Cristo e la Rus’
attraverso gli occhi degli “antichi” greci

 A. T. Fomenko – G.V. Nosovskiy

Nuove informazioni su Andronico Cristo, Giovanni Battista, l’apostolo Paolo, Giuda Iscariota e le crociate della Rus’ dell’Orda. A quanto pare, ques te testimonianze costituiscono la base delle opere principali di Erodoto, Plutarco, Tucidide, Senofonte, Platone e Aristofane.

Nuova edizione del 2013-2015

testo tradotto in italiano da Claudio dell’Orda

CAPITOLO 2: NUOVE INFORMAZIONI SU ANDRONICO CRISTO. NELLE PAGINE DELLE CRONACHE FU ANCHE PRESENTATO COME IL PRINCIPE PERSIANO CIRO IL GIOVANE.

5. LA RIPETIZIONE DEL RACCONTO DI PLUTARCO E SENOFONTE SU GESÙ CRISTO. QUI LO CHIAMANO CIRO. SEMBRA CHE SI TRATTI DI CIRO IL GIOVANE.

5.1. AFFIDANDOSI A ESERCITI MERCENARI DI BARBARI, CIRO SI METTE IN MARCIA VERSO LA CAPITALE BABILONIA. CRISTO SI AVVICINA ALLA CAPITALE ED ENTRA A GERUSALEMME.

Plutarco racconta: “Ma fu sciocchezza il dir questo: perché se avuto non avesse altro modo, la madre gli arìa porto ella e dato quanto avesse voluto usare o spendere. Ma di sue ricchezze ampia fa testimonianza il gran numero di gente tenuta a suo soldo, trattenuta in più luoghi da amici, come scrisse Senofonte. Perché non gli adunò a un tratto a fine di tenere i suoi disegni celati, ma in più parti ebbe amici e confidenti, i quali sotto diversi pretesti raccolsero forestieri.” [660], v. 3, p. 350.

Senofonte, dice di Ciro quanto segue. “Chiunque venisse a trovarlo da palazzo, Ciro faceva in modo che al momento del congedo fosse più amico suo che del re. Inoltre, curava che i barbari suoi sudditi diventassero soldati valorosi e a lui devoti. E andava raccogliendo truppe greche, nella massima segretezza possibile, per sorprendere il re quanto più impreparato.” [447:2], p. 7.

Secondo i risultati ottenuti nel nostro libro “Il re degli Slavi”, l'imperatore Andronico Cristo trascorse davvero molti anni lontano da Zar Grad, e visse nella Rus'. Nelle cronache russe è ricordato come il gran principe Andrey Bogolyubsky. Il bizantino Niceta Coniata, nella sua “Storia” osserva con ostilità che l'imperatore Andronico si appoggiava a truppe mercenarie composte da BARBARI. A quanto pare, i bizantini che vivevano a Zar Grad, consideravano il resto del mondo che li circondava come barbaro. Lo stesso motivo di condanna traspare anche nelle opere di Plutarco e Senofonte, quando raccontano del comportamento del principe Ciro, satrapo di Lidia, che raduna truppe mercenarie per marciare su Babilonia, capitale della Persia. Vediamo, allo stesso tempo, un'altra identificazione di Zar Grad (= la Gerusalemme evangelica = la “antica” Troia) con la "antica" Babilonia persiana. Inoltre, ricordiamo che nei testi antichi, Babilonia era talvolta chiamata la Rus' dell'Orda, in particolare la sua metropoli sul Volga, la Rus' di Vladimir-Suzdal. Vedi il nostro libro “L'inizio della Rus' dell'Orda”.

Plutarco e Senofonte sottolineano l'enorme ricchezza del principe Ciro. Non c'è da stupirsi. L'imperatore Andronico Cristo, in virtù della sua posizione, disponeva delle ricchezze di tutto lo Stato romeo = “bizantino” e, in questo senso, era senza dubbio un uomo molto ricco.

In seguito, Senofonte e Plutarco riferiscono che il principe Ciro raduna un enorme esercito e marcia su Babilonia, la capitale dello Stato. Ciro = Cristo vuole spodestare dal trono suo fratello maggiore Artaserse = il Re Erode. Tuttavia, il vero scopo della campagna di Ciro è accuratamente nascosto e la questione viene presentata come se Ciro intendesse solo punire il traditore Tissaferne [447:2], p. 8.

Ecco cosa dice Senofonte. “Quando gli sembrò giunto il momento di mettersi in marcia verso l'interno, tirò fuori il pretesto di voler scacciare del tutto i Pisidi dalla regione. E, come se si preparasse a un attacco, raccoglie truppe barbare e greche ... Ciro, con le truppe che ho detto, muove da Sardi (Orda? – Aut.). Attraverso la Lidia, avanza in tre tappe per ventidue parasanghe fino al fiume Meandro ...” [447:2], p. 9.

