Сronologia 3
di Anatoly T.Fomenko

PARTE PRIMA - LA DATAZIONE DELL'ALMAGESTO
di A. T. Fomenko, V. V. Kalashnikov e G. V. Nosovskiy.

testo tradotto in italiano da Claudio dell'Orda

This Italian translation of the fragments of the 3-st volume by Anatoly Fomenko was done by Claudio dell'Orda from the English edition: 
A. T. Fomenko, V. V. Kalashnikov, G. V. Nosovskiy
History: " Fiction or Science?" Astronomical methods as applied to chronology. Ptolemy's Almagest. Tycho Brahe. Copernicus.
The Egyptian zodiacs.

CAPITOLO 10
di A. T. Fomenko e G. V. Nosovskiy.

Considerazioni aggiuntive riguardo la datazione dell’Almagesto. Gli oscuramenti stellari e le eclissi lunari.

4. L’era di Nabonassar secondo la soluzione tardo medievale.

La nostra soluzione tardo medievale per i quattro oscuramenti stellari dei pianeti ci porta al seguente concetto sull'origine della cronologia dell'Almagesto. Come abbiamo già sottolineato, l'era principale utilizzata da Tolomeo è quella di Nabonassar. A parte questa, Tolomeo si riferisce anche alle ere di Alessandro e Dioniso, vedi sopra. Quali furono esattamente tutte le ere? Se gli eventi l'astronomici riflessi nell'Almagesto fossero avvenuti nell'epoca del XII-XVII secolo, quali potrebbero essere state le ere effettive? In altre parole, quali sono le vere identità di Nabonassar, Alessandro e Dioniso di cui parla Tolomeo?

Formuliamo la seguente ipotesi. L'era di Nabonassar è molto probabile che significhi l'era del “Re Divino”, in quanto nabonas sta per “divino” o “celeste” (in russo nebyesniy) e sar sta per “zar”. In alternativa, Nabon-Assar potrebbe essere un riferimento all'Assiria, poiché “Assar” e “Assiria” sono praticamente la stessa parola. Quindi, chi potrebbe essere stato questo “re divino”,? Forse Gesù Cristo, il che spiegherebbe perché questa fu l'era principale usata da Tolomeo. In poche parole si trattò semplicemente dell'era cristiana che nel tardo Medioevo fece da scala per la base cronologica: vale a dire l'Anno Domini.

Secondo la nostra ricostruzione, Gesù Cristo visse nel XII secolo d.C. e dopo lo spostamento cronologico all'indietro nel tempo di 100 anni, si riflesse nella storia medievale sotto il nome di “Papa Gregorio VII Ildebrando” (questo importante parallelismo è stato discusso molto approfonditamente in Metodi). Come abbiamo esposto in Le Fondamenta della Storia, le iniziali d.C. furono stabilite nel 1053 o 1054, anziché nella data effettiva del 1152 d.C. Questo fu l'anno dell'esplosione della supernova, i cui detriti stellari oggi sono conosciuti come la famosa Nebulosa del Granchio. Si tratta proprio di quella stella che nei Vangeli viene descritta come la stella di Betlemme. Per saperne di più sulla datazione di questa esplosione, leggete il nostro libro intitolato Lo Zar degli Slavi. I cronologisti medievali sbagliarono di 100 anni, dopo aver spostato la data dell'esplosione dalla sua posizione corretta del XII secolo a circa il 1053 d.C.

Questo è il motivo per cui alcune vecchie cronache conservarono le informazioni su Ildebrando (tradotto come “Splendente d'Oro”) nato nel 1020 d.C. ([64], pagina 216). Pertanto, come anno della Natività venne scelto il 1020 d.C., con una discrepanza di circa 100 anni. La formulazione finale di questa idea è la seguente. L'era di Nabonassar, ovvero l'era del “Re Celeste”, non è altro che l'era dopo Cristo erroneamente contata dal 1020 d.C., invece che dal 1152 d.C.

Vediamo ora se questo concetto corrisponde con le datazioni degli oscuramenti planetari fornite da Tolomeo nella cronologia dell'era di Nabonassar. Si scopre che è proprio così ed anche idealmente. Infatti, vediamo cosa succede quando sovrapponiamo l'inizio dell'era di Nabonassar con il 1020 d.C., vedere la Figura 10.10.

Tolomeo afferma che gli oscuramenti stellari da parte dei pianeti discussi in precedenza, ebbero luogo nei seguenti anni:

il 476mo anno dell’era di Nabonassar per Venere;

il 476mo anno dell’era di Nabonassar per Marte;

il 508mo anno dell’era di Nabonassar per Giove;

e il 519mo anno dell’era di Nabonassar per Saturno.

Se aggiungessimo 1020 anni a ciascuna di queste date, giungeremmo ai seguenti risultati:

1496 d.C. per Venere,

1496 d.C. per Marte,

1528 d.C. per Giove,

e 1539 per Saturno.

La concordanza è ideale. L'unica discrepanza è la differenza di un anno per Marte: 1496 anziché 1497. Questo ci fornisce una prova perfettamente indipendente della teoria formulata sopra, secondo la quale la soluzione astronomica tardo medievale del XV-XVI secolo per gli oscuramenti planetari è vera.

Quindi, che cosa si potrebbe dire delle altre due epoche: l'era di Dioniso e l'era di Alessandro (o “dalla morte di Alessandro”), quelle a cui Tolomeo si riferisce occasionalmente? L'immagine non è così chiara, ma c'è una possibile spiegazione implicita. In Cronologia 1 abbiamo scoperto uno spostamento cronologico di 100 anni, che trasferì all'indietro nel tempo alcuni eventi del tardo Medioevo. Inoltre, in Cronologia 1 Capitolo 6: 13.9, Cronologia 6 Capitolo 4 e Cronologia 6 Capitolo 5, dimostriamo che “l'antico Dioniso” non è che un riflesso del famoso cronologista medievale Dionigi Petavio (1583-1652), mentre “l'antico” Alessandro Magno è in buona parte un riflesso fantasma del famoso sultano Solimano I il Magnifico (1520-1566).

A quanto pare, lo spostamento cronologico centenario fece “viaggiare indietro nel tempo” Dionigi Petavio, il quale diede alla luce il “Dioniso” del XV-XVI secolo, un suo doppione fantasma che presumibilmente visse nel 1483-1522 d.C. Allo stesso modo, Solimano il Magnifico generò il riflesso fantasma “Alessandro Magno”, la cui vita fu attribuita agli anni 1420-1466.

Vediamo cosa succederebbe qualora volessimo contare le datazioni tolemaiche fornite per gli oscuramenti di Marte e Giove, da queste “date fantasma” nelle epoche di Dioniso e Alessandro. Troveremmo una perfetta concordanza. Guardate da voi stessi. Siccome “l'era di Dioniso” viene contata dal 1483, l'oscuramento di Giove che ebbe luogo nel 1528 avvenne esattamente nel 45mo anno di Dioniso, proprio come fu riportato da Tolomeo (1528–1483 = 45). Vedere sopra la Tabella 10.1. L'oscuramento di Marte che risale al 1497 ebbe luogo nel 14mo anno di Dioniso (1497-1483-14), mentre Tolomeo cita il 13mo anno di Dioniso. La discrepanza è pari solo a un anno.

