CAPITOLO 2: NUOVE INFORMAZIONI SU ANDRONICO CRISTO. NELLE PAGINE DELLE CRONACHE FU ANCHE PRESENTATO COME IL PRINCIPE PERSIANO CIRO IL GIOVANE.
1. GLI AUTORI “ANTICHI” DIVISERO IN DUE, SOLO SULLA CARTA, IL RE CIRO = CRISTO, INVENTANDOSI CIRO IL VECCHIO E CIRO IL GIOVANE. DOPODICHE’, INIZIARONO A CONFONDERLI.

Fig. 2.1
Nelle pagine della “antica” storia greca sono presenti oggi “due Ciro”: Ciro I e Ciro II. Sono entrambi considerati re persiani. Ciro II è considerato satrapo della Lidia [258], p. 402. Gli storici li chiamano Ciro il Vecchio e Ciro il Giovane. Tra questi “due Ciro” potrebbe esserci stata una confusione, fig. 2.1. A proposito, il nome Ciro significava, molto probabilmente, semplicemente RE. Ricordiamo che in latino la lettera C si legge in due modi: come C e come K. Ricordiamo i passaggi del tipo Cesare - Kaiser. Ciro I il Vecchio viene oggi datato al 559-530 a.C. [988:00], o al 558-529 a.C. [258], p. 349. Ciro II il Giovane è datato alla fine del V secolo a.C. Ciro il Giovane, figlio minore di Dario II, morì giovane, presumibilmente nel 401 a.C. [258], p. 402. Ciro il Giovane era figlio di Dario, oggi chiamato Dario II, e della regina Parisatide.
A proposito, sembra che la parola KIR fosse ampiamente utilizzata in Russia. L'Enciclopedia Brockhaus e Efron riporta: “Kir, titolo antico russo - titolo utilizzato nell'antica Russia e corrispondente a “signore”. Così, il figlio di Vsevolod Glebovich è chiamato nelle cronache Kir-Mikhail, mentre sulla carta è chiamato Chur-Mikhail” [988:00], “Kir, titolo antico russo”.
Attira l'attenzione la seguente circostanza. Senofonte è considerato l'autore di due grandi libri dedicati a Ciro. Il primo libro è il famoso “Ciropedia”. Questo titolo è tradotto come “L'educazione di Ciro” [447:1], p. 12. Si ritiene che qui, con il nome di Ciro, Senofonte abbia descritto il giovane re persiano Ciro il Grande. Il secondo libro famoso di Senofonte, intitolato “Anabasi”, talvolta chiamato “La campagna di Ciro” [988:00], è dedicato, secondo quanto si ritiene, alla descrizione della campagna e della morte del giovane principe persiano Ciro il Giovane.
Tuttavia, nella stessa “Ciropedia”, Senofonte chiama costantemente Ciro semplicemente con il nome ‘Ciro’, senza aggiungere né l'aggettivo “il Vecchio” né il numero I. Quindi, molto probabilmente, queste “indicazioni esplicative” sono apparse più tardi, nelle opere degli storici che hanno iniziato a costruire la versione scaligeriana della storia nel XVI-XVII secolo e hanno “creato” due Ciro da uno solo.
Anche nell'Anabasi, Senofonte chiama quasi sempre Ciro semplicemente “Ciro”, senza aggiungere né l'aggettivo “il Giovane” né il numero II. Solo in un punto del libro, all'inizio del capitolo 9, si dice quanto segue: “Così morì Ciro, secondo tutti coloro che lo conoscevano da vicino, il più capace e il più degno di occupare il trono reale tra tutti i Persiani che vissero dopo Ciro il VECCHIO” [447:2], p. 31. Tuttavia, tornando al racconto su Ciro, Senofonte lo chiama nuovamente semplicemente “Ciro”, e non “Ciro il Giovane”. Si ha l'impressione che questa, l'unica spiegazione in tutta l'Anabasi, su “Ciro il Vecchio”, sia un'aggiunta di un redattore successivo, che ha voluto separare i due Ciro apparsi nelle pagine della storia di Scaligero a seguito di un errore dovuto alla duplicazione, sulla carta, di un solo e unico re Ciro.
I commentatori sottolineano la seguente circostanza. "Nella sua opera successiva, Ciropedia (L'educazione di Ciro), Senofonte sviluppò in modo dettagliato la sua visione di un GOVERNANTE ESEMPLARE, APPLICANDOLA ALLA PERSONALITÀ DI CIRO IL VECCHIO, Tuttavia, attribuì a quest'ultimo molti tratti caratteriali di Ciro il Giovane" [447:2], p. 226. Questa confusione si spiega con il fatto che, molto probabilmente, le biografie di Ciro il Vecchio e Ciro il Giovane sono dei duplicati, cioè parlano essenzialmente della stessa persona.
Come dimostreremo in questo libro, entrambi i Ciro sono in larga misura riflessi dello stesso famoso personaggio del mondo antico. Vale a dire Andronico Cristo = Andrea Bogolyubsky. Per cui, le “indicazioni esplicative” come “Ciro il Vecchio” o “Ciro il Giovane” sono apparse molto più tardi, per mano degli editori scaligeriani del XVI-XVII secolo.
Cominciamo con Ciro il Giovane. Nell'analizzare la sua biografia, utilizzeremo innanzitutto due famosi testi antichi: il libro “Anabasi” di Senofonte [447:2] e la biografia di Artaserse tratta dalle “Vite parallele” di Plutarco [660], vol. 3. Nelle fig. 2.2 e fig. 2.2
riportiamo i ritratti che si presumono essere di Plutarco.
