Cristo e la Rus’
attraverso gli occhi degli “antichi” greci

 A. T. Fomenko – G.V. Nosovskiy

Nuove informazioni su Andronico Cristo, Giovanni Battista, l’apostolo Paolo, Giuda Iscariota e le crociate della Rus’ dell’Orda. A quanto pare, ques te testimonianze costituiscono la base delle opere principali di Erodoto, Plutarco, Tucidide, Senofonte, Platone e Aristofane.

Nuova edizione del 2013-2015

testo tradotto in italiano da Claudio dell’Orda

CAPITOLO 3: L’”ANTICO” RE PERSIANO CIRO IL VECCHIO È UN ALTRO RIFLESSO
DI ANDRONICO-CRISTO DEL XII SECOLO D.C.

3. LA CROCIFISSIONE E LA RESURREZIONE DI CRISTO SI RIFLETTONO NELLA VITA DI CIRO IL VECCHIO CON L'ESECUZIONE DEL RE CRESO DI LIDIA, CHE MENTRE STAVA PER AVVENIRE FU INTERROTTA ALL'ULTIMO MOMENTO.

3.1. LA TESTIMONIANZA DI ERODOTO. IL RE CRESO SUL ROGO.

Si ritiene che un contemporaneo di Ciro il Vecchio fosse il re lidio Creso, presumibilmente vissuto tra il 560 e il 546 a.C., della dinastia dei Mermnadi [988:00]. Secondo Erodoto, le loro vite furono strettamente intrecciate. Come vedremo, la biografia di Creso ha in parte assorbito le informazioni su Andronico Cristo, cioè sul re Ciro. Per cui, è capitato che nelle pagine delle cronache "antiche", redatte nel XVII secolo, due fantasmi di Cristo abbiano combattuto e persino conversato tra loro. Ci soffermeremo sull'episodio più significativo della “biografia” di Creso: la sua esecuzione, quasi compiuta, ma inaspettatamente interrotta. È il re Ciro a condannarlo a morte. A quanto pare, la condanna di Creso è un riflesso della condanna e della resurrezione di Cristo. In questo episodio, con il nome di “re Ciro” è descritto probabilmente il re evangelico Erode o il procuratore romano della Giudea Ponzio Pilato.

Secondo Erodoto, i fatti furono questi.

“I Persiani occuparono Sardi e fecero prigioniero Creso al quattordicesimo anno del suo regno e al quattordicesimo giorno di assedio: Creso, come aveva previsto l'oracolo, pose fine a un grande regno, il proprio. Quando i Persiani lo catturarono, lo condussero davanti a Ciro; Ciro ordinò di erigere una grande pira e vi fece salire Creso legato in catene e con lui quattordici giovani Lidi; la sua intenzione era di consacrare queste primizie a qualche dio o forse voleva sciogliere un voto; o forse addirittura, avendo sentito parlare della devozione di Creso, lo destinò al rogo curioso di vedere se qualche dio lo avrebbe salvato dal bruciare vivo. Così agiva Ciro; ma a Creso, ormai in piedi sopra la pira, nonostante la drammaticità del momento, venne in mente il detto di Solone: "Nessuno che sia vivo è felice"; e gli parvero parole ispirate da un dio. Con questo pensiero, sospirando e gemendo, dopo un lungo silenzio, pronunciò tre volte il nome di Solone. Ciro lo udì e ordinò agli interpreti di chiedere a Creso chi stesse invocando; essi gli si avvicinarono e lo interrogarono. Creso dapprima evitò di rispondere alle domande, poi, cedendo alle insistenze rispose: "Uno che avrei dato molto denaro perché fosse venuto a parlare con tutti i re". Ma poiché queste parole suonavano incomprensibili, gli chiesero ulteriori spiegazioni. Visto che continuavano a infastidirlo con le loro insistenze, raccontò come una volta si fosse recato da lui Solone di Atene e dopo aver visto le sue ricchezze le avesse disprezzate; ne riferì anche le affermazioni e narrò come poi tutto si fosse svolto secondo le parole che Solone aveva rivolto non soltanto a lui, Creso, ma a tutto il genere umano e specialmente a quanti a loro proprio giudizio si ritengono felici. Mentre Creso raccontava questi fatti, la pira, a cui era stato appiccato il fuoco, bruciava ormai tutto intorno. Ciro udì dagli interpreti il racconto di Creso e cambiò parere: pensò che lui, semplice essere umano, stava mandando al rogo, ancora vivo, un altro essere umano, che non gli era stato inferiore per fortune terrene; inoltre gli venne timore di una vendetta divina, al pensiero che nella condizione dell'uomo non vi è nulla di stabile e sicuro, e ordinò di spegnere al più presto il fuoco ormai divampante e di far scendere Creso e i suoi compagni …

Ciro lo liberò dalle catene e lo fece sedere al suo fianco trattandolo con molti riguardi: Ciro lo guardava con una sorta di ammirazione e così quelli del suo seguito.” [163], p. 39.