La situazione con l'era di Alessandro è in qualche modo più ambigua. Qualora volessimo contare l'era di Alessandro dal 1445, che cade nel bel mezzo del regno di Solimano una volta spostato all'indietro di cento anni, giungeremmo a una corrispondenza con le datazioni tolemaiche (83mo anno di Alessandro per Giove e 52mo anno di Alessandro per Marte). Se contassimo le date dalla “morte di Alessandro”, gli intervalli sarebbero più piccoli di circa 20 anni.

L'ipotetico quadro finale della cronologia dell'Almagesto basato sulla soluzione tardo medievale, è il seguente.

Le edizioni finali dell'Almagesto risalgono ai primi del XVII secolo, ovvero l'epoca di Scaligero, Petavio e Keplero. I quattro oscuramenti planetari in questione vennero osservato dagli astronomi nel XV-XVI secolo, ossia circa 100 anni prima del periodo di vita dei personaggi tardo medievali in questione. Inizialmente, gli oscuramenti furono datati correttamente; la loro era nell'Almagesto è l'Anno Domini = Nabonassar = Il Divino Re. Come data della Natività è stato erroneamente scelto il 1020 (invece del 1152 d.C. che è la datazione autentica), in quanto era una delle due versioni possibili. Ricordiamo ai lettori che la seconda versione errata alla quale hanno aderito alcuni cronologisti medievali, fa risalire questo evento al 1053 o 1054 d.C., 33 anni più avanti nel futuro). Ribadiamo ancora una volta che la data corretta è il 1152 d.C.

I cronologisti medievali capitanati da Scaligero, Petavio e forse Keplero, iniziarono a creare l'errata “cronologia allungata”. Il primo passo fu quello di datare 100 anni indietro molti eventi del XV-XVII secolo, dando così alla luce dei “personaggi antichi” fantasma come “Dioniso” e “Alessandro”, che erano il riflesso del cronologista Dionigi Petavio e del sultano Solimano il Magnifico. Per queste due epoche vennero ricalcolate le datazioni degli oscuramenti planetari, che risultarono negli stessi numeri che furono scritti nell'Almagesto come le datazioni degli oscuramenti nelle ere di Dioniso e Alessandro.

Il processo di creazione della falsa cronologia non finì affatto qui. Nella fase successiva, gli eventi reali del XV-XVI secolo furono spostati dai cronologisti del XVII secolo all'indietro nel tempo di circa 1800 anni, per poi dare vita a quei “personaggi antichi fantasma” come Nabonassar, Alessandro, Dioniso, ecc...

 

 

5. La datazione della creazione dell’Almagesto e in che  modo il libro assunse la sua forma attuale. Tolomeo e Copernico.

Si presume che Tolomeo abbia scritto l'opera voluminosa Geografia, come pure il volume gigantesco dell'Almagesto, che è l'enciclopedia medievale di astronomia e matematica applicata che si presume sia stata utilizzata dagli scienziati europei e asiatici per circa 1500 anni.

“L'ultimo nome famoso che troviamo nell'astronomia greca è quello di Claudio Tolomeo. Non sappiamo nulla della sua vita tranne che visse ad Alessandria a partire dal 120 d.C. La sua fama si basa in gran parte sul grande trattato astronomico intitolato Almagesto, la fonte primaria per la conoscenza dell'astronomia greca, che può senza dubbio essere definito come l'enciclopedia astronomica del Medioevo. Tolomeo è anche il presunto autore di diversi trattati minori di astronomia e astrologia... A parte questo, è l'autore di un importante opera sulla geografia e, forse, di un altro trattato sull'ottica” ([65], pagine 64-65).

Come abbiamo già sottolineato, una delle sezioni principali dell'Almagesto è il famoso catalogo stellare contenuto nei libri 7 e 8. In tutto ci sono 13 libri nell'Almagesto. Il catalogo contiene le descrizioni di circa mille stelle, complete delle loro coordinate (latitudine e longitudine) nel sistema dell'eclittica. Gli storici sono dell'opinione che il catalogo fu compilato nel II secolo d.C., partendo presumibilmente dai risultati delle osservazioni condotte da Tolomeo intorno al 140 d.C., ovvero più di 1500 anni fa. Tuttavia, a partire dal XVIII secolo gli astronomi che studiarono l'Almagesto si trovarono di fronte alle numerose stranezze derivanti proprio dalla datazione di Scaligero. Venne valutato che le coordinate stellari come riportate nell'Almagesto non potevano essere state misurate in quell'epoca. La cosa portò a lunghi studi sul catalogo stellare dell'Almagesto e alla formulazione di numerose ipotesi al riguardo. La storia di questo problema è stata descritta dettagliatamente dagli autori in precedenza.

Abbiamo già parlato dei risultati del grande corpo di studio condotto piuttosto di recente dall'astrofisico e astronomo americano Robert Newton con l'aiuto di teorie moderne e computer precisi, che uscirono nel 1978 ([614]). Il nome del suo libro è abbastanza eloquente, si chiama Il Crimine di Claudio Tolomeo. Robert Newton arrivò alla conclusione che quasi tutte le presunte “osservazioni” raccolte nell'Almagesto sono false. E' risultato che i dati astronomici dell'Almagesto non corrispondono affatto alla situazione astronomica del II secolo d.C., oppure che rappresentano degli esercizi di calcolo teorico. Ciò vuol dire che in molti casi Robert Newton dimostrò che si trattavano di risultati di calcoli teorici medievali, anziché delle effettive osservazioni astronomiche. In altre parole, l'autore dell'Almagesto nel libro scrisse semplicemente i risultati dei suoi calcoli teorici, sostenendo che fossero i risultati derivanti dalle osservazioni.

Quando abbiamo condotto uno studio indipendente sul problema, siamo stati costretti a sviluppare un metodo speciale per la datazione dei vecchi cataloghi stellari, basato sul concetto di datare il catalogo tramite i valori di spostamento delle numerose stelle osservate sullo sfondo di quelle vicine “immobili”. Sebbene questi spostamenti siano piuttosto piccoli, è risultato che alterano piuttosto visibilmente la configurazione delle stelle luminose sulla sfera celeste. Le precise misurazioni moderne di questi spostamenti ci hanno fornito la prova che il catalogo stellare dell'Almagesto si basa su osservazioni del VII-XIII secolo d.C., non del II secolo d.C. (vedi sopra). Più specificamente, le osservazioni “tolemaiche” di quelle stelle luminose che erano ritenute le più importante nell'astronomia medievale, furono eseguite in quell'epoca. È molto probabile che il catalogo dell'Almagesto fu ampliato in un periodo successivo (fino al XVI secolo), includendo alcune stelle più fioche e meno famose. Sottolineiamo che si basa su vere osservazioni astronomiche, erroneamente datate al II secolo d.C. dai cronologisti successivi. Queste osservazioni risalgono veramente a un'epoca molto più tarda.

