La Storia: Finzione o Scienza?

Сronologia 5
L'IMPERO
di Anatoly T. Fomenko, Gleb V. Nosovsky

La conquista slava del mondo. L'Europa. La Cina. Il Giappone. La Russia fu la patria medievale del Grande Impero. Dove viaggiò in realtà Marco Polo. Chi erano gli Etruschi italiani. L'antico Egitto. La Scandinavia. La Rus' dell'Orda sulle mappe antiche

testo tradotto in italiano da Claudio dell'Orda

Parte 4:
L’ARCHEOLOGIA EUROPEA OCCIDENTALE, COME PURE LA GEOGRAFIA E LA CARTOGRAFIA, CONFERMANO LA NOSTRA RICOSTRUZIONE.

Capitolo 14: Il vero contenuto del famoso libro di Marco Polo.

12. Le miniature nel libro di Marco Polo.

12.1. Cosa raffigurano?


Sfortunatamente, la maggior parte dei lettori di [1264] non avrà l'opportunità di vedere la stragrande maggioranza delle miniature contenute nei vecchi manoscritti del libro di Marco Polo. L'edizione fondamentale ([1264]) rivendica la completezza e contiene un gran numero di illustrazioni, ma, stranamente, quasi tutte sono disegni moderni del Sud-Est asiatico. I disegni veramente antichi e autentici dai manoscritti del libro di Polo sono pochi e rari. Perché mai? Perché gli editori di [1264] non sono riusciti a riprodurli tutti, o almeno le numerose illustrazioni sopravvissute dai manoscritti medievali di Marco Polo? Sono eccezionalmente interessanti e importanti, dopotutto, poiché riflettono le opinioni sostenute dagli europei occidentali di quell'epoca su "India" e "Cina".

Il libro ([1294]) contiene persino un elenco delle miniature contenute nei due vecchi manoscritti del libro di Polo ([1264], Volume 2, pagine 527-529). A quanto pare, il primo manoscritto contiene 84 miniature antiche, mentre il secondo 38.

 

12.2. La miniatura intitolata “La Morte di Gengis Khan”.


Nella fig. 14.4 riproduciamo un'antica miniatura del libro di Marco Polo intitolata “La Morte di Gengis Khan”. La si può trovare nel grande volume intitolato “Le Livre des Merveilles” (Fr. 2810), che è conservato nella Biblioteca Nazionale Francese ([1264], Volume 2, pagina 527).


Figura 14.4.
La morte di Gengis Khan durante l'assalto alla fortezza di Calacuy. Antica miniatura dal manoscritto medievale di Marco Polo. Nulla impedisce di interpretarla come un motivo della vita dell'Orda (della Russia); non ci sono dettagli che potrebbero essere interpretati come specificamente cinesi nel senso moderno del termine. Tratto da [1263], Volume 1, pagina 68.

Il disegno è praticamente indistinguibile dalle miniature a noi note dalle cronache russe. Città di pietra con torri circondate da un fiume o un fossato, il cancello di un castello, arbusti, colline, cavalieri barbuti in maglia di ferro e copricapo, indistinguibili da quelli russi. In particolare, vediamo i cappelli ben noti dei tiratori russi. Sono piuttosto piccoli in questa miniatura, ma nella prossima sarete in grado di distinguerli perfettamente.

I commentatori ritengono che il dipinto raffiguri una parte dell'odierna Mongolia, nelle steppe vicino al confine con la Cina. Ma cosa ci impedisce di vedere un tema tipicamente russo in questa miniatura? Niente, poiché non vediamo assolutamente alcun dettaglio che sembri cinese.