 

 

3.2. IL ROGO-CALVARIO O IL ROGO-CROCE. LA MORTE E LA RESURREZIONE DI CRISTO-CRESO.

Il racconto di Erodoto è certamente poco chiaro. Tuttavia, poiché non disponiamo di altro materiale al riguardo, cercheremo di fare chiarezza. Un'attenta analisi mostra che Erodoto ha comunque conservato molte informazioni veritiere.

- IL MONTE GOLGOTA ERA CHIAMATO ANCHE “KOSTROM”.

Nel libro “L'inizio della Rus' dell'Orda” abbiamo già riscontrato che nelle fonti antiche il Golgota era talvolta chiamato KOSTROM. In particolare, ciò è evidente nella descrizione di Plutarco della morte di Giulio Cesare, uno dei riflessi di Cristo. Ricordiamo che nell'antica lingua russa la parola KOSTER significava, in particolare, TORRE o FORTEZZA. In generale, qualcosa di alto, costruito con tronchi [866], vol. 2, p. 347.

A quanto pare, solo in seguito la parola KOSTER acquisì il significato a noi familiare di legna che brucia all'aperto. Tale denominazione derivò probabilmente dal fatto che i bastoni e i rami, prima di essere accesi, venivano disposti a terra a forma di capanna, formando un KOSTROM.

In alcune antiche immagini russe, su entrambi i lati della croce che si trova sul GOLGOTA, erano scritte le lettere KO e TR, che sostituivano o completavano le immagini canoniche della croce e del bastone. Bastava una piccola sbavatura perché la lettera O si trasformasse in C. A quel punto, KOTR diventava KSTR, che poteva essere letto come la parola KOSTER, scritta accanto all'immagine del Calvario. Un chiaro esempio di tale immagine è riportato nel libro “L'inizio della Rus' dell'Orda”, fig. 3.21. Ai lati della croce, proprio sopra il Calvario, sono chiaramente visibili le lettere KSTR, anche se inizialmente, con tutta probabilità c'era scritto KOTR. Un errore del genere poteva facilmente essere assimilato e trasformarsi in un nuovo nome per il Calvario: “koster”. Infatti, il monte Golgota poteva davvero essere chiamato con l'antico termine russo KOSTER, che, come già detto, in precedenza significava TORRE. Tuttavia, in senso figurato, si poteva chiamare così anche una montagna, un'altura.

Se il Golgota in alcune fonti fosse stato chiamato KOSTROM, i redattori successivi, senza capirci nulla, avrebbero potuto facilmente trasformare la crocifissione di Cristo sul Golgota in un rogo. È quello che abbiamo visto nella biografia di Giulio Cesare di Plutarco. Viene bruciato su un rogo costruito con panche di legno.

Infine, anche le parole russe KOSTER e KREST potevano essere confuse nei documenti antichi: croce = KRST --> KSTR = rogo. Le radici non vocalizzate di queste parole differiscono solo per la permutazione delle consonanti. Se il testo originale di Erodoto, poi modificato nel XVI-XVII secolo, fosse stato scritto in slavo, i redattori avrebbero potuto sostituire КRЕSТ con КОSТЕR. Per cui, il re CRESO = CRISTO fu messo al rogo invece che sulla croce. La croce fu trasformata - sulla carta - in un rogo.

IL RE CRESO CHE STA BRUCIANDO, IL CORPO DI GIULIO CESARE CHE STA BRUCUANDO E LA MORTE DI CRISTO.

Secondo Erodoto, il re Creso viene bruciato su un enorme rogo, vedi sopra. Nella fig. 3.22 è raffigurato un antico ritratto di Creso sul rogo. Secondo Plutarco, anche il corpo di Giulio Cesare fu bruciato sul rogo. Nel nostro libro “L'inizio della Rus' dell'Orda” abbiamo già dimostrato che Giulio Cesare è un riflesso parziale dell'imperatore Andronico Cristo. Da notare che i nomi CRESO e CSAR-KAISER-CESARE sono praticamente identici. Inoltre, il nome CRESO potrebbe essere una distorsione del nome CRIS-to nel passaggio da З-Z a С-S.

Nella fig. 3.23 è riportata un'interessante raffigurazione antica della crocifissione di Cristo. Gesù è vestito con abiti regali e ha una corona imperiale sul capo. Di solito Cristo è raffigurato sulla croce in modo completamente diverso, seminudo, con solo un lembo di stoffa intorno ai fianchi. Attira l'attenzione anche la forma inaspettata della croce. Probabilmente qui ci troviamo di fronte a una delle antiche tradizioni di raffigurazione della croce sotto forma di cerchio, all'interno del quale è inserita una croce normale.