A quanto pare, qui ci viene raccontata la storia precedente e l'inizio della campagna di Andronico Cristo contro Zar Grad. Non è escluso che il viaggio sia iniziato dalla Rus' dell'Orda. Il fatto è che, secondo i Vangeli, Cristo visse a lungo in EGITTO. Tuttavia, come abbiamo dimostrato nel libro “La Rus' biblica”, cap. 4, l'Egitto biblico è la Rus' dell'Orda. Nei Vangeli è riportata solo la fase finale della campagna, ovvero l'ingresso di Cristo a Gerusalemme. Per qualche motivo, gli evangelisti hanno tralasciato i dettagli della preparazione della campagna di Cristo.

Riportiamo una versione più dettagliata di Plutarco sulla preparazione della campagna di Ciro = Cristo. Forse, questa rivela alcune pagine della biografia di Andronico-Cristo a noi finora sconosciute.

Plutarco dice: “Ben dicevano i desiosi di novità e disposti all'operare, che gli affari di Persia desideravano un principe come Ciro di cuor generoso, valoroso guerriero, affezionato agli amici; e la grandezza dell'impero ricercava più tosto un re d'alti pensieri e desideroso d'onore. Per la qual cagione Ciro, confidato non meno in quelli che erano appresso al fratello che nei suoi, mise mano alla guerra. E scrisse ai Lacedemoni pregandoli di mandare soccorso con promessa di donare ai fanti cavalli, ai cavalieri carri, se aranno poderi donar castella, se castella donar città; e che il soldo ai suoi militanti non si conterà, ma si peserà. E sé stesso magnificando diceva d'aver il cuore più grande del fratello (Artaserse = Re Erode - Aut.), esser miglior filosofo e meglio intendere la magia, e ber più vino, e meglio portarlo di lui, il quale per viltà e mollezza nelle cacce con pena montava a cavallo, e ne rischi di guerra con pena sopra il trono reale nel carro.” [660], vol. 3, p. 352.

Ancora una volta traspare il giudizio di Plutarco sul comportamento del principe Ciro = Andronico-Cristo.

È curioso che nell'Anabasi di Senofonte sia rimasta traccia del fatto che alla testa delle truppe “barbare” dirette a Babilonia = Gerusalemme, ci fosse effettivamente Cristo. A capo del grande gruppo di truppe di Ciro, era stato posto un illustre comandante militare di nome CHIRISOFO [447:2], p. 17. Egli avrebbe svolto un ruolo particolarmente importante in seguito, ma la sua prima menzione risale proprio all'inizio della campagna di Ciro. Tuttavia, il nome CHIRISOFO coincide praticamente con il nome CRISTO, data la doppia lettura della lettera FITA. Essa veniva letta sia come F che come T, quindi: Cristo = HRST --> HRSF = Chirisofo.

Nella versione “antica”, il principe Ciro non riuscì a raggiungere la capitale, sebbene vi si fosse avvicinato a una distanza abbastanza ravvicinata. Secondo i Vangeli, invece, Cristo entrò a Gerusalemme e fu accolto dal popolo come il Re dei Giudei. Così, secondo Plutarco e Senofonte, Ciro muore senza arrivare alla capitale, Babilonia, mentre secondo i Vangeli, Cristo muore dopo il suo ingresso a Gerusalemme. Tuttavia, anche i Vangeli sottolineano che Cristo non fu giustiziato nella capitale stessa, Gerusalemme, ma fuori città, sul monte Golgota. Si trovava fuori dai confini della città. Infatti, il monte Beikos, sul quale, secondo la nostra ricostruzione, fu crocifisso Andronico Cristo, e dove oggi viene mostrata la “tomba” simbolica di Gesù-Yusha, si trova nella periferia di Zar Grad = Babilonia, fuori dalle sue antiche mura e a una distanza piuttosto notevole dalla città vecchia. Per cui, su questo punto, il Vangelo e la versione “antica” concordano.

 

 

5.2. IL PRINCIPE CIRO = CRISTO, MUORE IN BATTAGLIA A CUNASSA A CAUSA DEL TRADIMENTO DI CLEARCO = L'APOSTOLO GIUDA ISCARIOTA.

Mentre si dirigono verso Babilonia, le truppe di Ciro dopo un po' arrivano vicino a Cunassa, che si trova a cinquecento stadi da Babilonia [660], vol. 3, p. 352. C'è una battaglia in cui Ciro-Cristo muore. Le circostanze della sua morte sono molto interessanti e ne parleremo nel prossimo capitolo. Qui ci concentreremo sul fatto evidente che Ciro-Cristo muore principalmente a causa del tradimento del suo amico Clearco. Clearco sembra essere uno dei riflessi dell'apostolo evangelico Giuda. Ecco cosa si dice di Clearco.

