuto inaccessibile: tanto altezzoso e tirannico nel trattar con tutti senza distinzione, che nessuno lo poteva accostare. Per il profondo disgusto nato dalla sua condotta, molti alleati furono lieti di passare agli Ateniesi.
La notizia pervenne anche a Sparta, che prese un primo provvedimento d’immediato richiamo. Ma quello con la nave di Ermione prese subito il mare una seconda volta, senza avere ricevuto l’ordine dal governo, e insistette chiaramente con il suo consueto comportamento. Quando le forze ateniesi lo ridussero a fuggire da Bisanzio espugnata invece di rientrare a Sparta, si stabilì a Colono nella Troade. Laggiù, secondo le voci che ne trapelavano a Sparta, intratteneva relazioni poco chiare con la Persia: era evidente che il suo soggiorno era dovuto a scopi politici nient’affatto onesti. Gli efori decisero di far cessare lo scandalo: inviarono un araldo a consegnargli la scitala e a ingiungergli di seguirlo. In caso diverso, Sparta lo dichiarava nemico. Pausania, intendendo dissipare i sospetti addensatisi sulla sua condotta e convinto di poter dissolvere le accuse con offerte di denaro, rimpatriava per la seconda volta. In un primo momento gli efori lo incarcerarono (è lecito agli efori operare un arresto anche del re) ma con l’intrigo ottenne in seguito la libertà, ponendosi a disposizione di chi avesse desiderio di intentargli un processo sulla base di accuse concrete e precise.
Ma gli Spartani, sia gli avversari di Pausania sia in generale, la cittadinanza, non potevano contare su indizi sicuri e decisivi: eppure era indispensabile congegnare un’accusa su prove inoppugnabili, per poter punire un personaggio di famiglia reale e che ancora rivestiva la carica di re (era tutore infatti, in qualità di cugino, di Plistarco il vero re, figlio di Leonide, in età ancora minorile). Ma il suo disprezzo della legalità e l’eccessiva simpatia per lo stato straniero costituivano occasioni di pesante sospetto che non volesse contenersi nei limiti dell’ordine vigente. Sottoposero a indagine il precedente corso della sua esistenza, per scoprire se avesse già commesso qualche infrazione al sistema di vita allora in uso. Trovarono che sul tripode, dedicato qualche anno prima dai Greci a Delfi, come primizia del bottino persiano, aveva voluto, di sua personale iniziativa, che fosse inciso il seguente distico:
«Annientò l’armata persiana, il capo dei Greci Pausania e a Febo questo consacrò a ricordo».
Gli Spartani, fin da quell’epoca avevano già fatto cancellare quel distico dal tripode, e vi avevano inciso il nome delle città che, avendo collaborato alla disgregazione della potenza persiana, avevano dedicato il tripode stesso. Anche a quell’epoca, per il vero, il gesto di Pausania sembrò una palese irregolarità: l’ispirazione di quell’atto, analizzata e interpretata alla luce dei gravi sospetti che si erano andati, consolidando intorno alla sua figura, denunciò subito la sua analogia con l’atteggiamento spirituale mostrato da Pausania in più recenti circostanze. Serpeggiava l’indiscrezione, provata poi pienamente esatta, che organizzasse complotti con gli Iloti: aveva loro promesso libertà e diritti politici, se si fossero sollevati a un suo comando, e se gli avessero prestato l’appoggio necessario. Fu
sporta qualche denuncia da parte degli Iloti: anche in questo caso, pur con la sensazione che quelle accuse erano fondate, gli Spartani decisero per il momento di non prendere misure straordinarie contro di lui. Aderivano all’uso, ormai invalso presso di loro, di non lasciarsi trasportare dalla fretta, di non deliberare qualche provvedimento irrimediabile su un personaggio spartiate, senza aver in mano prove effettivamente inconfutabili. Ma da ultimo, come si dice, l’uomo incaricato di consegnare ad Artabazo l’ultima lettera per il re, un tale Argilio, intimo di Pausania e fedelissimo, fa pervenire agli efori la sua denuncia. L’aveva stimolato una paurosa sensazione, nata dal considerare che nessuno dei messi precedenti aveva fatto ritorno. Decide di contraffare il sigillo per cautela, nel caso che la sua diffidente impressione sia vana, o che Pausania gli chieda la lettera per aggiungervi qualche riga. Apre dunque la missiva, e a confermare i sospetti, vi legge, in fondo, un’istruzione supplementare: la propria condanna a morte.
La lettera, scritta personalmente da Pausania, rappresentava per gli efori una prova consistente; pure, per averne una definitiva, vollero ascoltare con le proprie orecchie qualche frase pronunciata da Pausania in persona, che lo compromettesse apertamente. A questo scopo, di concerto con gli efori, l’uomo si recò sul Tenaro come supplice, eresse una capanna e con una parete divisoria ne ricavò due ambienti, in uno dei quali fece appostare alcuni degli efori. Udirono chiara ogni parola, in quell’incontro tra Pausania e il suo uomo. Pausania esordì chiedendo il motivo di quella supplica ed
ebbe in risposta le rimostranze del suo interlocutore, per quegli ordini contenuti nella lettera, che lo riguardavano. Elencava distintamente ogni altro particolare, facendo notare che nei suoi uffici d’intermediario presso il re non lo aveva mai esposto. Eppure gli si riservava il bel privilegio d’esser messo a morte, come gli altri che lo avevano preceduto in quel compìto. Le frasi di Pausania, che riconosceva in pieno i suoi torti e conveniva su ogni punto, che pregava l’altro di non lasciarsi fuorviare dall’irritazione di quel momento, giunsero alle orecchie degli uditori. Come le sue assicurazioni di incolumità, se quello usciva dal santuario, e l’istanza di mettersi quanto prima in viaggio, senza pregiudicare le trattative in corso.