- INSIEME A CRESO VOGLIONO BRUCIARE ANCHE “DUE VOLTE SETTE” DEI SUOI COMPAGNI.

Erodoto dice che insieme a Creso vengono condotti al rogo «due volte sette giovani Lidi». Forse qui si riflette il fatto che accanto a Cristo, a destra e a sinistra, erano stati crocifissi due ladroni. Viene sottolineata la PIETÀ di Creso, che concorda con la sua identificazione con Cristo.

Il numero “due volte sette”, ovvero QUATTORDICI, menzionato qui da Erodoto, poteva avere anche un altro significato, anch'esso strettamente legato alla crocifissione di Cristo. Ricordiamo che, secondo i Vangeli, Cristo fu crocifisso durante la Pasqua ebraica, cioè durante il primo plenilunio di primavera. Che nella letteratura cristiana medievale era spesso chiamato “14° Luna”. È possibile che nel testo antico fosse scritto che Creso = Cristo fu messo al rogo durante la “luna doppia”, cioè di due settimane, di 14 giorni, e che ai suoi lati furono giustiziati due briganti. Il copista, non avendo compreso appieno il significato della fonte originale e confondendosi con i numeri ivi riportati, scrisse che insieme a Creso furono messi al rogo “due volte sette giovani Lidi”. Naturalmente, non insistiamo sull'autenticità incondizionata di questa ricostruzione, ma sembra del tutto plausibile.

- MANDANDO CRESO AL ROGO, CIRO VUOLE VERIFICARE SE CRESO SARÀ SALVATO DA UNA DIVINITÀ.

Erodoto riferisce che “poiché Ciro conosceva la PIETÀ DI CRESO, CIRO MANDÒ IL RE DI LIDIA AL ROGO, PER SAPERE SE QUALCHE DIVINITÀ LO AVREBBE SALVATO DALLA MORTE CON IL FUOCO” [163], p. 38.

In questo racconto di Erodoto riecheggia chiaramente il racconto evangelico della crocifissione di Cristo. Durante la crocifissione di Cristo «i passanti... lo insultavano... dicendo... salva te stesso, se sei il Figlio di Dio, scendi dalla croce. Allo stesso modo anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi e gli anziani, lo schernivano e dicevano: «Ha salvato altri, non può salvare sé stesso; se è il re d'Israele, scenda ora dalla croce e noi crederemo in lui; ha confidato in Dio, che lo salvi ora, se è per lui il bene; perché ha detto: Io sono il Figlio di Dio" (Matteo 27:39-43).

Tuttavia, Ciro qui è il re Erode, Pilato che mette al rogo = croce il re Creso, desiderando in un certo senso metterlo alla prova e scoprire se Dio interverrà in suo favore. Secondo i Vangeli, molte persone che circondano la croce = il rogo di Cristo, attendono con avidità: Cristo sarà salvato da Dio? Cioè vogliono scoprire se è davvero il Figlio di Dio. I sommi sacerdoti e gli altri rappresentanti dell'autorità deridono Cristo.

- LA SUPPLICA DI CRESO A SOLONE E APOLLO. CRISTO SULLA CROCE SI RIVOLGE A DIO PADRE.

Una volta sul rogo, Creso si rivolge a Solone e poi al dio Apollo. Si ritiene che qui ci si riferisca al saggio Solone, con cui Creso aveva avuto rapporti in passato e che rispettava molto, fig. 3.24. Tuttavia, non è escluso che nel testo originale di Erodoto qui fosse originariamente presente la parola SOLE, ovvero la divinità. Le parole SOLE e SOLONE potrebbero essere state confuse tra loro dai redattori successivi, intenzionalmente o meno. Inoltre, il dio Apollo, al quale Creso si rivolge in seguito, è considerato il dio del Sole. La comparsa nel testo di Erodoto di due parole “solari” consecutive - SOLONE - Sole? - e APOLLO, DIO DEL SOLE - conferma indirettamente la nostra idea.

Analogamente, Cristo sulla croce invoca Dio Padre. "Gesù gridò a gran voce: Elì, Elì! Lama sabachthani? Cioè: Dio mio, Dio mio! Perché mi hai abbandonato?" (Matteo 27:46).
Quindi, in entrambe le versioni, Creso = Cristo durante la sua esecuzione si rivolge a Dio-Sole = Dio-Padre.

- L'APPELLO DI CRESO-CRISTO A DIO È INCOMPRENSIBILE PER CHI LO ASCOLTA.