L'Almagesto era estremamente importante per la creazione della cronologia di Scaligero. Ecco perché a Tolomeo venne anche attribuita la paternità di tali opere di cronologia come Il Canone dei Re, citato da Sir Isaac Newton nel suo trattato sulla cronologia ([1298], pagina 294).

Formuliamo la nostra ricostruzione, basandola su tutto ciò che siamo riusciti a conoscere dell'epoca del XVI-XVII secolo.

  1. L'Almagesto di Tolomeo è un'enciclopedia che contiene i risultati di vere osservazioni astronomiche che sono state fatte viaggiare nel tempo per diverse centinaia di anni. Le prime osservazioni di questo tipo risalgono all'epoca degli inizi del X secolo d.C. Le osservazioni dell'Almagesto possono risalire fino al periodo del XVI secolo d.C. Si tratta di una famosa enciclopedia astronomica del Medioevo che riflette lo stato della scienza astronomica di quell'epoca; il libro è stato modificato, ampliato e rielaborato nel corso degli anni. E' possibile che sia stato davvero stampato nel XVI secolo.
  2. Tuttavia, anche se fossero esistite delle edizioni stampate del XVI secolo dell'Almagesto, non raggiunsero i nostri giorni. Essendo un'opera cronologica di fondamentale importanza, l'Almagesto di Tolomeo venne in buona parte riscritto nel XVII secolo, quando la cronologia di Scaligero della “antichità” fu introdotta come parte del programma di falsificazione della storia, che aveva principalmente a che fare con la storia del XV-XVI secolo. La sua successiva pubblicazione conteneva delle datazioni errate del XVI secolo e numerose “osservazioni antiche” prefabbricate, che erano veramente i risultati dei calcoli basati sulla teoria astronomica medievale del XVII secolo. La teoria descritta nell'Almagesto nella sua versione del XVII secolo, è proprio una delle teorie che servirono per creare le fondamenta principali della cronologia di Scaligero.

Le coordinate dei pianeti, le posizioni del sole e della luna ecc... furono calcolate indietro nel tempo per farle adattare alle datazioni di Scaligero. Quindi, le configurazioni astronomiche calcolate vennero dichiarate essere i risultati delle osservazioni reali e scritte nell'Almagesto come l'opera di certi astronomi in una determinata epoca (scaligeriana). Tuttavia, dal momento che la teoria astronomica del XVII secolo era molto meno precisa di quella di oggi, i calcoli che impiegano le formule moderne a volte ci permettono di esporre la frode, proprio come fece Robert Newton ([614]).

Questa è in breve la nostra ricostruzione.

Tuttavia, non si può fare a meno di porsi delle domande sulla teoria di Copernico, ovvero la teoria eliocentrica, in corrispondenza con tutto quanto detto sopra. La teoria di Tolomeo risulta essere comparsa nello stesso periodo della teoria di Copernico. Tuttavia, ci hanno insegnato a pensare che esiste un enorme divario temporale che separa le teorie di Tolomeo e Copernico, e che queste corrispondono a livelli completamente diversi di conoscenza scientifica. Per cui, la loro contemporaneità è impossibile. Si presume che Tolomeo fosse legato alla superstizione per cui la Terra era il centro di un cosmo totalmente armonioso, mentre Copernico era libero da simili dottrine e con coraggio mise il Sole al centro dell'Universo.

Tuttavia non è così. E' venuto fuori che posizionare la Terra al centro dell'Universo non era l'unica dottrina medievale. Una dottrina simile si occupava della natura ideale del cerchio e della teoria secondo cui un corpo celeste deve necessariamente muoversi lungo una circonferenza perfetta, che era sostenuta dal sistema tolemaico in cui si afferma che i pianeti hanno delle traiettorie complesse che rappresentano la somma di diversi moti di rotazione. Copernico basò la sua teoria proprio su questa dottrina della natura ideale del moto circolare. Secondo Robert Newton, “Rifiutando l'equante, a Copernico serviva un modello che lo sostituisse e che soddisfacesse la dottrina del moto circolare uniforme ... Lo schema di Copernico è più complesso dell'equante ... non considera il sole come punto focale della sua teoria - usa il centro dell'orbita tellurica in quanto tale ... in totale, Copernico utilizza quattro modelli diversi per rappresentare sei pianeti. Per questo scopo, a Tolomeo servivano solo tre modelli diversi. Non è quindi vero che Copernico aveva creato una teoria molto più primitiva di Tolomeo ... al contrario, la sua teoria era molto più complessa di quella di Tolomeo, nonostante il fatto che avrebbe potuto trovarne una molto più semplice se fosse stato un seguace altrettanto veemente della teoria eliocentrica, quanto lo era del concetto di moto circolare uniforme” ([614], pagina 328).

Robert Newton procede nel sottolineare che il vero “concetto eliocentrico fu ampiamente accettato cento anni dopo l'uscita delle opere di Copernico” ([614], pagina 328). In altre parole il XVII secolo. “Keplero fu il primo ad aver accettato il vero concetto eliocentrico” ([614], pagina 328). Questo fatto è abbastanza importante poiché ci porta alla seguente domanda: a quale epoca si può datare l'edizione del lavoro di Copernico che ha raggiunto i nostri giorni? Potrebbe aver subito delle pesanti modifiche un secolo dopo, nell'epoca di Keplero, o nella prima metà del XVII secolo?

Per cui possiamo vedere che le teorie di Tolomeo e Copernico possono essere davvero attribuite allo stesso livello di conoscenza della meccanica celeste e quindi avrebbero potuto comparire contemporaneamente. Si basano entrambe su dottrine medievali obsolete che erano dannose alla costruzione di una cosmologia corretta; l'unica differenza tra loro sta nelle dottrine di riferimento.

La teoria di Tolomeo era più avanzata dal punto di vista dei calcoli. Nel XVI-XVII secolo venne riconosciuta come la più corretta e quella più “basata sui numeri”. La teoria parallela di Copernico godeva di molta meno attenzione, anche se come possiamo vedere al giorno d'oggi è più vicina alla verità che la teoria di Tolomeo, nonostante i suoi risultati siano più approssimativi. Fu solo nel XVII secolo che venne formulata una corretta teoria eliocentrica, che non ricevette alcun riconoscimento fino alla pubblicazione delle opere di Keplero.