L’ascolto diretto degli efori questa volta fugò ogni dubbio: ormai incrollabilmente certi della sua colpa, predisposero la cattura di Pausania in città. Si dice che un attimo prima dell’arresto per via, Pausania intuisse dall’espressione dipinta sul viso di uno degli efori, mentre gli si accostava, lo scopo di quell’incontro. Un altro eforo gli avrebbe fatto un cenno impercettibile con il capo, per fargli intendere le loro intenzioni, spinto da un senso d’amicizia. Pausania comunque scattò di corsa verso il santuario di Atena Calcieca e riuscì a rifugiarvisi in tempo: poiché il recinto sacro era vicino. Sorgeva adiacente un edificio non ampio, in cui si precipitò, per avere almeno un riparo alle intemperie. Non si mosse più. Gli inseguitori non lo raggiunsero subito: fecero smantellare il tetto della costruzione e certi che si trovasse all’interno, ve lo rinchiusero murando le porte. Circondarono l’edificio e aspettarono di prenderlo per fame. Quando si accorsero che così incarcerato in quella stanza, era vicino a spirare lo trascinano all’esterno del recinto sacro. Respira ancora ma cade subito morto, appena fuori il santuario. Avevano già stabilito di precipitarlo nel Ceada, come usava con i malfattori: prevale però l’idea di dargli sepoltura più vicino. Ma il Dio, attraverso l’oracolo di Delfi, intimò agli Spartani di traslarne la salma nel punto stesso della morte (ancor oggi riposa infatti all’ingresso del santuario, come provano le iscrizioni di alcune stele). Ingiunse anche di espiare l’atto commesso, un sacrilegio grave, dedicando ad Atena Calcieca due corpi in cambio di uno solo. Furono così fatte erigere e consacrare alla dea due statue di bronzo, quasi a compenso di Pausania.
Gli Ateniesi, rilevando che anche il dio aveva giudicato il loro gesto un sacrilegio, imposero a loro volta a Sparta di espellerne i responsabili con le loro famiglie.
Tucidide passa poi immediatamente all'esilio e alla morte del famoso ateniese Temistocle. Torneremo su questo argomento molto interessante e importante. A quanto pare, l'"antico" Temistocle è in larga misura un riflesso del Giuda evangelico. Dopo aver parlato di Temistocle, Tucidide conclude questa sezione con le parole: "TALE FU LA FINE DEGLI UOMINI PIÙ FAMOSI DEL LORO TEMPO IN GRECIA: LO SPARTANO PAUSANIA E L'ATENIESE TEMISTOCLE" [924], p. 60.
Analizziamo ora le testimonianze antiche sopra citate.
6.2. IL RE SPARTANO PAUSANIA NON RICONOSCE LE USANZE DI SPARTA E INTRODUCE NUOVE REGOLE “BARBARICHE” DI ORIGINE PERSIANA. ZAR GRAD E BISANZIO.
Come dice Tucidide, il re Pausania era il personaggio più famoso di Sparta a quel tempo. Era di origini reali ed era “molto rispettato dagli Elleni”. Si definiva un COMANDANTE SPARTANO, vedi sopra. Aveva un sacco di potere.
Tuttavia, l'atteggiamento dei suoi contemporanei nei suoi confronti era tutt'altro che unanime. Il motivo delle discordie era lo stesso del re Pausania. Da un lato, era un illustre governante spartano, comandante in capo delle truppe spartane durante la conquista della città di Bisanzio. Dall'altro, conduceva trattative segrete con i Persiani, nemici di Sparta e dell'Ellade in generale. Il re Pausania è sospettato di aspirare alla tirannia, di tentare di stabilire il dominio su tutta l'Ellade con l'aiuto dei Persiani, che gli Elleni considerano barbari e trattano con sufficienza e disprezzo, sebbene li temano. Insomma, si definivano i nobili e raffinati Elleni contro i rozzi barbari Persiani, anche se questi ultimi vivevano nel lusso.
In questa descrizione del re Pausania ritroviamo un tema a noi già familiare. Proprio in questo modo e con gli stessi epiteti, molti cittadini di Zar Grad, i bizantini del XII secolo, percepivano il loro imperatore Andronico Cristo. Ne abbiamo parlato in dettaglio nel libro “Il re degli Slavi”. Da un lato, Andronico era l'imperatore della Romea, l'imperatore di Zar Grad. Tuttavia, allo stesso tempo era strettamente legato alla Rus' dell'Orda. Probabilmente era il luogo originario di sua madre Maria Vergine. Non è escluso che anche Andronico Cristo fosse nato nella Rus', ovvero nell'"antica" Persia. Da adulto, mantenne stretti legami con la Rus' e prima di salire al trono di Zar Grad, trascorse molto tempo in quelle terre. Nelle cronache russe, Andronico Cristo è descritto come il gran principe Andrey Bogolyubsky, come pure l'apostolo Andrea il Primo Chiamato, fig. 4.18.
Il cronista bizantino Niceta Coniata sottolinea più volte l'amore dell'imperatore Andronico per i “barbari” e lo accusa di aver reclutato le sue guardie del corpo, la propria guardia imperiale, “tra i barbari”. Inoltre, secondo Coniata, Andronico introdusse alla corte di Zar Grad i “costumi e le usanze barbariche”, tra cui alcuni elementi di abbigliamento. Ad esempio, abbiamo notato nel libro “Il re degli Slavi” che Andronico Cristo introdusse a Zar Grad = la Gerusalemme evangelica, i pantaloni russi, un abbigliamento insolito per i romei di quell'epoca. A lui si deve, tra l'altro, anche la scoperta della vodka russa, la famosa bevanda. Non tutti a Bisanzio apprezzavano tali azioni e innovazioni dell'imperatore. Si diceva che i nobili e raffinati abitanti di Zar Grad fossero diversi dai barbari russi, che non avevano paura della vodka.
Cose simili sono riportate da Tucidide riguardo all'“antico” re spartano Pausania. Si dice che “si alleò con i Persiani”, iniziò a indossare le vesti dei Medi, si circondò di guardie del corpo Persiane ed Egiziane, istituì una tavola imbandita alla maniera persiana, ecc. I commentatori scrivono: “Pausania si circondò di una corte degna di un monarca orientale” [924], p. 454. Si sottolinea che TUTTO LO STILE DI VITA del re Pausania era diverso dalle usanze consolidate in Grecia e che il re cercava di IMITARE I BARBARI. Tuttavia, abbiamo già visto più volte che la Persia e l'Egitto “antichi” sono spesso identificati con la Rus' dell'Orda del XII-XVI secolo. Ne consegue che il re spartano Pausania era strettamente legato alla Rus', il che provocò il crescente risentimento di alcuni strati della società ellenica.
A proposito, non si può non notare che in tutta la biografia del “re antico” Pausania ricorre come un filo rosso la città di Bisanzio. Il re Pausania governa per qualche tempo in questa città e da lì entra in contatto con i persiani. Tuttavia, l'imperatore Andronico Cristo visse e regnò davvero a Zar Grad, capitale di Bisanzio nel XII secolo. In questo modo, la famosa Bisanzio “antica” viene identificata con la Bisanzio medievale dell'epoca di Andronico Cristo.
6.3. IL RE PAUSANIA È ACCUSATO DI VOLER CONQUISTARE IL POTERE IN GRECIA CON L'AIUTO DEI PERSIANI. LE AUTORITÀ GIUDEE ACCUSANO CRISTO DI VOLER DIVENTARE RE DEI GIUDEI E DI SEMINARE DISORDINE NELLO STATO.