2. L'INFANZIA DI CIRO IL GIOVANE. I DUE FRATELLI RIVALI.
2.1. PLUTARCO E SENOFONTE SULLA NASCITA DI CIRO E ARTASERSE.
Plutarco racconta così la nascita dei fratelli Ciro e Artaserse Mnemone. «Dario e Parisatide ebbero quattro figli: il maggiore era Artaserse, seguito da Ciro e poi dai due più giovani, Ostane e Osatre. CIRO PORTO' IL NOME DEL PRIMO CIRO PIGLIANDOLO DAL SOLE, poiché i Persiani appellano il Sole, "Ciro". Quanto ad Artaserse, inizialmente si chiamava ARSICA. Tuttavia, Dinone riporta un altro nome, OARTE...
Fin dalla più tenera età, Ciro si distinse per il suo carattere ardente e violento, mentre Artaserse, in tutte le sue azioni e aspirazioni, sembrava più molle e mansueto del fratello... Tuttavia, la madre (Parisatide - Autore) amava di più Ciro e voleva che fosse lui a ereditare il regno. Pertanto, quando Dario si ammalò e Ciro fu richiamato dal governo delle marine d'Asia, egli partì con la ferma convinzione che, grazie alle attenzioni e agli sforzi di sua madre, fosse già stato designato erede al trono. In effetti, Parisatide avanzò... un argomento plausibile... ovvero che Arsica (Artaserse - Aut.) era stato concepito quando Dario era ancora suddito, mentre Ciro quando Dario era già re. Tuttavia, le sue suppliche a Dario non ebbero effetto, e il maggiore fu proclamato re con il nuovo nome di Artaserse, mentre Ciro fu nominato satrapo di Lidia e luogotenente delle terre di marina" [660], vol. 3, pp. 349-350.
Senofonte fornisce una versione leggermente diversa, anche se nel complesso il quadro è lo stesso. In particolare, egli afferma che Dario e Parisatide avevano solo due figli, il che contraddice l'opinione di Plutarco. Tuttavia, questo fatto non è rilevante in questo contesto, poiché gli altri due figli di Dario, menzionati di sfuggita da Plutarco, non vengono più citati nel resto della storia. Ecco cosa scrive Senofonte:
“Dario e Parisatide ebbero DUE FIGLI, il maggiore Artaserse e il minore Ciro. Quando Dario si ammalò e sentì avvicinarsi la morte, chiamò a sé entrambi i figli. Il figlio maggiore era allora con lui, mentre Ciro era stato mandato da Dario nella regione di cui era stato nominato satrapo, con l'incarico di comandante di tutte le truppe, il cui luogo di raduno era la Piana di Castolo. E così Ciro partì per l'interno del paese, portando con sé Tissaferne come amico... E quando Dario morì e Artaserse fu insediato sul trono...” [447:2], p. 7.
2.2. IL RE ERODE E IL RE PERSIANO ARTASERSE. ANDRONICO CRISTO E IL PRINCIPE PERSIANO CIRO.
Forse, sotto il nome del re persiano DARIO, qui compare l'ORDA. Il figlio maggiore di Dario, di nome ARTASERSE, sembra corrispondere al RE ERODE del Vangelo. Vale a dire, ARTA+CESARE o ORDA+ZAR. Il figlio minore di Dario, CIRO, corrisponde probabilmente al giovane Gesù Cristo. In questo caso, la parola CIRO poteva significare sia CSAR, con la sostituzione della K con la C, frequente in latino, sia GOR o HOR, HORUS, cioè CRISTO. Nel libro “Il re dei Slavi” abbiamo dimostrato che il dio egizio GOR o HORUS è uno dei riflessi di Andronico-Cristo.
- PARISATIDE-PARTHENOS-VERGINE.
La madre PARISATIDE, la regina, sembra corrispondere alla Vergine Maria, che era chiamata IMMACOLATA, cioè PARTHENOS. Da qui, tra l'altro, deriva anche il suo nome “antico” - Atena PARTHENOS. I nomi Parisatide e Parthenos potrebbero essere due varianti di pronuncia della stessa parola: Parisatide = PRSTD --> PRTNS = Parthenos. Sulla possibile origine del nome stesso PARTHENOS e sul suo legame con il taglio cesareo, si veda la nostra analisi nel libro “Il re dei Slavi”.
Qui non ci soffermeremo su questo argomento, poiché al momento non è rilevante.
- I DUE “FRATELLI” RIVALI.
Nel libro “La Roma dei Re nella regione tra i fiumi Oka e Volga” abbiamo dimostrato che la leggenda romana dei due fratelli Romolo e Remo è un altro riflesso della storia evangelica di Cristo e di re Erode. Tuttavia, non è escluso che nelle pagine di Plutarco e Senofonte ci imbattiamo nuovamente nel “vecchio” motivo evangelico romano dei due “fratelli” rivali. Qui si tratta del fratello maggiore Artaserse, cioè Re Erode, e del minore Ciro, cioè Horus - Cristo. Nei Vangeli, Erode è effettivamente più anziano di Cristo e diventa re di Giudea. Nella versione evangelica, il re Erode è considerato “cattivo”. Egli teme il giovane Cristo, teme per il suo potere e inizia a perseguitare Gesù. Praticamente, la stessa cosa riferiscono Plutarco e Senofonte riguardo a Ciro. In effetti il fratello maggiore Arta-Serse, cioè il Re Erode, viene proclamato re di Persia, mentre il fratello minore Ciro rivendica il trono reale. Nasce così una rivalità. A proposito, anche nella versione romana di Tito Livio viene sottolineata la rivalità tra i due fratelli Romolo e Remo.
