Cristo e la Rus’
attraverso gli occhi degli “antichi” greci

 A. T. Fomenko – G.V. Nosovskiy

Nuove informazioni su Andronico Cristo, Giovanni Battista, l’apostolo Paolo, Giuda Iscariota e le crociate della Rus’ dell’Orda. A quanto pare, ques te testimonianze costituiscono la base delle opere principali di Erodoto, Plutarco, Tucidide, Senofonte, Platone e Aristofane.

Nuova edizione del 2013-2015

testo tradotto in italiano da Claudio dell’Orda

CAPITOLO 1: IL FAMOSO FILOSOFO “ANTICO” SOCRATE È UN RIFLESSO DI ANDRONICO-CRISTO DEL XII SECOLO D.C.

3. LA TRAGEDIA “LE NUVOLE” DI ARISTOFANE È UNA PARODIA DEL VANGELO. IN ESSA SI RACCONTA IN REALTÀ DI GIUDA ISCARIOTA = STREPSIADE E DELLA MORTE DI CRISTO = SOCRATE.

3.1.  SINTESI DI “LE NUVOLE”.

Passiamo ora ad un altro famoso “classico antico”, Aristofane, autore di diverse tragedie poetiche. Tra queste, un posto speciale è occupato dalla tragedia “Le Nuvole”, che racconta di Socrate e dei suoi discepoli. I personaggi principali sono: Socrate, i suoi discepoli, il vecchio contadino Strepsiade e suo figlio Fidippide. Gli eventi sono commentati dal coro delle Nuvole. In breve, la situazione è questa.

Strepsiade ha un debito ingente con diverse persone. È MOLTO AVIDO e non vuole restituire il debito. Strepsiade viene a sapere che non lontano da lui vive Socrate con i suoi discepoli, che sono studiosi, molto intelligenti, padroneggiano le regole della logica e possono insegnare a una persona a parlare in modo così abile, da permettergli di sottrarsi al pagamento del debito. L'astuto Strepsiade si reca insieme al figlio da Socrate e gli chiede di insegnare a lui e al figlio l'arte della demagogia. Socrate accetta e inizia l'insegnamento. Tuttavia, non porta a nulla. Strepsiade incontra alcuni dei suoi creditori, in particolare Amunia, e cerca di sottrarsi al pagamento del debito. La discussione che scoppia tra loro finisce con lo Strepsiade che non riesce a controbattere e confondere Amunia. Questi, infuriato, se ne va. Strepsiade, fuori di sé, colpisce addirittura Amunia prima di salutarlo.

È chiaro che l'astuto piano di Strepsiade per sfuggire al pagamento dei debiti è fallito. Indignato, Strepsiade si scaglia contro Socrate e i suoi discepoli accusandoli di libertinaggio e di aver offeso gli dei. Dopodiché, Strepsiade afferra una torcia accesa, si arrampica con il suo servo sul tetto della casa, all'interno della quale si trova Socrate ignaro di tutto, e dà fuoco all'edificio. La casa prende rapidamente fuoco, Socrate si sporge dalla finestra e muore soffocato dal fumo. L'edificio crolla e seppellisce Socrate e i suoi discepoli. Tuttavia, Strepsiade salta di lato e rimane vivo. Osserva soddisfatto la morte di Socrate. Fine della commedia.

Va detto che, nel complesso, Socrate è rappresentato nella commedia di Aristofane in modo ironico, come oggetto di scherno e derisione.

Come vedremo ora, Strepsiade è il riflesso di Giuda Iscariota, mentre Socrate è Cristo. Esaminiamo ora più in dettaglio la commedia di Aristofane e analizziamo la storia di Strepsiade e Socrate.

 

 

3.2. L'“ANTICO” E AVIDO STREPSIADE E L'AVIDO GIUDA ISCARIOTA. L'ODIO POPOLARE VERSO STREPSIADE.

Strepsiade non riesce a dormire, vaga per la casa. È tormentato dai pensieri dei debiti che non può e, soprattutto, non vuole ripagare.

"Corrono, corrono i mesi,

E IL DEBITO CRESCE...

Voglio ricontrollare

a chi e quanto devo, calcolare gli interessi" [26:1], p. 349.

Segue poi la lunga lista dei debiti di Strepsiade.

Inoltre, Strepsiade è disposto a tutto pur di appropriarsi del denaro altrui. Dice, ad esempio: «VOGLIO RIVOLTARE LA LEGGE, INGANNARE CHI MI HA PRESTATO I SOLDI» [26:1], p. 372.

Qui emerge chiaramente il tema del DENARO e del GUADAGNO. L'avido Strepsiade non vuole pagare i debiti e cerca un modo per evitare di saldare i conti. Qui emerge una corrispondenza con il Giuda Iscariota del Vangelo, un uomo avido che per denaro ha tradito persino il suo Maestro.

Aristofane sottolinea che Strepsiade ricorre consapevolmente all'inganno ed è pronto a sopportare tutte le accuse che gli rivolgerà il popolo inferocito.
"Vorrei solo chiacchierare e non pagare i debiti,

E poi che il POPOLO mi chiami

Mascalzone, sfacciato, buffone, insolente,

Sciaccolone, teppista, lacchè dei giudici,

Imbroglione, bullo, rissoso, spione,

Vergognoso, avaro, litigioso, bugiardo,

bullo, attaccabrighe, spaccone, zecca,

subdolo, incallito, parassita, mascalzone!

Parassita, maiale!

Che i passanti mi chiamino così,

COME VOGLIONO, CHE MI INSULTINO!" [26:1], p. 373.