In questo senso siamo arrivati a un corollario importante. L'Almagesto di Tolomeo fu creato nella sua forma attuale nel diciassettesimo secolo e poi fatto sembrare “antico” dai suoi creatori per servire come fondamento della cronologia di Scaligero che fu inventata esattamente in quel periodo. Pertanto, gli eventi astronomici che vennero calcolati a ritroso con l'aiuto della teoria del XVII secolo, furono datati nell'Almagesto secondo la cronologia di Scaligero, con tutta la precisione che l'imperfetta teoria astronomica del XVII secolo poteva permettere. Sarebbe pertanto opportuno trattare i dati dell'Almagesto con la massima attenzione, qualora li usassimo per scopi cronologici o per ricostruire le vecchie date. Bisogna tenere costantemente presente che questi dati furono elaborati dai cronologisti del XVII secolo per convalidare la nascente cronologia di Scaligero con l'aiuto dei “documenti antichi”. Quindi, gli unici dati che possiamo usare in sicurezza sono quelli che non potrebbero essere stati calcolati nel XVII secolo, tipo le eclissi solari, le fasi esatte delle eclissi lunari e le posizioni celesti delle stelle. Tuttavia, i falsificatori del XVII secolo cercarono ovviamente di assicurarsi che tali dati non potessero sopravvivere.

Un vivido esempio è la “misteriosa” mancanza nell'Almagesto di un singolo riferimento alle eclissi solari. E' possibile che gli astronomi antichi non abbiano prestato attenzione all'evento astronomico più spettacolare di tutti? Questa stranezza dell'Almagesto venne fatta notare da N. A. Morozov, che scrisse quanto segue: “vorrei rivolgere l'attenzione del lettore a una caratteristica molto strana dell'Almagesto. Perché l'autore descrisse moltissime eclissi lunari antiche (per la maggior parte in modo errato) così come gli oscuramenti delle stelle da parte della luna, ma non ha mai menzionato una sola eclissi solare, sebbene questi fenomeni siano molto più spettacolari? Tutto ciò è perfettamente chiaro dal mio punto di vista. Le eclissi lunari e gli oscuramenti stellari della luna sono molto più facili da calcolare rispetto alle eclissi solari, dal momento che le prime possono essere osservate dalla superficie dell'intero emisfero in cui si può vedere la luna, mentre le eclissi solari possono essere viste solo dalla striscia della superficie tellurica coperta dall'eclissi ... Proprio in questa epoca [l'epoca scaligeriana di Tolomeo - l'autore] da Alessandria si potevano osservare molte eclissi solari piuttosto spettacolari [Alessandria è il luogo in cui si presume abbia lavorato Tolomeo - l'autore]. Come avrebbe potuto non segnare l'eclissi solare anulare del 21 aprile 125? ... Tuttavia, possiamo vedere che “il suo libro” contiene una descrizione dettagliata dell'eclissi lunare avvenuta due settimane prima, il 5 aprile 125. Solo questo fatto, a parte la mancanza di eventuali riferimenti alla spettacolari eclissi solari parziali che si potevano osservare ad Alessandria il 2 luglio 121 e il 3 settembre 118, sarebbe sufficiente per affermare con la massima certezza che chiunque non sia riuscito a osservare e indicare un un'eclissi solare come questa, non poteva aver osservato l'eclissi lunare che la precedette, dal momento un osservatore avrebbe innanzitutto prestato attenzione all'eclissi solare ... Eppure, a quanto pare Tolomeo si addormentò tutte le volte che ci fu un'eclissi solare!” ([544], Volume 4, pagine 472-473).

Abbiamo usato l'applicazione Turbo-Sky, che è molto utile per fare dei calcoli approssimativi, così come il famoso canone dell'eclissi solare compilato da Ginzel nel XIX secolo ([1154]), per eseguire un controllo sulle eclissi solari elencate da N. A. Morozov. Infatti, tutte le eclissi in questione ebbero luogo nelle date indicate e furono davvero perfettamente osservabili dall'Egitto, compresa Alessandria. Per esempio, il tragitto dell'eclissi totale del 125 d.C. coprì l'Arabia; se osservata da Alessandria l'eclissi era parziale, ma tuttavia perfettamente visibile. L'eclissi solare del 118 d.C. era più evidente se osservata da Alessandria. Quindi, nel periodo di vita scaligeriano di Tolomeo accaddero in totale tre eclissi solari cospicue; inoltre, potevano essere osservate tutte da Alessandria, dove si presume che abbia lavorato l'astronomo. Sembra essere un caso più unico che raro, eppure ci viene detto che Tolomeo “non ne vide” nemmeno una. Niente di quanto detto sopra è un mistero per noi, poiché nel 125 d.C. non c'era nessun Tolomeo e nessuna Alessandria: con tutta probabilità non sono antecedenti all'epoca del IX-XI secolo d.C. I falsificatori del XVII secolo che “datarono” l'Almagesto al II secolo d.C., non poterono calcolare le eclissi solari a causa degli svantaggi della teoria da loro usata. Che iella!

Inoltre, Morozov scoprì molti fatti interessanti anche in altre opere del “antico” Tolomeo. La sua conclusione è la seguente: “È assolutamente impossibile credere che un'opera così voluminosa e dettagliata, e che rappresentava lo stato dell'arte della scienza astronomica fino all'epoca di Copernico (ossia il 1543), sia stata creata in questa forma più di un migliaio di anni fa, senza che in seguita sia stata fatta una sola aggiunta o correzione ... lo stesso vale per gli otto volumi della Geografia attribuita allo stesso autore, dove le longitudini e le latitudini dei luoghi sulla superficie terrestre è data in gradi e come primo meridiano si considera quello che passa attraverso le Isole Canarie! Lo stesso vale per la sua Ottica che, tra le altre cose, è stata scritta nella consapevolezza della teoria moderna della riflessione e rifrazione, rimasta sconosciuta ai greci e agli italiani del medioevo fino al Rinascimento” ([544], Volume 4, pagine 473-474).

 

 

6. A quanto pare “l’antico” Ipparco è il riflesso fantasma del famoso astronomo Tycho Brahe.

Formuliamo l'ipotesi che il prominente astronomo “antico” Ipparco non è che un riflesso fantasma del famoso astronomo medievale Tycho Brahe che visse nel XVI secolo d.C. All'inizio del XVII secolo, quando la “lontana antichità” venne riempita con i duplicati fantasma degli eventi medievali e fu modificato l'Almagesto, gli storici di Scaligero duplicarono anche l'astronomo Tycho Brahe, spostando una versione della sua biografia nel passato più remoto e dando vita a un altro miraggio, vale a dire il “grande astronomo antico Ipparco”. Studiamo brevemente il parallelismo tra i dati esistenti relativi a Tycho Brahe e Ipparco.

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1a. Le date relative alla vita del “antico” Ipparco.
Gli storici pro Scaligero hanno collocato “l'antico” Ipparco circa nel 185-125 a.C. ([395], pagina 123). Si presume che sia stato il primo grande astronomo della “antichità”. I. A. Klimishin scrive che “si sa molto poco sulla vita di Ipparco” ([395], pagina 43).