Il re Pausania inizia a negoziare con il re persiano per conquistare tutta la Grecia. C'è un sacco di corrispondenza segreta. Dalla Persia giungono a Sparta alcuni emissari, tra cui Artabazo. Queste attività attirano l'attenzione di molti spartani, in particolare degli Efori, che «hanno il potere di arrestare persino il re stesso» [924], p. 56. Ha inizio un'indagine. Nel corso delle indagini emergono molti fatti che indicano gli stretti legami del re Pausania con i Persiani. Inoltre, al re viene attribuita la colpa di avere avuto intenzioni ancora più criminali, ovvero di aver condotto trattative con gli iloti. Nel corso dei negoziati, il re Pausania avrebbe promesso agli iloti la libertà e i diritti civili se avessero sollevato una rivolta in suo sostegno.
Tutte queste accuse ci sono ben note dai Vangeli. Cristo, proclamato Re dei Giudei, fu accusato da alcuni di tentare di prendere il potere e di creare disordini nello Stato. I sommi sacerdoti ebrei e i farisei sottolineavano che il popolo di Giudea era in fermento e che nel Paese poteva scoppiare una rivolta. Molti Giudei chiedevano che Cristo fosse arrestato e giustiziato.
Come abbiamo dimostrato nel libro “Il re degli Slavi”, qui viene descritta in realtà la situazione in Zar Grad alla fine del XII secolo, quando la tensione nella capitale raggiunse il suo apice. L'imperatore Andronico Cristo attuò grandi riforme che in gran parte danneggiarono la nobiltà romea = “bizantina”, ma ampliarono i diritti della gente comune. A quanto pare, si tratta proprio degli “iloti” di Tucidide. Insoddisfatti del governo di Andronico Cristo, i nobili ordirono una congiura e alla fine organizzarono una sanguinosa rivolta che portò alla destituzione di Andronico e al colpo di Stato. Come spesso accade, in seguito si cercò di dipingere il nero di bianco e viceversa. Scaricarono la responsabilità sugli altri. Accusarono lo stesso Andronico Cristo di aver preparato la rivolta. Dicevano che era un uomo cattivo, che aspirava alla dittatura e alla tirannia. Per cui, Tucidide e altri “classici antichi” ci raccontano nei dettagli dei piani criminali del re Pausania che portarono alla confusione. Il re Pausania dovette essere giustiziato. Per il loro bene, dicevano, e per il bene dello Stato.
6.4. L'ARRESTO DEL RE PAUSANIA E L'ARRESTO DI ANDRONICO-CRISTO. IL “TRIPODE” DEL RE PAUSANIA E LA CROCE DI CRISTO.
Secondo Tucidide, alla fine gli efori spartani arrestarono il re Pausania e lo gettarono in prigione. Probabilmente questo è un riferimento all'arresto di Andronico Cristo a seguito della rivolta in Zar Grad = la Gerusalemme evangelica.
A questo punto del suo racconto, Tucidide non dice nulla sulla condanna a morte del re Pausania. Tuttavia, riporta invece una strana storia a lui collegata, quella del “tripode”. Sembra che il re Pausania abbia osato scrivere di propria iniziativa un distico su un certo “tripode”. Nel verso si menziona il nome di Pausania e si dice che egli eresse questo monumento in onore di Febo, dio del Sole, vedi sopra. Si ritiene che il “tripode” avesse l'ASPETTO DI UNA COLONNA O DI UN PILASTRO, fig. 4.19, fig. 4.20
, fig. 4.20a
. È difficile dire cosa fosse realmente il “tripode”, poiché Tucidide non lo specifica. Tuttavia, l'oggetto era chiaramente molto conosciuto. In seguito, “proprio con questo tripode” si iniziò a indicare la colonna di bronzo installata nell'ippodromo di Zar-Grad, fig. 4.21
. Si scrive così: "Il FAMOSO TRIPODE (trasferito da Costantino il Grande a Costantinopoli) si trova ora all'ippodromo. L'iscrizione sul tripode contiene una dedica e i nomi di 31 città greche che combatterono contro i Persiani. Il distico, composto da Simonide di Ceo, si trovava probabilmente alla base del monumento" [924], p. 454.
Questo distico, secondo quanto si dice, fu immediatamente cancellato dal “tripode” dagli spartani indignati, che solo dopo incisero su di esso i nomi di tutte le città che avevano combattuto contro il “Barbaro”. È proprio quanto afferma Tucidide, vedi sopra. Oggi si ritiene che qui ci si riferisca ai barbari persiani. Tuttavia, non è escluso che in origine con “Barbaro” si intendesse lo stesso re spartano Pausania, “che si era alleato con i barbari persiani”. Non a caso Tucidide usa la parola BARBARO al singolare, e per di più come nome proprio.
Il nostro pensiero è molto semplice. Qui, nelle pagine di Tucidide, sono sopravvissuti i ricordi della crocifissione dell'imperatore Andronico Cristo su una croce a forma di palo = “colonna”. Alcuni avrebbero potuto chiamare la croce di Cristo un "tripode" e collegarla al “re Pausania” = Cristo.
L'ISCRIZIONE, fatta sul “tripode” presumibilmente dallo stesso re Pausania-Cristo, è molto probabilmente la famosa iscrizione sulla tavoletta appesa sopra la testa di Cristo crocifisso. I Vangeli riportano: "E sopra il suo capo posero un'ISCRIZIONE che indicava la sua colpa: Questo è Gesù, il Re (Rex) dei Giudei" (Matteo 27:37). In seguito, questa iscrizione è stata raffigurata per diverse centinaia di anni nelle antiche immagini cristiane della crocifissione, fig. 4.22
, fig. 4.23
, fig. 4.24
.
Notiamo che, secondo i Vangeli, l'iscrizione sulla tavoletta indicava la COLPA di Gesù. Analogamente, secondo Tucidide, l'iscrizione sul “tripode” era stata attribuita al re spartano Pausania. Egli, a quanto pare, era COLPEVOLE di aver scritto quelle parole su un oggetto sacro.
Secondo la versione “antica” greca, l'iscrizione sul “tripode di Pausania” definiva il re “IL COMANDANTE IN CAPO DEI GRECI”. Ciò concorda bene con la versione evangelica dell'iscrizione sulla croce di Cristo: “Questo è Gesù, il Re dei Giudei”.