Colpisce l'odio letteralmente popolare nei confronti di Strepsiade descritto in questi versi. Ci si chiede: se ha solo ingannato alcuni dei suoi creditori e non ha restituito loro il denaro, da dove viene questo odio universale nei suoi confronti? Perché si parla di tutto il POPOLO, dei PASSANTI che malediranno Strepsiade? In fin dei conti, che cosa importa ai passanti? Probabilmente, la ragione di tanto odio è che Strepsiade è l'immagine di Giuda Iscariota. È diventato il nemico di tutti i cristiani. E non perché amava i soldi, ma perché ha tradito Cristo e ha aiutato a farlo uccidere. Per questo Giuda è stato maledetto da tutti. Non a caso, secondo Aristofane, Corifeo, rivolgendosi a Strepsiade = Giuda, dice: “Sarai glorificato tra gli uomini fino al cielo” [26:1], p. 373. È tutto vero. Il nome di Giuda Iscariota è diventato davvero un termine negativo e comune a tutti.

 

 

3.3. SOCRATE-CRISTO E I SUOI DISCEPOLI SONO RAPPRESENTATI DA ARISTOFANE IN MODO IRONICO E CON DELLE CARICATURE.

Poi Strepsiade mostra a suo figlio la casa di Socrate che si trova lì vicino.

Il figlio chiede: «A cosa gli serve quella casa?». Strepsiade risponde:

«È un luogo di riflessione per menti elevate.
Qui vivono i saggi. Ascoltandoli,
capirai che il cielo è solo una fornace di ferro
e gli uomini sono come carboni ardenti nel forno.
E coloro che danno loro denaro, davanti al tribunale
insegnano loro a fare torto con parole giuste...

Si dice che lì, da questi sapientoni,
ci siano due tipi di discorsi. Il discorso torto e il discorso giusto.
Con il discorso torto, chiunque ha sempre e ovunque
la meglio, anche se ha torto marcio.

Quindi, se impari a parlare in modo torto,
DI TUTTI I DEBITI CHE HO SOLO PER COLPA TUA,
NON PAGHERÒ NEANCHE UN SOLO SOLDO" [26:1], pp. 353-354.

Tuttavia, nelle pagine di Aristofane, Socrate-Cristo e i suoi discepoli appaiono in forma caricaturale. Da un lato sono saggi, dall'altro insegnano alle persone, in cambio di denaro, a trasformare la menzogna in verità.

Strepsiade si reca a casa di Socrate e bussa alla porta. Inizia una conversazione con un discepolo di Socrate che è uscito. Il discepolo loda il suo Maestro con le seguenti parole.

 

"SCOLARO
Il saggio Cherofronte di Sfettio gli chiese (a Socrate - Autore),
Cosa ne pensasse del canto delle zanzare,
Le zanzare ronzano con la gola o con il culo?

STREPSIADE
E cosa rispose il venerabile riguardo alle zanzare?

SCOLARO
Rispose che l'addome della zanzara
è stretto. Attraverso questa strettoia l'aria compressa
tende con forza verso l'orifizio posteriore.
Entrando nel canale stretto e poi nell'ampiezza,
esce dal sedere con un sibilo.

STREPSIADE
Ah, il culo delle zanzare è come una tromba!
Com'entra nelle viscere,
beato lui, delle questioni! Poco
ci mette, a farla franca, un imputato
che scrutína il budello alle zanzare!

SCOLARO
Ier l'altro, poi, per via d'una tarantola,
gli è andata a male una pensata grande! ...

Mentre
investigava le rivoluzioni
e il corso della luna, a bocca aperta
verso il cielo, di notte, una tarantola
dal cornicione, glie la fece in bocca.

STREPSIADE
Mi piace! Una tarantola che smerda Socrate! ...

E ci andiamo a stupire di Talete!
Apri, sbrigati, apri il Pensatoio,
e senza metter tempo in mezzo, fammi
veder Socrate. Muoio dalla fregola
di diventar discepolo! Su, apri!" [26:1], pp. 356-357.

Qui Aristofane, o un redattore successivo che ha approfittato del nome famoso di un autore antico, ci racconta dell'arrivo di Giuda da Cristo-Socrate. Giuda chiede di diventare suo discepolo e diventa uno degli apostoli. Tuttavia, l'intera scena è descritta in modo estremamente beffardo.

A proposito, per risparmiare spazio, non citeremo tutte le battute sarcastiche con cui Aristofane costella continuamente Socrate-Cristo e i suoi discepoli-apostoli.

 

 

3.4. COME SONO DESCRITTE LE LEZIONI ACCADEMICHE DI SOCRATE-CRISTO E DEI SUOI DISCEPOLI.

Strepsiade entra nella casa di Socrate e osserva con stupore il Maestro e i suoi discepoli. Il discepolo che ha accompagnato Strepsiade spiega servilmente che i presenti stanno studiando le profondità del Tartaro. Alla domanda sul perché uno di loro abbia “alzato il culo” verso il cielo, segue la risposta: “Conta le stelle con i propri mezzi” [26:1], p. 357. Strepsiade osserva con stupore i vari oggetti nella “sala del pensiero” e chiede quale sia il loro scopo. Gli rispondono: "Questa è l'astronomia... E questa è la geometria... per misurare la terra... E qui c'è l'immagine dell'intero universo. Ecco Atene. Vedi? ... Questa è ... l'Attica... E qui c'è Eubea, vedi com'è allungata, stretta e lunga" [26:1], p. 358-359.

Quindi, in realtà qui si dice che Socrate-Cristo e i suoi discepoli si dedicavano intensamente all'astronomia, alla geometria, allo studio del cielo, delle stelle e delle profondità della Terra. Mostrarono a Strepsiade-Giuda delle carte geografiche, «l'immagine dell'intero universo». Sulle mappe erano raffigurate Atene, l'Attica, Sparta, ecc.