■ 1b. Le date relative alla vita di Tycho Brahe.
Il grande astronomo medievale Tycho Brahe si presume che sia vissuto nel 1546-1601 d.C. ([395], pagina 123). Il confronto di queste date con la datazione di Scaligero della vita del “antico” Ipparco dimostra che tra esse c'è una differenza pari a circa 1730 anni. Questo valore è molto vicino a 1780 anni, che è il spostamento che abbiamo scoperto in una nostra precedente opera. Questo spostamento lo abbiamo chiamato greco-biblico, dal momento che i cronologisti di Scaligero aggiunsero 1780 anni alle datazioni degli eventi storici greci e biblici. A proposito, la vera biografia di Tycho Brahe ci è arrivata solo in una forma modificata, vale a dire che passò per le mani della censura del XVII secolo, per cui fu adattata alla versione scaligeriana della storia.

Figura10.11.

Frontespizio delle Tavole rudolfine.
“Tabulae Rudolphinae:
qui bus astronomicae ...”. anno 1627.

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2a. La compilazione del catalogo stellare da parte del “antico” Ipparco.
Si presume che Ipparco abbia compilato un “catalogo stellare che includeva 850 oggetti” ([395], pagina 51). Per ogni stella sono state indicate la latitudine, la longitudine e la magnitudine (ovvero la luminosità). Ipparco divise le stelle in sei classi, la prima delle quali includeva le stelle più luminose, mentre la sesta le più fioche. Si presume che il catalogo stellare di Ipparco fosse molto conosciuto nella “antichità”, tuttavia, non è arrivato ai nostri giorni. Oggi si presume che “la sola opera di Ipparco sopravvissuta sia il suo commentario al poema di Arato e la sua fonte originale (l'opera di Eudosso). Tutta la nostra conoscenza di Ipparco e delle sue opere ci proviene dall'Almagesto, in cui Tolomeo esprime la sua ammirazione per Ipparco in quasi tutte le pagine” ([395], pagina 52). Pertanto, il catalogo stellare di Ipparco con la descrizione delle 850 stelle, si presume che non sia sopravvissuto.

■ 2b. La compilazione del catalogo stellare da parte di Tycho Brahe.
Tycho Brahe compilò un “catalogo stellare che comprendeva 788 stelle” ([395], pagina 129). Per ogni stella sono state dichiarate la longitudine, la latitudine e la magnitudine. Tuttavia, a quanto pare il suo catalogo fu pubblicato molto più tardi nelle Tavole Rudolfine (vedi la Figura 10.11) compilate da Keplero, uno studente di Tycho Brahe. Sul catalogo di Tycho Brahe si dice quanto segue: “Nel 1627 uscirono le Tavole Rudolfine, da utilizzare per i calcoli preliminari del sole, della luna e dei pianeti per i prossimi 100 anni o giù di lì, servendo così da manuale per gli astronomi e i naviganti. Il libro conteneva anche un catalogo che includeva 1005 stelle, basato sul catalogo di 777 stelle compilato da Tycho Brahe” ([395], pagine 148-149). Si presume che Tycho Brahe abbia fatto un'enorme cosmosfera con “la cintura zodiacale, l'equatore e le posizioni delle 1000 stelle, le cui coordinate furono calcolate nel corso degli anni in Tycho condusse le sue osservazioni. . . fu davvero una meraviglia della scienza e dell'arte; purtroppo fu distrutto da un incendio nella seconda metà del XVII secolo” ([395], pagina 127).
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3a. Lo “antico” Ipparco osservò l’esplosione di una supernova.
Si suppone che Ipparco abbia iniziato la compilazione del catalogo stellare dopo aver osservato l'esplosione di una supernova ([395], pagina 51). Questo evento unico “portò Ipparco a pensare che il mondo delle stelle potesse essere soggetto ad alcune modifiche” ([395], pagina 51). La cosa è stata riportata all'autore “antico” romano Plinio il Vecchio, la cui vita è stata datata da Scaligero nel 23-79 d.C. ([395], pagina 51). Come sappiamo oggi, “l'antico” Plinio il Vecchio fu in realtà un contemporaneo di Tycho Brahe, per cui non avrebbe potuto vivere prima della fine del XVI secolo d.C.

■ 3b. Tycho Brahe osservò l’esplosione di una supernova.
“L'11 novembre 1572 ... Tycho Brahe notò una stella luminosa nella costellazione di Cassiopea, che in precedenza non si era mai trovata lì ...La supernova di Tycho (è così che questa stella si chiama al giorno d'oggi) superò Venere in luminosità. Per un po' di tempo si poteva osservarla anche durante il giorno; rimase visibile ad occhio nudo per 17 mesi. Questo evento fece ovviamente agitare moltissime persone. Su questo strano luminare e su ciò che poteva presagire, fu espressa ogni sorta di teoria e supposizione” ([395],pagine 124-125). Su questa stella Tycho Brahe scrisse quanto segue: “Ero così stupito dalla sua vista che non mi vergognavo di mettere in discussione quello che mi stavano dicendo i miei occhi ... questo evento poteva essere la più grande meraviglia che ebbe luogo sin dai tempi della Genesi!" Citazione da [395], pagina 124. Keplero disse che “anche se questa stella non si trattò di un presagio di alcun tipo, proclamò e creò un grande astronomo”. Citazione da [395], pagina 124. L'esplosione della supernova del 1572  fu riflessa nella biografia di Tycho Brahe = Ipparco, che gli storici spostarono di 1730 anni nel passato.
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4a. Lo “antico” Ipparco costruì un osservatorio astronomico sull’isola di Rodi.
Si presume che Ipparco abbia “lavorato sull'isola di Rodi, dove costruì un osservatorio astronomico” ([395], pagina 43). Non siamo a conoscenza di alcun dettaglio; tuttavia, la nostra ricostruzione sarà in grado di dimostrare che questi dettagli sono presenti nella biografia di Tycho Brahe.

■ 4b. Tycho Brahe costruì un osservatorio astronomico sull’isola di Ven (Hven).
“Nel 1576 Tycho Brahe ricevette in dono da re Federico II l'isola di Hven (a 20 chilometri sud-est di Copenaghen)... su quell'isola Tycho Brahe costruì l'osservatorio di Uraniborg (tradotto come “il castello di Urania”). [Il commento di Klimishin è il seguente: “tenete presente che Urania era il nome che gli antichi romani davano alla dea dei cieli”]. Fu dotato dei più precisi strumenti goniometrici. Parecchi anni più tardi, nelle vicinanze fu eretto l'osservatorio di Stjerneborg (ossia il “Castello delle Stelle”), dove gli strumenti per le misurazioni furono montati sottoterra al fine di essere protetti dal vento. Pertanto, l'isola di Hven fu il centro mondiale della scienza astronomica per vent'anni. È qui che le osservazioni di eccezionale precisione furono condotte da astronomi preparati e qualificati, che in seguito andarono a lavorare in altre città europee ... Le spese per la costruzione e la manutenzione dell'osservatorio di Tycho Brahe comprendevano una parte significativa del bilancio statale [della Danimarca - l'autore] ... La fama dell'osservatorio di Uraniborg e del suo creatore si era diffusa in tutta Europa; da Tycho Brahe arrivavano aspiranti apprendisti e collaboratori da ogni parte” ([395], pagine 126-127). Si presume che tutto questo sia stato finanziato dal modesto tesoro del re danese. Tuttavia, è molto probabile che l'osservatorio fosse finanziato dall'Impero. L'osservatorio di Tycho Brahe non è sopravvissuto. “Un paio di decenni dopo, i visitatori che giunsero sul sito del magnifico osservatorio astronomico di Uraniborg, poterono solo vedere una fossa piena di immondizia” ([395], pagina 128).