Bisogna sottolineare che Gengis Khan morì nell'assedio di una città chiamata, abbastanza curiosamente, Calacuy (Kaluga) nell'edizione francese [1263], pagina 68. D'altro canto, molte cronache russe descrivono la battaglia di Kalka, dove i principi della Russia meridionale e dei Polovezi furono sconfitti dall'esercito di Gengis Khan nel presunto anno 1223 ([942], pagina 29). Apparentemente, le cronache russe e Marco Polo descrivono la stessa battaglia, sebbene le fonti russe non menzionino nulla sulla morte di Gengis Khan in questa battaglia. Quindi, il testo potrebbe riferirsi alla battaglia di Kaluga, ossia Kalka.

 

12.3. La miniatura intitolata “Il Palazzo di Khan Balyk”.


Nella fig. 14.5 riportiamo un'altra miniatura antica dal libro di Marco Polo intitolato "Il palazzo di Khan-Balyk". Vediamo pietre di mattoni, guardie militari che assomigliano distintamente ai tiratori russi, in caftani e cappelli caratteristici (vedi fig. 14.6). Lo stile dell'illustrazione è ancora una volta quasi impossibile da distinguere dalle consuete miniature russe medievali.


Figura 14.5. Antica miniatura intitolata “Il Palazzo di Khan-Balyk” da un manoscritto medievale del libro di Marco Polo. Nulla dovrebbe impedirci di considerarla pertinente alla vita della Russia o dell’Orda; qui non ci sono elementi esplicitamente cinesi come li intendiamo oggi. Tratto da [1264], Volume 1, pagina 369.



Figura 14.6. Primo piano di un guerriero che indossa un cappello da tiratore scelto da una miniatura contenuta nel libro di Marco Polo. Tratto da [1264], Volume 1, pagina 369.

Gli editori moderni di [1264] decisero di mostrare ai lettori moderni come la scena avrebbe dovuto apparire nella realtà, il tutto in buona fede. A tal fine, completano questa vecchia miniatura dal libro di Marco Polo con un disegno del Palazzo d'Inverno a Pechino (fig. 14.7). Devono aver creduto onestamente che questo palazzo, o uno che aveva un aspetto simile, fosse servito da prototipo per la vecchia miniatura. Tuttavia, vediamo tetti tipicamente cinesi con bordi sporgenti verso l'alto, cappelli cinesi a tesa larga che forniscono una buona protezione dal sole ecc.… niente che assomigli lontanamente all'antica miniatura. Questo è un buon esempio di come la storia scaligeriana abbia copiato gli eventi da una cronaca e li abbia incollati in un'altra, attribuendoli a un paese diverso.


Figura 14.7. Il Palazzo d'Inverno di Pechino. Miniatura moderna usata nell'edizione britannica del libro di Marco Polo per "dimostrare” che Marco Polo e l'artista medievale che disegnò il Palazzo di Khan-Balyk, vedi sopra, avevano in mente qualcosa di simile. Tuttavia, non vediamo alcuna somiglianza. Tratto da [1264], Volume 1, pagina 369.

 

12.4. La miniatura intitolata “Borus” (Boris?).


Nella fig. 14.8 vediamo un'antica miniatura intitolata "Borus" dal libro di Marco Polo. Questo "Borus" potrebbe essere Boris o un P-Russo (russo bianco)? Vediamo persone con teste canine in tipici caftani russi: notate i fermagli intrecciati di corda. Indossano turbanti, a noi ben familiari come copricapi dei cosacchi e degli ottomani (atamani).


Figura 14.8. Antica miniatura intitolata “Borus” (Boris, o B-Rus, russo bianco?) da un manoscritto medievale del libro di Marco Polo. Nessun elemento cinese nel significato moderno del termine. Tratto da [1264], Volume 2, pagina 310.

 

Anche le persone con le teste canine sono un'immagine che spesso incontriamo nella letteratura "antica", nelle opere d'arte egizie e nei testi occidentali medievali. Queste misteriose creature fantastiche esistevano solo nell'immaginazione degli egiziani, dei bizantini e degli europei occidentali, e non avevano nulla a che fare con la Russia.