È tutto corretto. Nel libro “Il re degli Slavi” abbiamo già detto che Andronico Cristo si occupava davvero di astronomia, geometria e curava la compilazione delle mappe. Fu proprio sotto di lui che iniziò a prendere forma il famoso “Almagesto”, un’enciclopedia di conoscenze sull’universo. In generale, Aristofane dice la stessa cosa. È vero, egli presenta tutte queste informazioni in tono scherzoso e spesso beffardo, ma leggendo attentamente il testo, il senso della questione diventa chiaro. Non è affatto escluso che il testo originale di Aristofane non fosse affatto così ironico. Probabilmente era un poema che parlava in modo serio e rispettoso di Cristo-Socrate e della storia di Giuda-Strepsiade. Tuttavia, durante la Riforma, il testo fu modificato dalla penna arguta di un redattore scaligeriano. Ha colorato il testo con toni scherzosi, disseminando ovunque parole come “culo”, “saggio intestinale”, “ha messo in bocca...” e così via. A una lettura superficiale, sono proprio queste immagini vivide a saltare all'occhio per prime, distorcendo fortemente l'impressione generale. Il dramma è stato trasformato in una commedia di bassa lega. Il rapporto con essa è diventato poco serio. Probabilmente, era proprio questo l'obiettivo degli editori. Riscrivere tutto il testo alla luce delle nuove esigenze occidentali era troppo complicato. Era molto più facile disseminare parolacce e volgarità in tutta l'opera. In questo modo, per il lettore comune, il significato del poema è stato distorto. Il suo contenuto cristiano è stato offuscato. Ne è risultata una parodia del Vangelo.

Continuiamo con il dramma “Le Nuvole”.

Qui Strepsiade finalmente nota Socrate. Questi sta dondolandosi su un'amaca. Strepsiade gli grida: Socrate! Socrate! Questi risponde:

"Che c'è, pover' uomo?

STREPSIADE
Prima dimmi, di cosa ti occupi?

SOCRATE
I celesti fenomeni scrutare
giammai potrei dirittamente, senza
tener sospesa la mia mente, e mescere
il sottil pensier nell'omogeneo
ètra. Se dalla terra investigassi,
di giú le cose di lassù, non mai
le scoprirei; poiché la terra a forza
attira a sé l'umore dell'idea.
Anche il crescione ha la virtù medesima!" [26:1], p. 360.

Dopo aver riflettuto su questo, Socrate chiede finalmente a Strepsiade: perché sei venuto? Questi risponde che vuole imparare l'arte dell'oratoria. «I debiti mi opprimono, dimagrisco, appassisco, mi consumo, mi riduco in miseria». Socrate si stupisce giustamente: “Tuttavia, come non ti sei accorto di essere SOMMERSO DAI DEBITI?” Strepsiade risponde:

"La cavallite, è stata a rovinarmi:
un male che ti rode infino all'osso!
Ma insegnami, suvvia, quello dei due
ragionamenti che non paga i debiti;
ed io ti sborserò la ricompensa
che vorrai. Chiamo a testimoni i Numi." [26:1], p. 361.

 

 

3.5. SOCRATE, IL FONDATORE DI UNA NUOVA RELIGIONE. IL BATTESIMO CON L'ACQUA E L'ADORAZIONE DELLA TRINITÀ.

A questo punto Socrate dichiara inaspettatamente a Strepsiade che gli dei tradizionali non vengono “onorati” nella loro comunità. In altre parole, Socrate e i suoi discepoli adorano numi diversi da quelli venerati dal resto degli Ateniesi. In questo modo, Aristofane accusa implicitamente Socrate di ateismo. Strepsiade chiede di spiegargli la natura delle forze divine venerate da Socrate. Questi accetta e procede all'INIZIAZIONE di Strepsiade. Segue la descrizione di un interessante rituale religioso. Socrate consegna a Strepsiade una corona, forse la corona di spine di Cristo, oggetto sacro per i cristiani. Poi cosparge Strepsiade di farina (?) e inizia a pregare “il limpido Etere e le Nuvole tonanti”. È interessante notare che in questo momento Strepsiade viene BAGNATO CON L'ACQUA. Non viene detto da chi. Si può capire che l'acqua è caduta sotto forma di pioggia dalle nuvole. Tuttavia, molto probabilmente qualcuno tra quelli che stanno lì vicino ha versato dell'acqua su Strepsiade usando qualche recipiente. Strepsiade, confuso dall'imprevisto, esclama rivolgendosi a Socrate:

“Aspetta, non avere fretta, lasciami coprire, ALTRIMENTI MI INZUPPERÒ FINO ALLE OSSA.
Ah, sciocco, ah, sventurato! Proprio oggi sono uscito di casa senza mantello” [26:1], pp. 362-363.

A quanto pare, qui si allude al RITO DEL BATTESIMO CON L'ACQUA. Tutto corretto. Poiché Socrate è il riflesso di Cristo, il rito di iniziazione deve prevedere il BATTESIMO CON L'ACQUA. Ricordiamo che durante il battesimo una persona viene immersa nell'acqua o, nel caso del battesimo per aspersione, le viene versata dell'acqua sulla testa. Il rito del battesimo è raffigurato, ad esempio, in numerose immagini antiche del battesimo di Cristo da parte di Giovanni Battista, fig. 1.33, fig. 1.33a.

Appaiono le Nuvole, alle quali Socrate si rivolge con le parole: “O sacre signore, mie dee, Nuvole” [26:1], p. 363. Entra il coro e viene recitata una preghiera.