Inoltre, l'iscrizione sul “tripode di Pausania” affermava che il MONUMENTO ERA STATO ERETTO dallo stesso Pausania. Probabilmente, in origine, nel vecchio testo di Tucidide si diceva qualcosa del tipo: “la croce di Cristo era stata innalzata” o esaltata. Occorre ricordare che esiste ancora oggi la festa dell'ESALTAZIONE DELLA CROCE, cioè quando la croce di Cristo viene sollevata e installata, piantata. Allo stesso tempo, sulla croce-tripode era appeso proprio il Re dei Giudei = il re Pausania. Per cui, il distico “antico” potrebbe benissimo essere stato scritto nel senso che FU LO STESSO PAUSANIA A SOLLEVARE QUESTO MONUMENTO.
Inoltre, nell'iscrizione sul “tripode di Pausania” era scritto che era stato eretto in onore di Febo, il dio del SOLE. Tuttavia, Cristo era davvero chiamato SOLE.
Il “tripode di Pausania” è considerato un oggetto sacro nella tradizione greca "antica". La croce su cui fu crocifisso Cristo è considerata l'Albero Sacro. Era venerata. I pezzi dell'Albero di Cristo sono ancora conservati in diversi templi come reliquie sacre. Alcuni di essi sono incastonati in scrigni preziosi, decorati con oro e pietre preziose.
Infine, il riferimento alla trentina di città greche menzionate nel “tripode di Pausania” può indicare un'altra circostanza interessante. Come abbiamo già visto più volte, la parola stessa "greco" in precedenza significava semplicemente “cristiano”. Cristo era chiamato anche Hor o Horus, vedi il nostro libro “Il re degli Slavi”. Pertanto, un tempo la parola GRECIA o HRETSIA, HRIS, poteva derivare dal nome HRISTOS. Tanto più che la “città di CRISTO” divenne Zar Grad = Gerusalemme, capitale del paese medievale che prese il nome di “GRECIA”. Tuttavia, in tal caso, risulta che sulla croce di Cristo, diventata dopo la crocifissione un oggetto sacro per tutti i cristiani, o sull'immagine della croce, furono scritti i nomi delle trentuno città CRISTIANE. Probabilmente si trattava dei centri più importanti del cristianesimo, che si diffuse nell'Impero alla fine del XII - inizio del XIII secolo.
Torniamo ancora una volta all'antica colonna di bronzo del Serpente, che oggi viene dichiarata un residuo dello “stesso tripode di Pausania” ed è esposta all'Ippodromo di Istanbul, fig. 4.21. I commentatori dicono quanto segue: "Questa colonna è il più antico monumento greco di Istanbul. Nel 479 a.C. (presumibilmente - Aut.) fu eretta dalle 31 città che sconfissero i Persiani nella battaglia di Platea, nel tempio di Apollo a Delfi. I nomi delle città sono scritti sulle volute dei serpenti alla base... La colonna è alta cinque metri e rappresenta tre serpenti intrecciati. La parte superiore perduta della colonna sembrava un TRIPODE, che sosteneva una SFERA D'ORO. La parte superiore di una delle teste di serpente sopravvissute è ora esposta al secondo piano del Museo Archeologico" [1464], p. 48. Vedi fig. 4.20a
sopra.
Nelle fig. 4.25, fig. 4.26
e fig. 4.26a
riportiamo le antiche immagini conservate della “colonna del re Pausania” con tre teste di serpente ancora intatte. Vedi anche il libro “Impero”, cap. 20. Tuttavia, il tripode con la sfera dorata è scomparso. Ricordiamo che Cristo era chiamato anche Sole. Pertanto, la sfera dorata in cima alla colonna-pilastro simboleggiava molto probabilmente Pausania-Cristo. In questo modo, la Colonna Serpente fu probabilmente realizzata in un secondo momento, in memoria della crocifissione di Cristo. Al posto della croce-pilastro fu realizzata una colonna di bronzo a spirale, sulla cui sommità fu posto il simbolo di Cristo: il Sole, ovvero una sfera dorata.
È curioso che, dopo aver esposto brevemente la storia di Cristo-Pausania, Tucidide inizi per la seconda volta il racconto dell'arresto e dell'esecuzione di Cristo. Lo stesso Tucidide, probabilmente, non se ne accorge. Tuttavia, basandoci sulla nuova cronologia e sulla nostra ricostruzione, cominciamo a capire l'essenza di ciò che sta accadendo. Per cui, ci viene rivelato ciò che era rimasto nascosto a Tucidide o ai suoi redattori. Giudicate voi stessi.
6.5. LA RIPETIZIONE DEL RACCONTO DI TUCIDIDE SULL'ARRESTO DI PAUSANIA-CRISTO. IL GIUDA EVANGELICO, TRADITORE E SPIONE, CHE HA TRADITO IL RE SPARTANO PAUSANIA.
Secondo i Vangeli, l'apostolo Giuda, uno dei discepoli più vicini a Cristo, lo tradì. Si recò dai sommi sacerdoti, ricevette da loro trenta denari come pagamento per il tradimento e indicò loro il luogo e l'ora in cui avrebbero potuto catturare Cristo. Inoltre, guidò personalmente un gruppo di soldati, trovò Gesù, lo baciò e indicò Cristo ai soldati. Tuttavia, in seguito si pentì e si impiccò a un albero di fico.
C'è un riferimento all'evangelico Giuda in Tucidide? Sì, c'è, anche se notevolmente distorto. Dopo il racconto del “tripode di Pausania”, Tucidide passa immediatamente a descrivere come fu tradito il re Pausania.
Ci riferiamo al MESSAGGERO che il re Pausania voleva inviare ai Persiani con una lettera per il sovrano persiano. Fu proprio lui a tradire il re Pausania. Quest'ultimo, avventatamente, considerava il messaggero il suo “uomo più fedele”, vedi sopra.
Notiamo subito che Tucidide parla di un MESSAGGERO. Tuttavia, “messaggero” in greco è ANGELO. Qui ricordiamo che la congiura contro l'imperatore Andronico Cristo a Zar Grad fu organizzata da Isacco ANGELO, il quale, come abbiamo sottolineato nel libro “Il re dei Slavi”, è un riflesso parziale del traditore Giuda dei Vangeli. Così, sia nella storia del re Pausania, sia nella storia di Andronico Cristo, emerge lo stesso nome del traditore: ANGELO = messaggero.
Secondo Tucidide, il messaggero Angelo era INTIMO del re Pausania. Probabilmente, in questa forma distorta si riflette il famoso BACIO DI GIUDA del Vangelo, con cui questi tradì Cristo. "Colui che lo tradiva diede loro un segno, dicendo: “Colui che bacerò, è lui, prendetelo”. E subito, avvicinatosi a Gesù, disse: “Rallegrati, Maestro!” E LO BACIÒ. Gesù gli disse: “Amico mio, perché sei venuto?” (Matteo 26:48-50). Vedi fig. 4.27.