Oggi si ritiene che il turbante sia un copricapo puramente orientale e musulmano, che presumibilmente non è mai stato indossato in Russia. La combinazione di un caftano russo, un turbante e una testa canina, potrebbe effettivamente sembrare inquietante; diamo qualche spiegazione.

 

12.5. L’identità delle persone con la testa canina.


La letteratura medievale e "antica" menziona spesso persone con teste canine. Esiste un'enorme quantità di opere d'arte antiche che raffigurano tali persone, in particolare in Egitto. Le persone con teste canine erano raffigurate anche nelle vecchie icone ortodosse, ad esempio San Cristoforo, vedi fig. 14.9, 14.10 e 14.11.


Figura 14.9. San Cristoforo dalla testa di cane. XVI secolo, Russia settentrionale. Tratto da [693], pagina 74.


Figura 14.10. San Cristoforo dalla testa di cane. Seconda metà del XVI secolo, monastero di Chudov. Tratto da [693], pagina 74.


Figura 14.11.
Primo piano di San Cristoforo dalla testa di cane. Seconda metà del XVI secolo, monastero di Chudov. Tratto da [693], pagina 74.

Si ritiene che tutto ciò sia pura fantasia, come i draghi volanti che sputano fuoco, senza alcuna radice nella realtà. È così?

Siamo dell'opinione che tutte le leggende e tutte le opere d'arte di questo tipo siano basate sulla realtà: ciò che incontriamo è un simbolismo medievale, che deve aver avuto un significato preciso nella Russia medievale. È probabile, sebbene la questione richieda senza dubbio una ricerca più approfondita, che il simbolo del cane rappresentasse le guardie alla corte dei principi russi, o Khan, o qualche organizzazione simile alla Guardia del Principe.

Cosa ci ha fatto suggerire questa versione? Tra le altre cose, il fatto comunemente noto che durante l'epoca di Ivan il "Terribile" gli oprichnichi, ossia i guerrieri dell'esercito dello zar, "andavano sempre in giro con teste di cane e scope legate alle loro selle" ([362], Libro 3, Volume 9, pagina 50). Va notato che Karamzin si riferisce agli stranieri Taube e Kruse, che descrivono questa usanza. Pertanto, non si dovrebbe interpretare questo resoconto letteralmente: è improbabile che le teste di cane mozzate con zanne bestiali attaccate alle selle, le rendano più comode per la cavalcatura, e c'è anche il problema dell'odore da considerare: qualsiasi cavallo che indossi tali decorazioni andrebbe senza dubbio nel panico.

Siamo chiaramente di fronte a una resa distorta di una vera usanza russa che coinvolge le guardie del palazzo, che potrebbero aver indossato un simbolo canino di un "cane da guardia", la cosa più ovvia per simboleggiare una guardia.

A quanto pare, quando gli stranieri visitavano il Palazzo Reale dello Zar russo, vedevano le guardie del palazzo indossare un simbolo di cane (sui loro cappelli, per esempio). Ciò avrebbe lasciato un'impressione e così, al ritorno in Europa, avrebbero raccontato ai loro connazionali di una terra lontana dove le guardie del palazzo "indossano cani sulla testa". I dati passarono attraverso una varietà di mani, trasformandosi in rappresentazioni reali di persone con teste di cane, da cui il famoso termine "antico" "cinocefalo", utilizzato per riferirsi a persone con teste di cane, come menzionate da molti autori "antichi".

Quando gli oprichnichi iniziarono a decorare le loro selle con il simbolo del cane, le interpretazioni straniere avrebbero trasformato questa usanza in raccapriccianti teste di cane mozzate attaccate alle selle. Gli storici moderni sono generalmente consapevoli di quanto assurdi apparissero tali cavalieri; quindi, R. G. Skrynnikov menziona solo con cautela la scopa nella sua descrizione degli oprichnichi, non una scopa vera e propria, ma "un qualcosa che le somigliasse" ([776], pagina 107). Non una parola sulle teste di cane.