"Clearco, figlio di Ranfia, era un illustre condottiero spartano, citato da numerosi storici greci: Tucidide, Senofonte, Diodoro e altri... Clearco... subì una sconfitta mentre difendeva Bisanzio assediata dagli Ateniesi... Per vendicare il suo precedente insuccesso, egli si comportò con tale crudeltà nei confronti dei Bizantini, tanto che gli efori lo condannarono a morte in contumacia per insubordinazione. Senofonte, che aveva grande stima di Clearco, TACEVA su questi fatti scomodi... Era... un avventuriero militare che attraverso la carriera militare aspirava al potere" [447:2], p. 216.

Clearco compare nell'Anabasi di Senofonte all'inizio del SECONDO racconto sulla sorte di Cristo-Ciro [447:2], p. 8. Nel PRIMO racconto su Ciro, con cui abbiamo iniziato l'analisi del libro Anabasi, non si fa alcun riferimento a Clearco. Ed è chiaro il motivo. Perché nel primo racconto l'apostolo Giuda Iscariota appare con il nome di Tissaferne, che tradì Ciro il Giovane, vedi sopra. Dopodiché, il primo frammento si conclude. Senofonte, inizia il racconto su Cristo-Ciro "per la seconda volta". Ed ecco che ricompare Giuda, ma questa volta con il nome di Clearco. A quanto pare, Senofonte e Plutarco hanno “incollato” due fonti originali diverse che parlavano in generale della stessa cosa, ma con un diverso grado di particolari. Non riconoscendo questi documenti come duplicati, i classici ‘antichi’ li hanno messi l'uno dopo l'altro. Di conseguenza, la storia si è “raddoppiata”. La prima volta appare in una versione breve. La seconda volta è più dettagliata. Il principe Ciro compare con lo stesso nome in entrambe le versioni. L'apostolo Giuda, invece, compare con nomi diversi: Tissaferne e Clearco.

- L'ESILIATO CLEARCO RICEVETTE DA CIRO UN COMPENSO DI 10.000 MONETE D'ORO, MA BEN PRESTO LO TRASGRIDÌ. GLI EVANGELI PARLANO DI TRENTA MONETE D'ARGENTO DI GIUDA.

Senofonte riferisce: «Clearco, originario di Lacedemone, era un esiliato. Circo, dopo averlo avvicinato, si affezionò a lui e gli donò 10.000 darici. Questi accettò il denaro e lo usò per reclutare un esercito ... In questo modo, anche quell'esercito era segretamente pronto per Ciro» [447:2], p. 8. I commentatori dicono che «il darico è una moneta d'oro persiana del peso di circa 8,4 g. 3.000 darici costituivano 1 talento... circa 26 kg» [447:2], p. 216. In questo modo, Clearco ricevette da Ciro, in dono, più di 80 chilogrammi d'oro. Non è poco.

Quindi, Clearco era qualcuno vicino a Ciro-Cristo. Inoltre, Ciro ADORAVA CLEARCO, vedi sopra. Poi, si parla spesso e a voce alta di soldi. E di soldi veri. Secondo il racconto di Senofonte, Ciro avrebbe donato personalmente una somma considerevole a Clearco, circa 80 chilogrammi d'oro, e questi avrebbe assunto un esercito per Ciro. Sembra di avere davanti agli occhi un quadro di stretta amicizia tra il sovrano e il suo più stretto collaboratore. Tuttavia, come si scopre ben presto, non c'è alcuna amicizia. C'è invece un tradimento segreto, che presto diventerà evidente e, inoltre, porterà alla morte del principe Ciro-Cristo. Quindi i 10.000 darici di Clearco potrebbero benissimo essere un riflesso dei famosi 30 denari del traditore evangelico Giuda.