Socrate comunica nuovamente a Strepsiade che il dio Giove non esiste, ma al suo posto c'è il Vortice. Inizia una discussione religiosa tra Socrate e Strepsiade. Socrate critica le concezioni abituali di Strepsiade sugli dei dell'Olimpo, spiegando che in realtà gli dei precedenti non sono affatto dei. E che esistono nuove forze molto più potenti, che ora devono essere adorate. Probabilmente, abbiamo davanti a noi un riflesso delle accese discussioni medievali sulla natura del divino. Il cristianesimo ha lottato contro i culti religiosi precedenti e questa lotta non è stata facile. Ne vediamo un riflesso nelle pagine delle “Nuvole” di Aristofane.

È sorprendente che, secondo Aristofane, Socrate inviti ad adorare la sacra TRINITÀ cristiana! Citiamo:

“Non crederai davvero piú ad altri Numi, se
non ai nostri? Fiato, Lingua, Nuvole: sono tre! ECCO LA SANTISSIMA TRINITA'” [26:1], p. 372.

Qui sono elencati in modo piuttosto esplicito i personaggi della Trinità cristiana. Infatti:

Dio Padre è chiamato NUVOLE. E in effetti, nell'iconografia cristiana Dio Padre è spesso raffigurato seduto sulle nuvole.

Dio Figlio, cioè Cristo, è chiamato VERBO. Cioè, in altre parole, la LINGUA, la PAROLA. Tuttavia, era proprio così che chiamavano Cristo.

Lo Spirito Santo è il FIATO, secondo Aristofane. Anche questa è un'immagine molto appropriata.

Vediamo che alla base della versione di “Le nuvole” che è giunta fino a noi c'era, a quanto pare, un testo cristiano. Successivamente, è stato modificato e trasformato in una parodia.

Nella fig. 1.34 è riportata un'antica icona della “Santa Trinità”, presumibilmente del 1430 circa. "Dio Padre sostiene il corpo martoriato di Cristo... tra loro aleggia una colomba, immagine dello Spirito Santo. Intorno alle figure della Trinità sono raffigurati sei angeli” [991:0], pagina 24. Un'altra immagine della Trinità è visibile nella fig. 1.35. Nella figura 1.36 e nella figura 1.36a sono riportate immagini della Trinità denominate “Trinità dell'Antico Testamento".

 

 

3.6. STREPSIADE DIVENTA ALLIEVO DI SOCRATE. GIUDA ISCARIOTA DIVENTA APOSTOLO DI CRISTO.

Socrate accetta di prendere Strepsiade tra i suoi discepoli. Inizia una lunga conversazione. Aristofane non ne riporta i dettagli. Al loro posto, fa entrare in scena un coro guidato da un corifeo. Mentre Socrate conversa con Strepsiade, il coro e il corifeo discutono e commentano per diverse pagine alcuni eventi ateniesi dell'epoca.

Infine, Socrate = Cristo, esce di casa. Egli parla in modo estremamente negativo delle capacità di Strepsiade = Giuda e in generale di lui come persona. Appare anche Strepsiade. La conclusione della sua conversazione con Socrate è piuttosto curiosa. È dedicata alla lingua, alla linguistica, alla logica. Si discutono, ad esempio, i concetti di genere maschile e femminile. Sembra che qui trovino riscontro le riflessioni medievali sulle proprietà del linguaggio, sulla sua capacità di descrivere con precisione la natura delle cose, ecc. Nel corso della conversazione emerge un dettaglio interessante: si discute di una lente di ingrandimento con cui è possibile “sciogliere” le cose. Si dice che tali lenti siano utilizzate dai medici, che le impiegano per ottenere il fuoco, concentrando i raggi del sole in un fascio. “Hai mai visto una pietra così bella e trasparente dai medici? La usano per ottenere il fuoco” [26:1], pp. 388-389.

Eppure ci assicurano che tutto questo accade nella “antichissima” Grecia del V secolo a.C. Ne consegue che in quell'epoca lontana venivano utilizzate lenti convesse, lenti di ingrandimento, INVENTATE SOLO NEL MEDIOEVO. In realtà non c'è alcuna contraddizione. Tutto è chiaro. Le “Nuvole” di Aristofane sono un testo tardivo del XVI-XVII secolo d.C. A quel tempo, tali invenzioni erano già note ed erano entrate nell'uso comune.

 

 

3.7. I TORMENTI DI STREPSIADE E I TORMENTI DI GIUDA ISCARIOTA PER IL TRADIMENTO DI CRISTO. IL SUICIDIO DI GIUDA, CHE SI IMPICCÒ.

Qui, Aristofane introduce il tema della punizione che si abbatte su Strepsiade = Giuda. La successiva revisione editoriale ha notevolmente ridimensionato il pathos della trama e trasformato le sofferenze iniziali di Strepsiade nei tormenti causati dalle cimici (!?). Tuttavia, molto probabilmente, siamo di fronte al tema dei tormenti infernali di Giuda il traditore. Infatti, gli autori cristiani medievali collocavano Giuda Iscariota all'inferno, come punizione per il tradimento di Cristo. Nella versione di Aristofane, tutto questo appare così.

STREPSIADE:
Ahimè, ahimè!

CORO:
Qual è il tuo duolo? Quale il tuo cruccio?

STREPSIADE (Con enfasi tragica):
Tapino me, ch'io mòro! Dal lettuccio
strisciano fuori a mordermi le cimici;
e i fianchi mi dilacerano,
e l'anima mi succhiano,
mi strappano i testicoli,
il culo mi perforano,
e mi fanno la festa!

CORO:
Troppo angosciosa lamentela è questa!

STREPSIADE:
Come? Se non mi resta
il becco d'un quattrino,
né ho più spirito in corpo, né sangue entro le vene,
né scarpe ai piedi! Ed oltre a tante pene,
per stare all'erta e fare il canterino,
son quasi al lumicino!

Ricordiamo che, secondo i Vangeli, Giuda Iscariota si suicidò: se ne andò e si impiccò. Un'eco di questo fatto risuona in Aristofane. Socrate = Cristo allontana da sé Strepsiade = Giuda, dicendo che non vuole più istruirlo. A queste parole, Strepsiade risponde che si IMPICCHERÀ.