I Vangeli riportano inoltre: "Alcuni di quelli che stavano lì, udendo questo (le parole di Cristo sulla croce - Aut.), dicevano: «Chiama Elia». E subito uno di loro corse, prese la spugna, la riempì di aceto, la mise su un bastone e gliela diede da bere, mentre gli altri dicevano: «Aspetta, vediamo se Elia viene a salvarlo» (Matteo 27:47-49). Cioè, regnava un'atmosfera di perplessità: i presenti non capivano bene le parole di Cristo.

Nella versione greco-persiana di Erodoto, Ciro - il re Erode, Pilato - ordinò ai traduttori di chiedere a Creso chi stesse chiamando. Questi, avvicinatisi, glielo chiesero. All'inizio Creso rimase in silenzio, ma poi, quando fu COSTRETTO a parlare, disse: “Darei tutti i miei tesori per poter conversare con COLUI CHE IO CHIAMO”. Poiché LA RISPOSTA DI CRESO ERA INCOMPRENSIBILE, i traduttori insistettero nuovamente.

Qui vediamo anche una sorta di discussione tra i presenti sulle parole poco comprensibili del re Creso = Cristo, che sta per essere giustiziato.

- CIRO TENTA INUTILMENTE DI SALVARE CRESO E PILATO TENTA INUTILMENTE DI SALVARE CRISTO.

Secondo Erodoto, Ciro si era affezionato a Creso e TENTA DI SALVARLO. Egli dà l'ordine “SPEGNETE IL FUOCO IL PIÙ PRESTO POSSIBILE E TOGLETE Creso dal rogo” [163], p. 39. Tuttavia, non ci riesce: “i tentativi di spegnere il rogo si rivelarono vani”.

Qui, non si riflette forse la famosa storia evangelica del tentativo di Ponzio Pilato di SALVARE CRISTO dalla condanna a morte? La moglie di Pilato lo prega: “Non fare nulla al Giusto” (Matteo 27:19). Pilato non trova alcuna colpa in Gesù, ma sotto la pressione della folla, è costretto a consegnarlo alla morte. Tuttavia, egli stesso «si lavò le mani davanti al popolo e disse: “Io sono innocente del sangue di questo Giusto”» (Matteo 27:24). Così, secondo i Vangeli, il tentativo di Pilato di salvare Cristo dalla condanna a morte, come nella versione di Erodoto, finisce con un fallimento.

A quanto pare, in questo episodio di Erodoto, il re persiano Ciro è il procuratore romano Ponzio Pilato. Non a caso Erodoto sottolinea il “pentimento di Ciro” [163], p. 39.

- CRISTO MUORE SULLA CROCE. I TENTATIVI DI SPEGNERE IL ROGO SU CUI È STATO MESSO CRESO, NON HANNO SUCCESSO.

Subito dopo l'invocazione a Dio Padre, Cristo muore sulla croce: «E Gesù, gridando di nuovo a gran voce, rese lo spirito» (Matteo 27:50). Al momento della morte di Cristo ci fu un terremoto e la gente fu presa dal terrore.

Secondo Erodoto, i soldati di Ciro, che si precipitarono per eseguire il suo ordine, non riuscirono a spegnere il rogo: vani “i tentativi di tutti di spegnere le fiamme del rogo” [163], p. 39. In quel momento scoppiò improvvisamente una tempesta.

Probabilmente, nelle pagine di Erodoto si riflette in questa forma la morte di Cristo sulla croce-rogo.

- IL MIRACOLO DELLA RISURREZIONE DI CRISTO E IL MIRACOLO DELLA SALVEZZA DI CRESO.

Cristo risorge. La resurrezione è considerata un grande miracolo. Quando le due Marie giunsero al sepolcro di Gesù, «ci fu un gran terremoto, perché un angelo del Signore, sceso dal cielo, si avvicinò, rotolò la pietra dall'entrata del sepolcro e si sedette su di essa. il suo aspetto era COME UN BAGLIORE, e le sue vesti erano bianche come la neve; i guardiani, spaventati, furono presi da tremore e rimasero come morti» (Matteo 28:2-4). Vedi fig. 3.25, fig. 3.26.

Un quadro simile emerge anche dalle pagine di Erodoto. Dopo la supplica di Creso al dio Apollo-Sole, «IMMEDIATAMENTE, NEL CIELO SERENO E SENZA VENTO, SI ADDENSARONO NUBI E SCOPPIÒ UNA TEMPESTA CON UN FORTE ACQUAZZONE, CHE SPENSE IL ROGO. Allora Ciro capì che Creso era un uomo devoto e gradito agli dei. ORDINÒ A CRESO DI SCENDERE DAL ROGO" [163], p. 39.