 


Figura 10.12.
Vista dell'Uraniborg e della sua pianta (sotto). Si ritiene che fu qui che Tycho Brahe lavorò per molti anni. Dal libro di Tycho Brahe, Astronomiae instauratae mechanica, 1598. È possibile che qui sia rappresentata solo una vista teorica dell'Uraniborg, una specie di osservatorio ideale. Dopotutto, ci è stato detto che in Danimarca non è sopravvissuta alcuna traccia dell'Uraniborg. Notate come lo sfondo dell'immagine, dietro le torri del castello, sembra essere macchiato, come se fosse stato imbrattato da qualcosa. Infatti, se guardaste da vicino riuscireste a vedere le tracce di alcune iscrizioni, delle lettere semi-cancellate, dei simboli. Molto probabilmente, qui c'era scritto qualcosa che in seguito divenne pericoloso per la storia di Scaligero. Presero un pennello e lo coprirono di vernice. Oppure lo cancellarono. Tratto da [1017: 1], p.208.

 

Nella Figura 10.12 viene presentata una vecchia immagine dell'Uraniborg; vedere anche la Figura 10.13 ... La Figura 10.14 mostra una vecchia incisione del 1665 che raffigura le osservazioni di Tycho Brahe, nonché un'incisione del 1660-1661 che raffigura il sistema del ritmo di Tycho Brahe. Sulla Figura 10.15 è riprodotta un'altra pianta dell'Uraniborg. L'osservatorio di Tycho Brahe non è sopravvissuto. “Sul sito ... del maestoso osservatorio astronomico di Uraniborg, dopo alcuni decenni i visitatori poterono solo vedere una fossa piena di immondizia” [395], p.128. Tuttavia, sull'isola di Hven fu poi costruito un bellissimo museo in onore a Tycho Brahe, vedere la Figura 10.16.

 


Figura 10.13.
Un'altra rappresentazione teorica dell'Uraniborg di Tycho Brahe. Dipinto. Tratto da [1036: 1], pag. 86.
 



Figura 10.14.
Un'incisione danese del presunto 1665 mostra la diligenza con cui Brahe condusse le sue osservazioni.
Di sotto è riportato il frammento di una stampa del presunto 1660-1661, raffigurante il sistema di Brahe. Tratto da [150: 1], p.87.



Figura 10.15.
Un'altra pianta teorica dell'Uraniborg. Vedere l'opera Astronomiae Instauratae Mechanica di Tycho del presunto 1598.

 


Figura 10.16.

Il museo contemporaneo di Tycho Brahe sull'isola di Ven.
Commento. Come ha fatto a scomparire il famoso osservatorio? Ci è stato detto che è stato “raso al suolo” e che la “fossa piena di immondizia” segna la sua posizione. Tuttavia, sarebbe stato molto più conveniente costruire un osservatorio a sud, vicino all'equatore. L'isola di Rodi, dove gli “antichi” autori riferiscono che fosse situato l'osservatorio di Ipparco (ossia Tycho Brahe), è un luogo molto più adatto alle osservazioni astronomiche. A causa della rotazione terrestre, la vicinanza all'equatore implica che si può vedere una porzione maggiore di cielo, che invece è al contrario alle latitudini quasi polari. Inoltre, il clima della Danimarca non è favorevole a causa delle tante nebbie, ecc...

Figura 10.17.

Un ritratto medievale di Tycho Brahe. Preso da [1460: 1]. Vedi anche [98], pagina 209.

Figura 10.18.

Ingrandimento dell'iscrizione sul vecchio ritratto di Tycho Brahe. Tratta da [1460: 1]. Vedi anche [98], pagina 209.

Passiamo ora all'iscrizione sul famoso ritratto medievale di Tycho Brahe ([1460: 1], Figura 10.17).

Ci dice quanto segue (vedere l'iscrizione ingrandita nella Figura 10.18).

Ciò che vediamo qui è la chiara indicazione che l'Uraniborg era situato sull'isola dell'Ellesponto (in insula Hellesponti). La posizione dell'Ellesponto è ben nota: si tratta del vecchio nome dello stretto dei Dardanelli, la cui costa occidentale è una famosa penisola con un istmo molto stretto ([797], pagina 284). Il termine “Isola dell'Ellesponto” poteva anche riferirsi a qualche isola in prossimità dei Dardanelli.

Quindi, nella biografia di Tycho Brahe da dove viene fuori che proveniva dalla Danimarca? La questione è che la parola “Danimarca” (o “Dani”) nei vecchi testi spesso significava “la terra sul Danubio”. La biblica “Tribù di Daniele” ha origini simili. Tutto ciò significa i Balcani. Lo stretto dell'Ellesponto e la penisola adiacente si trovano nelle vicinanze. Questa piccola penisola è una parte della grande penisola balcanica, vedere la mappa. Diventa chiaro il motivo per cui sull'iscrizione del ritratto di Ticone il Varangiano (ovvero Tychonis Brahe / Tycho Brahe) si menziona la “danio Hvenna”, ovvero la “Vienna vicino al Danubio”, in altre parole Venezia. Tutti questi posti si trovano nella regione mediterranea e l'isola di Rodi, dove era situato l'osservatorio del “antico” Ipparco, si trova a sud. Pertanto, l'osservatorio di Ticone il Varangiano del XVI secolo (alias Tycho Brahe o Ipparco) si trovava sulla penisola di Rodi o dell'Ellesponto e quindi molto più vicino alla capitale Zar Grad = Istanbul. Fu solo nel XVII secolo che Tycho Brahe e il suo osservatorio furono spostati (solo sulla carta) a nord nella nebbiosa Danimarca. Tuttavia, il suo “antico” duplicato (Ipparco) rimase a Rodi.

Come possiamo vedere, molto di ciò che stiamo dicendo ai lettori è stato scritto in modo abbastanza inequivocabile nei documenti antichi, persino in quelli che subirono la censura di Scaligero. Basterà leggerli da un nuovo punto di vista, che renderà chiari e facilmente comprensibili anche i vaghi e ambigui documenti dei tempi antichi.

5a. Il nome di Ipparco.
Il famoso astronomo “antico” si chiamava Ipparco.