STREPSIADE:
Ecco! Prima che si chiami
il mio processo, mentre si discute
il precedente, corro ad impiccarmi!

SOCRATE:
Ciance!

STREPSIADE:
Ma certo, santi Numi! Morto
che fossi, di' che m'intentino cause!

SOCRATE:
Sbalestri! Via, non ti dò più lezione!

STREPSIADE:
Santi Numi! E perché, Socrate, perdonami!... [26:1], p. 389.

Quindi, Socrate = Cristo si rifiuta di insegnare a Strepsiade = Giuda. Il suo atteggiamento nei confronti di Strepsiade diventa disgustato e irritato. Inoltre, Aristofane mette in bocca a Socrate queste parole: «Vai al diavolo!» [26:1], p. 390. Strepsiade è in preda al panico, sta per impiccarsi e implora Socrate di PERDONARLO. Dal testo delle «Nuvole» non è molto chiaro per cosa Strepsiade chieda perdono. Sembra che non abbia offeso Socrate in alcun modo. Tuttavia, ora cominciamo a capire che l'Aristofane “antico” sta in realtà parlando dei tormenti della coscienza di Giuda Iscariota, che ha tradito Cristo. Inoltre, lo ha espresso in modo estremamente semplice, mettendo in bocca a Giuda-Strepsiade parole forti: "Socrate! Per l'amor degli dei, perdonami!”. Vedendo che Socrate lo sta lasciando, Strepsiade grida:

Ahi, me tapino, che sarà di me?
Se non imparo a rigirar la lingua,
sono spacciato! - Mi sapreste, oh Nuvole,
dare voialtre qualche buon consiglio?" [26:1], p. 390.

Anche il figlio di Strepsiade allude al fatto che Strepsiade sarà impiccato: «Tu stesso ti ritroverai appeso al patibolo!» [26:1], p. 394. Pertanto, il tema dell'impiccato Strepsiade = Giuda è chiaramente presente in «Le nuvole». Tuttavia, Aristofane non dice nulla direttamente sul suicidio di Strepsiade.

A proposito, in “Le nuvole” si parla letteralmente ad ogni passo dell'ASTUZIA di Strepsiade. Probabilmente questo ci aiuta a capire la natura del nome STREPSIADE. Infatti, in greco, STREPTOS significa “flessibile, agile”, mentre il greco STROFI, simile nella pronuncia, con il passaggio della P alla F, significa “scorciatoia, stratagemma, astuzia” [123] p. 1162. Cioè STREPSIADE ovvero STREPS-IUDA, potrebbe benissimo significare inizialmente GIUDA L'ASTUTO, GIUDA IL FURBO. Tuttavia, ciò corrisponde perfettamente alla sovrapposizione di Strepsiade al Giuda Iscariota evangelico.

 

 

3.8. RIEMERGE IL TEMA DEL DENARO. STREPSIADE TENTA SENZA SUCCESSO DI APPROPRIARSI DEL DENARO DEGLI ALTRI. I CREDITORI LO MALEDICONO.

Nonostante Strepsiade fosse stato bandito da Socrate, i suoi tentativi di appropriarsi del denaro altrui non cessarono. Manda suo figlio Fidippide da Socrate, sperando che almeno lui impari l'arte della demagogia e dell'inganno. In attesa del suo ritorno, Strepsiade è nervoso.

STREPSIADE (Esce di casa portando un sacco di farina):
“Quintultimo, quartultimo, terzultimo,
poi penultimo, poi subito quello
che m'empie di terrore, mi fa recere,
mi fa rizzare i peli... la scadenza!
Tutti i miei creditori mi minacciano
di chiamarmi in giudizio, e ognuno giura
di rovinarmi e assassinarmi. Eppure,
io pretendevo il giusto, il ragionevole!” [26:1], p. 407.

Infine, arriva il figlio di Strepsiade, che ha studiato con Socrate. Entrano in scena, insieme ai testimoni, i principali creditori di Strepsiade: Pasia e Amunia, che citano Strepsiade in giudizio e chiedono la restituzione del denaro. Strepsiade cerca di cavarsela e di affogare il caso in un mare di demagogia, ma senza successo. I creditori chiedono con veemenza la restituzione del debito. Non ottenendo ciò che vogliono, se ne vanno minacciando. È ormai chiaro che i tentativi di Strepsiade di appropriarsi del denaro altrui grazie all'«istruzione di Socrate» sono falliti miseramente. Il coro commenta l'accaduto con queste parole:

CORO: Strofe
“Che è, prender passione
per l'arte del briccone!
Il vecchio or n'è fanatico,
né piú restituir vuole i quattrini
che presi aveva in prestito.
Ma qualche briga gli farà d'un tratto
pur oggi, ad onta di quei suoi rampini,
tutte scontar le birberie ch'à fatto.” [26:1], p. 417.

A questo punto, il figlio di Strepsiade si scaglia contro il padre, lo maledice e lo picchia. Strepsiade-Giuda rimane così solo. Anche suo figlio lo rinnega. La vicenda precipita rapidamente verso il tragico epilogo.

 

 

3.9. IL MOMENTO CRUCIALE DEL DRAMMA. STREPSIADE ACCUSA SOCRATE DI TUTTO E, IN PREDA ALLA FOLLIA, INCENDIA LA SUA CASA. SOCRATE MUORE NELLE FIAMME DEL ROGO.

Sconvolto, Strepsiade si rivolge alle divinità dei cieli, accusandole delle sue disgrazie. Tuttavia, la risposta è immediata, fredda, chiara e logica:

CORO:
“Te li sei procacciati da te stesso,
i guai, dandoti all'arte del briccone!