Tuttavia, nella versione greca, le caratteristiche dei due fratelli sono invertite: “buono” e “cattivo”. Il più giovane, Ciro, è descritto come aggressivo e assetato di potere, mentre il maggiore, Arta-Serse, è invece presentato come mite e riservato. È chiaro che tali valutazioni emotive sono soggettive e dipendono fortemente dalla posizione del cronista. Ad alcuni piaceva Cristo e non piaceva Erode. Altri, al contrario, condannavano Cristo = Ciro ed esaltavano Erode = Arta-Serse. Abbiamo già incontrato più volte il punto di vista scettico dei Giudei, che consideravano Cristo un “mamzer” bastardo, figlio di Maria “l'adultera” [307]. Probabilmente, questa sfumatura di negatività nei confronti di Ciro = Cristo traspare anche nei libri di Plutarco e Senofonte. Ricordiamo inoltre che molti autori bizantini, primo fra tutti il famoso storico Niceta Coniata, valutano Andronico-Cristo prevalentemente da un punto di vista negativo, pur riconoscendogli un ruolo indubbiamente eccezionale nella storia. Per maggiori dettagli, consultare il nostro libro “Il re degli Slavi”.
- PARISATIDE-MARIA SOSTIENE CIRO-CRISTO CONTRO ARTASERSE-ERODE.
Secondo la versione greca, la regina persiana Parisatide ama particolarmente il figlio minore Ciro e lo aiuta in ogni modo. Cerca di opporsi al re Artaserse. Più o meno la stessa cosa vediamo nella storia evangelica di Gesù bambino. La Vergine Maria cerca di proteggere il giovane Gesù dalle macchinazioni ostili del malvagio re Erode.
- GLI STRETTI LEGAMI TRA LA SANTA FAMIGLIA EVANGELICA E LA RUS' DELL'ORDA.
Nei nostri libri precedenti abbiamo ripetutamente scoperto l'identificazione dell'antica Persia con la Rus' dell'Orda del XIV-XVI secolo. Inoltre, lo stesso nome PERSIA deriva probabilmente da P-RUSSIA, cioè la Rus' Bianca, la Bielorussia.
Pertanto, non è da escludere che il re persiano Dario, ovvero il re ORDA, fosse un sovrano della Rus' dell'Orda. Il nome ORDA è presente anche nel nome ARTA-Serse. Inoltre, Arta-Serse era chiamato anche ARSICA o OARTE, vedi sopra. Cioè, probabilmente, RUSSO. Poiché, come cominciamo a capire, la versione greco-persiana racconta qui la storia evangelica della Sacra Famiglia, ci imbattiamo, a quanto pare, nelle tracce degli stretti legami di parentela tra Giuseppe, Maria e Gesù Cristo con la Rus' dell'Orda del XII secolo. Abbiamo già visto che vari personaggi, che sono riflessi di Cristo nella versione “antica” romana - in Tito Livio, ecc. - hanno origini etrusco-russe. È il caso, ad esempio, dell'antico re romano Servio Tullio. Si veda il nostro libro “La Roma dei Re nella regione tra i fiumi Oka e Volga”. Sull'identificazione degli antichi etruschi con i russi, vedi il nostro libro “L'Impero”.
Notiamo inoltre che Ciro = Cristo fu nominato satrapo di LIDIA [660], v. 3, p. 350. Abbiamo già visto che anche la terra della LIDIA era identificata con la Rus' dell'Orda, vedi il nostro libro “La Roma dei Re nella regione tra i fiumi Oka e Volga”. A volte, la Lidia era chiamata Latinia o Italia, leggendo il nome al contrario. Il nome stesso LIDIA deriva probabilmente dalla parola LUDNAYA, cioè terra popolata, densamente popolata.
3. NELLA VERSIONE GRECA "ANTICA" È DESCRITTA LA FUGA DELLA SACRA FAMIGLIA IN EGITTO.
3.1. I RACCONTI DI PLUTARCO E SENOFONTE SU COME UN FRATELLO VOLESSE UCCIDERE L'ALTRO. TUTTAVIA, L'ATTENTATO FALLI' E IL PRINCIPE CIRO FU MANDATO LONTANO IN ESILIO.
Plutarco continua: «Poco dopo la morte di Dario, il nuovo sovrano (Artaserse - Aut.) si recò a Pasagarda affinché i sacerdoti persiani gli celebrassero il rito di consacrazione al trono. Lì sorge il tempio della dea della guerra, che si può forse identificare con ATENA (PARTHENOS - Aut.). Colui che cerca l'iniziazione entra nel tempio, si spoglia dei propri abiti e indossa una veste che era stata indossata dall'antico Ciro prima di salire al trono...