Inoltre, come abbiamo dimostrato nel libro “Il re dei Slavi”, nelle cronache russe il traditore Giuda Iscariota è raffigurato come la MOGLIE del principe Andrey Bogolyubsky. Fu proprio lei a organizzare il complotto contro il marito, ad assistere personalmente al suo assassinio e persino a tenere in mano la mano mozzata del principe. Per cui, diventa abbastanza chiaro perché il TRADITORE E DELATORE di Tucidide sia stato chiamato INTIMO DEL RE PAUSANIA.
Rivediamo ancora una volta il racconto di Tucidide su come fu tradito il re Pausania. Il traditore-informatore-messaggero apre il messaggio del re, dopo averne falsificato il sigillo. Dopo aver letto il messaggio, decide di recarsi direttamente dagli efori spartani per riferire. Espone agli efori il succo della questione e discute con loro il modo migliore per organizzare l'arresto del re Pausania.
Davanti a noi si svolge la scena evangelica dell'arrivo dell'apostolo Giuda dai sommi sacerdoti ebrei. Giuda concorda il prezzo e riceve i suoi trenta denari. In entrambe le versioni, il traditore, DI SUA INIZIATIVA, si presenta ai nemici del re offrendo loro i propri servizi.
Poi il messaggero-traditore invita il re Pausania e lo esorta alla sincerità. Questi, senza sospettare nulla, riconosce la giustezza delle accuse. Tutto questo viene sentito dagli efori spartani, nascosti in una stanza vicina. Ottenute le prove necessarie della colpevolezza del re Pausania, tornano da loro e danno ordine di arrestarlo immediatamente.
Questi dettagli non sono presenti nei Vangeli canonici. Forse qui la versione “antica” greca ci trasmette dettagli precedentemente sconosciuti dell'arresto di Andronico Cristo. Mettendo insieme i documenti più disparati, che risultano essere duplicati, abbiamo ora la possibilità di far luce su molti eventi antichi.
Tuttavia, torniamo al re Pausania. Il suo arresto avviene così. Il re Pausania si trovava per strada quando un gruppo di efori si avvicinò con l'intenzione di arrestarlo. A quel punto, uno degli efori, che era ben disposto verso di lui, fece un cenno con la testa a Pausania, come per avvertirlo del pericolo. Nello stesso momento, UN ALTRO EFORE SI AVVICINÒ A PAUSANIA con un'espressione sul volto che rendeva chiarissime le sue intenzioni ostili. Così, almeno, si può capire la frase di Tucidide: «egli (Pausania - Aut.), secondo quanto riferito, CAPÌ DALL'ESPRESSIONE DEL VOLTO DI UNO DEGLI EFORI...», vedi sopra. E il re si mise a correre.
Probabilmente qui ci imbattiamo nella storia evangelica del SEGNO CHE GIUDA FECE AI SOLDATI CHE LO ACCOMPAGNAVANO. Egli si avvicinò fingendo di essere amico e baciò Cristo, fig. 4.28, fig. 4.29
. Ma in realtà era un perfido traditore, un nemico. Quindi, la struttura degli eventi è la seguente: UN FALSO AMICO, UN NEMICO PERFIDO, IL SEGNO DATO, un bacio.
La versione “antica” greca riportava sostanzialmente lo stesso racconto dei Vangeli, ma con espressioni diverse. Essa “divideva” il cattivo Giuda in DUE efori. Secondo questa versione, uno si avvicinò al re come NEMICO, mentre l'altro si avvicinò come AMICO e gli fece persino un cenno di avvertimento. La struttura della trama “antica” greca è più o meno la stessa di quella evangelica: UN AMICO, UN NEMICO MALVAGIO, UN SEGNO, un cenno del capo. È comprensibile anche la confusione sul significato del SEGNO. Infatti, il malvagio apostolo Giuda fece davvero un segno APPARENTEMENTE AMICHEVOLE: BACIÒ CRISTO. Ecco perché Tucidide, senza capire, scrisse che il segno fatto da uno degli efori era AMICHEVOLE.
Notiamo che, secondo i Vangeli, Giuda fa un segno ai soldati BACIANDO Cristo. Mentre secondo Tucidide, l'efore fa un segno al re Pausania INCLINANDO LA TESTA. È molto interessante che siano giunti fino a noi gli "antichi" testi rabbinici in cui anche Giuda Iscariota fa un segno INCHINANDOSI O INCLINANDO IL CAPO. Citiamo: "Secondo il manoscritto di Lipsia, Giuda Iscariota contribuì all'arresto di Yeshua. Si racconta che quando Yeshua arrivò a Gerusalemme con i suoi discepoli per la Pasqua, Giuda gli si avvicinò nel tempio E SI INCHINÒ DAVANTI A LUI, riconoscendolo così tra la folla dei discepoli. DOPO AVER RICEVUTO QUESTO SEGNO DA GIUDA, i saggi immediatamente arrestarono Yeshua" [307], p. 348.
Nel manoscritto ebraico di Strasburgo si dice praticamente la stessa cosa: "Quando i discepoli di Yeshua si riunirono da ogni luogo per la festa... allora i saggi entrarono nella casa dell'insegnamento (sinagoga), dove si trovavano coloro che erano venuti da Antiochia. Tra loro c'era anche il malvagio. Allora entrò con loro nell'assemblea anche Gaisa, SI INCHINÒ DAVANTI A YESHUA e si inginocchiò davanti a lui. Allora i saggi lo riconobbero e, avvicinandosi a lui, lo presero (Yeshua)» [307], p. 348. Qui Giuda è chiamato Gaisa.
Pertanto, l'antico Tucidide ci riporta la stessa storia del re Pausania che si trova nei vecchi testi rabbinici sull'arresto di Gesù. In entrambi i casi si dice chiaramente che il traditore ha fatto un segno con la mano.
Questo esempio mostra chiaramente come le vecchie informazioni venivano distorte durante la riscrittura e la revisione. Qualcosa è stato frainteso, qualcosa è stato distorto. Intenzionalmente o involontariamente. Di conseguenza, il racconto diventa confuso e solo con uno strumento come la nuova cronologia è possibile tentare di ricostruire gli eventi autentici. Senza una sequenza prestabilita di date verificate, la lettura dei testi antichi è molto difficile, poiché non è chiaro chi si debba confrontare e con chi. Va detto che il libro [307] “Gesù Cristo nei documenti della storia”, che contiene molti testi antichi, compresi quelli rabbinici, si è rivelato molto utile per ricostruire la vera storia del cristianesimo. Ma torniamo a Tucidide.