Comprendiamo immediatamente perché le fonti inglesi medievali usano i nomi "Dogi" ("Dagi") per riferirsi ai russi ([517], pagine 261 e 264). Le associazioni canine rimangono forti.

Quindi, è per una buona ragione che le figure cinocefale sulla miniatura "Borus" siano vestite con i caftani russi dei tiratori; questi ultimi erano stati le truppe russe d'élite fino all'epoca di Pietro il Grande.

Inoltre, le persone con le teste canine erano personaggi frequenti nelle cronache storiche medievali europee, ad esempio i cosacchi cechi, o "khody" (fanti) erano noti come "teste di cane", e avevano come simbolo una testa di cane sui loro stendardi.

Le "teste di cane", ossia la fanteria cosacca, risiedevano nelle terre di confine ceche e bavaresi, preservando il tipico stile di vita cosacco almeno fino alla metà del XVII secolo. L'ultima volta che prestarono servizio nell'esercito fu nel 1620, quando il regno ceco perse la sua indipendenza nazionale. Nel 1883-1884 furono i protagonisti del romanzo "Teste di cane" di Alois Irasek, uno dei romanzi più popolari tra i cechi. Nel 1693 i "cosacchi teste di cane" si ribellarono agli Asburgo; l'ammutinamento fu represso. Questo è ciò di cui scrive il romanzo di Irasek.

E ora, che dire del turbante?

 

12.6. Il turbante è un copricapo nato in Russia.


“I russi indossavano davvero i turbanti?”, chiede il lettore con stupore. Anche per noi è stato sorprendente. Tuttavia, abbiamo scoperto che indossavano i turbanti; inoltre, la parola "chalma", che in russo significa "turbante" e si ritiene sia di origine turca, deriva in realtà dalla nota parola "chelo" (fronte).

I cosacchi indossavano i turbanti fino al XVII secolo: abbiamo già riprodotto un ritratto dell'atamano cosacco Stepan Razin, che ne indossava uno (vedi Cronologia4, Capitolo 3:4:1). L'etmano Bogdan Khmelnitskiy è stato persino scolpito con un turbante, per il suo moderno memoriale a Kiev. Il dizionario etimologico afferma apertamente che la parola "chalma" è di origine perfettamente slava; la parola si traduce letteralmente con "copricapo". Un'altra parola russa correlata è "shlem" ("elmo"), o "shalom" nella sua forma più arcaica.

Nel XVII secolo gli unici a indossare turbanti erano i cosacchi, i discendenti dell'ex esercito dell'Orda. In precedenza il turbante doveva essere un tipico copricapo russo.

 

12.7. La miniatura intitolata “I Cinocefali”.


La Fig. 14.12 è una riproduzione di “I Cinocefali”, un'antica miniatura dal libro di Marco Polo. Si ritiene ancora una volta che i personaggi ritratti provengano dalla lontana India tropicale, intenti a raccogliere riso sotto il sole implacabile. E tuttavia vediamo persone che indossano abiti tipici russi, come se fossero stati copiati da miniature russe. Abbiamo già espresso la nostra opinione sulle teste canine; prendiamo ora in considerazione alcuni altri dettagli interessanti.


Figura 14.12. Antica miniatura intitolata “I Cinocefali”, persone con teste canine come disegnate nel manoscritto medievale del libro di Marco Polo. È perfettamente facile da interpretare come un motivo russo; non c’è nulla che potremmo identificare come un elemento tipicamente cinese nel significato moderno della parola. Tratto da [1264], Volume 2, pagina 311.

È improbabile che il riso venga raccolto su una collina asciutta: i due sacchi aperti che vediamo devono contenere segale o grano. Soprattutto se si considera come la seconda figura in primo piano a sinistra stia seminando semi da una borsa legata alla cintura, il che è praticamente un archetipo russo (mentre il riso viene piantato con le piantine su un campo coperto d'acqua).