Artaserse era già pronto a dare inizio al rito quando si avvicinò Tissaferne, ASSIEME A UN SACERDOTE che era stato il maestro di Ciro durante l'infanzia e gli aveva rivelato gli insegnamenti dei maghi, e che quindi era il più afflitto della Persia, in qunto vide che IL REGNO ERA ANDATO A UN ALTRO. Ecco perché le sue accuse contro Ciro suonavano particolarmente pesanti. ACCUSAVA IL SUO ALLIEVO DI VOLERSI NASCONDERE NEL TEMPIO E, QUANDO IL RE SI FOSSE SPOGLIATO, DI VOLERLO ATTACCARE E UCCIDERE. Alcuni sostenevano che, a seguito di questa DENUNCIA, Ciro fosse stato immediatamente catturato, altri che fosse riuscito a penetrare nel santuario e a nascondersi lì, ma che il suo sacerdote lo avesse tradito. Fu condannato a morte e la sentenza doveva già essere eseguita, ma la madre abbracciò Ciro, lo avvolse con i suoi capelli sciolti e premette il collo contro quello del figlio; con suppliche infinite convinse il re a perdonare il fratello e a rimandarlo alla marina. Tuttavia, Ciro non gioiva di esser stato graziato, non tenne in mente la sua liberazione, quanto la prigionia patita e, ribollente di rabbia, desiderava il regno più di prima" [660], v.3, p.350.
Senofonte è più conciso. “Quando Dario muore e Artaserse sale al trono, Tissaferne calunnia Ciro agli occhi del fratello e lo accusa di tramare contro di lui. Artaserse gli dà ascolto e arresta Ciro per metterlo a morte; ma la madre, avendo interceduto, lo rimanda nella regione.
Appena partito, dopo il pericolo corso e l'oltraggio subito, medita di non dipendere più dal fratello, ma, se gli riesce, di regnare al suo posto. La madre Parisatide, in effetti, favoriva Ciro, perché lo amava di più del regnante Artaserse.” [447:2], p. 7.
Vale la pena notare che la storia descritta APRE SIA L'ANABASI DI SENOFONTE, SIA L'ARTASERSE DI PLUTARCO. In entrambe le opere è collocata all'inizio. Cioè, secondo Senofonte e Plutarco, questa trama era all'origine di tutta la storia di Ciro. Analogamente, anche nei Vangeli la fuga della Sacra Famiglia in Egitto a seguito delle persecuzioni del re Erode, è collocata all'inizio della vita di Cristo.
3.2. IL TENTATIVO DEL MALVAGIO ERODE DEI VANGELI DI UCCIDERE IL GIOVANE CRISTO E LA FUGA DELLA VERGINE MARIA CON CRISTO IN EGITTO.
Qui Plutarco e Senofonte ci raccontano, molto probabilmente, del tentativo fallito dell'evangelico re Erode di uccidere Gesù Bambino. Tuttavia, hanno confuso i personaggi “buoni” e “cattivi” e alla fine è stato Ciro-Cristo a essere ritenuto responsabile della sua fuga forzata dal paese. I classici “antichi” hanno in parte invertito i ruoli del re Erode e di Gesù Bambino. Hanno mantenuto la trama generale, ma nei dettagli stavolta hanno scambiato i personaggi. In effetti.
- RE ERODE TEME PER IL SUO POTERE, POICHÉ IL GIOVANE CRISTO È STATO ANNUNCIATO RE DEI GIUDEI.
Secondo i Vangeli, il re Erode, che regnava in Giudea, viene improvvisamente a sapere che è nato un bambino proclamato Re dei Giudei. "Quando Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, alcuni Magi giunsero da oriente e chiesero: «Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto la sua stella in oriente e siamo venuti per adorarlo». Udito ciò, il re Erode si turbò, e con lui tutta Gerusalemme" (Matteo 2:1-3).
Plutarco e Senofonte hanno interpretato questa storia evangelica in questo modo. Il vecchio Artaserse = Erode sta per salire al trono, ma qui sorge una minaccia da parte del giovane principe Ciro = Cristo. Alla fine Artaserse diventa comunque re, mentre Ciro si considera un sovrano, anche se per il momento non è riconosciuto. Artaserse = Erode teme per il suo potere e per la sua vita.
- LA MINACCIA DI MORTE PER IL PRETENDENTE AL TRONO. L'ATTENTATO FALLITO.
Nei Vangeli, il “cattivo” Erode vuole eliminare il rivale e cerca di uccidere Gesù Bambino. Tuttavia, l'attentato alla vita di Cristo fallisce. Gesù si salva.
Nella versione greca, il “cattivo” principe Ciro - qui, probabilmente, il nome Ciro poteva essere inteso semplicemente come RE - vuole eliminare il suo rivale, il fratello maggiore, e presumibilmente cerca persino di ucciderlo nel tempio, dopo esservisi introdotto di nascosto. Tuttavia, il tentativo di assassinio fallisce e Artaserse si salva.
- LA FUGA DI CRISTO IN EGITTO E LA FUGA DI CIRO NELLA LIDIA.
Secondo i Vangeli, la Sacra Famiglia fugge in Egitto. Cristo viene salvato dalle braccia di sua madre Maria VERGINE = Parthenos. Secondo Plutarco e Senofonte, il giovane Ciro si salva andando in Lidia. È sua madre Parisatide - Parthenos a mandarlo lì, salvando il figlio dall'ira di Arta-Serse. In questo punto del testo, probabilmente il nome ARTA-Serse ha assorbito il nome evangelico di ERODE. Vale a dire, ERODE - ARTA, con il passaggio D-T.
Vale la pena notare che, secondo Plutarco, l'intera storia del fallito attentato alla vita del fratello re, si svolse apparentemente nel tempio di Atena, cioè ancora una volta Atena PARTHENOS, la dea chiamata “VERGINE”.