Tucidide descrive poi la fuga del re Pausania. Nella storia di Andronico Cristo ci fu davvero un tentativo di fuga. Egli voleva fuggire su una nave dalla città ribelle di Zar-Grad, ma non ci riuscì. Dovette tornare indietro e poco dopo l'imperatore fu arrestato, vedi il libro “Il re degli Slavi”. Nei Vangeli il motivo della fuga di Cristo è attenuato. Gesù si allontana solo con un gruppo di apostoli in un luogo appartato e “recintato”, il giardino del Getsemani, dove viene raggiunto dai suoi persecutori.
Nella versione “antica” greca della morte del re Pausania, il motivo della crocifissione o di qualcosa di simile è assente. Tucidide, subito dopo il racconto della fuga del re, passa in realtà alla sepoltura e alla resurrezione di Gesù-Pausania. Di questo parleremo nel prossimo capitolo.
6.6. LA SEPOLTURA E LA RESURREZIONE DI CRISTO NELLE PAGINE DI TUCIDIDE. IL RE PAUSANIA VIENE MURATO, POI TOLGONO IL TETTO-COPERCHIO (DELLA TOMBA?) E TROVANO INASPETTATAMENTE IL RE VIVO.
La parte finale del racconto di Tucidide sulla morte del re Pausania è molto interessante. Ricordiamo brevemente la trama, cambiando l'ordine di alcuni elementi per evidenziare meglio la corrispondenza con i Vangeli.
1) Fuggendo dai suoi persecutori, il re entrò in una PICCOLA STANZA DEL TEMPIO E ATTESE TRANQUILLAMENTE IL SUO DESTINO.
2) IL RE MORÌ.
3) Quando il re Pausania si trovò all'interno, gli efori ordinarono di MURARE LA STANZA.
4) GLI EFORI POSIZIONARONO DELLE GUARDIE ALLA “CASA”.
5) GLI EFORI ORDINARONO DI TOGLIERE IL TETTO E LE PORTE DELLA “STANZA”.
6) QUANDO IL RE FU PORTATO ALL'ESTERNO, RISULTAVA ESSERE VIVO, appena dopo morì.
7) Il corpo del re Pausania inizialmente non doveva essere sepolto, ma gettato in un precipizio. Tuttavia, fu poi sepolto. Inizialmente in un luogo, poi in un altro. Per qualche motivo, alla dea Atena furono consacrati NON UN SOLO CORPO, MA DUE e furono scolpite DUE statue del re Pausania invece di una.
8) Il corpo del re Pausania “volevano gettarlo” nel burrone della Ceada.
Qui si intravedono chiaramente tutti gli elementi costitutivi del racconto evangelico sulla sepoltura e la resurrezione, nonché sulla successiva discesa di Cristo agli inferi. Tuttavia, Tucidide ha leggermente confuso l'ordine cronologico dei frammenti, quindi ne abbiamo riordinati alcuni per ricostruire il quadro originale. Infatti.
1) Per sfuggire agli efori, il re Pausania si nasconde in un tempio. Forse qui vediamo un vago ricordo della fuga di Andronico Cristo o della solitudine di Cristo con gli apostoli nel giardino del Getsemani poco prima dell'arresto. Allo stesso tempo, forse, questo è il riflesso del fatto che il corpo di Cristo, dopo essere stato deposto dalla croce, fu posto in un sepolcro. Tucidide dice che, trovandosi in un «piccolo locale», il re Pausania «si calmò»: «iniziò ad attendere tranquillamente il suo destino». Probabilmente qui traspare l'espressione originariamente presente nel testo antico: il re è morto, ovvero è deceduto, o, come si diceva e si dice ancora oggi: “riposa in pace”. Queste parole vengono pronunciate sulla tomba del defunto, di una persona morta. Un cronista occidentale, che aveva già iniziato a dimenticare la lingua russa, avrebbe potuto facilmente confondere le parole SPOKOJNO (tranquillo), USPOKOJILS'J (pacifico), USP (pace). E invece della frase: “il re morì”, scrisse: “il re si calmò”. Il risultato è stato un po' strano: difficilmente un sovrano perseguitato si sarebbe calmato subito, nascondendosi solo temporaneamente dai nemici che lo circondavano in una piccola stanza del tempio. Anche se contava sull'aiuto della dea.
A proposito, abbiamo già più volte trovato tracce del fatto che molte cronache antiche del Grande Impero “Mongolo” erano state originariamente scritte in russo. Solo più tardi, nel XVI-XVII secolo, alcune di esse furono riscritte e tradotte nelle lingue “antiche” del greco e del latino, inventate di recente e dichiarati "terribilmente antiche".
2) e 3) L'ordine degli efori di MURARE LA PICCOLA STANZA dove si trovava il re Pausania. La morte del re. È opportuno ricordare qui le parole degli evangelisti. "Quando fu sera, venne un uomo ricco di Arimatea, di nome Giuseppe... Egli, giunto da Pilato, chiese il corpo di Gesù. Allora Pilato ordinò di consegnare il corpo; e, preso il corpo, Giuseppe lo avvolse in un lenzuolo pulito e LO POSE IN UN SEPOLCRO NUOVO, CHE EGLI AVEVA SCOLPITO NELLA ROCCIA; E, DOPO AVER ROTOLATO VIA IL GRANDE MASSICCIO DI PIETRA DALLA PORTA DEL SEPOLCRO, SI RITIRÒ» (Matteo 27:57-60). Come possiamo vedere, l'«antico» Tucidide menzionò tutti gli elementi fondamentali del racconto evangelico. “La piccola stanza del tempio” in cui si trovava il re Pausania è la tomba di Cristo, scavata nella roccia. Una tomba o un sarcofago.
In seguito, gli efori spartani MURARONO L'USCITA DELLA TOMBA. Cioè l'INGRESSO al sarcofago o al grande sarcofago di pietra. Anche i Vangeli riferiscono che Giuseppe, dopo aver deposto il corpo di Cristo nella tomba di pietra, AVVICINÒ UNA GRANDE PIETRA ALLA PORTA DELLA TOMBA. Ovvero, MURÒ L'INGRESSO DELLA TOMBA, proprio ciò che Tucidiide riferì accuratamente, parlando di Cristo-Pausania.
