CAPITOLO 4: LE DEBOLI TRACCE DELLA CONQUISTA OTTOMANA=ATAMANA DEL XV-XVI SECOLO NELLE CRONACHE DEGLI “ANTICHI GRECI”.
1. LA PESTE.
L'epoca della conquista ottomana-atamana merita certamente un capitolo a parte per l'importanza degli eventi che si sono svolti in questo periodo. L'Antico Testamento, ad esempio, vi dedica molta attenzione. Alcune parti del Pentateuco di Mosè e l'intero libro di Giosuè, parlano della conquista ottomana-atamana. Si veda il nostro libro “La Rus' biblica”. Tuttavia, questo capitolo sarà molto breve. Abbiamo già detto nel libro "Cristo e la Rus' agli occhi degli "antichi" greci" che l'epoca della conquista ottomana-atamana del XV-XVI secolo è molto poco considerata da Tucidide ed Erodoto. Probabilmente, questo tema era sgradito a molti cronisti dell'Europa occidentale dell'epoca della Riforma.
Anche nella versione dei Romanov della storia russa del XV secolo, c'è un'enorme lacuna. È pieno di duplicati del XVI secolo, messi qui dagli storici per riempire il "buco" che si era creato come risultato dell'epurazione editoriale dei vecchi annali russi. Ecco perché l'agiografia di Ivan III il Terribile è in gran parte un riflesso di eventi accaduti un secolo dopo, nell'epoca di Ivan IV il Terribile.
Prima di passare ai "classici antichi", ricordiamo brevemente uno dei punti cruciali della nostra ricostruzione.
Nel XIV e XV secolo, a causa della rapida espansione dell'Impero, fu necessario creare un sistema di lunghe strade che coprissero gran parte dell'Eurasia. Allo stesso tempo, questo portò una sfida inaspettata per lo Stato. Le malattie contagiose cominciarono a diffondersi lungo le nuove rotte, in misura molto più estesa rispetto al passato. Di conseguenza, nell'Impero iniziarono le epidemie di massa, il cui centro si trovava nelle regioni meridionali.
A causa dell'insufficiente sviluppo della medicina in quel periodo, il potere dell'Impero dell'Orda non trovò mezzi medici sufficienti per combattere le epidemie. Inoculazioni, vaccini e cose del genere non erano ancora stati inventati. Per fermare la diffusione delle malattie, le autorità “mongole” inviarono truppe a sud e a ovest con l'ordine di sterminare la popolazione delle aree infette, ovvero effettuare una “purga” tra i discendenti della prima ondata di conquistatori, che di fatto erano i loro stessi fratelli. Nella Bibbia questa enorme operazione militare del XV secolo è descritta come la conquista della “Terra Promessa” da parte degli eserciti di Mosè e poi di Giosuè. La conquista del quindicesimo e sedicesimo secolo viene chiamata conquista OTTOMANA o ATAMANA.
La resistenza scoppiata nei focolai epidemici dell'Europa occidentale fu brutalmente repressa dagli eserciti imperiali provenienti dalla Rus' dell'Orda = Israele e dall'Ottomania-Atamania = Giudea. Tuttavia, si dovette pagare un prezzo troppo alto per questo. Molte persone furono sterminate. Comprese le persone sane, perché nel corso della guerra i combattenti dell'Orda riuscirono a malapena a separare i malati dai sani.
Le epidemie di massa nell'Europa occidentale del XV-XVI secolo sono state riportate in modo vivido nelle pagine delle cronache "antiche". Spesso la malattia veniva chiamata “peste”, senza distinguere tra i diversi tipi di malattie. Da quanto detto, si evince che le descrizioni delle malattie contagiose che falciavano le persone a migliaia, con tutta probabilità appartengono al XV-XVI secolo.
In Tucidide si trovano descrizioni della "diffusione della peste".
“Si trovavano in Attica da non molti giorni, quando prese a serpeggiare in Atene l’epidemia: anche in precedenti circostanze s’era diffusa la voce, ora qui ora là, che l’epidemia fosse esplosa, a Lemno, per esempio, e in altre località. Ma nessuna tradizione serba memoria, in nessun luogo, di un così selvaggio male e di una messe tanto ampia di morti. I medici nulla potevano, per fronteggiare questo morbo ignoto, che tentavano di curare per la prima volta. Ne erano anzi le vittime più frequenti, poiché con maggiore facilità si trovavano esposti ai contatti con i malati. Ogni altra scienza o arte umana non poteva lottare contro il contagio. Le suppliche rivolte agli altari, il ricorso agli oracoli e ad altri simili rimedi riuscirono completamente inefficaci: desistettero infine da ogni tentativo e giacquero, soverchiati dal male …
A quanto si dice, comparve per la prima volta in Etiopia al di là dell’Egitto, calò poi nell’Egitto e in Libia e si diffuse in quasi tutti i domini del re. Su Atene si abbatté fulmineo, attaccando per primi gli abitanti del Pireo.” [924], p.84.