Probabilmente, in questa forma distorta, Erodoto descrisse la Resurrezione di Cristo. Cristo-Creso scese vivo dal rogo-croce. Va detto che il racconto di Erodoto in questo punto è abbastanza vicino alla versione romana di Tito Livio, che descrive la miracolosa scomparsa del re Romolo = Cristo. Secondo Livio e Plutarco, al momento della scomparsa di Romolo si verificarono terribili eventi naturali che gettarono il terrore su tutti i presenti. Un'oscurità impenetrabile, una fitta nuvola, un terribile temporale, un vento che soffiava da tutte le parti con la furia di un uragano. Plutarco parla di “fenomeni sorprendenti e straordinari e cambiamenti incredibili”. Si scatenò il panico, la gente si precipitò in tutte le direzioni. Ricordiamo che anche il romano Romolo è uno dei riflessi di Andronico-Cristo. Vedi i dettagli nel nostro libro “La Roma dei Re nella regione tra i fiumi Oka e Volga”.

È curioso che nel seguito del suo racconto Erodoto non riferisca nulla della morte di Creso.

A proposito, si nota una certa confusione tra Creso e Ciro: «doveva inviare nuovamente gli ambasciatori per chiedere all'oracolo quale regno fosse destinato a Dio: il suo, quello di Creso, o quello di Ciro» [163], p. 40. Le ragioni di tale confusione ora diventano chiare.

Il rogo di Creso è un famoso episodio dell'antichità che ha dato origine a diverse interpretazioni. Eccone una. "Il rogo di Creso è piuttosto un AUTOCREMAZIONE. CRESO OFFRE SE' STESSO IN SACRIFICIO AL DIO DEL SOLE APOLLO, che poi spegne il rogo. Insieme a Creso vengono messi sul rogo “due volte sette” giovani (sette è un numero sacro). Su antichi vasi è conservata l'immagine di CRESO SEDUTO SUL ROGO E CHE OFFRE LE VITTIME" [163], p. 504, commento 68.

Ora cominciamo a capire meglio la storia di Creso. Infatti, secondo la tradizione cristiana, Cristo stesso si sacrifica per salvare l'umanità. In questo modo, il tema dell'autoimmolazione, del sacrificio di Creso, è direttamente collegato alla storia di Cristo.

- LA RIVOLTA A ZAR GRAD E IL SACCHEGGIO DI SARDI, LA CAPITALE DI CRESO.

Il colpo di Stato a Zar-Grad, che portò all'esecuzione dell'imperatore Andronico Cristo, fu seguito da una sanguinosa rivolta e da un massacro. Vedi il nostro libro “Il re degli Slavi”.

Un quadro simile lo troviamo anche in Erodoto durante l'esecuzione-resurrezione del re Creso. Non appena Creso scese dal rogo = croce, Ciro lo fece sedere accanto a sé. Guardandosi indietro, Creso vide che i Persiani stavano saccheggiando Sardi, la sua capitale. «Creso chiese al re: “Cosa fa qui questa orda [di soldati] con tanta furia?” Ciro rispose: «Stanno saccheggiando la città e depredando i tuoi tesori». Creso replicò: «No! Non è la mia città che stanno saccheggiando, né i miei tesori. Non ho più nulla: stanno depredando il tuo patrimonio» [163], p. 39.

 

 

3.3. LA PROFEZIA DI CRESO SUL MULO, CHE SI RIVELÒ ESSERE CIRO.

In Erodoto, notiamo un punto curioso, anche se piuttosto oscuro, che collega CIRO e CRESO con un MULO. Ci riferiamo al cosiddetto “dictum del mulo”. Erodoto racconta: “Udito ciò, Creso mandò a Delfi dei Lidi con l'ordine di posare le catene sulla soglia del tempio e di chiedere al dio se non si vergognasse di aver spinto Creso con i suoi responsi a muovere guerra ai Persiani con la promessa che avrebbe abbattuto l'impero di Ciro …