Anche gli stivali sono tipicamente russi e assomigliano a molte miniature russe. Inoltre, vediamo ancora una volta una città fortificata con muri di pietra.

Se qualcuno dovesse dimostrarsi estremamente riluttante ad ammettere che il paese che vediamo qui potrebbe essere la Russia, potrebbe trattarsi qualsiasi paese in Europa, anche se con un grado di probabilità inferiore. Tuttavia, i paesi tropicali e il sud-est asiatico sono assolutamente fuori questione.

 

12.8. Le altre miniature dal libro di Marco Polo.

 

Nel 1999 è uscita in Francia un'edizione facsimile del libro di Marco Polo intitolato "Le Livre des Merveilles" ([1263]). La traduzione russa traduce il titolo come "Il Libro della Diversità del Mondo" ([510]). L'edizione francese contiene circa novanta lussuose miniature antiche a colori. Alcune di esse, come abbiamo dimostrato sopra, rappresentano probabilmente determinati eventi accaduti in Russia, o nell'Orda, che è la terra in cui Marco Polo ha effettivamente viaggiato. La nostra analisi delle altre miniature ha confermato questa osservazione, completandola con molti nuovi dettagli. Si ha l'impressione che la maggior parte delle miniature siano state create non prima del XVII-XVIII secolo. Rimandiamo i lettori che esprimono ulteriore interesse per l'argomento a [1263]. Attualmente, riprodurremo solo alcune di quelle miniature per dimostrare come gli artisti europei hanno raffigurato il Grande Impero, probabilmente nel XVII-XVIII secolo. Devono aver basato le loro opere d'arte su alcune autentiche vecchie miniature, con l'inevitabile introduzione di nuovi motivi, occasionalmente simili a favole.

1) Il libro di Marco Polo si apre con una lussuosa miniatura a colori che raffigura l'inizio del viaggio di Nicola e Matteo Polo, in partenza da Costantinopoli (fig. 14.13). Si nota immediatamente l'impaginazione estremamente costosa e festosa. A proposito, i motivi floreali a colori ricordano l'ornamentazione dei libri manoscritti russi del XVI-XVIII secolo.


Figura 14.13. Prima pagina del libro di Marco Polo. L'inizio del viaggio di Nicola e Marco Polo: Costantinopoli. Tratto da [1263], foglio 1, pagina 8.

2) Nicola e Matteo Polo a Bukhara, Persia (fig. 14.14). Vediamo una tenda da campo su un prato: non c'è nulla di specificamente meridionale o persiano nel paesaggio.


Figura 14.14. Nicola e Marco Polo a Bukhara, Persia. Antica miniatura dal libro di Marco Polo. Tratto da [1263], folio 2, pagina 10.

3) Nicola e Matteo Polo si avvicinano alla porta della capitale del Gran Khan (fig. 14.15). Vediamo una città di pietra tra i prati; il Khan e il suo seguito sembrano perfettamente caucasici.


Figura 14.15. L'ingresso nella città del Gran Khan. Antica miniatura dal libro di Marco Polo. Tratto da [1263], folio 2v, pagina 12.

4) Nella fig. 14.16 vediamo il Gran Khan che riceve l'epistola papale. I volti sia del Khan che del suo cortigiano che consegna la lettera, sono decisamente caucasici: hanno lunghe barbe bionde. L'abbondanza del rosso deve sottolineare l'ascendenza reale del Gran Khan. Ricordiamo al lettore che il colore rosso era associato alla regalità nella Bisanzio medievale e in Europa. Come vediamo, lo stesso simbolismo era comune per la corte del Gran Khan.


Figura 14.16. Il Gran Kan riceve una lettera dal Papa. Antica miniatura dal libro di Marco Polo. Tratto da [1263], foglio 3, pagina 12.