In poche pagine, Tucidide descrive dettagliatamente i segni della malattia, il suo sviluppo e la terribile massa del contagio. Le persone fuggirono dalle città infette, diffondendo sempre più la malattia. Il caos e l'illegalità cominciarono a diffondersi, mentre le autorità erano confuse e non sapevano cosa fare. “Anche in campi diversi, l’epidemia travolse in più punti gli argini della legalità fino allora vigente nella vita cittadina. Si scatenarono dilagando impulsi prima lungamente repressi, alla vista di
mutamenti di fortuna inaspettati e fulminei: decessi improvvisi di persone facoltose, gente povera da sempre che ora, in un batter di ciglia, si ritrovava ricca di inattese eredità. Considerando ormai la vita e il denaro come valori di passaggio, bramavano godimenti e piaceri che s’esaurissero in fretta, in soddisfazioni rapide e concrete. Nessuno si sentiva trasportare dallo zelo di impegnare con anticipo energie in qualche impresa ritenuta degna, nel dubbio che la morte giungesse a folgorarlo, a mezzo del cammino. L’immediato piacere e qualsiasi espediente atto a procurarlo costituivano gli unici beni
considerati onesti e utili. Nessun freno di pietà divina o di umana regola: rispetto e sacrilegio non si distinguevano, da parte di chi assisteva al quotidiano spettacolo di una morte che colpiva senza distinzione, ciecamente. Inoltre, nessuno concepiva il serio timore di arrivar vivo a rendere conto alla giustizia dei propri crimini. Avvertivano sospesa sul loro capo una condanna ben più pesante: e prima che s’abbattesse, era umano cercare di goder qualche po’ della vita.” [924], p.87.
E ancora: "L'inverno successivo la “peste” (che tuttavia non si attenuò mai del tutto, ma per qualche tempo si indebolì notevolmente) scoppiò nuovamente ad Atene. Questa volta la malattia imperversò per un anno intero (l'ultima volta - due anni) .... Di quelli elencati nelle liste, la malattia uccise 4400 opliti e 300 cavalieri, e quante vittime fece nel resto della popolazione è impossibile stabilirlo con precisione" [924], p.150.
La terribile pestilenza si diffuse in tutto lo Stato, e questo avvenne sullo sfondo della GUERRA [924], p.88. Come abbiamo già detto, probabilmente qui c'è un riscontro parziale delle operazioni punitive delle autorità “mongole”, che cercarono di fermare l'epidemia sterminando le zone infette.
In effetti, dopo qualche tempo la “peste” si attenuò. Si riporta che “la potenza degli Ateniesi fu indebolita dalla peste e dalle ingenti spese militari” [924], p.117].
2. L'ESERCITO CHE IMPROVVISAMENTE SPROFONDA NEL MARE.
Nella storia del XV secolo c'è una trama interessante: il miracoloso attraversamento da parte di Mosè di un grande fiume, "il mare" e, al contrario, la morte delle truppe del Faraone nelle acque diventate improvvisamente impetuose. Ricordiamo che, secondo la versione più recente della Bibbia, il mare si è come aperto davanti a Mosè e, quando il suo popolo è passato sul fondo asciutto, le acque sono improvvisamente tornate indietro e hanno sommerso l'esercito del faraone, fig.4.1. Abbiamo discusso in dettaglio questa nota trama dell'Antico Testamento nel libro "La Rus' biblica", cap.4.6. Si è scoperto che in realtà si tratta dell'attraversamento in primavera di un grande fiume coperto di ghiaccio, probabilmente il Volga o il Danubio. L'esercito di Mosè attraversò in sicurezza, ma il ghiaccio scongelato si ruppe improvvisamente sotto i loro inseguitori. Di conseguenza, molti guerrieri e cavalieri affondarono nell'acqua. Tuttavia, la nostra ricostruzione non è così importante, quanto il fatto il passaggio di Mosè attraverso il mare si è riflesso, sebbene in forma rifratta, anche in Erodoto. Viene riportato quanto segue.
“Artabazo (l'analogo persiano del biblico Faraone che insegue Mosè - Aut.) stava già assediando la città da tre mesi, quando sul mare arrivò una forte e prolungata bassa marea. I barbari videro che il mare si era trasformato [in questo punto] in una palude e si spostarono lungo la costa verso Pallene. Avevano già percorso i 2/5 della distanza attraverso la palude (e ne mancavano ancora 3/5 per arrivare a Pallene), quando all'improvviso si alzò una marea così forte, che secondo le parole degli abitanti del luogo, non era mai accaduta prima, sebbene l'acqua alta non fosse infrequente. I Persiani che non sapevano nuotare furono uccisi e quelli che sapevano nuotare furono uccisi dai Potidei, che si avvicinarono con le barche. La causa di questa marea, delle inondazioni e della disgrazia che colpì i Persiani, i Potidei la considerano così: furono i Persiani, uccisi in mare, a profanare il santuario e la statua di Poseidone alla periferia della città” [163], p.411.
Sono presenti elementi della leggenda biblica di Mosè. Perciò, nelle pagine di Erodoto sopravvive un tenue barlume del famoso evento del XV secolo. Di esso, come di un miracolo, parlarono in molti. Perciò, probabilmente ne parlò anche Erodoto. In generale, ripetiamo, l'epoca “sgradevole” della conquista ottomana-atamana è praticamente uscita dalle “Storie” di Erodoto. Ne abbiamo spiegato le ragioni.
Per cui, passiamo subito all'epoca della Riforma del XVI-XVII secolo, riflessa in modo estremamente vivido sulle pagine dei "classici antichi", come un'epoca a loro gradita.