STREPSIADE:
Perché, quand'è cosí, non me l'avete
detto quand'era tempo, e avete messo
su questo pover'òmo vecchio e zotico?

CORO:
Sempre cosí facciamo, a chi vediamo
che piglia gusto a fare birbonate,
finché poi lo cacciamo in qualche guaio,
sí ch'egli impari a rispettare i Numi!

STREPSIADE:
Nuvole mie, salata fu ma giusta,
la lezione! I quattrini avuti in prestito
non dovevo negarli! - Andiamo, adesso
vieni con me figlio mio bello, e pianta
Socrate e quel dannato Cherefonte,
che ci hanno messi tutti e due nel sacco!” [26:1], p. 424.

Va detto che alla fine di “Le nuvole” scompaiono le beffe, le derisioni e gli altri ornamenti letterari maliziosi dell'epoca della Riforma. Il testo assume un carattere serio. La pseudo-commedia e la parodia finiscono. Inizia la tragedia.

Il figlio di Strepsiade si rifiuta di partecipare all'aggressione a Socrate. Se ne va, lanciando al padre parole di disprezzo: “Va' a fare il pazzo da solo!”. Strepsiade perde il controllo, la sua mente si confonde.

STREPSIADE:
Oh che pazzia! Pazzo davvero fui,
che buttai via gli Dei per via di Socrate!
(Si volge a una statuetta d'Ermete collocata dinanzi alla sua casa)
Ma non tenermi il broncio, Ermète caro,
e non mi rovinare: compatiscimi,
se la testa perdei per quattro chiacchiere.
Dammi un consiglio tu: devo chiamarli
in tribunale, o cosa devo fare?
(Ascolta un istante)
Sí, mi consigli bene! Niente cause!
Ma presto e lesto dò fuoco alla casa
di queste lingue infami. Rosso, Rosso!
Portami qui di fuori scala e zappa,
sali sul Pensatoio, se vuoi bene
al tuo padrone, e lí scàssina i tegoli,
sinché la casa gli rovini addosso!
(Il servo obbedisce)
E a me, portate una fiaccola accesa:
ché io, per quanto sono fanfaroni,
glie la farò scontare, a qualcheduno!
(Sale sul tetto, e appicca il fuoco in vari punti).

UNO SCOLARO (Affacciandosi alla finestra):
Oh, oh!

STREPSIADE:
Fiaccola, fatti onore! Brucia a modo!

SCOLARO:
Coso, che fai?

STREPSIADE:
Che cosa devo fare?
Sottilizzo coi travi della casa!

ALTRO SCOLARO:
Poveri noi! Chi dà fuoco alla casa?

STREPSIADE:
Quello a cui sgraffignaste il palandrano!

CHEREFONTE:
Ci ammazzi, tu, ci ammazzi!

STREPSIADE:
E questo voglio!
A meno che la zappa non deluda
le mie speranze! E se no, voglio prima
cascare a terra e fracassarmi il collo!

SOCRATE:
Ehi, coso! Che ci fai, lí, sopra il tetto?

STREPSIADE:
Per l'ètra mòvo, e il sol dall'alto io guardo!

SOCRATE:
Ahimè! Povero me! Triste me!... Soffoco...

CHEREFONTE:
Misero me! Sarò ridotto in cenere!

STREPSIADE:
E con che ardire insultavate i Numi,
e andavate a cercar sino nel culo
della luna? Giú botte, giú sassate!
Sotto! Per tante cause se le meritano,
ma innanzi tutto per le offese ai Numi!

CORIFEO:
Guidateci fuori: abbastanza - durata è quest'oggi la danza!” pp. 425-426.

Con questo si conclude il dramma “Le nuvole”. Non viene detto nulla sul destino futuro di Strepsiade. Tuttavia, come abbiamo già capito, nel testo precedente erano già state disseminate generose indicazioni inequivocabili sul fatto che Strepsiade = l'astuto Giuda, si fosse impiccato o fosse stato impiccato. Inoltre, prima del finale, è stato sottolineato ancora una volta che Strepsiade “era sprofondato nel crimine”.

Analizziamo ora il finale di “Le nuvole”.

- Secondo Aristofane, Socrate è accusato direttamente di aver insultato gli antichi dèi degli Ateniesi. Secondo i Vangeli, Cristo fu accusato di aver distrutto le fondamenta della fede precedente e di aver seminato confusione tra il popolo.

- L'apostolo Giuda Iscariota tradì Cristo. Lo Strepsiade di Aristofane = Giuda il furbo, tradì Socrate. In realtà, all'inizio Strepsiade si recò da Socrate come supplicante, discepolo, trattando il Maestro con grande rispetto. Inoltre, dopo aver parlato con Socrate, rinunciò persino agli antichi dèi di Atene e accettò di credere nelle nuove divinità: le Nuvole. Tuttavia, in seguito cambiò bruscamente atteggiamento, trasformandosi da supplicante e “amico” in un feroce nemico. Egli sferrò un colpo a tradimento alle spalle. Uccise Socrate non in un combattimento aperto, faccia a faccia, ma a tradimento, appiccando il fuoco alla casa in cui si trovava Socrate, ignaro di tutto.

- Secondo Aristofane, Strepsiade chiede consiglio agli dèi di Atene, in particolare a Hermes. Questi gli consiglia di dare fuoco a Socrate e ai suoi discepoli. In questo modo, secondo l'autore “antico”, Socrate-Cristo avrebbe disonorato gli dèi precedenti, ed avrebbero così ottenuto il diritto morale di chiedere la sua condanna a morte. Secondo i Vangeli, i sommi sacerdoti ebrei e la maggior parte del popolo chiedevano la condanna a morte di Cristo principalmente per aver offeso la loro fede.