Ricordiamo che in numerose raffigurazioni cristiane della “Fuga in Egitto” il giovane Cristo è raffigurato tra le braccia della Vergine Maria, che lo stringe a sé, vedi ad esempio fig. 2.3. Plutarco sottolinea anche che la madre Parisatide “strinse Ciro tra le braccia, lo avvolse con i suoi capelli sciolti e appoggiò il collo a quello del figlio”, vedi sopra. Si ha l'impressione che alcune descrizioni “antiche” siano state fatte da persone che osservavano immagini cristiane - icone, dipinti, sculture - e descrivevano a modo loro ciò che vedevano.
Cogliamo l'occasione per sottolineare che abbiamo trovato qui un'altra identificazione dell'antico paese della Lidia con l'Egitto biblico. Tutto è corretto.
Nel libro “La Rus' biblica”, cap. 4, abbiamo dimostrato che l'Egitto biblico è la Rus' dell'Orda. Inoltre. nel libro “La Roma dei Re nella regione tra i fiumi Oka e Volga” abbiamo scoperto che la Lidia = Latinia = Italia è anch'essa un riflesso della Rus' dell'Orda nelle pagine dei classici “antichi” romani.
- L'APPARIZIONE DEI MAGHI-MAGI DURANTE IL TENTATO ASSASSINIO DEL RE.
Secondo i Vangeli, fu proprio l'apparizione dei Magi, chiamati anche MAGHI, a destare i sospetti del re Erode nei confronti di Gesù Bambino. Furono proprio i Magi a informare Erode della nascita del Re dei Giudei. Per questo motivo Erode tentò di uccidere Cristo, al fine di mantenere il potere.
Nella versione “antica” greca, secondo Plutarco e Senofonte, fu proprio l'apparizione del SACERDOTE, che INSEGNO' AL GIOVANE CIRO, cioè Hor = Horus = Cristo, LA CONOSCENZA DEI MAGI, a svelare il complotto contro la vita di Arta-Serse, ovvero l'Erode evangelico, confuso con il giovane Cristo. In risposta a ciò, Artaserse-Erode vuole giustiziare il giovane Ciro = Cristo.
I MAGI evangelici veneravano molto Cristo e vennero ad adorarlo. Plutarco sottolinea anche che il sacerdote che insegnò a Ciro la dottrina dei MAGI era il mentore di Ciro durante la sua infanzia. Si deve supporre che venerasse molto il giovane principe e lo rispettasse.
I Magi evangelici arrivarono dal re Erode. Allo stesso modo, il sacerdote-mago andò da Artaserse.
Secondo i Vangeli, il re Erode PARLA PERSONALMENTE con i Magi. Plutarco dice anche che Artaserse - qui è il re Erode - PARLA PERSONALMENTE con il sacerdote che è venuto da lui con un messaggio su Ciro. Qui Ciro è Hor = Horus = Cristo.
Il racconto evangelico dei Magi-Maghi era molto popolare nell'arte e nella letteratura cristiana. Gli è sempre stata dedicata grande attenzione. Oggi, nella Cattedrale di Colonia, in uno speciale sarcofago, sono conservate le reliquie dei tre Magi evangelici, vedi “La Rus' Biblica”, cap. 3.
Nella figura 2.4 è raffigurato il quadro “L'adorazione dei Magi”, dipinto presumibilmente intorno al 1420. A proposito, si noti che uno dei Magi è una DONNA. È inginocchiata davanti a Gesù Bambino. Eppure, la storia di Scaligero ci assicura che tutti e tre i Magi erano uomini. Per maggiori dettagli su questo argomento, si veda “La Rus’ biblica” (cap. 3).
- IL PRINCIPE, MANDATO IN ESILIO, CONTINUA A SOGNARE DI DIVENTARE RE.
Secondo i Vangeli, dopo il fallito attentato alla sua vita, il giovane Cristo si ritirò con i genitori nel lontano Egitto e vi rimase per molto tempo. Poi tornò a Gerusalemme e le folle del popolo iniziarono a proclamarlo Re dei Giudei. A proposito, proprio le parole “Re dei Giudei” erano scritte sulla tavoletta inchiodata alla croce su cui fu crocifisso Cristo. Ricordiamo che Cristo, ormai adulto, tornò a Gerusalemme quando lì regnava il re giudeo Erode. Questo re è solitamente considerato un altro Erode, “Erode Antipa”, non quello che voleva uccidere Gesù Bambino. Tuttavia, sia durante l'infanzia che in età adulta, Cristo si scontra con un re di nome ERODE. La scena evangelica dell'ingresso di Cristo a Gerusalemme come Re dei Giudei è ben nota ed è stata anche oggetto di grande attenzione nell'arte e nella letteratura cristiana. Una situazione simile la vediamo anche nella versione “antica” greca.
Plutarco e Senofonte raccontano che il giovane principe Ciro, dove Ciro = Horus = Cristo, dopo aver trascorso un periodo in esilio, lontano dalla capitale, continuava a sognare di diventare re. Dopo qualche tempo radunò un esercito e marciò su Babilonia, la capitale della Persia.
In questo modo, in entrambe le versioni vediamo più o meno la stessa cosa: dopo essere sfuggito alla morte e fuggito dalla capitale, il principe esiliato sogna di tornare indietro e di regnare sul regno. Dopo un po' di tempo, egli effettivamente ritorna.