■ 5b. Il nome di Tycho Brahe.
Il grande astronomo medievale si chiamava Tycho Brahe. Il nome Ipparco potrebbe essere una versione corrotta di TychoBrahe, ovvero T-Hoprach (T-Hipparch), a causa della somiglianza tra la h e il ch e la flessione della b e della p. Dopo aver rimosso la lettera T iniziale dal nome di Tycho Brahe, gli storici pro Scaligero lo trasformarono in Ipparco. Il fatto che Tolomeo fece innumerevoli riferimenti a Ipparco significa che l'edizione dell'Almagesto che abbiamo a nostra disposizione oggi fu creata dopo Tycho Brahe = Ipparco. Per cui, non avrebbe potuto essere avvenuto prima dell'inizio del XVII secolo (tenendo a mente che Tycho Brahe morì nel 1601).

 

 

7. E’ molto probabile che l’Almagesto di Tolomeo abbia conosciuto la sua edizione finale dopo la morte di Tycho Brahe, ovvero del “antico” Ipparco.

Perciò, abbiamo motivi di credere che il famoso astronomo medievale Tycho Brahe (1546-1601) fu riflesso nella “antichità scaligeriana” con il grande astronomo “antico” Ipparco, che si suppone sia vissuto intorno al 180-125 o al 190-125 a.C. ([797], pagina 307). Secondo la nostra ricostruzione, l'edizione finale dell'Almagesto di Tolomeo ebbe luogo dopo la morte di Tycho Brahe, nell'epoca di Giovanni Keplero (1571-1630).

Pertanto, sia l'Almagesto di Tolomeo che il catalogo stellare contenuto in esso, sono stati modificati all'inizio del XVII secolo d.C. L'edizione del 1771 dell'Enciclopedia Britannica ([1118]) di cui abbiamo già parlato in precedenza, ci dà l'opportunità di integrare questo corollario con un altro fatto indipendente che è stato spiegato bene dalla nostra ricostruzione e ci è stato segnalato dai nostri lettori.

La vasta sezione dell'Enciclopedia Britannica del 1771 intitolata Astronomia, contiene una tabella comparativa degna di notata, con una bella quantità di stelle osservate dai vari astronomi della “antichità” e del Medioevo e poi incluse nei loro cataloghi stellari ([1118], Volume 1, pagine 486-487). Vale a dire che possiamo vedere i dati relativi ai cataloghi di Claudio Tolomeo (che si presume sia vissuto tra il 90 e il 60 d.C.), di Tycho Brahe(1546-1601), di Johannes Hevelius (1611-1687) e John Flamsteed (1646-1719). Questa tabella comparativa può essere vista nelle Figure 10.19 e 10.20.

La prima colonna contiene le costellazioni dell'Emisfero Boreale e Australe con i loro nomi in latino.

La seconda colonna contiene le traduzioni in inglese dei nomi in latino della costellazione.

 


Figura 10.19.
Una tabella comparativa delle stelle che sono state inserite nei cataloghi compilati dai quattro famosi astronomi: Tolomeo,Tycho Brahe, Johannes Hevelius e John Flamsteed. La tabella è tratta dall'edizione del 1771 dell'Enciclopedia Britannica, nella sezione Astronomia. Nella prima colonna della tabella possiamo vedere i nomi delle costellazioni della sfera celeste (prima l'Emisfero Boreale e poi quello Australe) insieme ai loro nomi in latino. La seconda colonna contiene le traduzioni in inglese dei nomi latini. Nella terza colonna troviamo la quantità di stelle nelle costellazioni elencate, indicata da Tolomeo, nella quarta quella indicata da Tycho Brahe, con i rispettivi dati di Hevelius e Flamsteed nella quinta e sesta colonna. Tratto da [1118], Volume 1, pagine 486-487.

 

La terza colonna ci dice quante stelle ci sono in ciascuna delle suddette costellazioni secondo Claudio Tolomeo.

La quarta colonna contiene le stelle menzionate da Tycho Brahe.

La quinta colonna contiene le stelle menzionate da Johannes Hevelius.

Infine, la sesta colonna è riservata a John Flamsteed.

L'ordine degli astronomi è stato ovviamente indicato secondo la cronologia di Scaligero. Per primo viene menzionato “l'antico” Tolomeo, seguito dagli astronomi medievali Brahe, Hevelius e Flamsteed.

La tabella citata mostra il seguente effetto piuttosto interessante (vedere le Figure 10.19 e 10.20). Gli ultimi tre cataloghi stellari (di Tycho Brahe, Johannes Hevelius e John Flamsteed) si susseguono in ordine naturale, sia cronologicamente che per il contenuto. Questo per dire che ciascuno dei cataloghi successivi è più completo di quello precedente, che è perfettamente ovvio poiché gli strumenti astronomici si sono perfezionati nel tempo, fornendo nuove opportunità. Ciascuno degli astronomi medievali ha provato a espandere il catalogo del suo predecessore, aggiungendo a esso nuove stelle.

Tuttavia, il catalogo del “antico” Claudio Tolomeo non si adatta a questo quadro naturale. E' risultato essere molto più dettagliato del catalogo di Tycho Brahe e può essere facilmente visto dalle corrispondenti colonne nella tabella. L'astronomo “antico” Tolomeo osservò molte più stelle in quasi ogni costellazione del medievale Tycho Brahe.

 


Figura 10.20.
La continuazione della tabella. Tratta da [1118], Volume 1, pagine 486-487.

 

L'implicazione è che il medievale Tycho Brahe si “dimenticò” dei grandi successi dell'astronomia “antica”. Gli esperti in storia dell'astronomia stanno provando a convincerci che “l'antico” Tolomeo riuscì a osservare molte più stelle di Tycho Brahe, il quale visse 1.300 anni dopo ([1118], Volume 1, pagine 486-487).

La nostra ricostruzione fornisce una spiegazione perfetta per questa stranezza, che è il risultato dell'errata cronologia di Scaligero. Il fatto è che il catalogo di Tolomeo, o meglio l'edizione che è arrivata ai nostri giorni, è semplicemente fuori luogo da un punto di vista cronologico. Contiene più stelle del catalogo Brahe, ma meno di quelle del catalogo di Hevelius. Basta solo cambiare di posto i cataloghi di Tolomeo e di Tycho Brahe; quindi, il corretto ordine dei cataloghi stellari dovrebbe essere il seguente:

  1. Il primo catalogo dovrebbe essere piuttosto compatto come quello compilato da Tycho Brahe, che deve essere il catalogo stellare più antico che ha raggiunto la nostra epoca.
  2. È seguito dal catalogo più dettagliato di Claudio Tolomeo, o meglio la versione che oggi abbiamo a disposizione.
  3. Il prossimo catalogo è quello compilato da Johannes Hevelius con ancora più contenuti.
  4. L'ultimo catalogo è quello di John Flamsteed, il più vasto di tutti.

Questo ordine elimina istantaneamente tutte le stranezze. Il catalogo di Tycho risulta essere il più antico dei quattro e quindi quello che contiene meno stelle. Quindi, Tolomeo o gli editori del XVII secolo del suo catalogo, ampliarono il numero delle stelle osservate. Fu solo dopo che furono compilati i cataloghi più completi di Hevelius e Flamsteed.