Secondo i “classici antichi”, le cose stavano così. Durante la marcia delle truppe di Ciro, nel corpo di Clearco sorsero delle difficoltà. I soldati capirono di essere stati ingannati, di essere stati tenuti all'oscuro del vero scopo della campagna: combattere contro il re Artaserse = Re Erode. I soldati cominciarono a sospettare qualcosa e non volevano andare avanti. Il loro capo Clearco, apparentemente amico intimo di Ciro, si comportava in modo ambiguo. Si presentò davanti ai soldati con un lungo discorso, cercando di sottrarsi alla battaglia imminente, ma in modo tale da accontentare tutti. Ecco il discorso ampolloso di Clearco nella trascrizione di Senofonte: "Miei soldati, non meravigliatevi se soffro per come stanno le cose. A Ciro sono legato da vincoli di ospitalità, e quando ero in esilio, mi ha accolto con molti onori e donato diecimila darici. Li ho presi, ma non li ho messi da parte per il mio interesse personale o per dilapidarli: li ho spesi per voi. Prima ho mosso guerra ai Traci, e per il bene della Grecia li ho puniti, grazie al vostro aiuto, scacciandoli dal Chersoneso, mentre cercavano di sottrarre quel territorio ai Greci che lo abitavano. E nel momento in cui Ciro mi ha chiamato, mi sono messo in cammino alla vostra testa per dargli una mano, se ne avesse avuto bisogno, in nome dei benefici da lui ricevuti. Ora, voi non intendete seguirmi e io mi trovo a un bivio: o mantenere l'amicizia di Ciro tradendo voi oppure rimanere con voi mancando di fede a lui. Se prenderò la decisione giusta, non lo so; in ogni caso sceglierò voi e rimarrò con voi, sia quel che sia. Nessuno mai dirà che ho guidato dei Greci contro i barbari, ma poi ho tradito i Greci preferendo l'amicizia dei barbari. Ma siccome non mi volete dar retta, sarò io a seguirvi, sia quel che sia. Voi per me siete la patria, gli amici, i compagni, ne sono convinto; con voi, penso, sarò sempre rispettato dappertutto; senza di voi invece non credo che sarei capace neppure di soccorrere un amico né di difendermi da un nemico. Dunque, siatene certi, vi seguirò dovunque andiate".  [447:2], pagg. 13-14.

Per cui, Clearco intraprende consapevolmente la via dell'inganno. È proprio da questo momento che l'antico Clearco = il Giuda evangelico, inizia un gioco astuto con il re Ciro. Da un lato vuole nascondere il suo tradimento, dall'altro desidera fingersi il migliore amico di Ciro, per abbassare la sua guardia. Tuttavia, Ciro comincia a sospettare qualcosa e manda qualcuno a cercare Clearco. “Ciro, non sapendo che fare e addolorato per la situazione, mandò a chiamare Clearco. Quest'ultimo rifiutò l'invito, ma all'insaputa degli altri comandanti inviò a Ciro un messo e gli disse di star tranquillo: le cose sarebbero andate per il meglio. Lo pregava inoltre di mandarlo a chiamare ancora, ma lo avvisava che non si sarebbe mosso.” [447:2], p. 14. In generale, Clearco fa di tutto per nascondere le sue vere intenzioni.

Qui scopriamo l'intrigo che Giuda evangelico ordì contro Cristo. Da un lato si presentava come un fedele discepolo di Cristo, dall'altro si recò dai sommi sacerdoti ebrei e offrì loro i suoi servizi. Promise di tradire il Maestro, rivelarne l'ubicazione e aiutarli ad arrestarlo.

Torniamo al racconto dell'antico Senofonte. Nel frattempo, nel suo esercito, Clearco = Giuda fa anche lui il doppio gioco, rivolgendosi, in particolare, ai soldati con queste parole: “"Miei uomini, Ciro adesso, è chiaro, si regola con noi come noi con lui. Non siamo più alle sue dipendenze, non lo seguiamo più, e allora lui non ci corrisponde più il soldo. Pensa di aver subito da parte vostra un grave torto, ne sono sicuro. Perciò, sebbene mi mandi a chiamare, non me la sento di rispondere al suo invito, primo - ed è il motivo più importante - perché mi vergogno, consapevole come sono di aver tradito tutte le sue aspettative; poi anche perché temo che mi arresti e mi faccia pagare le colpe di cui mi ritiene responsabile. Dunque, non mi sembra proprio il momento di dormire né di lasciarci andare, ma di decidere che fare sulla base delle decisioni assunte. Finché rimaniamo qui, dobbiamo pensare, mi sembra, a come restarci in tutta sicurezza; se invece si decide di andare via sùbito, occorre pensare a come andarcene con altrettanta sicurezza e a come procurarci i viveri necessari. Senza di questi infatti né un comandante né un soldato semplice è buono a nulla. Ciro poi è un uomo straordinario, se gli sei amico; ma diventa un nemico implacabile, se gli sei ostile. La forza di cui dispone, fanteria, cavalleria e flotta, l'abbiamo tutti sotto gli occhi e la conosciamo: non è accampato, crediamo, lontano da qui. Insomma, se qualcuno ha un'idea buona, è il momento di dirla". Così terminò il suo discorso.” [447:2], pp. 15-16. Quindi Clearco ricorre nuovamente alla demagogia davanti ai suoi soldati, cercando di influenzare Ciro in modo da non subire punizioni. Gli eventi, tuttavia, si sviluppano così rapidamente che Clearco non riesce a fuggire in tempo. Le truppe del principe Ciro e del re Artaserse si scontrano inaspettatamente in una battaglia campale. Ecco come avvenne.