4) Gli efori spartani POSIZIONARONO DELLE GUARDIE PER PROTEGGERE IL LUOGO IN CUI SI TROVAVA IL RE PAUSANIA. Tuttavia, anche questa è una scena ben nota del Vangelo. "I capi dei sacerdoti e i farisei si riunirono da Pilato e gli dissero: Signore! Ci siamo ricordati che quell'impostore, mentre era ancora in vita, disse: “Dopo tre giorni risorgerò”; ordina dunque che il sepolcro sia sorvegliato fino al terzo giorno, affinché i suoi discepoli, venendo di notte, non lo rubino e dicano al popolo: "È risorto dai morti... Pilato disse loro: «Avete la guardia; andate, custoditelo come sapete». Essi andarono e POSERO LA GUARDIA AL SEPOLCRO E APPOSERO IL SIGILLO SULLA PIETRA" (Matteo 27:62-66).
5) e 6) Poi, secondo Tucidide, gli efori spartani ORDINARONO DI TOGLIERE IL TETTO E LE PORTE DEL LOCALE. Il re Pausania viene tirato fuori ed è VIVO. Qui riconosciamo la famosa scena della Resurrezione di Cristo, fig. 4.30. «All'alba del primo giorno della settimana, Maria Maddalena e l'altra Maria andarono a vedere il sepolcro. Ed ecco, si fece un gran terremoto, perché un angelo del Signore, sceso dal cielo, si avvicinò, SPOSTO' LA PIETRA DALLA PORTA DEL SEPOLCRO e sedette su di essa; e il suo aspetto era quello di un fulmine, e il suo vestito bianco come la neve; spaventati, le guardie tremarono e rimasero come morte. L'angelo, rivolgendosi alle donne, disse: «... Non è qui, è risorto, come aveva detto. Venite a vedere il luogo dove giaceva il Signore» (Matteo 27:1-6).
Vediamo che la frase evangelica secondo cui l'angelo rotolò la pietra dalla porta del sepolcro, fig. 4.31, Tucidide la interpretò nel senso che era stato ordinato di rimuovere il tetto e le porte del “locale”. E il re Pausania, portato fuori dal “locale”, era vivo. Fu così che il razionalista Tucidide interpretò la Resurrezione di Cristo. Tucidide non credeva nei miracoli. Per questo scrisse che il re era ancora vivo quando aprirono il sepolcro. Tuttavia, “poi morì”. Cioè, ha invertito la morte di Cristo e la sua Resurrezione. In questo modo, il contenuto cristiano della cronaca “antica” greca è stato offuscato dalla penna di un redattore competente. La Resurrezione di Gesù è come se fosse scomparsa. A proposito, invece di: «IL COPERCHIO DELLA TOMBA È STATO RIMOSSO», Tucidide inserì un'espressione dal suono simile: «IL TETTO DELLA STANZA È STATO RIMOSSO». Confuse le parole «TETTO» e «COPERCHIO».
7) Quindi Tucidide inizia a ragionare in modo confuso sul destino del corpo del re Pausania. Come ora sappiamo, nel testo antico c'era scritto che Cristo era risorto. Cioè il suo corpo era come “scomparso” dalla tomba. Tuttavia, lo scettico Tucidide non può o non vuole scrivere una cosa del genere. Per questo cerca di eliminare del tutto il pathos religioso della storia e inizia a interpretare in modo confuso che, a quanto pare, inizialmente non volevano seppellire il corpo del re Pausania, ma pensavano di gettarlo in un precipizio. Tuttavia, in seguito, come dice, lo hanno comunque seppellito. Prima in un posto, poi lo hanno dissotterrato e trasferito in un altro. Da qualche parte a Tucidide è persino venuta l'idea dei “due corpi”, poiché alla dea Atena, come egli dice, non fu consacrato UN SOLO CORPO DI PAUSANIA, MA DUE. A nostro avviso, qui ci sono le palesi tracce piuttosto evidenti delle revisioni editoriali del XVI-XVII secolo.
8) Il re Pausania volevano gettarlo nell'abisso della Ceada. Probabilmente, abbiamo davanti a noi il riflesso del noto racconto cristiano sulla discesa di Cristo agli inferi. Cioè nell'«abisso infernale», come lo descriveva metaforicamente Tucidide. Nei Vangeli canonici non se ne parla, ma è discusso in dettaglio in altre opere e preghiere cristiane. Come abbiamo notato nel libro “I Cosacchi-Ariani: dalla Rus' all'India”, la discesa di Gesù all'inferno si riflette, ad esempio, nella vecchia “preghiera alla Croce”. In passato era così famosa che era raffigurata persino sui crocifissi indossati e ancora oggi fa parte della preghiera quotidiana della Vecchia Chiesa. In essa si leggono le seguenti parole: “Rallegrati, Croce del Signore, scacciando i demoni con la forza del nostro Signore Gesù Cristo, DISCESO ALL'INFERNO e che ha vinto il potere del diavolo e ci ha dato la Sua Croce onorata per scacciare ogni nemico” [537:2], p. 11.
La discesa di Cristo agli inferi è descritta in modo molto dettagliato, in sette pagine, nel famoso “Vangelo di Nicodemo”, oggi considerato apocrifo [29]. L'immagine della discesa di Cristo agli inferi e della liberazione del genere umano dal potere del diavolo, era molto popolare nell'iconografia medievale, fig. 4.32, fig. 4.33
, fig. 4.33a
. È spesso raffigurata anche nelle icone ortodosse della Resurrezione di Cristo, vedi ad esempio fig. 3.25
. Vediamo che anche l'antico Tucidide, sebbene in modo molto succinto, ricordava questo famoso dogma cristiano.
Infine, come nel caso di Cilone, l'uccisione del re Pausania fu considerata da tutti un insulto alla dea Atena Parthenos. Cioè, come abbiamo già detto, alla Vergine Maria, che era la madre di Cristo.
Ora che abbiamo compreso l'essenza della questione, possiamo chiederci: perché Tucidide chiamò Andronico-Cristo PAUSANIA o PAUSANIO? Entrambe le forme di pronuncia di questo nome sono corrette. Non possiamo dare una risposta univoca, ma esprimiamo questa idea. Nel libro “Il re degli Slavi” abbiamo dimostrato che uno dei riflessi di Cristo è Andrea il PRIMO CHIAMATO. Cioè il PRIMO APOSTOLO AD ESSERE CHIAMATO. Oppure il primo che fu CHIAMATO o PRETESO per servire Dio Padre. Oppure è stato CHIAMATO nel senso che “è risorto”, è apparso a Dio, è apparso alla Sua CHIAMATA, invito. È possibile che nel cristianesimo primitivo, in questo caso fosse usato il termine CHIAMATO da “chiamare”, cioè invocato, convocato, nominato. Tuttavia, la parola russa POZVAN differisce dal nome PAVZAN-ij solo per la permutazione delle consonanti: pozvan = PZVN --> PVZN = Pavzani. Quindi, forse, il nome PAVZANI significava: CHIAMATO da Dio. In sostanza, la stessa cosa di PERVOZVANNY Andrey, cioè Cristo.