- Secondo la versione “antica”, alla fine del dramma Socrate si ritrova all'interno di una casa. La casa viene INCENDIATA e Socrate muore tra le fiamme. Nel libro “L'inizio della Rus' dell'Orda” abbiamo già dimostrato che in alcune fonti antiche il monte Golgota, dove fu crocifisso Cristo, era chiamato KOSTRO (fuoco). Nel russo antico, la parola KOSTER significava, in particolare, TORRE o FORTEZZA. In linea di massima, qualcosa di alto, costruito con tronchi [866], vol. 2, p. 347. Aristofane dice che la CASA è stata trasformata in un rogo.

Se il Golgota in alcune fonti è stato chiamato KOSTRO, i redattori successivi, senza capirci nulla, potrebbero aver trasformato la crocifissione di Cristo sul Golgota in un rogo.

Inoltre, le parole russe KOSTER e KRESTO potevano essere confuse nei documenti antichi: croce = KRST --> KSTR = rogo. Le radici non vocalizzate di queste parole differiscono solo per la permutazione delle consonanti. Più avanti vedremo che lo stesso motivo dell'incenerimento sul rogo, è presente anche in diverse versioni “antiche” della condanna a morte di Cristo. Quindi, la descrizione aristofanea della morte di Socrate-Cristo è in linea con altre testimonianze di fonti antiche.

Strepsiade = l'astuto Giuda, si arrampica sul tetto della “casa di Socrate” per uccidere il filosofo. Probabilmente, nelle pagine di Aristofane si rifletteva il fatto che Cristo-Socrate fu crocifisso sulla cima del Golgota, su cui bisognava davvero ARRAMPICARSI. La cima del Golgota è stata trasformata dalla penna dell'editore nel “tetto di una casa”.

- Dal testo “Le nuvole” si deduce che insieme a Socrate, nel fuoco del rogo, ovvero “nella casa”, morirono anche DUE SUOI DISCEPOLI. Infatti, dalla finestra dell'edificio in fiamme apparve prima il primo discepolo e, dopo un po', il secondo. Entrambi lanciavano grida di morte. Forse qui si riflette il fatto che insieme a Cristo, ai suoi lati, sul Golgota furono crocifissi DUE ladroni. Entrambi morirono. Questo episodio è ben noto e spesso raffigurato nei dipinti e nelle icone antiche, vedi, ad esempio, fig. 1.37, fig. 1.38. Avendo già dimenticato il succo della questione, Aristofane, o meglio il suo redattore, decise che i due ladroni evangelici erano discepoli di Socrate-Cristo.

- Secondo Aristofane, le ultime parole di Socrate furono le seguenti: “Oh, guai a me, guai a me! Sto soffocando”. Da dove viene l'idea che Socrate sia MORTO SOFFOCATO? Ricordiamo che, secondo i Vangeli, la morte di Cristo fu così: «E Gesù, gridando di nuovo a gran voce, rese lo SPIRITO» (Matteo 27:50). Abbiamo già più volte riscontrato il fatto che molti testi biblici furono originariamente scritti in slavo. Tuttavia, in russo le parole DUKH (spirito), zaDOKHnulsya (soffocato), DYHaniye (respiro), sono simili. Non a caso si dice: “lo SPIRITO mi ha colpito”, “il RESPIRO mi ha soffocato”. Non è quindi da escludere che Aristofane, avendo dimenticato la lingua slava e non avendo compreso appieno il significato degli eventi evangelici, invece di scrivere “rese lo SPIRITO”, abbia scritto che Socrate era soffocato. Associandola al fatto che il GOLGOTA qui è stato descritto come un INCENDIO, tale sostituzione: ha esalato l'ANIMA --> è SOFFOCATO, è sembrata del tutto naturale all'autore o all'editore di “Le Nuvole”.

 

 

3.10. CONCLUSIONI.

- A quanto pare, nella tragicommedia “Le nuvole” di Aristofane è descritta la trama evangelica: la storia dell'avido traditore Giuda Iscariota e la condanna a morte di Cristo. “Le nuvole” sono considerate una fonte LAICA. Allo stesso tempo, la storia di Scaligero ci assicura che la vita di Cristo è descritta esclusivamente nelle fonti religiose originali. Come possiamo vedere, questo non è vero.

- Probabilmente alla base di “Le nuvole” c'era un testo antico, probabilmente andato perduto. Era cristiano e descriveva in modo abbastanza rispettoso la storia di Giuda Iscariota e la condanna a morte di Cristo. Tuttavia, in seguito, durante la Riforma, il dramma fu sottoposto a una rielaborazione tendenziosa. In tutta l'opera sono state sparse battute beffarde rivolte a Socrate-Cristo e ai suoi discepoli. In questo modo, “Le nuvole” è stata trasformata in una parodia beffarda del cristianesimo. In seguito, il contenuto cristiano del dramma è stato completamente dimenticato e l'opera è stata considerata semplicemente come una sorta di “racconto della vita antica”.

In conclusione, va notato che ora che il vero significato di molti testi antichi è in gran parte chiarito, essi diventano molto più interessanti. Ad esempio, “Le nuvole” di Aristofane sono generalmente considerate un poema noioso. In effetti, è difficile che un lettore dei nostri tempi possa rimanere affascinato dalle battute e dalle prese in giro piuttosto primitive, sparse in tutto il testo. Tuttavia, non appena abbiamo scoperto che tutto questo “umorismo” è stato probabilmente aggiunto da editori successivi e non appena è diventato chiaro che “Le nuvole” è un antico testo del Nuovo Testamento che parla di Cristo e di Giuda Iscariota, l'interesse per il dramma aumenta notevolmente. Lo stesso sta accadendo ora con molte altre fonti antiche. La nuova visione della storia le trasforma da testi semisconosciuti e apparentemente noiosi, in racconti avvincenti sul passato.