- L'IMPROVVISSO ATTACCO DELLE TRUPPE DI ARTA-SERSE ALL'ESERCITO DI CIRO NON PRONTO PER IL COMBATTIMENTO, E L'ATTACCO NOTTURNO DELLE GUARDIE A CRISTO E AI SUOI DISCEPOLI.

L'attacco improvviso contro Ciro fu un'iniziativa di Artaserse che, secondo Plutarco, «DECISE DI COMBATTERE CONTRO SUO FRATELLO il più presto possibile. E così, con un esercito di novantamila uomini ben armati, egli (Artaserse - Aut.) apparve improvvisamente davanti ai nemici che, confermando la loro forza e disprezzando il nemico, CAMMINAVANO COME SE NULLA FOSSE E ANCHE SENZA ARMI, e li spaventò a tal punto che, tra la confusione generale e le grida disperate, Ciro riuscì a malapena a schierare i suoi in linea per la battaglia. Inoltre, i soldati del re avanzavano in silenzio e senza fretta, e i Greci si meravigliavano del rigido ordine nelle loro file, poiché con un tale assembramento di barbari non si aspettavano altro che urla selvagge, salti convulsi, una terribile confusione e frequenti rotture nella linea di battaglia" [660], vol. 3, p. 353.

Si scatena la battaglia. Di conseguenza, il principe Ciro muore. Parleremo più dettagliatamente delle circostanze della sua morte in seguito. Nel complesso, esse ricordano le circostanze dell'esecuzione di Andronico Cristo. Per ora, esaminiamo gli eventi che hanno preceduto immediatamente la morte di Ciro. A prima vista, la crocifissione di Cristo non era collegata alla battaglia. In ogni caso, i Vangeli descrivono la vicenda come se non ci fosse stata una battaglia su larga scala. Tuttavia, questa impressione è errata. Come abbiamo dimostrato nel libro “Il re dei Slavi”, Andronico Cristo fu deposto dal trono a seguito di un grande colpo di Stato che coinvolse le truppe imperiali e molte persone. A Zar Grad scoppiò una violenta rivolta armata, preparata dagli oppositori dell'imperatore Andronico. Andronico Cristo tentò di fuggire nella Rus', ma fu catturato a seguito di un tradimento e giustiziato.

Inoltre, come abbiamo mostrato nel libro “L'inizio della Rus' dell'Orda”, poco dopo, come vendetta per la crocifissione di Cristo, iniziò la grande guerra di Troia alla fine del XII - XIII secolo. Ovvero le Crociate. Per questo motivo, nelle opere “antiche” successive, la morte di Andronico-Cristo spesso si confondeva con la guerra di Troia. È proprio quello che abbiamo visto, per esempio, nei poemi di Omero e Virgilio, che descrivevano la guerra di Troia. In particolare, la morte di Cristo fu descritta da Omero e Virgilio più volte, anche come una morte avvenuta sul campo di battaglia. Tale è, ad esempio, la morte di Patroclo, cioè di Cristo, nella guerra di Troia. Patroclo muore proprio in battaglia, fig. 2.8. Vedi i dettagli nel libro “L'inizio della Rus' dell'Orda”, cap. 2:25.

Quindi, la corrispondenza tra questo episodio “antico” e la biografia di Andronico-Cristo è la seguente.

- Sebbene Ciro si aspettasse l'incontro con le truppe di Artaserse, né lui né i suoi compagni presero particolari precauzioni. Come riferisce Senofonte, Ciro e i suoi soldati marciavano piuttosto spensierati, PERFINO SENZA ARMI. In quel momento furono attaccati inaspettatamente dai soldati di Artaserse.

Nella storia di Andronico Cristo vediamo un motivo simile. Cristo con i suoi discepoli si ritira in un luogo appartato, il giardino del Getsemani. Egli attende l'attacco dei nemici, ma non fa nulla. Allo stesso tempo, Cristo è consapevole delle sofferenze che lo attendono. E qui, inaspettatamente per gli apostoli, compaiono le guardie romane guidate da Giuda, che catturano Cristo.

- Nella “versione antica”, ha inizio la battaglia tra i soldati di Ciro e quelli di Arta-Serse. Nella biografia dell'imperatore bizantino Andronico, si tratta della rivolta a Zar Grad. Un confuso riflesso di questi eventi nelle pagine dei Vangeli, è probabilmente la famosa scena in cui l'apostolo Pietro, difendendo Gesù, estrasse la spada e colpì uno dei soldati che lo attaccavano, tagliandogli un orecchio, fig. 2.9. Tuttavia, secondo gli evangelisti, Cristo non volle che lo spargimento di sangue continuasse e fermò la battaglia che stava per scoppiare.