4. NEL RACCONTO DEL TENTATIVO DI ASSASSINIO DEL FRATELLO RE, PLUTARCO INSERÌ IL RACCONTO DELL'ARRESTO DI CRISTO E DELLA SUA CROCIFISSIONE.
4.1. L'ASCESA AL TRONO, LA DENUDAZIONE, I FICHI E LE NOCI.
È interessante notare che Plutarco, basandosi chiaramente su alcuni documenti antichi, ha in parte confuso l'attentato dell'evangelico Erode contro Gesù Bambino, con l'arresto e la crocifissione di Cristo stesso già sotto un altro re Erode. Lo storico greco antico ha combinato entrambe le antiche storie, inserendone una nell'altra. Giudicate voi stessi.
- PLUTARCO STESSO INDICA UN LEGAME TRA CIRO IL VECCHIO E CIRO IL GIOVANE.
Plutarco riferisce che gli eventi si svolsero durante una cerimonia religiosa in memoria di Ciro il Grande, cioè Ciro il Vecchio, se seguiamo la terminologia moderna. Come dimostreremo in seguito, la storia di Ciro il Vecchio è anche in larga misura un riflesso della storia di Andronico-Cristo. In questo modo, Plutarco avvicina correttamente le storie dei “due Ciro”, il Giovane e il Vecchio. In altre parole, intreccia due racconti, quello di Ciro il Vecchio e quello di Ciro il Giovane, considerandoli personaggi diversi. Tuttavia, in realtà non è così. Alla fine, Plutarco ha “incollato” due motivi: l'infanzia di Cristo e gli ultimi giorni di Cristo.
- PERCHÉ PRIMA DI “SALIRE AL TRONO” ERA NECESSARIO SPOGLIARSI COMPLETAMENTE?
Probabilmente, per Plutarco l'ascesa di Cristo al Golgota si è trasformata nell'ascesa del Re al trono. Questo antico rito persiano, come dice Plutarco, risalente a Ciro il Grande, cioè a Ciro il Vecchio, comprendeva le seguenti azioni.
In primo luogo, era necessario spogliarsi completamente e indossare gli abiti che Ciro il Grande indossava prima di salire al trono. Inoltre, il principe Artaserse doveva SPOGLIARSI COMPLETAMENTE, NUDO, e solo dopo indossare una sorta di “veste di Ciro il Grande” [660], v. 3, p. 350. Il rituale sembra piuttosto strano. Tuttavia, solo a prima vista. Basandoci su tutti i risultati precedenti, cominciamo a capire che qui si parla in realtà di Cristo. Ci si chiede se conosciamo qualcosa di simile legato a Cristo. Sì, è proprio così. Ci viene subito in mente la scena evangelica della Passione di Cristo, la sua ascesa al Golgota. Prima della crocifissione, Cristo fu spogliato, TOGLIARONO TUTTI I SUOI VESTITI, che i soldati romani si divisero immediatamente tra loro ai piedi della croce, fig. 2.5, fig. 2.6
fig. 2.6
. Non a caso Cristo, è solitamente raffigurato sulla croce quasi completamente nudo, con solo un lembo di stoffa intorno ai fianchi, fig. 2.7
. Probabilmente, è proprio questo fatto che ha ispirato Plutarco quando osservò che tutti i re cristiani che sarebbero venuti dopo di lui avrebbero dovuto spogliarsi completamente prima di “salire al trono”. In ricordo delle sofferenze del Salvatore.
- CRISTO VOLEVA RACCOLGERE I FRUTTI DEL FICO.
Inoltre, secondo Plutarco, l'antico rito persiano prevedeva che il consacrato “mangiò secondo l’uso certa torta di fichi con terebinto, e bevve latte inforzato. Se altro fanno in queste cerimonie nol sanno gli altri.” [660], v. 3, p. 350.
Sembra che qui, in forma nebulosa, Plutarco abbia ripreso motivi evangelici a noi ben noti. Infatti, si dice che il re, in memoria di Ciro = Horus = Cristo, doveva MANGIARE “torta di fichi”. Tuttavia, qui viene subito in mente la famosa storia evangelica di quando CRISTO VOLLE MANGIARE I FRUTTI DI UN FICO.
“La mattina dopo, mentre rientrava in città, ebbe fame. Vedendo un albero di fichi lungo la strada, gli si avvicinò, ma non vi trovò altro che foglie, e gli disse: "Mai più in eterno nasca un frutto da te!". E subito il fico seccò. Vedendo ciò, i discepoli rimasero stupiti e dissero: "Come mai l'albero di fichi è seccato in un istante?". Rispose loro Gesù: "In verità io vi dico: se avrete fede e non dubiterete, non solo potrete fare ciò che ho fatto a quest'albero, ma, anche se direte a questo monte: "Lèvati e gèttati nel mare", ciò avverrà. E tutto quello che chiederete con fede nella preghiera, lo otterrete".” (Matteo 21:18-22).
Quindi, CRISTO VOLEVA MANGIARE I FRUTTI DEL FICO, ma era sterile. Come vediamo, nella tradizione successiva dei re persiani, questo famoso racconto su Cristo si rifletteva in modo abbastanza chiaro: ogni nuovo re doveva assolutamente assaggiare i frutti del fico.
In generale, l'immagine del fico biblico (Ficus Sycomoris in latino) è talvolta associata alla morte, alla distruzione. Ad esempio, secondo una tradizione ecclesiastica consolidata, si ritiene che Giuda si sia impiccato proprio a un fico. Quindi, il riferimento al fico in un memorabile rituale cristiano dedicato alla morte di Cristo, è del tutto giustificato.