5) Nella fig. 14.17 vediamo Nicola e Matteo Polo ricevere la “tavola d’oro” dal Khan, un visto per il loro viaggio attraverso l’Impero. Il Khan indossa anche un elmo d’oro sulla testa, come il suo cortigiano. Tali cappelli, o elmi, erano anticamente indossati in Russia.


Figura 14.17. Nicola e Matteo Polo ricevono una tavola d'oro dal Khan (usata come documento di viaggio). Antica miniatura dal libro di Marco Polo. Tratto da [1263], folio 3v, pagina 15.

6) Nella fig. 14.18 vediamo il battesimo cristiano del fratello del Gran Khan nella città di Samarcanda ([510], pagine 70-71). La città in questione è probabile che si identifichi con Samara in Russia. Samarcanda deve stare per “Samara-Khan".


Figura 14.18. Il battesimo cristiano di un parente del Gran Khan. Antica miniatura dal libro di Marco Polo. Tratto da [1263], folio 20v, pagina 52.

7) Nella fig. 14.19 vediamo l'adorazione di un idolo dorato in Tangut. Persone con volti caucasici, vestite con abiti europei, sono mostrate mentre adorano un idolo dorato. Apparentemente, ciò che vediamo è una preghiera in un tempio ortodosso di fronte a icone dorate, raffigurate come una statua di un idolo dorato dagli artisti dell'Europa occidentale, che non hanno ben compreso la questione. Per inciso, il nome effettivo "Tangut" deve stare per Tan, o Don Goto, in altre parole Cosacco.


Figura 14.19. Il culto di un idolo d'oro nella provincia di Tangut. Antica miniatura dal libro di Marco Polo. Tratto da [1263], foglio 22, pagina 57.

8) L'insediamento di Gengis Khan (fig. 14.20). Rappresentato come l'insediamento di un imperatore romano, il che riflette la realtà. Secondo la nostra ricostruzione, Gengis Khan deve essere stato insediato come l'imperatore dell'intero impero, ovvero un imperatore romano.


Figura 14.20. Cerimonia di insediamento di Gengis Khan. Antica miniatura dal libro di Marco Polo. Tratto da [1263], folio 25v, pagina 64.

9) L'abito di Gengis Khan per la figlia di un Gran Khan (fig. 14.21). Il Prete Gianni riceve lettere con sigilli reali rossi da Gengis Khan. Il Prete Gianni e le persone al suo fianco sembrano decisamente caucasici e brandiscono croci. In realtà, anche gli inviati di Gengis Khan sembrano caucasici; il palazzo del Prete Gianni sembra un edificio europeo.


Figura 14.21. I sensali di Gengis Khan si rivolgono alla figlia del Prete Gianni. Antica miniatura dal libro di Marco Polo. Tratto da [1263], foglio 26, pagina 64.

10) Nella fig. 14.22 vediamo l'inizio della battaglia tra il Gran Khan Kubilai (Kublah) e suo zio Nayan o Nayam (l'edizione francese lo chiama Naiam, vedi [1263], pagina 82). Nayam giace accanto alla moglie in una tenda circondata dalle truppe. Kubilai lo attacca. Ne consegue una sanguinosa battaglia, con molte vittime ([510], pagine 110-117). Secondo la nostra ricostruzione, questa battaglia fu la famosissima Battaglia di Kulikovo risalente al 1380. Kubilai si identifica con Dmitriy Donskoi, mentre Nayam-Khan è Mamai, il Khan delle cronache russe. Tenete presente che le lettere M e N venivano spesso confuse, soprattutto nei testi dell'Europa occidentale, dove erano entrambe rappresentate praticamente dallo stesso simbolo: una tilde sulla vocale precedente, vedi Cronologia5, Appendice 1. La nostra analisi approfondita di come Marco Polo descrive la Battaglia di Kulikovo può essere trovata in Cronologia4.


Figura 14.22. L'inizio della battaglia tra il grande Kubla-Khan e suo zio (Nayan, o Nayam). Antica miniatura dal libro di Marco Polo. Tratto da [1263], foglio 34, pagina 82.