- IL PRINCIPE CIRO MUORE A CAUSA DEL TRADIMENTO DI CLEARCO. CRISTO VIENE TRADITO DALL'APOSTOLO GIUDA E PRESTO SARA' GIUSTIZIATO.

I classici “antichi” accusano proprio Clearco della sconfitta delle truppe di Ciro e della morte dello stesso re Ciro. Plutarco riferisce: «Prima della battaglia Clearco... convinse Ciro a rimanere dietro i combattenti e a non esporsi al pericolo, ma questi esclamò in risposta: "Che dici, Clearco! Io cerco il regno e tu mi consigli di mostrarmi indegno del regno?!" Ciro commise un terribile errore quando, dimenticando tutto al mondo, senza risparmiare la propria vita, si gettò nel mezzo della battaglia, ma non meno, anzi, FORSE ANCOR PIÙ GRANDE FU L'ERRORE E LA COLPA DI CLEARCO, CHE SI RIFIUTÒ DI METTERE I GRECI CONTRO IL RE (cioè, di fatto, rifiutò di difendere Ciro - Aut.)... Se in primo luogo PENSI ALLA TUA SICUREZZA... allora è meglio che resti a casa, ma... CERCARE UN POSTO PIÙ SICURO E PIÙ TRANQUILLO, SENZA PREOCCUPARSI AFFATTO DELLA SALVEZZA DEL PROPRIO COMANDANTE e di colui che ti ha pagato, significa lasciarsi sopraffare dalla paura del momento e dimenticare tutto ciò che si è intrapreso... Ecco perché nella morte di Ciro e della sua impresa, è PIÙ DA INCOLPARE LA CAUTELA DI CLEARCO che l'incoscienza di Ciro stesso... Eppure Ciro vedeva chiaramente quale fosse il suo vantaggio, ed era proprio per questo che aveva ordinato a Clearco di mettersi in mezzo. Tuttavia Clearco chiese di affidarsi completamente a lui e rovinò tutto" [660], v.3, pp.353-354.

I Vangeli affermano che fu proprio in virtù del tradimento di Giuda che Cristo fu arrestato e poco dopo giustiziato. L'immagine di Giuda è diventata sinonimo di tradimento. Inoltre, sia l'antico Clearco che il Giuda biblico, tradiscono il loro sovrano e maestro, che li tratta bene e li protegge. Sia Clearco che Giuda muoiono presto, come è giusto che sia, in quanto le loro biografie sono il riflesso del destino dello stesso uomo. Torneremo su questo punto più avanti.

Nel complesso, vediamo una buona corrispondenza tra i Vangeli e la versione “antica”.

 

 

5.3. LE TESTIMONIANZE DI SENOFONTE E PLUTARCO SULLA MORTE DI CIRO.

- IL RACCONTO DI SENOFONTE.

Senofonte scrive: “Nel pomeriggio apparve una colonna di polvere simile a una nuvola chiara, e poco dopo, in lontananza, sulla pianura, SI ALZÒ UNA NUVOLA NERA. Quando il nemico si avvicinò un po', BRILLARONO ALCUNE PARTI DI RAME E PUNTE DI LANCE e si poterono distinguere i ranghi...

Egli (Ciro - Aut.) udì un rumore tra le file dell'esercito e chiese cosa stesse succedendo. Senofonte rispose che stavano trasmettendo la parola d'ordine, che già per la seconda volta stava facendo il giro dell'esercito. Ciro si stupì di chi avesse dato la parola d'ordine e chiese quale fosse. Senofonte rispose: “Zeus salvatore e vittoria”. Sentendo ciò, Ciro disse: “Ben venga, e così sia!” Poi si ritirò al suo posto...

Ma non appena si verificò la rotta nemica, si disuniscono anche i seicento di Ciro, che si gettano all'inseguimento, tranne pochissimi che rimasero con lui, più o meno i suoi cosiddetti compagni di tavola. Mentre era con loro, scorge il re (Artaserse = Erode - Aut.) e gli uomini al suo séguito. Sùbito non si trattenne più, ma disse: «Ecco il mio uomo»; si lancia contro di lui, lo colpisce al petto e lo ferisce trapassandogli la corazza, come racconta Ctesia il medico, che afferma di aver curato di persona la ferita …

Ma proprio mentre lo colpiva, qualcuno gli vibra un colpo di giavellotto sotto l'occhio, con forza. Allora qui scoppiò un violento corpo a corpo tra il re e Ciro e i rispettivi uomini. Il numero di quanti caddero tra i sudditi del re, lo riferisce Ctesia, che era con lui. Ciro stesso morì e dopo di lui gli otto più valorosi del suo séguito…

Così dunque morì Ciro: nessuno, tra i Persiani vissuti dopo Ciro il vecchio, fu più regale e degno del comando, come concordemente ammettono le persone che lo hanno conosciuto di persona …

Quindi a Ciro viene mozzato il capo e la mano destra.” [447:2], p. 35.