Ai Lidi che, giunti a Delfi, la interrogavano secondo le istruzioni ricevute, si dice che la Pizia abbia risposto così: "Neppure un dio può sfuggire al destino stabilito. Creso ha scontato la colpa del suo quinto ascendente, che era una semplice guardia del corpo degli Eraclidi e che, rendendosi complice della macchinazione di una donna, uccise il proprio padrone e si appropriò della sua autorità, senza averne alcun diritto. Il Lossia ha fatto il possibile perché la caduta di Sardi avvenisse sotto i figli di Creso e non durante il suo regno, ma non è stato in grado di stornare le Moire; quanto esse gli hanno concesso, il Lossia lo ha compiuto come un dono per Creso: per tre anni ha differito la presa di Sardi; lo sappia, Creso, di essere stato imprigionato con tre anni di ritardo sul tempo stabilito; e un'altra volta lo ha soccorso quando già si trovava sul rogo. Quanto all'oracolo, Creso muove rimproveri ingiusti. Perché il Lossia gli aveva predetto che, se avesse marciato contro i Persiani, avrebbe distrutto un grande dominio. Di fronte a questo responso se voleva prendere una decisione saggia doveva mandare a chiedere ancora se il dio intendeva il dominio suo o quello di Ciro. Non ha afferrato le parole del dio né chiesto ulteriori spiegazioni; dunque, consideri se stesso responsabile di quanto è accaduto. E infine consultando l'oracolo non comprese neppure le parole del dio sul mulo: questo mulo era proprio Ciro. Ciro è nato, infatti, da due persone di diversa nazionalità, di più nobile origine la madre, di condizioni più modeste il padre; lei della Media e figlia di Astiage, re dei Medi, lui Persiano, suddito dei Medi: benché le fosse in tutto inferiore, sposò la sua padrona". Questa fu la risposta della Pizia ai Lidi; essi la riportarono a Sardi e la riferirono a Creso, il quale, quando l'ebbe appresa, riconobbe che la colpa era sua e non del dio.” [163], pagg. 40-41.

A quanto pare, nelle pagine di Erodoto si riflette il motivo evangelico di cui abbiamo parlato in dettaglio nel libro “L'inizio della Rus' dell'Orda”. Ricordiamo brevemente l'essenza della questione.

L'evangelista Matteo non specifica se Cristo fosse a cavallo o su un mulo quando entrò a Gerusalemme. Probabilmente per questo motivo alcuni ritenevano che fosse entrato su un mulo. Oggi questa è l'opinione più diffusa.

Anche nei Vangeli apocrifi che raccontano dell'infanzia di Cristo, si menziona il MULO [307], p. 272. Ricordiamo che il mulo è “un incrocio tra un asino e una cavalla, PIÙ SIMILE A UN CAVALLO CHE A UN ASINO” [504:1], t. 5, p. 453. Gli apocrifi affermano che il Cristo bambino era seduto su un mulo, e che questo mulo era in realtà un bel giovane trasformato in mulo. Quando Cristo si sedette su di lui, il mulo tornò ad essere un giovane.

I commentatori sottolineano la somiglianza di questo racconto con la famosa opera “antica” di Apuleio “L'asino d'oro”. Era molto popolare in Europa nel Medioevo [30:0].

Probabilmente, “L'asino d'oro” di Apuleio non è affatto alla base degli apocrifi cristiani, come ci convincono i commentatori moderni. Al contrario, si tratta di un testo di origine molto tarda, che sviluppa in forma fantastica il racconto del mulo di Cristo tratto dai Vangeli apocrifi. Il titolo stesso “L'asino d'oro” ben si concilia con il fatto che non si trattava di un semplice asino, ma dell'asino di CRISTO. Infatti l'oro, come il Sole, è un noto simbolo medievale di Cristo.

Pertanto, l'apparizione del MULO nella biografia di Creso scritta da Erodoto, e per di più un MULO CHE SI RIVELÒ essere CIRO, concorda con il fatto che gli “antichi” Creso e Ciro sono in larga misura riflessi di Cristo.

 

 

3.4. NELLA BIOGRAFIA DI CRESO SI RIFLETTE INDIRETTAMENTE IL COLPO DI LANCIA INFLITTO A CRISTO DURANTE LA CROCIFISSIONE.

I Vangeli riportano il colpo di lancia inferto a Cristo mentre era appeso alla croce, fig. 3.27 e fig. 3.28. Nella biografia dell'"antico" Creso non si fa alcun riferimento a un evento simile. Tuttavia, una storia del genere è riportata in relazione al FIGLIO DI CRESO. Erodoto racconta la seguente storia.

"Una terribile punizione divina colpì Creso, probabilmente perché si considerava il più felice dei mortali. Creso si addormentò e subito gli apparve un sogno che annunciava la sventura per suo figlio. Creso aveva due figli: uno era storpio e sordomuto (di questo motivo evangelico parleremo più avanti - Aut.), l'altro, di nome Atis, superava di gran lunga i suoi coetanei [per valore]. Il sogno predisse a Creso che ATIS SAREBBE MORTO, UCCISO DA UNA LANCIA DI FERRO. Quando Creso si svegliò e riprese i sensi, inorridito dal sogno, decise di far sposare suo figlio e di non lasciarlo mai più andare in guerra... Il re ordinò anche a degli uomini di portare via dalla camera le frecce, le lance e altre armi simili" [163], p. 21.