11) Nella fig. 14.23 vediamo le quattro mogli di Kubilai-Khan, ossia Dmitriy Donskoi, come lo intendiamo oggi. Possiamo anche vedere i suoi figli. Tutte e quattro le mogli sembrano decisamente caucasiche, inoltre sono bionde. Anche i figli hanno i capelli biondi. Non vediamo tratti mongoli (nel significato moderno del termine). Non si può fare a meno di notare l'abbigliamento delle mogli del Gran Khan: i loro abiti sono europei in tutto e per tutto. Tutte indossano corone reali a trifoglio dorato sulla testa.


Figura 14.23. Le quattro mogli di Kubla-Khan (o Dmitriy Donskoi, secondo la nostra ricostruzione). Antica miniatura dal libro di Marco Polo. Tratto da [1263], foglio 36, pagina 86.

12) Nella fig. 14.24 vediamo un ponte sul fiume Pulisangin accanto alla capitale del Gran Khan. C'è un mulino a vento in lontananza. Il ponte stesso, come ci racconta Marco Polo, si erge su 24 archi e altrettanti mulini ad acqua ([510], pagina 166). I mulini a vento sono un elemento tipico del paesaggio russo (come del resto del paesaggio europeo in generale). I mulini ad acqua erano molto popolari in Russia. Per quanto riguarda le steppe dell'odierna Mongolia, dubitiamo dell'esistenza di mulini lì, in particolare di mulini ad acqua. In realtà, il nome Pulisangin potrebbe essere un derivato della parola russa "plyos" ("tratto del fiume"), forse accompagnato da un nome di qualche tipo.


Figura 14.24. Il ponte sul grande fiume Pulisangin accanto alla capitale del Gran Khan. Vediamo un mulino a vento. Antica miniatura dal libro di Marco Polo. Tratto da [510], pagina 166. Vedi anche [1263], foglio 49, pagina 109.

13) Nella fig. 14.25 riproduciamo una miniatura del libro di Marco Polo che si presume raffiguri i fantastici serpenti del regno del Gran Khan. Marco Polo ci fornisce una descrizione dettagliata di come i sudditi del Gran Khan cacciano questi serpenti: “Qui vivono grandi vipere e serpenti enormi ... Sono veramente grassi ed enormi: i più grandi sono lunghi circa dieci passi e larghi dieci palmi. Hanno due arti davanti, proprio vicino alla testa: niente zampe, solo artigli, come quelli di un falco o di un leone. La loro testa è tremenda e i loro occhi sono più grandi di pagnotte di pane. Il loro muso è così largo che possono inghiottire un essere umano e i denti sono così grandi e così forti che non c'è uomo o bestia vivente che non ne abbia paura. Alcuni sono più piccoli: lunghi otto o cinque passi, o solo un passo. Ecco come vengono cacciati... i cacciatori mettono una trappola sul loro cammino, conficcano nel terreno un palo di legno spesso e robusto con un’estremità di metallo affilata come un rasoio o una punta di lancia… I serpenti strisciano lungo quel sentiero e si infilzano su questi pali in modo da essere trafitti fino al muso e morire all’istante; è così che i cacciatori li catturano… e, lasciatemi dire, la carne di questi serpenti è venduta cara; è gustosa e una prelibatezza gradita” ([510], pagina 188).


Figura 14.25. I “serpenti” fiabeschi cacciati dai sudditi del Gran Khan. Il riferimento iniziale era al metodo russo di caccia all’orso che prevedeva l’uso di pali affilati. Antica miniatura dal libro di Marco Polo. Tratto da [1263], folio 55v, pagina 121.