In conclusione, prestiamo attenzione a un'altra circostanza. Gli storici ci assicurano che Cilone morì intorno al 636-632 o intorno al 620-612 [988:00]. Tuttavia, i Spartani e gli Ateniesi si “ricordarono” di lui solo prima dell'inizio della guerra del Peloponneso, cioè intorno al 431 a.C. Vedi fig. 4.17. Come abbiamo già detto, fu proprio l'uccisione di Cilone che fu addotta come motivo della guerra dai Peloponnesi. Che cosa ne consegue? A quanto pare, per circa DUECENTO ANNI nessuno si era ricordato della morte dello sfortunato Cilone. Ma poi, all'improvviso, tutti hanno iniziato a parlare di lui e a chiedere a gran voce VENDETTA! Hanno taciuto per duecento anni e poi si sono svegliati all'improvviso. Non è strano? Tuttavia, come ora sappiamo, la stranezza deriva solo dalla cronologia errata di Scaligero. Nella nuova cronologia, l'uccisione di Cilone-Cristo risale al 1185 e quasi subito dopo scoppia la grande guerra di Troia, ovvero la guerra del Peloponneso, ovvero le Crociate. Non ci furono certo duecento anni di oblio. La vendetta fu richiesta immediatamente dopo l'uccisione di Cristo, senza aspettare due secoli interi.
Lo stesso vale per la datazione di Scaligero dell'assassinio del re Pausania, fig. 4.17. Si ritiene che egli sia morto intorno al 472-467 a.C., ovvero circa QUARANT'ANNI prima dell'inizio della guerra del Peloponneso, presumibilmente nel 431 a.C. Tuttavia, anche qui emerge una stranezza. Quarant'anni di oblio, e poi improvvisamente “si ricordarono”, si svegliarono e subito si misero a vendicarsi ferocemente. Tuttavia, per qualche motivo, i vendicatori furono solo i figli, la generazione successiva. I nostri padri, dicono, non si vendicarono, non pensarono nemmeno a una cosa del genere. Ma ora vendicheremo noi. E in questa guerra su vasta scala e sanguinosa sono stati coinvolti non solo tutta la Grecia, ma anche molti paesi vicini. E tutto questo a causa di un evento avvenuto quarant'anni o addirittura duecento anni prima? Molto dubbiosa.
Come nel caso di Cilone, la nuova cronologia e la nostra ricostruzione mettono subito tutto al suo posto. Le assurdità scompaiono.
6.7. ANCORA UNA VOLTA SULLA FEDELTÀ DEL “TIRANNO” PAUSANIA AI PERSIANI, OVVERO AI P-RUSSI O ALLA RUS' BIANCA.
Torniamo al momento che chiaramente preoccupava i “classici”. Vale a dire, la fedeltà del re Pausania ai Persiani. Questo tema non dà pace né a Tucidide né a Plutarco. Inoltre, il re Pausania viene continuamente accusato di TIRANNIA. Tucidide, in particolare, scrive: "Pausania, figlio di Cleombroto di Sparta, fu inviato come capo militare degli Elleni... Da tempo, tuttavia, IL COMPORTAMENTO AUTORITARIO DI PAUSANIA AVEVA INIZIATO A IRRITARE GLI ALTRI GRECI (in particolare gli Ioni e tutti coloro che si erano appena liberati dal GIOGO DELLA PERSIA). Pertanto, gli alleati si rivolsero... con la richiesta... di non permettere più l'arbitrarietà di Pausania... I Lacedemoni richiamarono Pausania per indagare sulle voci che circolavano su di lui. In effetti, gli Elleni che giungevano a Sparta si lamentavano spesso del suo abuso di potere, PIÙ PROPRIO DI UN TIRANNO che di un comandante... Gli alleati (ad eccezione dei Peloponnesi), ARRABBIATI CON LUI, passarono dalla parte degli Ateniesi. Giunto a Lacedemone, PAUSANIA FU PROCESSATO E CONDANNATO... Riuscì a discolparsi dalle principali accuse di crimini contro lo Stato. LO ACCUSAVANO PRINCIPALMENTE DI ESSERSI ALLEATO AI PERSIANI (E QUESTA ACCUSA, SECONDO L'OPINIONE COMUNE, ERA SUFFICIENTEMENTE MOTIVATA)" [924], pp. 42-43.
Abbiamo già detto che Cristo-Pausania era valutato in modo diverso da persone diverse. Ad esempio, lo storico bizantino Niceta Coniata ed alcuni storici dell'epoca delle Crociate, hanno un atteggiamento decisamente negativo nei confronti dell'imperatore Andronico Cristo, accusandolo letteralmente con le stesse parole degli “antichi classici”. Lo definiscono pazzo, malvagio, tiranno e così via. Un insieme analogo di stereotipi negativi lo ritroviamo anche in Tucidide.
Naturalmente, ciò che indigna particolarmente i “classici” è l'alleanza del re Pausania con gli “antichi” PERSIANI. Cioè, come ora sappiamo, con gli slavi, i russi del XII secolo. La Persia di quel tempo, come ora comprendiamo, era la Rus' dell'Orda, la P-Russia, la Rus' Bianca, vedi il libro “La Rus' biblica”. La madre di Cristo nacque probabilmente nella Rus', vedi il nostro libro “Il re degli Slavi”. Per questo motivo, durante tutta la sua vita, Andronico-Cristo mantenne stretti legami con la Rus', trascorrendo molto tempo in questo paese. Tuttavia, durante l'epoca della Riforma, quando furono revisionati i manoscritti “antichi”, la “traccia russa” nella biografia di Pausania-Cristo iniziò ad essere considerata estremamente dannosa e categoricamente errata. Nel XVII-XVIII secolo, la Rus', che era stata per lungo tempo la metropoli del Grande Impero Mongolo, fu dichiarata in Occidente “l'Impero del Male”. Fu persino coniato un termine appropriato: “giogo persiano”, vedi sopra. Proprio in quel periodo i Romanov in Russia cominciarono a parlare con entusiasmo del “giogo tartaro”. Fu allora che cominciarono a farsi sentire le autorevoli note editoriali degli europei occidentali su Andronico-Pausania-Cristo, abilmente inserite a posteriori nella bocca degli “antichi”. Pausania era, a quanto si dice, un traditore dei nobili, ma poveri Greci. Si era alleato con i barbari, ma ricchi, “Persiani”. In linea di massima, era un tiranno, un mostro, una persona molto, molto cattiva.