Secondo Senofonte, la notizia della morte di Ciro non si diffuse immediatamente tra le sue truppe. Per qualche tempo molti non capirono dove fosse il principe Ciro e cosa stesse succedendo. "I barbari (i soldati di Artaserse - Aut.) non resistettero ancora una volta e fuggirono quando gli Elleni erano ancora lontani da loro... Gli Elleni li inseguirono fino a un villaggio. Lì gli Elleni si fermarono, poiché dietro quel villaggio SI ERGEVA UNA COLINA, VERSO LA QUALE SI ERA DIRETTO L'ESERCITO DEL RE. Non c'era fanteria, ma la collina era talmente piena di cavalieri che non si poteva vedere cosa stava succedendo. DICONO CHE LÌ AVESSERO VISTO LO STENDARDO DEL RE: UN'AQUILA D'ORO CON LE ALI APERTE SOPRA UNA PICCA. Tuttavia, quando gli Elleni si mossero in quella direzione, I CAVALIERI ABBANDONARONO LA COLLINA... La collina si svuotò dei cavalieri e alla fine tutti si ritirarono. Clearco non salì sulla collina, ma fermò l'esercito ai suoi piedi e mandò Licia di Siracusa e un altro uomo IN CIMA ALLA COLLINA, ordinando loro di riferire ciò che avrebbero visto dall'altra parte... Più o meno in quel momento il sole tramontò...

Essi (gli Elleni - Aut.) si meravigliavano che CIRO non si vedesse da nessuna parte e che nessuno fosse venuto da lui. Infatti non sapevano della sua morte, ma supponevano che si fosse allontanato per inseguire i nemici o che fosse andato avanti per qualche altro motivo" [447:2], p. 36.

- IL RACCONTO DI PLUTARCO.

L'“antico” Plutarco racconta la morte di Ciro in modo più dettagliato. Riportiamo solo le informazioni chiave di Plutarco, tralasciando i dettagli, poiché qui è piuttosto prolisso e verboso. "QUESTA BATTAGLIA È DESCRITTA DA MOLTI SCRITTORI, ma Senofonte la descrive quasi con i propri occhi... Il luogo dove gli avversari si schierarono per la battaglia si chiama Cunassa e dista cinquecento stadi da Babilonia...

Tuttavia, Senofonte parla della morte di Ciro in modo succinto e quasi di sfuggita... - poiché non fu testimone di questa morte; quindi nessuno mi impedisce di riportare prima il racconto di Dinone e poi quello di Ctesia...

Ciro si scagliò furiosamente contro la guardia reale e ferì il cavallo di Artaserse, mentre il re cadde a terra. Tiribazo gli portò subito un altro cavallo... CIRO SI LANCIÒ DI NUOVO CONTRO SUO FRATELLO E LO COLPÌ DI NUOVO, tuttavia quando lanciò il cavallo per la terza volta, il re si infuriò e ... si lanciò contro Ciro...

Artaserse stesso scagliò un giavellotto, i soldati che lo circondavano lanciarono le lance l'una dopo l'altra e, alla fine, CIRO CADDE, UCCISO dal re o, secondo alcuni, da uno di Caria. Come ricompensa per l'impresa, il re lo insignì di un particolare onore: in tutte le campagne militari questo guerriero avrebbe dovuto guidare le truppe, portando sulla lancia l'IMMAGINE DI UN GALLO D'ORO...

Il racconto di Ctesia, in forma molto abbreviata, si riduce a quanto segue. Dopo aver ucciso Artagerse, Ciro lanciò il cavallo contro il re, e questi contro Ciro, e entrambi rimasero in silenzio... Alla fine Ciro scagliò la lancia e FERÌ IL RE ATTRAVERSO L'ARMATURA, IN MODO CHE LA PUNTA ENTRÒ NEL PETTO DI DUE DITA. Il colpo disarcionò Artaserse da cavallo, e nel suo seguito si scatenò immediatamente il caos e la fuga. Tuttavia il re si rialzò in piedi e con pochi accompagnatori... SALÌ SULLA COLLINA VICINA E LÌ SI FERMÒ. Nel frattempo CIRO, INVILUPPATO TRA I NEMICI, veniva trascinato sempre più lontano dal suo cavallo infuriato... Improvvisamente, la tiara cadde dalla testa di Ciro e allora un giovane persiano di nome Mitridate, correndo da un lato e senza sapere chi fosse, scagliò un dardo che colpì Ciro alla tempia, proprio accanto all'occhio. Dalla ferita sgorgò sangue e Ciro, stordito, CADDE A TERRA...