Tuttavia, tutte le precauzioni non servirono a nulla. Dopo qualche tempo, il figlio di Creso partì per la caccia. Il padre non voleva lasciarlo andare, ma dopo lunghe suppliche, alla fine acconsentì. Fu allora che accadde la disgrazia.

"Giunti al monte Olimpo, i cacciatori si misero a cercare la preda. Trovato il cinghiale, lo circondarono e cominciarono a lanciargli le frecce. Allora il forestiero Adrasto, che era stato appena purificato dal sangue versato, scagliò una lancia contro il cinghiale, ma mancò il bersaglio e colpì il figlio di Creso. Il giovane fu trafitto dalla lancia: così si avverò la profezia del sogno" [163], p. 23.

A quanto pare, ci troviamo di fronte a una versione leggermente distorta della storia evangelica, che tuttavia, è stata trasferita da Erodoto da Creso-Cristo a suo figlio Atis. Abbiamo già sottolineato che Cristo era a conoscenza delle sofferenze che lo attendevano, gli era stato fatto un presagio. Lo stesso lo vediamo anche in Erodoto. A Creso-Cristo fu detto in sogno che suo “figlio” sarebbe stato ucciso con una lancia.

Vale la pena notare che il colpo mortale con la lancia fu inferto al “figlio” di Creso non in un luogo qualsiasi, ma SUL MONTE OLIMPO, o ai suoi piedi. Probabilmente, qui il “monte Olimpo” indica il monte Golgota del Vangelo, dove Cristo fu giustiziato e dove ricevette il colpo mortale con la lancia.
È curioso anche il nome ATIS, “figlio” di Creso. Il fatto è che nella storia della religione è ben noto il dio Attis, riguardo al quale gli studiosi hanno da tempo notato che le leggende su di lui ricordano molto le storie su Cristo. Si vedano, ad esempio, i lavori di A. Drevs, dove egli identifica in larga misura i miti su Attis-Adone-Osiride con la vita di Cristo [259], p. 150. Tuttavia, i nomi ATIS e ATTIS sono praticamente identici. In questo modo, ci imbattiamo in un'altra conferma indiretta della nostra ricostruzione.

Tuttavia, è ancora presto per abbandonare questa trama. Il fatto è che Erodoto riporta dettagli interessanti sull'uomo che uccise con una lancia il “figlio” di Creso, cioè Cristo. Si trattava di un certo Adrasto, che poco prima della morte di Attis si recò dal re Creso. Egli si pentì di aver ucciso accidentalmente suo figlio, per cui era stato esiliato. Creso accolse Adrasto a corte, poiché era figlio di un amico di Creso. Quando Atis supplicò suo padre di lasciarlo andare a caccia, Creso chiamò Adrasto e gli ordinò di proteggere suo figlio. Adrasto promise di eseguire l'ordine del re e concluse il suo giuramento con queste parole: «Il figlio che mi hai affidato tornerà da te sano e salvo, poiché questo dipende da me in quanto suo protettore» [163], p. 23.

Poi si svolge una scena di caccia, quando Adrasto uccide “accidentalmente” Atis con una lancia di ferro. Il corpo del defunto Atis viene portato nel palazzo di Creso. Ad accompagnarlo c'è anche Adrasto, l'involontario assassino di Atis. L'assassino Adrasto si pente e chiede di essere trafitto sopra il corpo del defunto. Creso era profondamente addolorato per la morte del figlio, tuttavia «provò pietà per Adrasto, nonostante il proprio dolore fosse grande. Gli disse: "Straniero! Ho ottenuto da te piena soddisfazione: sei tu stesso a condannarti a morte. Non sei tu il colpevole della mia sventura, poiché sei un assassino involontario, ma qualche dio che già da tempo mi aveva preannunciato il mio destino"... Adrasto, figlio di Gordio, figlio di Mida, assassino del proprio fratello e poi assassino [del figlio] del suo purificatore... si è pugnalato sul tumulo funerario: si sentiva il più infelice di tutti gli uomini" [163], p. 23-24.

In molte icone russe raffiguranti la crocifissione, accanto a Cristo c'è il “centurione Longino”, fig. 3.29 e fig. 3.30. Il suo nome era scritto anche come Loggino. LONGINO è un santo cristiano. Si spiega che, sebbene fosse tra coloro che giustiziarono Cristo, tuttavia credette in Lui e poi divenne santo. L'Enciclopedia Brockhaus e Efron commenta: "Longino o Loggino - secondo le fonti storico-ecclesiastiche, questo era il nome del centurione romano che comandava la guardia alla croce di Gesù Cristo. Sotto l'impressione dei segni che accompagnarono la morte di Gesù Cristo - l'eclissi solare, il terremoto, ecc. - egli esclamò: «Veramente questo era il Figlio di Dio» (Matteo XXVII, 54). Dopo la risurrezione di Gesù Cristo, credette in Lui, fu battezzato dagli apostoli e predicò il Vangelo in Cappadocia. I Giudei, tramite Pilato, chiesero all'imperatore Tiberio la condanna a morte di Longino, che morì martire. La sua memoria è celebrata dalla Chiesa il 16 ottobre" [988:00], “Longino”. Per un'immagine occidentale del guerriero Longino, vedi, ad esempio, fig. 3.31 e fig. 3.32.