- PERCHÉ IL RE DOVEVA BERE UNA PICCOLA COPPA DI LATTE ACIDO?
Plutarco racconta inoltre che, al momento dell'ascesa al trono, ogni re persiano successivo, in memoria di Ciro = Horus, doveva bere una piccola coppa di latte inforzato, ossia acido. Qui il collegamento con i Vangeli è chiaro. Ricordiamo che quando Cristo sulla croce chiese da bere, gli fu offerto beffardamente un panno imbevuto di aceto. Cioè, gli diedero da bere una bevanda acida e sgradevole. In altri riti commemorativi, l'aceto probabilmente si trasformò in latte acido. È chiaro anche che la spugna offerta a Gesù conteneva poca acqua. In ricordo di questo, i sacerdoti cominciarono a offrire ai nuovi re una PICCOLA coppa di latte acido. Si sottolinea proprio la dimensione piccola della coppa.
- MANGIARE PISTACCHI.
È molto interessante il riferimento di Plutarco al fatto che il re persiano doveva mangiare una torta di fichi con TEREBINTO, una pianta che dà frutti simili ai PISTACCHI. I Vangeli non riportano nulla di simile. Inoltre, in tutto il Nuovo Testamento la parola PISTACCHI non compare mai (!). Vedi “Sinfonia completa”, ovvero l'elenco alfabetico ordinato di TUTTE LE PAROLE usate nella Bibbia [670]. In generale, in tutta la Bibbia, compreso l'Antico e il Nuovo Testamento, la parola “pistacchio” compare solo una volta, nel libro della Genesi 45:11, in un contesto che non ha nulla a che vedere con Cristo.
Inoltre, anche la parola NOCE o NOCCIOLE non è mai usata in tutto il Nuovo Testamento. Si trova solo due volte nell'Antico Testamento [670].
A quanto pare, nelle pagine di Plutarco ci imbattiamo in un effetto nuovo, diverso dai due casi precedenti, in cui i «frutti del fico» e il «latte acido» rimandano immediatamente ai motivi evangelici. Nel caso del «fico secco», invece, il quadro non è così chiaro.
Tuttavia, anche in questo caso la situazione risulta abbastanza semplice. Il fatto è che, come abbiamo dimostrato, ad esempio, nel libro “Ricostruzione”, cap. 21:3.4, gli autori o i redattori medievali non sempre comprendevano bene il testo antico che stavano trascrivendo. Soprattutto se era scritto in una lingua che non conoscevano bene. In tal caso, desiderando conservare informazioni che non gli erano del tutto chiare, l'editore le trasmetteva secondo il proprio giudizio, scegliendo parole che gli sembravano simili. Di conseguenza, il passaggio incomprensibile acquisiva un significato apparentemente chiaro, anche se lontano dall'originale. Nel libro “Ricostruzione”, cap. 21:3.4, abbiamo dimostrato, ad esempio, che il famoso “Messaggio nel Sangue” dell'Antico Testamento alle tribù di Israele, è in realtà il famoso editto reale del 1492 di Ferdinando e Isabella sull'espulsione degli Ebrei dalla Spagna. Pertanto, non è escluso che anche nel caso del “fico secco” ci troviamo di fronte a qualcosa di simile. Proviamo a capirci qualcosa.
Rivolgiamoci al latino. Molti testi del XV-XVII secolo, compresi quelli religiosi, erano scritti in latino.
a) In latino, la parola GRYZT (morsicare noci) si scrive rodo, rosi, rosum [504:1]. Oltre a questo significato, GRYZTv può essere tradotto anche con TORMENTARE, sminuire, umiliare. A proposito, il latino ROSI, ROSUM deriva probabilmente dallo slavo RESA (tagliare), REZHU (tagliando), REZAT (taglio), vedi il nostro Dizionario dei parallelismi nel libro “Ricostruzione”.
b) In latino, la parola PISTACCHIO si scrive PISTACIUM. Inoltre, PISTACIA è l'albero del pistacchio. Tuttavia, ricordiamo che molto simile a questa parola è il latino PISCIS = pesce, PISCATUS = pesca, PISCATOR = pescatore, ecc. Quindi viene subito in mente che il “pistacchio” di Plutarco è la parola leggermente distorta RIBA (pesce) ossia ICHTOS in greco. Tuttavia, il PESCE è il famoso simbolo medievale di Gesù Cristo. Nell'Enciclopedia ‘Cristianesimo’ leggiamo: "ИХТИС... - PESCE... antico monogramma del nome di Gesù Cristo, composto dalle iniziali delle parole: Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore... spesso raffigurato allegoricamente SOTTO FORMA DI UN PESCE" [936], vol. 1, p. 658. Vedi i dettagli nel libro “Ricostruzione”, cap. 16:2.2. A proposito, il latino PISCIS = pesce, deriva probabilmente dal russo PESKAR - pesce, vedi il Dizionario dei parallelismi nel libro “Ricostruzione”.