Il mantello insanguinato, scivolato dalla schiena del cavallo, fu raccolto da un servitore di Mitridate. QUANDO, DOPO UN LUNGO SVENIMENTO, CIRO FINALMENTE RIACQUISTÒ CONSCIENZA E TORNO IN SE', alcuni eunuchi che si trovavano lì vicino volevano metterlo su un altro cavallo e portarlo in un luogo sicuro. Tuttavia, egli non era in grado di stare in sella e volle ANDARE A PIEDI, PER CUI GLI EUNUCHI LO PORTARONO, SOSTENENDOLO DA ENTRAMBI I LATI. Tuttavia, le gambe gli cedevano, la testa cadeva sul petto, ma era sicuro di aver vinto, sentendo che quelli che correvano gridavano CIRO RE e lo pregavano di avere pietà. Nel frattempo, alcuni barbari, che svolgevano il lavoro più sporco e umile, si unirono casualmente al corteo di CIRO, scambiandoli per loro simili. Tuttavia, alla fine, notarono i mantelli rossi sopra le corazze e... capirono che si trattava di nemici. ALLORA UNO DI LORO SI AVVENTURÒ A SCAGLIARE DA DIETRO UN DARDO CONTRO CIRO (CHE NON SAPEVA CHI FOSSE) E GLI TAGLIÒ LA VENA SOTTO IL GINOCCHIO. CIRO CADDE DI NUOVO A TERRA, BATTENDO LA TEMPIA FERITA CONTRO LA PIETRA E MORÌ. Questo è il racconto di Ctesia, in cui CIRO VIENE UCCISO LENTAMENTE E IN MODO ATROCE, COME SE FOSSE STATO TAGLIATO CON UN COLTELLO NON AFFILATO...

Ciro era già morto quando Artasira, chiamato l'occhio del re, passando di lì per caso, udì i lamenti degli eunuchi e chiese al più fedele di loro: «Per chi ti affliggi così, Parisca?». “Ciro è morto!” rispose l'eunuco. Sconvolto, Artasira chiese a Parisca di non perdersi d'animo e di CUSTODIRE ATTENTAMENTE IL CADAVERE, mentre lui correva a tutta velocità da Artaserse, che era in preda alla disperazione e, per di più, SOFFREVA CRUTEMENTE PER LA SETE E LE FERITE e riferì con gioia al re di aver visto con i propri occhi Ciro morto. Il re... decise di inviare un intero distaccamento in ricognizione, e trenta uomini con le torce si misero agli ordini di Artaserse.

IL RE, NEL FRATTEMPO, STAVA MORENDO DI SETE, e l'eunuco Satibarzane cercava ovunque qualcosa da bere: la zona era arida e il campo era lontano. Alla fine incontrò UNO DI QUELLI STESSI MISERI CAVALIERI, CHE IN UNA MANTELLA SCARSA PORTAVA CIRCA OTTO BRACCIOLI DI ACQUA SPORCA E MARCIA. Satibarzane prese quell'acqua e la porse al re, e quando questi la bevve fino all'ultima goccia, gli chiese se non fosse troppo sgradevole da bere. In risposta, Artaserse giurò sugli dei che mai in vita sua aveva bevuto con tanto piacere né vino, né l'acqua più leggera e più pura. “E se”, aggiunse, “non riuscirò a trovare e ricompensare l'uomo che ti ha dato quest'acqua, che gli dei stessi gli concedano felicità e ricchezza” ...

Intorno ad Artaserse cominciò nuovamente a radunarsi una FOLLA DI SERVITORI E GUERRIERI, e, rincuorato, EGLI DISCESE DALLA COLLINA, illuminato dalle fiamme di numerose torce. Si avvicinò al cadavere di CIRO; secondo una consuetudine persiana, al cadavere TAGLIARONO LA TESTA E LA MANO DESTRA, e Artaserse ordinò che gli fosse portata la testa del FRATELLO. Afferrandola per i CAPELLI, folti e LUNGHI, la mostrò a tutti coloro che ancora esitavano e fuggivano, e tutti si meravigliarono e si prostrarono, cosicché in breve tempo SETTANTAMILA UOMINI SI RADUNARONO INTORNO AD ARTASERSE, e con loro il re tornò al suo accampamento" [660], t. 3, pp. 353-356.

Passiamo ora all'analisi.