Ci si chiede cosa siano questi "serpenti saporiti", grassi, con occhi più grandi di pagnotte di pane e grandi musi, uccisi con l'uso di pali conficcati nel terreno su cui queste bestie si infilzano. Chiunque voglia pensare che l'autore stia scrivendo della caccia a qualche strano animale estintosi secoli fa e rimasto un mistero per la scienza moderna, è libero di farlo. Esprimeremo una semplice considerazione. L'autore ci sta raccontando della famosa caccia all'orso russa. I cacciatori di orsi fanno quanto segue: quando l'orso attacca e si alza dritto, un palo affilato viene conficcato nel terreno di fronte a lui all'istante; l'animale furioso si ferisce contro l'estremità affilata del palo e continua a premere senza rendersi conto del pericolo, morendo infine trafitto dall'arma letale: gli orsi "si uccidono" in un certo senso, che è esattamente ciò di cui ci racconta Marco Polo. Il testo autentico di Marco Polo (ossia il Polacco) non è giunto fino a noi: lo ha fatto una successiva versione dell'Europa occidentale del XVII-XVIII secolo.

Gli editori occidentali del libro di Polo devono essere stati completamente estranei a questo tipo di caccia, e hanno introdotto elementi fantasy nel testo di Polo. Hanno persino disegnato un'immagine a colori, intimoriti e mirati a intimorire i loro lettori (fig. 14.25). I serpenti sembrano davvero terrificanti, tuttavia, in qualche modo ne hanno fatto sembrare uno molto simile a un orso, zampe, muso e tutto, nonostante la coda e le ali di fantasia (vedi fig. 14.26).


Figura 14.26. Un primo piano della miniatura con il “serpente” (o l’orso) dal libro di Marco Polo. Vedi anche [1263], folio 55v, pagina 121.

È quindi perfettamente ovvio che il libro di Marco Polo abbia subito un editing pesante. Gli editori dell'Europa occidentale possono aver cercato onestamente di comprendere il vecchio testo che stavano elaborando; tuttavia, o non riuscendo a capirlo o rendendo deliberatamente le cose oscure, hanno trasformato l'opera originale di Marco Polo (il Polacco) in una fiaba, che tuttavia contiene alcune tracce del vero stato degli eventi, proprio come le miniature con i musi e le zampe d'orso che si vedono al suo interno.

 

13. La “Kuznetskiy Most” nella Cina medievale.

Leggiamo quanto segue nel libro di Marco Polo: “Consideriamo ora il grande ponte che attraversa il fiume in questa città. Il ponte è fatto di pietra, largo sette passi e lungo mezzo miglio... Ci sono colonne di marmo su entrambi i lati di questo ponte; sostengono il tetto. Quindi, il ponte è completamente coperto da un tetto e riccamente decorato. Ci sono case su questo ponte, e sono tutte fatte di legno: montate al mattino e portate via la sera [? – Aut.]. Anche le dogane del Gran Khan si trovano sul ponte: è qui che raccolgono tasse e imposte a suo vantaggio. Devo dirvi che gli affari fatti sul ponte portano al sovrano migliaia di pezzi d'oro ogni giorno, e forse anche di più” ([1264], Volume 2, pagina 37).

La descrizione è completamente strana. A cosa serve un ponte su un fiume? È un mezzo per attraversarlo, è vero; inoltre, attraversarlo senza troppa tergiversazione per non bloccare la strada. Hai mai visto ponti che sostenessero delle case? Anche in Cina? Si potrebbe pensare che il racconto di Polo sia una specie di esagerazione; tuttavia, anche un altro punto di vista è valido. La parola russa per "ponte" ("most") si traduce anche come "strada lastricata" (il verbo per "lastricare" è "mostit").

Questo rende tutto perfettamente normale. Tali strade lastricate sono state infatti conosciute per secoli come vivaci mercati: basti ricordare la via Kuznetskiy Most in Russia, storicamente la sede dei negozi più costosi di Mosca; è lastricata in pietra.

Ancora una volta, il ripristino del testo di Polo nella sua posizione originale, la Russia o l'Orda, rende perfettamente chiare le sue parti precedentemente oscure e incomprensibili.