Quindi, il nostro ragionamento è molto semplice. Nel testo originale antico, redatto da Plutarco, non c'era alcun riferimento ai “pistacchi”. C'era invece la parola ICHTHYS o ICHTHIOS, in greco. Oppure la parola PISCIS, in latino. Essa indicava Cristo. L'editore, per incomprensione o intenzionalmente, ha sostituito “Pesce” con “Pistacchio”. Il testo è diventato confuso. Forse era proprio questo l'obiettivo degli editori. I motivi evangelici sono diventati meno evidenti.
c) Infine, resta da capire quale fosse il significato originario della parola ORECH, noce. Torniamo nuovamente al dizionario latino e vediamo che ОRECH si scrive NUX, NUCIS. Accanto a questa parola nel dizionario c'è un intero “cespuglio” di parole latine: NOX = morte, accecamento, notte; NOXA = danno, colpa, punizione, castigo, crimine; NOXIA = colpa, trasgressione; NOXIUS = dannoso, nocivo. A proposito, il latino NOX = notte deriva probabilmente dallo slavo NOCH, vedi il Dizionario dei parallelismi nel libro “Ricostruzione”.
Mettendo insieme tutte queste parole, otteniamo un quadro abbastanza chiaro. Nel testo antico, a quanto pare, si parlava della crocifissione di Cristo più o meno con queste parole: TORMENTARE, PESCE (CRISTO), PUNIZIONE (PENALITÀ, CRIMINE, NOCIVO). Potevano esserci due interpretazioni originarie di questo testo. Se l'atteggiamento verso Cristo era benevolo, la cronaca originale probabilmente diceva qualcosa del tipo: LE TORTURE DEL PESCE - CRISTO ERANO UN CRIMINE commesso da persone malvagie. Se invece l'atteggiamento verso Cristo era negativo, si poteva intendere quanto segue: TORTURARONO, TORMENTARONO IL PESCE NOCIVO, cioè CRISTO. Tuttavia, in ogni caso, è chiaro che si trattava proprio delle torture, delle Passioni di Cristo, a prescindere dall'atteggiamento del cronista stesso nei loro confronti. Che provasse compassione per Cristo o, al contrario, lo condannasse, approvando le azioni dei suoi aguzzini.
Riassumendo, scopriamo che le parole di Plutarco potrebbero basarsi su un testo antico, che in origine aveva un significato legato alla crocifissione di Cristo.
4.2. IL TRADIMENTO DI GIUDA, L'ARRESTO DI CRISTO, IL SUO PROCESSO E LA RISURREZIONE = LA SALVEZZA DI CRISTO COME EVENTI DELLA “BIOGRAFIA” DI CIRO.
Plutarco e Senofonte riferiscono che Ciro, ovvero Hor = Horus, aveva un AMICO di nome Tissaferne, e che prima dell'ascesa al trono del fratello maggiore di Ciro, avvenne un evento importante. L'AMICO TRADI Ciro. Tissaferne accusò Ciro di malvagità contro Arta-Serse. Senofonte dice: «Tissaferne calunniò Ciro davanti al fratello, dicendo che covava malvagità contro di lui» [447:2], p. 8. Proprio a causa del tradimento di Tissaferne, Ciro il Giovane FU CATTURATO. Dal racconto di Plutarco si evince chiaramente che ci fu un processo contro Ciro. Fu accusato di aver tentato di uccidere Artaserse, che qui è Erode il Re. Le accuse, secondo Plutarco, sembravano fondate, poiché provenivano da un amico di Ciro e dal suo mentore d'infanzia.
Si dice che “a seguito di questa DENUNCIA Ciro fu IMMEDIATAMENTE ARRESTATO” [660], vol. 3, p. 350.
In questa scena riconosciamo la famosa storia evangelica dell'accusa di Cristo per complotto contro lo stato e del suo arresto su denuncia dell'apostolo Giuda, il traditore. Giuda era inizialmente un discepolo di Cristo ed era considerato suo amico. Poi ci fu il processo di Pilato e il processo del re Erode, in cui Cristo fu accusato di atti malvagi.
Ricordiamo inoltre che, secondo i Vangeli, prima di essere arrestato, Cristo si ritirò con alcuni discepoli nel giardino del Getsemani, lontano dalla folla. Era notte. Improvvisamente apparvero Giuda e le guardie romane da lui guidate, che arrestarono Gesù. Più o meno la stessa cosa racconta Plutarco sull'arresto di Ciro. Il principe Ciro, si dice, entrò segretamente nel santuario e LÌ SI NASCOSE, MA IL SUO SACERDOTE LO TRADÌ [660], v.3, p.350. Poi Ciro fu condotto al giudizio di Artaserse.
E ancora: «Lui (Ciro - Aut.) FU CONDANNATO A MORTE, e la sentenza doveva già essere eseguita» [660], vol. 3, p. 350. Tuttavia, intervenne la regina persiana Parisatide, madre di Ciro, e lo salvò, strappandolo letteralmente dalle grinfie della morte. Probabilmente qui si riflette in modo velato il giudizio di Pilato e di Erode su Cristo, la condanna a morte, la crocifissione di Cristo e la sua RISURREZIONE. Cioè, l'esecuzione ebbe luogo, ma Ciro = Horus = Hor = Cristo non morì, ma FU SALVATO, risuscitò.
Dopo aver raccontato brevemente della fuga di Ciro, cioè Horus = Cristo, in paesi lontani, Plutarco e Senofonte tornano nuovamente alla storia di Ciro-Cristo, ma in modo molto più dettagliato. È evidente che entrambi gli scrittori “antichi” greci, o i loro editori, non “vedono” questo duplicato e pensano di raccontare eventi notoriamente diversi. In realtà, stanno esponendo per la seconda volta più o meno la stessa cosa. Passiamo all'analisi dettagliata.