Probabilmente, nelle “Storie” di Erodoto è riportata la storia del centurione romano Longino. In effetti.

- Adrasto viene incaricato di sorvegliare Atis, il “figlio” del re Creso, ma lo uccide. Quindi, a quanto ci risulta, diventa l'assassino di Cristo. Il centurione Longino custodì Cristo crocifisso fino al momento della sua morte. In entrambe le versioni, il personaggio di Adrasto-Longino appare come la GUARDIA di Atis-Cristo. Inoltre, in entrambe le versioni si dice che Adrasto-Longino è coinvolto nell'uccisione di Cristo. Adrasto personalmente, con la propria mano, colpisce Atis con una lancia. Longino è raffigurato accanto alla croce di Cristo con una LANCIA in mano, fig. 3.29.

- Adrasto si pentì dell'uccisione di Atis. Allo stesso modo, il centurione Longino, da nemico di Cristo, divenne suo seguace, credendo in Lui. Di conseguenza, si pentì di aver partecipato all'uccisione di Gesù.

- Adrasto si suicidò. Longino fu ucciso, e la sua morte fu da martire.
Quindi, nel racconto di Erodoto sulla morte di Atis, il “figlio” di Creso, risuona probabilmente non solo il tema della morte di Cristo, ma anche quello del centurione Longino, che si pentì e credette in Gesù.

 

 

3.5. LA COPPA DI CRESO, LA COPPA DI CRISTO E LA COPPA DEL GRAAL.

La crocifissione di Cristo è talvolta associata al calice in cui fu raccolto il suo sangue. È raffigurato in dipinti antichi e icone. Un angelo tiene il calice in cui scorre il sangue di Cristo dalla ferita inflittagli con una lancia. Probabilmente, in seguito alcuni commentatori hanno associato questa immagine al famoso “calice del Graal”. Si ritiene che in seguito sia stato nascosto e utilizzato per riti misterici. La coppa è ancora oggi oggetto di ricerca. Ricordiamo che il sangue di Cristo è talvolta simbolicamente identificato con il vino, ad esempio durante la comunione. In realtà, come mostreremo nelle prossime pubblicazioni, il vero significato del “calice del Graal” è probabilmente un altro. Si tratta della culla di Gesù Bambino.

Un vago accenno al “calice di Cristo” lo troviamo anche in Erodoto. Egli ne parla come della “coppa di Creso”. Ecco il suo racconto.

Gli Spartani "non solo accettarono le proposte del re (Creso - Aut.), ma volevano persino fare a Creso un dono in cambio, se lo avesse richiesto. Così i Lacedemoni fabbricarono una COPPA DI RAME PER MISCELARE IL VINO, decorata all'esterno lungo i bordi con motivi di ogni genere, di dimensioni enormi, con una capacità di 300 anfore. Tuttavia, questa coppa non arrivò mai a Sardi per ragioni che vengono raccontate in due modi diversi. I Lacedemoni raccontano che durante il viaggio verso Sardi la coppa si trovava al largo dell'isola di Samo. I Sami, venuti a saperlo, giunsero con navi da guerra e la rubarono. I Sami, invece, sostengono che i Lacedemoni che trasportavano la coppa arrivarono troppo tardi e lungo il tragitto vennero a sapere che Sardi era stata conquistata [dai Persiani] e Creso (Cristo - Aut.) era stato fatto prigioniero. Allora avrebbero offerto di vendere la coppa a Samo, e alcuni cittadini [di Samo] la comprarono e la dedicarono al tempio di Era. È anche possibile che le persone che vendettero effettivamente la coppa, al loro arrivo a Sparta dichiararono che erano stati derubati dai Sami. Così stanno le cose riguardo alla coppa per mescere il vino" [163], p. 32.

Qui viene raccontata in generale una storia cristiana. Il calice è in qualche modo legato a Creso = Cristo, che in quel momento era stato catturato dai nemici. Come sappiamo, in seguito Creso fu condannato al rogo, ma si salvò miracolosamente. Il “calice di Creso” era destinato a “mescere il vino” e probabilmente divenne un simbolo della comunione cristiana in memoria della morte di Cristo. In seguito, il “calice di Creso” fu rubato o venduto. Fu dedicato al tempio di Era - Gea - Graal?