Questo è il corollario che abbiamo fatto dopo l'analisi delle informazioni che erano a disposizione degli autori dell'Enciclopedia Britannica del 1771. Sarebbe molto interessante studiare l'evoluzione delle diverse edizioni dell'Almagesto, sia precedenti che successive al 1771. I dati contenuti nel libro presumibilmente “antico” dell'Almagesto, furono corretti dopo il 1771?

Come abbiamo dimostrato sopra, il catalogo stellare di Tolomeo fu compilato nell'epoca del VII-XIII secolo d.C. e non è proprio possibile che risalga al II secolo d.C. come ci dicono i fan di Scaligero. Tuttavia, possiamo vedere che l'Almagesto venne modificato e ampliato fino all'inizio del XVII secolo. In particolare fu integrato con le nuove stelle osservate nell'epoca post Tycho Brahe.

 

 

8. Secondo Robert Newton, la maggior parte delle eclissi lunari descritte nell’Almagesto si sono rivelate essere delle recenti falsificazioni.

Parliamo della questione se l'Almagesto può essere datato dalle descrizioni tolemaiche delle eclissi lunari. L'Almagesto menziona 21 eclissi lunari, dicendoci che sono state osservate da diversi astronomi per un periodo di 850 anni, dal 26mo al 881mo anno di Nabonassar. Le seguenti caratteristiche sono state citate da Tolomeo nella sua descrizione delle eclissi:

  1. L'anno dell'eclissi riportato secondo un'era o un'altra, il modo in cui è stato riportato nella fonte presumibilmente citata da Tolomeo. Nelle maggior parte dei casi queste date sono state convertite nell'era di Nabonassar.
  2. La fase dell'eclissi secondo la fonte che si presume sia stata citata da Tolomeo.
  3. La data dell'eclissi e il momento del fase centrale. Questi dati sono stati calcolati dallo stesso Tolomeo e sono inutili ai fini della datazione.
  4. La posizione dell'eclissi. Dal momento che l'eclissi poteva essere osservata in tutto l'emisfero, anche questa informazione è di importanza marginale per noi.

Tolomeo non indica la fase di tre eclissi su ventuno. Da un punto della superficie terrestre ogni anno si possono osservare le fasi di un'eclissi, o persino di diverse eclissi. Perciò, se non vengono specificate le fasi non ci serve a nulla sapere che in un anno o nell'altro è avvenuta un'eclissi, poiché possiamo trovarne almeno una ogni anno. Pertanto, dall'elenco dell'Almagesto solo 18 eclissi sono utili ai fine della datazione.

Un'analisi seria delle eclissi lunari dell'Almagesto fu condotta da Robert Newton in [614]. Aveva scoperto molte indicazioni che testimoniano il fatto che la maggior parte di queste eclissi sono in realtà dei falsi. I lettori curiosi possono studiare il libro di Robert Newton intitolato Il crimine di Claudio Tolomeo ([614]). Qui ci limitiamo a citare la tabella che contiene i risultati della sua ricerca. Robert Newton afferma che quanto segue è vero:

“La triade delle eclissi lunari (–720) 19 marzo, (–719) 8 marzo e (–719) 1 settembre. Una di loro è sicuramente un falso; anche le altre molto probabilmente sono dei falsi.

La triade delle eclissi lunari (–382) 23 dicembre, (–381) 18 giugno e (–381) 12 dicembre. Sono dei falsi.

La triade delle eclissi lunari (–200) 22 settembre, (–199) 19 marzo e (–199) 12 settembre. Sono dei falsi.

L'eclissi lunare del 25 aprile (-490) potrebbe essere autentica [o come stiamo iniziando a capire oggi, è molto probabile che sia stata calcolata a ritroso nel XVII secolo - l'autore].

L'eclissi lunare del 5 aprile 125 potrebbe essere autentica [o come stiamo iniziando a capire oggi, è molto probabile che sia stata calcolata a ritroso nel XVII secolo - l'autore].

L'eclissi lunare del 19 novembre (–501) potrebbe essere autentica [o come stiamo iniziando a capire oggi, è molto probabile che sia stata calcolata a ritroso nel XVII secolo - l'autore].

L'eclissi lunare del 22 aprile (–620) è un falso.

L'eclissi lunare del 16 giugno (-522) è un falso.

L'eclissi lunare del 1° maggio (–173) è un falso.

L'eclissi lunare del 27 gennaio (-140) è un falso.” ([614], pagina 334).

R. Newton continua dicendoci che “Tolomeo fa lo stesso per la triade di eclissi che afferma di avere osservato negli anni 133, 134 e 136 ... Questa ricerca si basa su una falsificazione. Tutte le eclissi che afferma di aver osservato sono dei falsi, così come le eclissi di mezzo nella triade antica. Non possiamo formulare un corollario finale relativo all'autenticità delle altre due eclissi della triade antica, ma siamo inclini a credere che siano anch'esse dei falsi” ([614], pagina 147).

Pertanto, Robert Newton aveva scoperto che la maggior parte delle eclissi lunari menzionate nell'Almagesto sono dei falsi, il che significa che sono state calcolate teoricamente in qualche epoca successiva, per poi essere incluse nell'Almagesto come delle autentiche “antiche osservazioni”. Quanto alle poche eclissi per le quali Robert Newton non ha formulato delle conclusioni definitive, è molto probabile che siano state calcolate dagli astronomi del XVI-XVII secolo, almeno questo è quello che stiamo iniziando a capire oggi.

Quindi non possiamo considerare l'elenco delle eclissi lunari dell'Almagesto come un materiale affidabile e adatto ai fini della datazione astronomica indipendente. Questo falso “elenco antico” è stato molto probabilmente inventato dagli astronomi e dai cronologisti scaligeriani del XVI-XVII secolo, al fine di convalidare l'affermazione che l'Almagesto è un trattato “antico”.

Tuttavia, abbiamo condotto i calcoli necessari relativi alle eclissi lunare per determinare se i rispettivi dati dell'Almagesto contraddicono la nostra datazione medievale del libro. Di conseguenza siamo riusciti a trovare delle soluzioni medievali soddisfacenti per quasi tutti le 18 eclissi lunari che Tolomeo descrive in dettaglio con l'indicazione della fase. La soluzione per le eclissi lunari che abbiamo trovato risale all'inizio dell'era di Nabonassar, il 465 d.C. circa e abbraccia il periodo di datazione del 491-1350 d.C. Tenete presente che nell'Almagesto sono state menzionate 21 eclissi.

Tuttavia, tutti i fatti sopra menzionati non ci permettono di presentare i calcoli delle eclissi lunari come prova indipendente del nostro risultato cronologico. Si potrebbe facilmente trovare una soluzione antica nella misura che riguarda solo le eclissi. Tutto ciò che stiamo sostenendo è che i dati sulle eclissi di Tolomeo non contraddicono la nostra datazione del catalogo stellare dell'Almagesto, persino se alcune di esse in realtà sono dei falsi del XVII secolo.