 

 

4. MOSAICO “ANTICO” CON L’IMMAGINE DI SOCRATE IN UNA CHIESA CRISTIANA DEL IV SECOLO D.C.

Nel 2005 gli autori del presente libro hanno avuto modo di visitare la Siria, in particolare la famosa “antica” Apamea. Qui si trovano, tra le altre cose, i resti di un grandioso colonnato lungo oltre due chilometri, con le rovine di templi “antichi” che lo circondano e lo costeggiano, fig. 1.39, fig. 1.40, fig. 1.41, fig. 1.42, fig. 1.43, fig. 1.44, fig. 1.44. Alcuni degli templi qui presenti sono stati datati dagli storici all'epoca post-cristiana, poiché in essi era chiaramente presente la simbologia cristiana. A quanto pare, gli edifici in cui non era presente tale simbologia, o dove non era facilmente riconoscibile, sono stati allegramente relegati in un lontano passato, attribuendoli alla “profonda antichità”. Lo stesso destino è toccato all'intera Apamea, affermando che gli edifici cristiani presenti qui sarebbero stati aggiunti molto più tardi. Non approfondiremo qui la storia di Apamea, ma ci soffermeremo solo su un mosaico del museo locale, situato non lontano dalle rovine, fig. 1.45. Gli archeologi hanno scoperto il mosaico ad Apamea e lo hanno trasferito al museo. È stato datato presumibilmente al IV secolo d.C., fig. 1.46.

Il mosaico è molto interessante. Raffigura Socrate circondato da sei persone, tre a destra e tre a sinistra, fig. 1.47, fig. 1.48, fig. 1.49. Il nome di Socrate è scritto sopra la sua testa, fig. 1.50. La targhetta del museo assicura che accanto a Socrate sono seduti sei filosofi. I loro nomi non sono riportati sul mosaico. Tuttavia, cominciamo a capire che, molto probabilmente, qui sono raffigurati gli apostoli di Cristo seduti accanto a lui. Va detto che il mosaico è andato parzialmente perduto. La parte inferiore è andata distrutta. Pertanto, non è da escludere che in origine ci fossero più figure. Forse qui erano raffigurati tutti i dodici apostoli di Cristo. Sei seduti in alto e sei in basso. La parte inferiore è andata distrutta. Tuttavia, potrebbe essere stata distrutta appositamente per rendere meno evidente il parallelismo con il cristianesimo. Forse qui era raffigurata l'Ultima Cena, quando tutti i dodici apostoli erano riuniti a tavola con Cristo, fig. 1.51.

È importante sottolineare che il mosaico del museo di Apamea, raffigurante dei presunti filosofi “pagani e antichi”, non si trovava in un luogo qualsiasi, bensì in un'antica CHIESA CRISTIANA, fig. 1.46. Per cui, Socrate e i suoi discepoli erano considerati CRISTIANI. Il che, come ora cominciamo a capire, è assolutamente vero. Poiché Socrate è il riflesso di Cristo, erroneamente relegato dagli storici nella “più profonda antichità”.

Vale la pena notare che il mosaico raffigurante Socrate include varie forme della croce cristiana, fig. 1.52, fig. 1.53, fig. 1.54, fig. 1.55, fig. 1.56, fig. 1.57, fig. 1.58. Vale la pena prestare attenzione alle croci cristiane a forma di SVASTICA e le croci larghe inserite nei cerchi, che riempiono densamente tutto lo spazio intorno alle figure, lungo il bordo del mosaico.

Le croci cristiane a forma di svastica sono presenti in molte immagini antiche. Nelle fig. 1.59, e fig. 1.60, è raffigurato il quadro “L'Annunciazione e l'incontro di Maria con Elisabetta”, presumibilmente del XIV secolo. Accanto a Maria e all'angelo vediamo delle CROCI-SVASTICHE cristiane.

 

 

5. IL FAMOSO ORATORE “ANTICO” ISOCRATE È UN ALTRO RIFLESSO DI CRISTO-SOCRATE.

 

Poiché, come dimostrato nei libri “Fondamenti di storia” e ‘Metodi’, la storia “antica” è stata assemblata utilizzando diverse cronache medievali del XII-XVII secolo, gli stessi personaggi reali del Medioevo possono apparire in diversi punti del “libro di storia greca” di Scaligero, con nomi leggermente diversi e in contesti differenti. Abbiamo visto che uno dei riflessi di Andronico-Cristo è il famoso filosofo ateniese Socrate. Inoltre, non è escluso che un altro riflesso di Cristo nella storia greca sia il famoso oratore e scrittore greco Isocrate, vissuto presumibilmente nel 436-338 a.C. [258], p. 455, vedi fig. 1.5. Nella fig. 1.61 riportiamo un busto “antico” che raffigura presumibilmente Isocrate.
Isocrate è noto come un oratore ateniese molto popolare. Si ritiene che predicasse l'unione dei Greci contro la Persia, fosse contrario alla democrazia e sostenitore della monarchia. Isocrate descriveva i vantaggi della monarchia rispetto all'oligarchia. Egli denunciava con rabbia l'ordine che regnava ad Atene: “licenziosità, illegalità, sfrontatezza” [258], p. 455-456. Forse in questa forma sono entrati nella biografia di Isocrate i noti motivi evangelici che parlano della lotta di Gesù Cristo contro i mercanti nei templi (la famosa cacciata dei mercanti) e contro i sommi sacerdoti ebrei.

Il nome dell'oratore e filosofo ISOCRATE è praticamente identico al nome del filosofo SOCRATE. Non abbiamo analizzato in dettaglio la “biografia” e le opere di Isocrate e speriamo di farlo nei prossimi lavori.